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Fronte Est Fronte Sud Fronte Ovest

Sezione A-A’

Sezione B’-B

Una riflessione sul luogo

Andrea Pagano

47 desCrizioNedeLLeCeLLedeLL’ereModi CaMaLdoLi

Descrizione del Sacro eremo di Camaldoli, e della regola, et vita dè reverendi Padri Eremiti, che in servigio di Dio habitano quel santo luogo. Fatta dal Padre Abate Don Silvano Razzi Camaldolense, 1570 circa.

Come siano fatte le celle dè Padri Romiti cap. 6. Pag. 285-286

Essendosi parlato a bastanza del Refettorio, nel quale non mangiano tutti insieme, se non circa dodici volte l’anno i Romiti; dico, quanto alle Celle particolari, che ciascuno dè Padri ha in uno di detti borghi, (per chiamargli hora cosi) una piccola Casetta separata dall’altre per ispazio di circa dodici braccia: e la forma di ciascuna Casetta (che tutte sono a un modo) si è questa. Ha nella prima entrata un’orticello di ragionevole grandezza, chiuso intorni, nel quale si vano esercitando alcuna volta i Padri, lavorandolo per loro diporto, e per havervi la state qualche piacevole verzura, e commodo di alcune herbette, fiori, e civaie fresche, per coloro, che alcuna volta gli visitava in que’ tempi. E quello, che piu arreca maravigliasi è, che vi hano, e fiori, e frutti, quado per siccità della state, e ne i maggiori ardori del Sole Lione, più non se ne trova in luogo verano. Onde hora, che siamo quasi al principio di Settembre, due dei nostri Padri, che sono tornati da lassu ne hanno recato piselli, e fave, cosi fresche, e tenere, come qui sono fra l’Aprile, e il Maggio. Entrato nell’orto prima, che si entri nella cella, si trova un portichetto lugo circa quattro braccia, o cinque, alquanto rilevato, aguisa di una piccola loggietta, e riguardante l’orto: Sotto il quale sono soliti si starsi a ragionare l’uno con l’altro i Padri, quando è loro conceduto (dispensandosi il silenzio) potersi parlare, e andare a visitare l’un l’altro. Dal portico, per un piccolo uscetto, si entra in un Andito da poter passeggiare, lugo poco meno di dieci braccia, e largo piu di tre. Appresso alquale è una stanza, ò vero cameretta, tutta d’Abeto, di circa cinque, ò sei braccia, per ciascun verso, nella quale è un piccolo letticiuolo posto alquanto in alto, e chiuso per tutto intorno intorno, e di sopra (eccetto, che dalla parte dinanzi) con asse di abeto: con un pagliariccio, un pannetto bianco, una schiavina, e un guancialetto di piuma. Nella medesima stanzetta, e dirimpetto alla parte dinanzi del letto è un’assai piccolo camino da far fuoco; e poco appresso inverso il portichetto una Tavolina è un poco di Scrittoio, o vero Studiolo, pur di legname, diuso della stanza, è tutto chiuso intorno, con palchetti da tener libri, e molto comodo per starvi a scrivere, e studiare. E in cia- scun studiolo stanno sempre per ordinario, alcuni libri, che piu sono necessarij ad ogni buono Religioso. Come dire il Testamento vecchio, e nuvo, le Vite dè Santi Padri, un Leggendario de’ Santi, e simili. E dirimpetto a questo è a man sinistra, entrando nella stanza, una Cappelletta, similmente divisa dalla stanza, con Altare, e altro, che a simile luogo fa bisogno. Nella quale Cappella possono dir Messa i Romiti, con licenza del Maggiore: e a loro beneplacito orare, e meditare, con incredibile quiete, e commodo.

Dal detto primo Andito maggiore si ha l’entrata, non pure alla detta piccola staza, che è sala, camera e cucina; ma ancho ad un altro Anditetto, di ragionevole grandezza, per lo quale passando si va perimetralmente in una stanza da tener legne, delle quali si dà a ciascuno, quante ne bisogna, per tutto l’anno, e in gran copia; perché si fa fuoco di continuo, e state e verno, per essere il luogo freddo, e humido. Et appresso in un’altra stanzetta, nella quale è una pila da lavare i panni, stoviglie, e altro; dentro la quale cade continuamente acqua di viva fonte; e finilmente vi è (per dire hora cosi) il luogo comune.

E tutte queste celle(dentro di legname, è solo il guscio di fuori fatto di muro) sono in numero dintorno a trenta, con una assai grandicella, e Magnifica, secondo la qualità del luogo, la quale al presente vi fa fare, per l’incredibile affezzio- ne, che è guisa dè suoi maggiori, porta a quel santo luogo L’illustrissimo, e reverendissimo Monsignor GIULIO della Rovere, Cardinale d’Urbino, intitolata nella Madonna di Loreto.

E di tutto il detto numero di Celle, la piu lontana alla Chiesa, è discosto poco piu d’un tiro di balestra, e tutte sono allo scoperto, cioè senza claustro, ò altra cosa, che le congiunga insieme. Onde non senza qualche incommodo, e disagio

camimano la vernata i Padri su per le nevi, e ghiacci, per andare alla Chiesa, dove tutti convengono insieme, a cele- brare l’hore Canoniche, e i divini ufficij, cosi di dì, come notte. Et a chi gli vedesse ne’ tepi dell’inverno tutti venire di notte; chi da questa, e chi da quell’altra parte; verso la detta Chiesa con una lanterna in mano; e alquanto adagio, su per lo molle, e agghiacciato terreno, parrebbe di vedere quel che si legge in simili affari, dei Padri D’Egitto, e di Thebaida.

Et io per me sto forte maravigliato, e non so vedere, che venga se non da pochissima divozione, e dall’essere condotto il mondo all’estremo, che l’Eremo non sia sempre pieno (quando ancho tutti gl’Abeti di quel monte fussero celle) di Santi religiosi serventi a Dio: quando considero, che dove hanno qui tanto commodi, stavano quelli d’Egitto, ne gl’An- tri, nelle sepulture, nelle spelonche, nelle concavità de gl’Arbori, in cima alle colonne: E quando loro pareva stare bene in agio, in cosi streme Celle, che non vi potevano, ne stare in piedi per la bassezza, ne distendervisi quanto erano lunghi, per la poca lunghezza. Per non dir nulla, che vivevano il più, di radici d’herbe, di legumi non cotti, e havevano a caminarebene spesso, molte miglia per l’acqua. Ma non piu di questo sia d’ogni cosa lodato Dio, la cui providenza, nel reggimento suo di questo mondo, non può errare.

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49 Se nell’eremo le celle sono l’elemento vitale, nel cenobio

le celle in questa connotazione formale non esistono, tro- vandosi per logica definizione soltanto ambienti di vita co- mune48.

Negli eremi camaldolesi e certosini la cella mantiene tutto il suo peso simbolico e architettonico, corrispondendo in tutto e per tutto allo spirito autenticamente eremitico che i due ordini hanno sempre professato. Sebbene nel genera- le impianto distributivo dei detti eremi, specialmente per le certose, si possano riconoscere numerosi ambienti destinati

alla vita comune49, è indubbio che la zona eremitica risalti nella sua chiara presenza proprio in virtù della conforma- zione delle celle. L’articolata distribuzione interna ed ester- na nasce proprio in conseguenza alla funzione che ciascuna casa dei monaci eremiti deve svolgere per il suo abitatore. Questi infatti (va sottolineato anche che la sua dimora nella cella non è temporanea, ma dura tutta la vita), trascorre nel- la cella la maggior parte della giornata, compiendo al suo interno le diverse “opere” giornaliere ed essendogli proibi- to, se non nei casi previsti, di uscire da essa.

L’organizzazione dello spazio più privato dell’eremo: la disposizione delle celle eremitiche presso la Certosa di Firenze (sinistra) e presso l’eremo di Camaldoli (destra). L’estrema regolarità del chiostro e dei tetti delle celle della Certosa, si contrappone alla irregolare allineamento delle celle Camaldolesi.

Non è possibile, in questa sede, esaminare lo svolgimento della vita quotidiana dell’eremita certosino o camaldolese, ma può essere sufficiente dire che quasi tutto quello che il cenobita fa nelle varie parti del monastero, l’eremita lo fa all’interno della sua cella. Di conseguenza questa diventa come un piccolo monastero in senso sia reale che figurato e la sua consistenza architettonica non può ridursi all’unico ambiente primordiale, ma si articola in più parti, talune con valore essenzialmente pratico, come magazzini o ripostigli volti comunque a non costringere l’eremita a cercar cose di cui possa avere bisogno fuori dal perimetro protetto, altre con valore più pregnante come il luogo di studio, il luogo della mensa, il luogo del riposo e, soprattutto, il luogo della preghiera. Anche i lavori manuali l’eremita li compie all’in- terno della cella o nell’orticello ad essa annesso in maniera del tutto isolata rispetto alle altre celle disposte separata- mente.

La vita e le opere giornaliere del monaco eremita vengono “normate” attraverso consuetudini funzionali e legislative, soprattutto nelle pratiche liturgiche, dettate dalle consue- tudini dell’Ordine. Nelle consuetudini si può rilevare una possibile interpretazione della proposta progettuale per gli spazi architettonici e dei relativi significati simbolici, ma non è mai presente una indicazione esplicita sulla forma architettonica che avrebbe dovuto assumere l’eremo o una cella. Evidentemente [...] non si riteneva necessario legife- rare su ciò che doveva apparire scontato e banale. Ma noi, quasi huomini, che si siano del tutto scordati dell’essere loro, e di quello che hanno solennemente promesso à Dio; non piu amiamo l’habitazioni nostre, semplici, piccole, rozze, e convenienti a chi fa professione di povertà, ma ornate, ampie, e ricche di maniera, che non l’hanno molte volte tali, ne così ricche, i grandi homini, e i Principi50. La disposizione architettonica delle celle del sacro eremo di Camaldoli è rimasta immutata fino a oggi, ad eccezione del loro numero totale, oggi sono 20 mentre nel XVI seco- lo erano 25, ma per tutto il Medioevo questa struttura non rappresentò né un modello ripetibile, né una tipologia ori- ginaria a cui ispirarsi per nuovi eremi o cenobi camaldole- si. L’unica linea di tendenza che possiamo identificare per i pochi eremi medievali della congregazione è quella che porta dall’eremitismo disperso, fatto di capanne lontane tra loro, a gruppi di celle sempre più coesi e vicini fino alla creazione di un eremo organizzato attorno alla chiesa, se-

condo l’essenziale “progetto” di Romualdo di Ravenna51. La sola prescrizione, peraltro implicita, di questo canone riguardava la necessità di scegliere luoghi isolati o comun- que difficilmente raggiungibili.

Inoltre le celle dovevano essere costruite in modo tale che nessun muro fosse comune all’abitazione di due eremiti. Questa avvertenza apparentemente di carattere tecnico mi- rava a salvaguardare la specificità eremitica.

Non esistono a Camaldoli celle di uguale dimensione o che dipendono da una serie di particolari rapporti geome- trici. A guidare la composizione è il modello del percorso a spirale e la relativa distribuzione funzionale, la dimensio- ne spaziale dipendeva principalmente dalle disponibilità economiche, in questo contesto diviene dunque difficile parlare di modello architettonico in un sistema di relazioni in cui si fa riferimento a esigenze specifiche.

La maturazione del sistema costruttivo della cella eremi- tica e la loro disposizioni nello spazio assume la sua con- dizione “standard” attorno alla metà del ‘600, periodo in cui vengono terminati numerosi interventi di restauro e di “rifacimento da fondamenta” di gran parte delle celle. L’origine del sistema costruttivo a spirale non è fornita di una documentazione che ne attesta l’effettivo anno di fondazione, tuttavia si può considerare che la descrizione più antica risulta essere quella di Ludovico da Porciano e risale a metà del Quattrocento.

Il percorso di sviluppo architettonico delle celle verrà ul- timata in epoca contemporanea con la costruzione di un vano avente funzione di bagno, un piccolo aggregato chia- ramente disarmonico rispetto alla costruzione originaria.

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51 Sopra: La Cella di San Carlo fabbricata nel 1631 da Gianmaria ed Ottavio Pichi Nobili del Borgo S. Sepolcro per farci abitare P.D. Lorenzo. Sotto: La cella detta “del Bufalo”, a memoria del Marchese Angiolo del Bufalo che contribuì alla sua costruzione nel 1646 e alla donazione di vari paramenti Sacri ed oggetti di valore.

Sopra: La Cella di Sant’Andrea Corsini fu edificata nel 1742 con le donazioni del Cardinale Neri Corsini da Firenze.

Sotto: La Cella di San Leonardo, restaurata a spese del Cardinal Francesco Sforza nel 1591 anno in cui venne montato il suo stemma gentili- zio.

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53 Sopra: La Cella di San Giacomo Apostolo, in cui visse per molti anni il Ven. P. D. Niccolò di Germania, chiamato Tedesco; questi rimase caro alla memoria degli eremiti per la costanza e il rigore mostrato nel seguire i precetti dell’Istituto.

Sotto: La Cella di San Giovanni Evangelista, che fu costruita con le donazioni del Cardinale Paolo Cammillo Sfondrati nel 1600, il quale affidò i lavori a Don Placido Sfondati, anche lui eremita.

Sopra: La Cella della Santa Croce, una delle prime cinque celle fondate da San Romualdo.

Sotto: La Cella di San Martino, una delle prime cinque celle fondate da San Romualdo. Alla Cappella connessa fu concessa l’indulgenza di 100 giorni dal Cardinale Ranuccio Farnese nel 1560.

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55 Sopra: La Cella di Santa Maria Maddalena, edificata nel 1594 dal Cardinale Odoardo Farnese, il quale vi pose un iscrizione e il suo stemma. Sotto: La Cella di Santa Caterina, che fu restaurata in seguito a un incendio nel 1525.

Sopra: La Cella della Beata Vergine Maria di Loreto fu fabbricata nel 1573 grazie alle donazioni del Cardinale Giulio della Rovere, Vescovo d’Urbino.

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Andrea Pagano

57 Note

1. M. forte, e. PietroNi, s. PesCariN, C. rufa, 2006, Dal laser

scanner alla realtà virtuale: metodologie di ricostruzione per il paesaggio archeologico in (a cura di) s. CaMPaNa, r. fraNCoviCh,

Laser scanner e GPS Peasaggi archeologici e tecnologie digitali 1,

Edizioni all’insegna del giglio, Firenze.

2. Il Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, istituito nel 1993 si estende su un vasto territorio a caval- lo di Romagna e Toscana. Il territorio romagnolo è caratterizzato da vallate strette e incassate, con versanti a tratti rocciosi e a tratti fitta- mente boscati. Il Versante Toscano molto più dolce, è solcato dalle valli dei torrenti Staggia, Fiumicello e Archiano, affluenti di sinistra dell’Arno che, nella parte iniziale, scorre quasi parallelo al crinale principale. Il settore toscano comprende, oltre ad una piccola por- zione del Mugello, il Casentino, cioè il territorio che abbraccia l’alta Valle dell’Arno, le cui sorgenti sono situate sulle pendici meridionali del Monte Falterona (1654 m.). Sempre nel versante Toscano verso est l’area protetta si prolunga fino al suggestivo rilievo calcareo di Monte Penna, con il celebre santuario francescano della Verna. 3. Nell’ampia bibliografia che tratta delle origini del monachesimo si citano principalmente gli studi del G. Penco (G. PeNCo, 1983, Sto-

ria del monachesimo in Italia: dalle origini alla fine del Medioevo,

Jaca Book, Milano) o gli studi di G. Cherubini.

4. Descrizione del Sacro eremo di Camaldoli, e della regola, et vita

dè reverendi Padri Eremiti, che in servigio di Dio habitano quel san- to luogo. Fatta dal Padre Abate Don Silvano Razzi Camaldolense, 1570 circa. Pag 279, 280.

5. Il tracciato viario costituisce un elemento che determina la co- municazione terrestre tra due punti di attrazione del territorio. Col tempo la strutturazione di questi sistemi ha portato ad assumere di- mensioni sempre più grandi e le vie hanno attratto la costruzione di residenze e intere città. Per un approfondimento su questo argomen- to, specialmente in relazione al contributo di questi tracciati nella determinazione di reti indispensabili per la conoscenza dell’evolu- zione del contesto geografico appenninico tra toscana e romagna si rimanda agli studi del Prof. Renato Stopani. Cfr. r. stoPaNi, a.

saNtiNi, a. saMaritaNi, La strada Romea e gli itinerari romipeti

dell’area emiliano-romagnola, Firenzelibri (collana Centro Studi

Romei), Firenze; L. roMBai, r. stoPaNi, Il Casentino, Edizioni Po-

listampa, Firenze.

6. e. rePetti, 1833, Dizionario geografico fisico storico della To-

scana, contenente la descrizione di tutti i luoghi del Granducato, Ducato di Lucca, Garfagnana e Lunigiana. Vol. 1, Pag.402.

7. L. roMBai, 2012, Il territorio e le sue trasformazioni, in L. roM- Bai, r. stoPaNi, Il Casentino, Edizioni Polistampa, Firenze. Pag. 41.

8. Cfr. L. roMBai, r. stoPaNi, Il Casentino, Edizioni Polistampa, Firenze.

9. a. BaCCi, 2012, Antica viabilità casentinese, in L. roMBai, r.

stoPaNi, Il Casentino, Edizioni Polistampa, Firenze. Pag.154. vedi anche G. CasaLi, 2000, La strada del Passo della Calla, in, Crocevia

della fede. Le vie romee della diocesi di Fiesole, collana Centro stu-

di romei, arti grafiche Nencini, Poggibonsi (SI) Pag 29; s. GrifoNi, 2012, Dal lago degli idoli alla terra barbaritana: itinerari archeo-

logici in casentino, in L. roMBai, r. stoPaNi, Il Casentino, Edizioni

Polistampa, Firenze. Pag 123. Nello stesso articolo sono tratti dei riferimenti a studi di Fatucchi, 1970-72, Profilo di una valle 1999, pp.74-75; Uggeri 2009; Grifoni 2010.

10. a. BaCCi, 2012, Antica viabilità casentinese, in L. roMBai, r.

stoPaNi, Il Casentino, Edizioni Polistampa, Firenze. pp.154, 155. r. stoPaNi, Il Casentino e la “melior via” per Roma, in L. roMBai, r.

stoPaNi, Il Casentino, Edizioni Polistampa, Firenze. Pag 305 11. a. BaCCi, 2012, Antica viabilità casentinese, in L. roMBai, r.

stoPaNi, Il Casentino, Edizioni Polistampa, Firenze. Pag.157. 12. r. stoPaNi, 2012, Il Casentino e il ventaglio di percorsi che col-

legavano Arezzo alla Romagna, in L. roMBai, r. stoPaNi, Il Casen-

tino, Edizioni Polistampa, Firenze. pp. 295, 296.

13. r. roMaNo, Codice forestale camaldolese. Le radici della soste-

nibilità, pag 101.

14. a. GiaNNetti, 2013, L’altro paesaggio: selve, boschi e foreste, in (a cura di) s. BertoCCi, s. ParriNeLLo, Architettura eremitica.

Sistemi progettuali e paesaggi culturali, La Verna, Edifir, Firenze

pp. 109, 110.

15. G. CheruBiNi, 1996, Monachesimo e ambiente nel Medioevo oc-

cidentale, in Religione e ambiente atti del convegno internazionale

interreligioso Arezzo – La Verna - Camaldoli 4 - 6 Maggio 1995, Tipografia Pazzini (Rimini) per conto di Edizioni Camaldoli. 16. e. MerLo, 1997, La foresta come chiostro. Influsso delle idee

cristiane sull’ambiente vegetale, Edizioni san Paolo, Milano. Pag

44.

17. Si fa riferimento alla serie di riforme della Chiesa latina che, dopo aver assunto le più varie e vaste responsabilità terrene nell’Oc- cidente, ha finito con l’essere invischiata nella gestione delle realtà temporali, in vicende sempre più frammentate e confuse. La dire- zione della riforma è quella, a un tempo, della conquista di un po- tere ecclesiastico autonomo, in quanto spirituale e, perché ciò fosse possibile, centralizzato, ossia non più condizionato dai poteri locali. Dunque si ricerca il primato della Sede apostolica sui vescovi e sul clero delle diverse, nonché rivendicare le proprie prerogative nei confronti delle autorità civili.

18. Cfr. G. PeNCo, 1983, Storia del monachesimo in Italia: dalle

origini alla fine del Medioevo, Jaca Book, Milano; anche e. MerLo, 1997, La foresta come chiostro. Influsso delle idee cristiane sull’am-

biente vegetale, Edizioni san Paolo, Milano.

19. e. MerLo, 1997, La foresta come chiostro. Influsso delle idee

cristiane sull’ambiente vegetale, Edizioni san Paolo, Milano. Pag

62.

20. Ad esempio esiste una chiesa dedicata alla Madonna della quer- cia a Montepulciano. Nel 1690 un contadino, a seguito della visione di esseri infernali, ha posto l’effige della Madonna all’interno di una cavità di una quercia disinfestando l’area. Oppure la costruzione nel XVII sec di cappella denominata Masso del Diavolo a seguito di un evento che vide un monaco Vallombrosano ad essere indotto dal demonio a gettarsi nel burrone.

21. e. MerLo, 1997, La foresta come chiostro. Influsso delle idee

cristiane sull’ambiente vegetale, Edizioni san Paolo, Milano. Pag 24

22. Si rimanda al testo della scheda di pag. 27 in cui si evince la cura e l’attenzione che i monaci camaldolesi ripongono nella foresta. 23. e. MerLo, 1997, La foresta come chiostro. Influsso delle idee

cristiane sull’ambiente vegetale, Edizioni san Paolo, Milano. Pag

109.

24. I monaci si occupavano di tenere sotto controllo la percorribili- tà della foresta, ripulendo la strada, allontanando le fiere, tutelando l’integrità del bosco regimentando l’abbattimento degli alberi ed il pascolo degli animali. Cfr. G. C. roMBy, 1996, Abbazie, eremi, mo-

nasteri e foresta casentinese, in Atti del Convegno Internazionale Interreligioso “Religioni e ambiente”, Arezzo, La Verna, Camaldo-

li, 4-6 Maggio 1995, Edizioni Camaldoli; anche r. roMaNo, Codice

forestale camaldolese. Le radici della sostenibilità,

25. e. MerLo, 1997, La foresta come chiostro. Influsso delle idee

cristiane sull’ambiente vegetale, Edizioni san Paolo, Milano. Pag

107-108

26. e. rePetti, 1833, Dizionario geografico fisico storico della To-

scana, contenente la descrizione di tutti i luoghi del Granducato, Ducato di Lucca, Garfagnana e Lunigiana. Vol. 1.

27. P. LuGaNo, 1908, La Congregazione Camaldolese degli eremiti

di Montecorona (monografie di storie benedettina, vol. 1), Roma.

28. Descrizione del Sacro eremo di Camaldoli, e della regola, et vita