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Nascita e sviluppo dell’Ordine camaldolese

La storia delle fabbriche di Camaldoli, ma più in generale di tutto l’Ordine camaldolese, nasce dalla volontà rifor- matrice di san Romualdo, monaco di sant’Apollinare in Classe a Ravenna, deciso a riportare l’austerità nella vita monastica attraverso la riscoperta della pratica ascetica ispirata ai vecchi padri abitatori del deserto.

La sua proposta di riforma monastica nasce in risposta all’afievolimento della spinta spirituale della Chiesa di Roma che sembrava più attenta al controllo dei vantaggi che l’istituzione si era conquistata nella società civile29. Una riforma morale della vita religiosa era richiesta da tutti i cristiani che vennero allora contagiati da una grande sete spirituale.[…] L’aspirazione era un ritor- no alla semplicità evangelica della prima generazione cristiana. Andavano in pellegrinaggio per le strade, partivano anche in gruppi molto numerosi verso nuovi “deserti”. La crisi del cenobitismo provoca una rinascita dell’eremitismo30.

In parallelo a questa volontà riformatrice si svilupparono altre comunità religiose che misero in atto altre vie di riforma: oltre a Camaldoli, un esempio su tutti è la vicina Vallombrosa con l’istituzione dell’Ordine vallombrosano fondato da san Giovanni Gualberto.

La formazione monastica di Romualdo inizia a seguito di un evento traumatico legato ad un omicidio commesso dal padre per una disputa con un parente. Romualdo entra nel monastero di S. Apollinare in Classe a Ravenna dove evidenzia da subito l’insofferenza a certi comportamenti dei confratelli; dopo tre anni di permanenza all’interno del monastero chiede, ed ottiene dall’abate, la possibili- tà di concedersi a vita eremitica. La vocazione eremitica di Romualdo nasce da un inclinazione naturale alla vita solitaria da un lato, e dall’altro dalla sua esperienza ne- gativa nel cenobio del suo tempo che appunto non solo non favoriva ma anzi ostacolava il suo desiderio di per- fezione31.

Romualdo si reca presso l’eremita Marino a cui si ispira sia per il rigore della vita ascetica, sia per l’insegnamen- to alla lettura degli antichi padri del Deserto; in seguito Romualdo si trasferisce per circa dieci anni a Cuxa nei

Romualdo studia, legge e ascolta gli insegnamenti dell’eremita Marino e dei padri eremiti del Deserto.

Romualdo con la chiesa dell’eremo in mano, raffigurazione presente nel refettorio del monastero.

Una riflessione sul luogo

Andrea Pagano

31 Pirenei, assorbendo aspetti culturali allora piuttosto in-

novativi. Nonostante la vita monastica dedita alla ricerca spirituale, Romualdo trascorre lunghi periodi in medita- zione ascetica solitaria, mentre si andava formando il suo pensiero di riforma monastica ed eremitica, per quanto non sia mai giunto a realizzare un preciso disegno isti- tuzionale32.

In effetti Romualdo non fu nè un legislatore, nè un fon- datore di un Ordine: egli ha lasciato in eredità tutta la disciplina, la sua esperienza di vita e l’esortazione a se- guire la Regola di San Benedetto33.

Rientrato nella penisola italiana, appena ebbe facoltà di educare discepoli “competenti”, fonda nuove comunità di religiosi, sia sotto forma di cenobio sia di eremo. A questa attività si affianca un continuo e più difficile ten- tativo di riforma di monasteri già avviati, attraverso la comunicazione diretta della dottrina e del rigore spiritua- le, in sostanza crea i presupposti per un movimento di riforma.

Muore nel 1027 recluso in una cella eremitica a Val di Castro, presso Fabriano.

La fonte più importante relativo alla vita di san Romual- do, è costituito dall’agiografia scritta da Pier Damiani, 15 anni dopo la morte del santo, e difetta del racconto della fondazione dell’eremo di Camaldoli. Probabilmente tale mancanza è dovuta al fatto che al tempo di Pier Damiani la comunità casentinese fosse ancora troppo piccola per essere degna di nota.

La fondazione dell’insediamento di Camaldoli è invece documentato da un atto di donazione, nella quale si at- testa che nel 1027 avvenne la consacrazione del primo oratorio dell’eremo da parte del vescovo di Arezzo Te- odaldo.

Il LIber eremitice regule della seconda metà del XII se- colo sancisce una sostanziale ricostruzione della parteci- pazione di Romualdo alla fondazione e, soprattutto, sta- bilisce le consuetudini della pratica eremitica sotto forma di regola.

Le difficoltà di porre in atto la riforma si manifestarono a più riprese con vari eventi ed esperienze negative, che influenzarono scelte progettuali e strategiche: la riforma, concepita sia sotto forma di espressione di vita comuni- taria sia nella forma di vita eremitica, non presenta alcun riferimento a caratteri architettonici ben definiti.

Romualdo decise di strutturare l’organizzazione della vita eremitica dando una sua interpretazione, in linea con la Regola di San Benedetto, cercando di costruire, ex novo nell’occidente, un eremitismo autonomo e razionale in grado di interagire efficacemente con il cenobio34. È questa dicotomia che rappresenta l’aspetto assoluta- mente innovativo della riforma, il dibattito culturale che si apre su questo presupposto condizionerà l’evoluzio- ne del futuro Ordine con dispute sull’interpretazione del messaggio romualdiano che porteranno anche alla scis- sione dell’Ordine stesso. Più in generale l’esperienza che lega le funzioni eremitiche a quelle cenobitiche, solita- mente considerate come opposte concezioni del vivere il monachesimo, è da considerarsi come un sistema di difficile e rara riproposizione nella cultura cristiana. In ambito architettonico, il passaggio intermedio queste due opposte concezioni dell’abitare, porta ad esempi uni- ci nel panorama dei modelli costruttivi religiosi. Appare in primo luogo evidente nell’aggregazione degli spazi abitativi dei due centri spirituali, ognuno con forti pecu- liarità tipologiche ben riconoscibili, la tendenza ad una certa elasticità nei criteri di attribuzione degli spazi fun-

Immagine estratta dal Regesto di Camaldoli (file digitalizzato per conto della Comunità) in cui viene riportato l’atto di fondazione di Camaldoli.

zionali; del resto nell’architettura la tipologia più rigida può essere anche adattata dal punto di vista dell’ogget- tiva funzionalità dello spazio e del valore che le viene attribuito.

Le informazioni sulle fabbriche, tendenzialmente si af- fiancano alle descrizioni di eventi che hanno segnato il percorso dell’Ordine camaldolese, risulta quindi utile e necessaria la comprensione degli attori, dei narratori e dei principali avvenimenti che hanno condizionato la sto- ria di Camaldoli.

Nel secolo XII, all’interno della legislazione dell’Ordine, furono previste una serie di iniziative che mettevano al centro della vita camaldolese il Sacro eremo: fu prevista la visita annuale all’eremo da parte dei priori di tutte le comunità locali35 e, in questa sede, il priore generale la-

vava i piedi degli eremiti di Camaldoli in segno di grande rispetto. Dopo il 1271 i capitoli generali non furono più celebrati in maniera esclusiva presso l’eremo e, inoltre nel Trecento, il Priore Generale fissò la propria residen- za in una dipendenza di Camaldoli vicino alla città di Firenze.

È necessario precisare che l’eremo di Camaldoli non è sempre stato il luogo di riferimento e di gestione degli affari costituzionali e di rappresentanza dell’Ordine. Nel corso dei secoli alcune comunità conquistarono un ruolo sempre più importante per l’Ordine, come per esempio Santa Maria degli Angeli di Firenze, e san Michele di Murano a Venezia. Questi due complessi hanno partico- larmente condizionato le vicende storiche dei camaldole- si, collocati in città così influenti nella storia del nostro paese, per la cultura e per le idee che circolavano e si scambiavano continuamente tra le varie personalità. Dunque, in alcuni periodi in cui le strutture isolate dai contesti urbani sono state soggette ad un forte diminu- zione delle attività, anche Camaldoli ne subì le conse- guenze, nonostante il luogo sia sempre stato supportato da una particolare cura e riverenza in quanto luogo d’ori- gine dell’Ordine.

L’alternarsi di attenzioni e centralità di potere a periodi di maggior isolamento è riscontrabile dallo studio delle modifiche che, nel tempo, vengono apportate alle struttu- re architettoniche.

Le fasi costruttive delle fabbriche di Camaldoli sono state condizionate dalle direttive dei padri che hanno guidato la comunità, pertanto l’analisi non può prescindere dalla conoscenza della comunità che ne ha gestito, da sempre, ogni spazio e ogni pietra36.

A tal proposito si tende a considerare il percorso storico dell’Ordine suddiviso in tre grandi periodi storici. I primi tre secoli (XI-XIV sec.) sono segnati dalla nasci- ta e dallo sviluppo della congregazione, che portano a comprendere all’interno della Congregazione ben 203 tra eremi e monasteri di nuova fondazioni o riformati37. Un repentino sviluppo che ha generato una non semplice coordinazione e gestione delle risorse e delle regolamen- tazioni interne.

Il periodo successivo allo sviluppo iniziale (XIV-XVIII sec.) è caratterizzato da vari tentativi di riforma che portano anche a profonde fratture interne all’Ordine, e El Greco, Allegoria dell’Ordine camaldolese, 1600.

Una riflessione sul luogo

Andrea Pagano

33 dall’innalzamento di singole figure eccezionali, quali

Ambrogio Traversari, Mariotto Allegri, Pietro Delfino, Paolo Giustiniani, Silvano Razzi e del loro impegno cul- turale e di apertura che si comprende soltanto nel quadro di un importante coinvolgimento nella società urbana, portando e recependo istanze di nuova centralità dell’uo- mo e al suo protagonismo nella storia che spiccano so- prattutto nell’umanesimo fiorentino.

Bisogna ad esempio ricordare anche il mappamondo di fra’ Mauro camaldolese, che non è solo un’opera carto- grafica geniale, ma costituisce l’invito a guardare alla storia di terre lontane e di popoli sconosciuti, dilatando il proprio orizzonte.

Quindi nel secolo XVII si evidenzia l’attenzione alle nuo- ve scoperte scientifiche, in particolare sono da segnalare

le ricerche matematiche effettuate da Grandi, monaco ca- maldolese che ha insegnato alla Normale di Pisa. Invece nel XVIII secolo la congregazione cerca di comprende- re i cambiamenti del tempo analizzando e riscomprendo la storia dell’Ordine, con gli storici Odoardo Baroncini (+1741) con il Chronicon Camalduli, Giovanni Benedet- to Mittarelli (+1777) e Anselmo Costadoni (+1785) i noti autori degli Annales Camaldolenses (Fonte principale della storia camaldolese). Da menzionare anche Pietro Canneti (+1730) promotore della monumentale bibliote- ca classense di Ravenna.

L’Ottocento segna la terza fase, la più difficile per la congregazione, soppressa prima da Napoleone e poi dal Regno d’Italia. I disordini generati portano ancora evi- denti lo scompenso della percezione della “dimensione” dell’Ordine.

I monaci rientrano all’eremo alla fine dell’Ottocento e riprendono definitivamente la gestione dell’intero com- plesso del monastero soltanto alla metà del Novecento. Oggi fanno parte della Congregazione Camaldolese sette eremi e otto monasteri.

Georeferenziazione dei siti camaldolesi in Italia dal 1012 al 2012. [F. Di Pietro, R. Romano: 2012]