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I. Gyaru, kogyaru, ganguro: la gioventù irrequieta di Shibuya

11. Funzionalità della purikura

Tra le tante novità emerse nel boom tecnologico degli anni Novanta, è necessario menzionare l'importanza della purikura ( プ リ ク ラ) come mezzo di espressione giovanile,

precisando che non si tratta di una pratica subculturale limitata alle gyaru, bensì di un'attività largamente diffusa tra le adolescenti in generale.

La parola purikura deriva dall'abbreviazione realizzata unendo le prime sillabe dell'espressione

purinto kurabu (dall'inglese print club) e indica una cabina fotografica, solitamente posizionata

nelle sale giochi, in cui è possibile scattare una media di sei foto, successivamente personalizzabili

50 Bisogna precisare che le yamanba non rifiutavano in generale gli uomini, ma come le gyaru frequentavano ragazzi vicini alla loro subcultura come gyaruo (ギャル男) e sentāgai (センターガイ, center guy), corrispettivi maschili di

gyaru e ganguro di cui verrà trattato successivamente.

con scritte digitali, cornici e adesivi in linea con la cultura del kawaii. Già da qualche anno la pratica di collezionare fotografie istantanee o realizzate con macchine fotografiche monouso era diventata in voga tra le adolescenti, abituate a decorarle con pennarelli indelebili e applicare adesivi per poi raccogliere tutto in album e quaderni da scambiarsi reciprocamente; l'introduzione del servizio di purikura rende questa pratica più semplice poiché le foto risultano compatte, adesive e in diversi formati, permettendo di utilizzarle per decorare oggetti personali come cellulari e cerca-persone.

La praticità non è l'unico elemento che rende rivoluzionarie queste piccole fotografie, infatti nel giro di breve tempo diventano una delle modalità di espressione più fruite e diffuse tra le adolescenti, creando una vera e propria cultura fotografica giovanile. La purikura costituisce un atto sociale svolto in occasioni particolari, a commemorazione di compleanni, anniversari, incontri speciali a distanza di lunga data eccetera. Davanti all'obbiettivo le ragazze posano in diverse modalità a seconda dello scopo, che va dall'apparire pure e kawaii (con l'ausilio di apposite tecnologie interne che permettono di migliorare i lineamenti del viso e ingrandire la forma degli occhi) allo scomporsi in pose ridicole e ai limiti del grottesco. Laura Miller52 prende in esame i

comportamenti delle giovani giapponesi nelle cabine fotografiche, analizzando alcuni dei casi più estremi di purikura definiti come yabapuri (ヤ バ プ リ)53 e eropuri54 (エ ロ プ リ), significanti

rispettivamente “fotografie terribili” e “fotografie erotiche”: nel primo caso, lo scopo è quello di posare per ottenere scatti bizzarri (ad esempio incrociando gli occhi o spingendo un dito sulla punta del naso deformandone l'espressione) a cui successivamente vengono applicati adesivi e scritte volgari in modo da distorcere ulteriormente la serietà della fotografia; la purikura erotica invece prevede il mostrarsi volontariamente in biancheria intima, scoprire il seno o assumere atteggiamenti volgari in chiave esplicitamente ironica e caricaturale.

In entrambi i casi, lo scopo di queste forme di fotografia adolescenziale verte sul creare una parodia dell'immagine femminile costruita negli ultimi anni dai media: le yabapuri infatti si oppongono alla rappresentazione della ragazza kawaii e condiscendente, distorcendone l'immagine in prima persona attraverso atteggiamenti sovversivi che raramente verrebbero mostrati in pubblico; pur non essendo specificamente associato ad alcuna subcultura, può essere

52 Laura MILLER “Bad Girl Photography” in Laura MILLER, Jan BARDSLEY (a cura di), Bad girls of Japan, New York, Palgrave Macmillan, 2005

53 Da yabai purikura (ヤバイプリクラ). 54 Da eroi purikura (エロいプリクラ).

inteso come un meccanismo simile a quello operato dalle yamanba nello stravolgere il loro aspetto per rendersi ripugnanti agli occhi degli uomini, esprimendo a loro volta una resistenza simbolica che Miller interpreta come una presa di posizione femminista:

«Japanese girls are well aware of the commercialized and sexualized uses to which photographs of women have been put in mainstream and male-authored media, so they usurp this prerogative by altering their own photos at the point of manufacture. These ugly photos critique compulsory femininity and the oppressive emphasis placed on female beauty and cuteness through unsettling imagery.»55

Allo stesso modo attraverso le eropuri, mostrando la biancheria intima o scoprendosi davanti alla macchina fotografica le ragazze non si pongono l'obiettivo di risultare sexy allo sguardo degli uomini, al contrario ridicolizzano l'immagine proposta dalle riviste erotiche rivolte al pubblico maschile, deturpando le foto con scritte offensive e volgari che spezzano i canoni di una femminilità casta e sottomessa in cui l'eropuri «mock the very visual codes that have been used to objectify them.» 56

Wakayabashi infine individua alcuni casi non convenzionali di purikura utilizzati come mezzo di promozione ai fini dell'enjo kōsai: le cabine offrono diverse opzioni di fotoritocco automatico e aggiunta di make-up che permettono di migliorare i tratti del viso, rendendo così le giovani ragazze più attraenti; in più, con la possibilità di inserire scritte personalizzate, risulta semplice aggiungere un contatto telefonico o di email, assicurando al cliente di conoscere il viso della ragazza ancor prima dell'appuntamento.

Se in questi casi particolari la purikura può diventare un mezzo sovversivo, di norma lo scopo principale rimane quello di divertirsi a scattare e personalizzare fotografie con le proprie amiche o commemorare un appuntamento speciale con il fidanzato in una rabupuri57 (ラ ブ プ リ, purikura di coppia); il risultato concreto, costituito da una serie di piccole

fotografie adesive, viene poi collezionato in album fotografici e diari, oggetti di scambio reciproco tra amiche del cuore e compagne di classe.

Il significato che ogni sessione fotografica racchiude nel profondo non è limitato allo scopo di

55 Laura MILLER “Bad Girl Photography” in Laura MILLER, Jan BARDSLEY (a cura di) Bad girls of Japan..., cit., p.133 56 Laura MILLER “Bad Girl Photography” in Laura MILLER, Jan BARDSLEY (a cura di) Bad girls of Japan..., cit., p.135 57 Da rabu (ラブ, love) purikura.

raccogliere il maggior numero di fotografie possibili, ma verte sul fine di esibire apertamente la propria socialità: così come l'atto di comunicare frequentemente attraverso il keitai denwa in un mezzo pubblico, accumulando molti adesivi fotografici (applicati in posizioni strategiche e visibili al prossimo) le ragazze attestano di avere un'intensa vita sociale e tanti amici a riprova del loro essere popolari. In un epoca dove ancora non esistono i social media per comunicare le proprie esperienze attraverso fotografie condivise, le adolescenti giapponesi utilizzano questa forma creativa di fotografia per autodeterminare la loro socialità, in paese che già da tempo si trova a fare i conti con fenomeni di emarginazione giovanile.