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La funzione organizzatrice del bilancio d’esercizio e le conseguenze

finanziari derivati

Il bilancio d’esercizio, oltre a fornire informazioni in merito alla situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società a soci, creditori e soggetti terzi, assolve anche alla funzione di determinazione della quota di utili che possono essere ripartiti tra i soci261.

Più in generale, è possibile parlare di funzione cd. organizzatrice del bilancio, giacché la determinazione degli utili distribuibili – seppur rappresentando in effetti la finalità precipua del bilancio – non esaurisce le funzioni che il codice civile assegna a tale documento.

Dal bilancio d’esercizio, oltre alla quota di utili distribuibili, risultano infatti:

• l’ammontare delle perdite subite, che in taluni casi – previsti rispettivamente dagli artt. 2446 c.c. e 2447 c.c.262 – impongono in capo agli amministratori

261 Cfr. COLOMBO G.E., Il regime civilistico degli utili e delle riserve da adozione degli IAS/IFRS, in

Società, 2006, p. 1337.

262 Gli artt. 2446 e 2447 c.c. disciplinano il comportamento che l’organo amministrativo di una società

deve tenere nel caso in cui le perdite rilevate nel bilancio superano la terza parte del capitale. L’art. 2446 c.c., in particolare, prescrive che, nel caso in cui si verifichi tale ipotesi, gli amministratori devono convocare “senza indugio” l’assemblea al fine di prendere gli “opportuni provvedimenti”. All’assemblea deve essere sottoposta una relazione, redatta dagli amministratori e corredata dalle osservazioni dell’organo di controllo, che illustri la situazione patrimoniale della società. In seguito, se entro l’esercizio successivo la perdita non risulta diminuita ad un ammontare inferiore alla terza parte del capitale, l’assemblea deve ridurre il capitale sociale in proporzione alle perdite accertate. L’art. 2447 c.c., ancora, disciplina l’ipotesi in cui le perdite rilevate, oltre ad aver eroso il capitale di oltre un terzo, lo hanno ridotto ad un importo inferiore rispetto al minimo legale stabilito dall’art. 2327 c.c. In tal caso, gli amministratori hanno l’obbligo di convocare “senza indugio” l’assemblea per deliberare “la

riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo, o la trasformazione della società”.

l’obbligo di convocare tempestivamente l’assemblea al fine di prendere i provvedimenti necessari a tutelare l’integrità del capitale sociale;

• l’esistenza di riserve di patrimonio che, se disponibili263, possono essere

utilizzate per effettuare un aumento gratuito di capitale sociale264, con l’approvazione dell’assemblea straordinaria.

Tornando a focalizzare l’attenzione sulla finalità principale del bilancio, ovvero l’individuazione della quota di utili che può essere distribuita ai soci, è fondamentale considerare la previsione del codice civile secondo cui nel bilancio d’esercizio “si

possono indicare esclusivamente utili realizzati alla data di chiusura dell’esercizio”265.

Questa regola è conosciuta come “principio di realizzazione” e dispone che nel bilancio non possano essere rilevati plusvalori che non siano stati effettivamente conseguiti, ovvero che non risultino con certezza da scambi conclusi con terze economie266.

La ratio alla base del principio di realizzazione si fonda sulla circostanza che all’iscrizione di plusvalori potenziali – dunque non ancora realizzati – potrebbe conseguire una distribuzione di utili solamente sperati che potrebbe comportare, nell’ipotesi di mancato realizzo dei plusvalori, un’impropria restituzione ai soci di una parte del patrimonio sociale e pertanto causare una lesione all’integrità del capitale sociale267.

Ancora, la rilevazione in bilancio delle sole componenti di reddito effettivamente realizzate è generalmente assicurata dall'utilizzo del criterio del costo storico268, per il quale la valutazione degli elementi esposti deve avvenire sulla base dei corrispettivi pagati dalla società per l'ottenimento dei beni da iscrivere oppure per l'acquisizione dei diritti ad essi relativi. Secondo tale criterio di valutazione, il valore iniziale di iscrizione

263 V. infra par. 3 del presente capitolo. 264 Cfr. art. 2442 c.c.

265 Cfr. art. 2423-bis, co. 1, n. 2. c.c. Tale prescrizione è successivamente ribadita anche nell’art. 2433,

co. 2 c.c. il quale dispone che: “Non possono essere pagati dividendi sulle azioni, se non per utili

realmente conseguiti e risultanti dal bilancio regolarmente approvato”.

266 Al contrario, sulla base del cd. “principio di asimmetria” si deve tenere conto di qualsiasi componente

negativo di reddito, sia relativo a oneri futuri che a perdite di valore di elementi iscritti nel bilancio, ancorché semplicemente stimati, in ossequio al principio della prudenza. Sul punto: DE ANGELIS L., (nt.

89), p. 37 e ss.

267 Cfr. STRAMPELLI G.,Le riserve da fair value: profili di disciplina e riflessi sulla configurazione e la

natura del patrimonio netto, in Riv. soc., 2006, p. 245.

costituisce un limite che non può mai essere superato, nemmeno se il valore corrente di mercato del bene o del contratto è superiore a tale ammontare; sono concesse rettifiche solo in diminuzione, che devono essere effettuate per tener conto delle eventuali svalutazioni o perdite di valore durevoli del bene.

Il principio di realizzazione, tuttavia, soffre della presenza di alcun deroghe che possono determinare l'emersione di plusvalori potenziali, che non derivano da effettive operazioni poste in essere con soggetti terzi e che sono frutto, invece, di semplice stima. Relativamente a queste ipotesi il legislatore è dovuto intervenire con l’intento di impedire che tali utili, stimati e non effettivamente realizzati, potessero essere resi distribuibili ai soci. In particolare, la neutralizzazione degli utili non conseguiti è condotta attraverso l’obbligo di accantonamento degli stessi a riserve di patrimonio netto non distribuibili e, a seconda dei casi, limitatamente disponibili per l’aumento gratuito del capitale e per la copertura delle perdite, fino a che i plusvalori non saranno effettivamente realizzati269.

Nello specifico, le ipotesi di deroga al principio di realizzazione fanno capo a tre diversi grappoli di norme.

Una prima serie di deroghe è contenuta nello stesso codice civile e riguarda le seguenti fattispecie:

• deroga ai criteri generali di valutazione del bilancio che può essere attivata nei casi eccezionali in cui le disposizioni di legge sono incompatibili con il rispetto dei postulati di veridicità e di correttezza del bilancio (art. 2423, co. 5, c.c.); • valutazione delle immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese

controllate o collegate mediante l’uso del metodo del patrimonio netto (art. 2426, co. 4, c.c.);

• rilevazione di attività e passività monetarie denominate in valuta straniera al tasso di cambio a pronti rilevato alla data di chiusura dell’esercizio (art. 2426, co. 1, n. 8-bis), c.c.).

Un secondo caso di deroghe riguarda, invece, la rilevazione di plusvalori non realizzati in conseguenza all’applicazione di leggi speciali di rivalutazione monetaria, predisposte

269 Cfr. DE LUCA N.,Riserve indistribuibili, riserve indisponibili e incidenza delle perdite, in Riv. soc.,

in speciali circostanze dal legislatore, al fine di permettere alle società italiane di adeguare il valore dei beni posseduti all’andamento del processo inflattivo270.

Una terza ed ultima ipotesi di deroghe riguarda l’utilizzo di criteri di valutazione differenti da parte delle imprese IAS adopter, che hanno l’obbligo (o la facoltà) di applicare i principi contabili internazionali, in luogo a quelli nazionali, durante il processo di redazione del bilancio di esercizio. Com’è noto, il bilancio redatto in conformità con i principi internazionali IAS/IFRS assolve una funzione diversa da quella svolta dal bilancio redatto secondo le norme del codice civile, prettamente informativa e funzionale all’esposizione del valore effettivo del capitale; di qui la possibilità di esporre in bilancio plusvalori potenziali.

Alle predette fattispecie di rilevazione di plusvalori non conseguiti, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 139/2015, se ne aggiunge un’ulteriore: la valutazione al fair value degli strumenti finanziari derivati di cui all’art. 2426, co. 1, n. 11-bis), c.c. Nello specifico, il codice civile, con lo scopo sterilizzare l’incidenza sul bilancio degli utili da

fair value rilevati in seguito ai nuovi criteri valutativi previsti per i contratti derivati,

dispone che “non sono distribuibili gli utili che derivano dalla valutazione al fair value

degli strumenti finanziari derivati non utilizzati o non necessari per la copertura. Le riserve di patrimonio che derivano dalla valutazione al fair value di derivati utilizzati a copertura dei flussi finanziari attesi di un altro strumento finanziario o di un'operazione programmata non sono considerate nel computo del patrimonio netto per le finalità di cui agli articoli 2412, 2433, 2442, 2446 e 2447 e, se positive, non sono disponibili e non sono utilizzabili a copertura delle perdite”.

Sulla scorta di quanto affermato dalla legge, dunque, sembra che i plusvalori conseguenti alla valutazione al fair value degli strumenti finanziari derivati debbano confluire in due distinte riserve di netto aventi regimi civilistici differenziati in tema di distribuibilità e disponibilità degli utili che le formano.

270 In alcuni momenti storici, se il tasso di inflazione è particolarmente elevato (cd. “inflazione

galoppante”) il valore iniziale di iscrizione di un bene in bilancio potrebbe perdere significatività, trattandosi di una grandezza statica in un contesto di prezzi rapidamente crescenti. In determinate situazioni, il legislatore può permettere la rivalutazione dei beni al fine di tener conto della componente inflattiva.

Una prima riserva, denominata “riserva per operazioni di copertura dei flussi finanziari

attesi”, è esplicitamente individuata dall’art. 2424, co. 1, c.c. ed è costituita in diretta

contropartita delle variazioni di valore relative a “derivati utilizzati a copertura dei flussi

finanziari attesi di un altro strumento finanziario o di un'operazione programmata”; una

seconda riserva, giacché non esplicitamente prevista (e pertanto considerata implicita), dovrebbe essere invece costituita mediante l’accantonamento di tutti gli utili da fair

value, generati dalla valutazione di derivati, che transitano nel conto economico, con

l’obiettivo di rispettare la previsione di legge secondo la quale “non sono distribuibili

gli utili che derivano dalla valutazione al fair value degli strumenti finanziari derivati non utilizzati o non necessari per la copertura”.

Nel corso del presente capitolo verranno indagate la natura, i possibili impieghi e il processo di formazione delle riserve recentemente introdotte, evidenziandone i punti critici e cercando di fornire una soluzione alle problematiche di maggior rilievo il più possibile condivisibile.

Prima di procedere alla trattazione, appare tuttavia opportuno fornire uno spunto di riflessione in merito alla disciplina riguardante i criteri generali di classificazione e di utilizzo delle poste del patrimonio netto, in modo da comprendere a pieno la portata delle critiche cha saranno successivamente mosse.