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La riserva per operazioni di copertura dei flussi futuri attesi

Il legislatore italiano, attraverso il d.lgs. n. 139/2015, ha introdotto nell'ordinamento italiano – più o meno esplicitamente – due nuove riserve di patrimonio netto.

Una di queste, in particolare, denominata “riserva per operazioni di copertura dei flussi

futuri attesi”, è stata creata con la finalità di sterilizzare l'effetto dei plusvalori da fair value che devono essere contabilizzati tra le poste netto in diretta contropartita delle

variazioni di valore riferite agli strumenti finanziari derivati utilizzati nell’ambito di operazioni di copertura di cash flow286.

L'introduzione di tale riserva deriva dal dettato del novellato art. 2426, co. 1, n. 11-bis), c.c., il quale dispone che: “gli strumenti finanziari derivati, anche se incorporati in altri

285 Cfr. BENVENUTO L.,(nt. 274), p. 36.

286 Con il termine strumenti finanziari derivati di copertura ci si sta riferendo a quei contratti che possono

essere definiti strumenti di copertura sulla base del possesso dei requisiti previsti dal principio OIC 32. Per un'analisi approfondita v. supra cap. III.

strumenti finanziari, sono iscritti al fair value. Le variazioni del fair value sono imputate

(…), se lo strumento copre il rischio di variazione dei flussi finanziari attesi di un altro

strumento finanziario o di un'operazione programmata, direttamente ad una riserva positiva o negativa di patrimonio netto; tale riserva è imputata al conto economico nella misura e nei tempi corrispondenti al verificarsi o al modificarsi dei flussi di cassa dello strumento coperto o al verificarsi dell'operazione oggetto di copertura. (…) Le riserve di patrimonio che derivano dalla valutazione al fair value di derivati utilizzati a copertura dei flussi finanziari attesi di un altro strumento finanziario o di un'operazione programmata non sono considerate nel computo del patrimonio netto per le finalità di cui agli articoli 2412, 2433, 2442, 2446 e 2447 e, se positive, non sono disponibili e non sono utilizzabili a copertura delle perdite”.

La “riserva per operazioni di copertura di flussi futuri attesi” si configura, insomma, come una riserva particolare. Essa non può essere impiegata per la distribuzione di utili ai soci (art. 2433 c.c.) e neppure per l'imputazione a capitale sociale in sede di aumento gratuito dello stesso (art. 2442 c.c.); la riserva, inoltre, non deve essere considerata nel computo del patrimonio netto ai fini delle delibere relative all’emissione di obbligazioni, che si ricorda essere ammissibile nei limiti del “doppio del capitale sociale, della riserva

legale e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio approvato” (art. 2412

c.c.), alla riduzione del capitale, quando lo stesso risulta essere diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite (art. 2446 c.c.) e alla riduzione del capitale, quando lo stesso risulta essere ridotto “per la perdita di oltre un terzo del capitale (…) al disotto

del minimo stabilito dall'articolo 2327” (art. 2447 c.c.).

Il codice civile, ulteriormente, indica che la riserva è indisponibile e che non può essere utilizzata per la copertura delle perdite.

Anche a mente di quanto affermato in precedenza, sembra proprio di trovarsi di fronte ad un caso di uso improprio del termine “riserva” da parte del legislatore.

Dall’analisi del dettato dell'art. 2426, co. 1, n. 11-bis), c.c. è chiaro che la “riserva per

operazioni di copertura di flussi futuri attesi” non svolge alcun ruolo organizzativo e

la definizione fornita dalla dottrina maggioritaria287. Tale ipotesi necessita tuttavia di ulteriori conferme sulla base della presenza di alcune incertezze racchiuse nella norma in esame che potrebbero portare alla luce un regime di non completa indisponibilità della riserva.

In primo luogo, il codice civile non fornisce alcuna informazione riguardo al rilievo della “riserva per operazioni di copertura di flussi futuri attesi” ai fini dell'acquisto di azioni proprie o di un'entità controllante. Secondo un’opinione dottrinale condivisibile “tale lacuna deve essere colmata in base al principio generale previsto dallo stesso articolo secondo cui le riserve in esame, se positive, non sono disponibili” 288 e pertanto la riserva di cui sopra non deve essere considerata nel computo del limite per l’acquisto di azioni proprie o di una controllante.

In secondo luogo, il legislatore non tratta in modo puntuale la circostanza nella quale la “riserva per operazioni di copertura di flussi futuri attesi” assume segno negativo, prevedendo sbrigativamente che “le riserve (…) se positive, non sono disponibili e non

sono utilizzabili a copertura delle perdite”. Il tenore letterale della norma sembrerebbe

far propendere per un’apertura in tema di disponibilità della riserva nelle ipotesi in cui la stessa assuma un valore negativo, facendola concorrere, ad esempio, nel computo delle perdite rilevanti ai sensi degli artt. 2446 e 2447 c.c.

Secondo autorevole dottrina289, tuttavia, la neutralizzazione della riserva sotto il profilo organizzativo è da considerarsi totale e riguarda quindi anche il caso in cui essa assuma un valore negativo.

Alla luce dell'analisi fin qui condotta, la “riserva per operazioni di copertura di flussi

futuri attesi” non può essere considerata disponibile ai fini di nessuno scopo

organizzativo e, pertanto, è possibile affermare con convinzione che essa non sia in realtà un “vera” riserva ma sia, a tutti gli effetti, una mera posta rettificativa di valori dell'attivo290 (o del passivo nel caso di strumenti finanziari derivati di copertura aventi

fair value negativo).

287 Cfr. RACUGNO G.,TRONCI L.,(nt. 205), p. 471; STRAMPELLI G.,(nt. 267), p. 279, DE LUCA N.,(nt.

269), p. 471.

288 Cfr. BENVENUTO L.,(nt. 274), p. 35. 289 Cfr. STRAMPELLI G., (nt. 267), p. 2318.

290 Cfr. RACUGNO G.,TRONCI L.,(nt. 205), p. 471-473; STRAMPELLI G.,(nt. 267), p. 2318, BENVENUTO

Appurata la natura della riserva, l’unica questione irrisolta è quella riguardante il coordinamento tra le previsioni del d.lgs. n. 139/2015 e quelle del d.lgs. n. 38/2005. Il decreto del 2005, recependo il “regolamento IAS”, aveva infatti portato all’emersione di una riserva da fair value – in particolare la riserva ex art. 6, co. 1, lett. b) – molto simile alla “riserva per operazioni di copertura di flussi futuri attesi”, conseguente alla rilevazione dei plusvalori potenziali in seguito all’applicazione del principio internazionale IAS 39, nei bilanci delle imprese IAS adopter.

Il coordinamento tra le due norme, incoerenti in alcuni punti, si rende necessario dal momento che, in seguito all'introduzione delle nuove disposizioni di legge in tema di derivati, le società che devono redigere il bilancio secondo i principi contabili internazionali si ritrovano ad essere soggetti a due discipline – in materia di distribuibilità e disponibilità della riserva in questione – non coincidenti e non allineate. In particolare, l'art. 6 del d.lgs. n. 38/2005, prevedeva, al primo comma, che “le società

che redigono il bilancio di esercizio secondo i principi contabili internazionali non possono distribuire: (...) b) riserve del patrimonio netto costituite e movimentate in contropartita diretta della valutazione al valore equo (fair value) di strumenti finanziari e attività” e, al quarto comma, che “le riserve di cui ai commi 1, lettera b), (…) sono indisponibili anche ai fini dell'imputazione a capitale e degli utilizzi previsti dagli articoli 2350, terzo comma, 2357, primo comma, 2358, terzo comma, 2359-bis, primo comma. 2432, 2478-bis, quarto comma, del codice civile”.

Secondo la dottrina prevalente di allora, differentemente da quanto affermato finora per la “riserva per operazioni di copertura dei flussi futuri attesi”, la riserva ex art. 6, co.1, lett. b), del d.lgs. n. 38/2005, per quanto formata da proventi potenziali, doveva essere considerata una vera riserva, in quanto usufruibile almeno per la copertura delle perdite, seppur solo successivamente all’utilizzo infruttuoso della riserva legale291.

Reso pacifico che per le società che non redigono il bilancio secondo i principi contabili internazionali l’unica riserva relativa a derivati posti a copertura di cash flow è la “riserva per operazioni di copertura dei flussi futuri attesi” di cui al d.lgs. n. 139/2015, il problema si pone invece nel caso di imprese IAS adopter che, praticamente, sono obbligate alla rilevazione di due diverse riserve – o meglio di una riserva nel caso del

d.lgs. n. 38/2005 e di una posta rettificativa dell’attivo nel caso del d.lgs. n. 139/2015 – in seguito ad una stessa fattispecie operativa, ovvero l’emersione di plusvalori potenziali a seguito della valutazione al fair value di strumenti finanziari derivati utilizzati per la copertura di flussi futuri attesi e operazioni programmate.

In riferimento alla questione, tuttavia pare sensato sostenere l'abrogazione tacita dell'art. 6 del d.lgs. n. 38/2005292, in quanto l’incompatibilità delle disposizioni in esso contenute deve essere superata applicando la legge posteriore293, ovvero il d.lgs. n. 139/2015, che ha previsto un regime di completa indisponibilità della riserva, la quale alla fine dei conti, ora non è nemmeno più una riserva ma è una mera posta rettificativa.