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G LI ANZIANI F EDELI DEL R E : PROSPETTIVE IN SOVRAPPOSIZIONE

2. L A RAPPRESENTAZIONE DELL ’ ALTERITÀ NEI P ERSIANI

2.4. G LI ANZIANI F EDELI DEL R E : PROSPETTIVE IN SOVRAPPOSIZIONE

uomini. L’unica presenza maschile rimasta nel cuore del regno è rappresentata dagli anziani Fedeli che costituiscono il coro della tragedia. Sin dai primi versi Eschilo indugia sulla loro denominazione di Πιστοί, che è significativamente ripresa dalla regina nella forma γηραλέα πιστώματα159 e

poi dall’εἴδωλον di Dario nella forma πιστὰ πιστῶν, nello stesso verso in cui

156 Kuhrt 2007, 588-90.

157 Hdt.VIII.105: παρὰ γὰρ τοῖσι βαρβάροισι τιμιώτεροί εἰσι οἱ εὐνοῦχοι πίστιος εἵνεκα τῆς

πάσης τῶν ἐνορχέων.

158 Hall 1989, 157s, 2002, 216. 159 Aesch.Pers.171.

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peraltro i coreuti sono detti compagni di giovinezza del sovrano defunto160.

Erodoto si serve di questo stesso appellativo in un passo in cui si sofferma sulla volontà del medo Arpago di compiacere il suo sovrano Astiage, definendolo come «il più fedele dei Medi e confidente di tutti i suoi affari161».

Vale la pena notare che l’atteggiamento accondiscendente di questo personaggio ricorda quello tenuto dal coro dei Persiani dinanzi alla prima richiesta avanzata dalla regina162; ma nonostante la somiglianza fra i due

passi, Erodoto presenta una figura decisamente più affettata e servile di quella dei Fedeli portati in scena da Eschilo. Questa particolare fedeltà che lega al Gran Re i suoi più diretti sottoposti trova un riscontro nella stima che i Persiani riponevano negli eunuchi per la loro affidabilità163, ma gioca

soprattutto un ruolo essenziale nel capitolo delle Historiae che descrive la congiura dei sette notabili persiani che portò all’uccisione del falso Smerdi e all’incoronazione di Dario164. Effettivamente a partire dalla presa del potere

del Dario storico i congiurati, i loro discendenti e le loro famiglie rappresentavano il cuore della nobiltà persiana, costituendo alcuni di loro i più intimi uomini e consiglieri del Gran Re165: il termine persiano bandaka,

160 Aesch.Pers.681s: ὦ πιστὰ πιστῶν ἥλικές θ᾽ ἥβης ἐμῆς / Πέρσαι γεραιοί.

161 Hdt.I.108: ταῦτα δὴ ὦν φυλασσόμενος ὁ Ἀστυάγης, ὡς ἐγένετο ὁ Κῦρος, καλέσας

Ἅρπαγον ἄνδρα οἰκήιον καὶ πιστότατόν τε Μήδων καὶ πάντων ἐπίτροπον τῶν ἑωυτοῦ. cf.Hdt.III.30 per Cambise che similmente onora Prexaspe in quanto questo ἦν οἱ

ἀνὴρ Περσέων πιστότατος. 162 Hdt.I.108.: Ὦ βασιλεῦ, οὔτε ἄλλοτέ κω παρεῖδες ἀνδρὶ τῷδε ἄχαρι οὐδέν, φυλασσόμεθα δὲ ἐς σὲ καὶ ἐς τὸν μετέπειτα χρόνον μηδὲν ἐξαμαρτεῖν. Ἀλλ' εἴ τοι φίλον τοῦτο οὕτω γίνεσθαι, χρὴ δὴ τό γε ἐμὸν ὑπηρετέεσθαι ἐπιτηδέως. Cf.Aesch.Pers.173-5: εὖ τόδ᾽ ἴσθι, γῆς ἄνασσα τῆσδε, μή σε δὶς φράσαι / μήτ᾽ ἔπος μήτ᾽ ἔργον ὧν ἂν δύναμις ἡγεῖσθαι θέλῃ: / εὐμενεῖς γὰρ ὄντας ἡμᾶς τῶνδε συμβούλους καλεῖς. 163 Hdt.VIII.105, v. n.157. 164 Hdt.III.70: Ὁ δὲ Ὀτάνης παραλαβὼν Ἀσπαθίνην καὶ Γωβρύην, Περσέων τε πρώτους ἐόντας καὶ ἑωυτῷ ἐπιτηδεοτάτους ἐς πίστιν, ἀπηγήσατο πᾶν τὸ πρῆγμα. Οἱ δὲ καὶ αὐτοὶ ἄρα ὑπώπτευον οὕτω τοῦτο ἔχειν, ἀνενείκαντος δὲ τοῦ Ὀτάνεω τοὺς λόγους ἐδέξαντο. Καὶ ἔδοξέ σφι ἕκαστον ἄνδρα Περσέων προσεταιρίσασθαι τοῦτον ὅτεῳ πιστεύει μάλιστα. Ὀτάνης μέν νυν ἐσάγεται Ἰνταφρένεα, Γωβρύης δὲ Μεγάβυζον, Ἀσπαθίνης δὲ Ὑδάρνεα. Γεγονότων δὲ τούτων ἓξ παραγίνεται ἐς τὰ Σοῦσα Δαρεῖος ὁ Ὑστάσπεος ἐκ Περσέων ἥκων· τούτων γὰρ δὴ ἦν οἱ ὁ πατὴρ ὕπαρχος. Ἐπεὶ ὦν οὗτος ἀπίκετο, τοῖσι ἓξ τῶν Περσέων ἔδοξε καὶ Δαρεῖον προσεταιρίσασθαι.

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presente già nell’iscrizione di Dario a Bisitun166, esprime proprio un rapporto

fatto di un misto di sottomissione e lealtà, che in greco sarebbe tentativamente espresso ora con il concetto di πίστις ora con quello di δουλεία, nell’impossibilità di rendere con un solo termine questo concetto straniero167.

Nella parodo dei Persiani i Fedeli sono detti essere φύλακες della reggia, scelti κατὰ πρεσβείαν a ἐφορεύειν sulle terre del re168; le scelte linguistiche

descrivono pertanto un gruppo ristretto di persone particolarmente fidate, scelte a vegliare sul palazzo del sovrano e sui territori dell’impero in virtù della rispettabilità che deriva loro dall’età avanzata. Reputare qualcuno adatto a una carica importante sulla base della sua dignità senile non doveva essere sorprendente per uno spettatore greco169; doveva invece sembrare

insolita l’immediatezza con cui i Fedeli accostano i possedimenti personali del Re alle regioni dell’impero, concependo dunque tutta quanta la terra asiatica come un’estensione dell’οἶκος del Gran Re, un aspetto fondamentale del sistema politico persiano nella rappresentazione offerta dal poeta. Infine, il fatto che la regina chiede più volte agli anziani di darle consiglio e che questi non vengono meno al proprio compito ci consente di vedere nel gruppo di Fedeli una sorta di organo consiliare170. Lo status privilegiato degli anziani del

coro dovuto alla loro fedeltà nei confronti del sovrano si direbbe essere dunque uno di quegli elementi dei Persiani che considerati nel loro insieme ci autorizzano a postulare che Eschilo fosse a conoscenza di alcune peculiarità dell’impero achemenide; inoltre, da subito si registra una commistione di

166 DB§7 (trad. Kuhrt 2007, 143): «Darius the king proclaims: These are the peoples who

obeyed me; by the favour of Auramazda, they were my faithful subjects (OP bandaka); they brought me tribute; what was said to them by me, whether by night or by day, that they did».

167 Briant 1996 (trad. ing. 2002, 324s). 168 Aesch.Pers.1-5.

169 DELG v.πρέσβυς (p.936): «Le mot signifie rarement ‘vieil homme’ […] mais le plus

souvent ‘personnage important, ambassadeur’ […]; c’est donc d’abord l’’ancienneté’ avec les privilèges qui s’y attachent […]. Le mot est un substantif associant la notion de ‘vieux’ et celle de ‘vénérable, important’. […] πρεσβεία f. ‘rang, préséance’ (Aesch.Pers.4, Pl., Arist.Pol.1259b), généralement ‘ambassade, groupe d’ambassadeurs’».

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caratteristiche straniere e greche: i Fedeli appaiono infatti come un organo consiliare che è anche custode dei possedimenti privati del Gran Re, che costituiscono il suo immenso οἶκος; inoltre, loro stessi puntualizzano di esser stati scelti κατὰ πρεσβείαν, un principio di eligibilità non nuovo ai Greci. Molti critici hanno messo in risalto la vecchiaia del coro e la sua mancanza di autonomia come rappresentative di un gruppo di uomini talmente servile nei confronti dei propri padroni da risultare inutile ed evirato, rendendo così ancora più significative la mancanza di uomini in cui si trova la Persia e di una qualsivoglia presenza politica capace di guidare l’impero171. E’ vero che i

Fedeli del re risultano accondiscendenti fino alla devozione nei confronti della regina e di Dario: non mancano di prostrarsi dinanzi a entrambi, profondendosi negli elogi della prima e non riuscendo invece ad emettere alcun suono dinanzi al secondo per il troppo reverenziale rispetto172. Anche

questi elementi consentivano del resto a Eschilo di indugiare sull’alterità dei costumi persiani: il poeta non si astiene infatti dal mettere in risalto il rapporto di sudditanza che lega questo consiglio ai membri della casa reale e il particolare atto della προσκύνησις. Il coro stesso dice di inchinarsi dinanzi alla regina usando il verbo προσπίτνειν173, azione che probabilmente ripete

all’apparizione dell’εἴδωλον di Dario: questo dice infatti di aver sentito il suolo gemere ed essere colpito, e i Fedeli sostengono subito dopo di non riuscire a guardarlo per il troppo rispetto174; possiamo immaginare che a un

certo punto dell’invocazione i membri del coro si fossero prostrati a terra battendo i pugni e che non si fossero rialzati una volta apparso l’εἴδωλον, tenendo il capo chino davanti alla veneranda presenza del re. Considerati

171 Hall 1989, 80, 96s, Georges 1994, 83, 95-102, Harrison 2002, 83, Hall 2006, 217s, Parara 2010,

196s.

172 Aesch.Pers.150-8, 694-6 e 700-3. 173 Aesch.Pers.150-4.

174 Aesch.Pers.683: στένει, κέκοπται, καὶ χαράσσεται πέδον, v.694-6: σέβομαι μὲν

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nell’insieme del contesto scenico, la rappresentazione di questi gesti doveva risultare spettacolare: oltre alla scena dell’invocazione di Dario ci si riferisce infatti al primo inchino del coro, che ricorreva al momento dell’ingresso del carro della regina. E proprio per questo le reazioni degli spettatori dovevano probabilmente andare da uno stupore per l’eccezionalità del gesto rappresentato al rifiuto di immaginarsi a loro volta in ginocchio davanti a un mortale, dal momento che i Greci si prostravano solo dinanzi agli dei175. Del

resto, negare che nei Persiani ci sia un accostamento tra l’impero e la sottomissione degli abitanti al re significherebbe andare contro il testo. Ma la rappresentazione dell’alterità del coro persiano non si risolve soltanto in questo. In primo luogo, la caratterizzazione del coro nel corso della tragedia non lascia intendere che i Fedeli siano inutili o interessati solo a compiacere i propri sovrani. Sin dalla parodo il coro anticipa e poi condivide l’ansia della regina e di tutta la Persia per l’esercito partito, dimostrando di essere consapevole dei rischi in cui Serse ha trascinato l’impero176; inoltre, la regina

stessa ricorre ai Fedeli perché ritiene affidabili solo i loro consigli177, e accoglie

la loro esortazione a compiere riti propiziatori per gli dei e per i morti178. Le

sue richieste di informazioni su Atene sono esaudite dal coro179, che è dunque

a conoscenza degli interessi dell’impero anche in fatto di politica estera, come sembra consono per un consiglio. Tra l’altro, l’unica volta in cui i Fedeli falliscono nel mostrarsi all’altezza delle richieste della regina, cioè quando sbagliano a interpretarne i sogni, questa non indugia eccessivamente nel dar loro la colpa180; anzi, porta comunque a compimento il loro consiglio riguardo

175 Aesch.PV.936, Hdt.VII.136, Soph.Phil.776, Ar.Plut.771. 176 Aesch.Pers.8-15, 59-64, 93-101, 115-49. 177 Aesch.Pers.170-2: πρὸς τάδ᾽ ὡς οὕτως ἐχόντων τῶνδε, σύμβουλοι λόγου / τοῦδέ μοι γένεσθε, Πέρσαι, γηραλέα πιστώματα / πάντα γὰρ τὰ κέδν᾽ ἐν ὑμῖν ἐστί μοι βουλεύματα. 178 Aesch.Pers.215-30. 179 Aesch.Pers.230-48. 180 Aesch.Pers.518-20: ὦ νυκτὸς ὄψις ἐμφανὴς ἐνυπνίων, / ὡς κάρτα μοι σαφῶς ἐδήλωσας κακά. / ὑμεῖς δὲ φαύλως αὔτ᾽ ἄγαν ἐκρίνατε.

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ai riti da celebrare, e affida loro il compito di scortare Serse nella reggia qualora questo dovesse arrivare durante la sua momentanea assenza181.

Saranno inoltre i Fedeli a compiere assieme alla regina il rito per invocare Dario182, e a loro si rivolgerà il sovrano defunto prima ancora che alla moglie,

dando prova di riporre nei suoi vecchi compagni di gioventù la sua fiducia relativamente alle questioni dell’impero183. In modo ancor più significativo, se

è la regina a intrattenere il dialogo con l’εἴδωλον di Dario, è il coro che dopo un lungo silenzio prende la parola quando si tratta di dover chiedere al sovrano defunto che strada debbano intraprendere i Persiani allo stato presente delle cose184, dando prova di pragmaticità e iniziativa.

In secondo luogo, è importante notare che nei confronti di Serse il coro si dimostra tutt’altro che accondiscendente, non inchinandosi come invece ha fatto per i suoi genitori, ma attribuendogli la responsabilità della rovina in cui ha trascinato tutti i Persiani ‒ come non ha mancato di fare, del resto, nel corso della tragedia, soffermandosi sulla decisione del sovrano di privare la Persia di tutti gli uomini185 ‒ e chiedendogli conto delle sue azioni186. Alcuni

interpreti non hanno mancato di sottolineare che questo atteggiamento del coro votato alla παρρησία risulta più vicino a un comportamento e a istituzioni politiche ateniesi piuttosto che persiane187, caratteristica che tra

l’altro non è rilevabile solo nel κομμός finale. Infatti, nonostante la regina dichiari nel primo episodio che Serse non dovrà render conto alla città nemmeno qualora fallisca nella sua impresa188, la sconfitta dei Persiani è così

181 Aesch.Pers.517-31. 182 Aesch.Pers.619-80. 183 Aesch.Pers.681s. 184 Aesch.Pers.787-9: τί οὖν, ἄναξ Δαρεῖε, ποῖ καταστρέφεις / λόγων τελευτήν; πῶς ἂν ἐκ τούτων ἔτι / πράσσοιμεν ὡς ἄριστα Περσικὸς λεώς; 185 Cf. n.115. 186 Aesch.Pers.918-30, 955-61, 966-73, 978-86, 992-1001. 187 Broadhead 1960, xxvs, Hopman 2013, 66s, 70s. 188 Aesch.Pers.212-4: εὖ γὰρ ἴστε, παῖς ἐμὸς / κακῶς δὲ πράξας, οὐχ ὑπεύθυνος πόλει, / σωθεὶς δ᾽ ὁμοίως τῆσδε κοιρανεῖ χθονός.

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grande che nel primo stasimo il coro sembra non condividere questa certezza; qui la rovina dell’esercito è attribuita a Serse per mezzo della significativa opposizione tra l’anafora della prima strofe e quella dell’antistrofe, e viene vista come motivo di timore per la tenuta del dominio persiano sull’Asia:

Χο. νῦν γὰρ δὴ πρόπασα μὲν στένει γαῖ᾽Ἀσιὰς ἐκκεκενωμένα. Ξέρξης μὲν ἄγαγεν, ποποῖ, Ξέρξης δ᾽ ἀπώλεσεν, τοτοῖ, Ξέρξης δὲ πάντ᾽ ἐπέσπε δυσφρόνως βαρίδεσσι ποντίαις. τίπτε Δαρεῖος μὲν οὐ καὶ τότ᾽ ἀβλαβὴς ἐπῆν τόξαρχος πολιήταις, Σουσίδος φίλος ἄκτωρ ; πεζούς γὰρ τε καὶ θαλασσίους λινόπτεροι κυανώπιδες νᾶες μὲν ἄγαγον, ποποῖ, νᾶες δ᾽ ἀπώλεσαν, τοτοῖ, νᾶες πανωλέθροισιν ἐμβολαῖς. διὰ τ᾽ Ἰαόνων χέρας τυτθὰ δὴ ᾽κφυγεῖν ἄνακτ᾽ αὐτὸν εἰσακούομεν Θρήικας ἂμ πεδιήρεις δυσχίμους τε κελεύθους. τοὶ δ᾽ ἄρα πρωτομόροιο, φεῦ, ληφθέντες πρὸς ἀνάγκας, ἠέ, ἀκτὰς ἀμφὶ Κυχρείας, ὀᾶ, ἔρρανται: στένε καὶ δακνά- ζου, βαρὺ δ᾽ ἀμβόασον οὐράνι᾽ ἄχη, ὀᾶ: τεῖνε δὲ δυσβάυκτον βοᾶτιν τάλαιναν αὐδάν. γναπτόμενοι δ’ ἁλὶ δεινᾶι, φεῦ, σκύλλονται πρὸς ἀναύδων, ἠέ, παίδων τᾶς ἀμιάντου, [στρ. α 550 555 [ἀντ. α 560 565 [στρ. β 570 575 [αντ. β

46 ὀᾶ. πενθεῖ δ᾽ ἄνδρα δόμος στερη- θείς τοκέες τ᾽ ἄπαιδες δαιμόνι᾽ ἄχη, ὀᾶ, δυρόμενοι γέροντές τε πᾶν δὴ κλύουσιν ἄλγος. τοὶ δ᾽ ἀνὰ γᾶν Ἀσίαν δὴν οὐκέτι περσονομοῦνται, οὐδ᾽ ἔτι δασμοφοροῦσιν δεσποσύνοισιν ἀνάγκαις, οὐδ᾽ ἐς γᾶν προπίτνοντες ἅζονται, βασιλεία γὰρ διόλωλεν ἰσχύς . οὐδ᾽ ἔτι γλῶσσα βροτοῖσιν ἐν φυλακαῖς: λέλυται γὰρ λαὸς ἐλεύθερα βάζειν, ὡς ἐλύθη ζυγὸν ἀλκᾶς. αἱμαχθεῖσα δ᾽ ἄρουραν Αἴαντος περικλύστα νᾶσος ἔχει τὰ Περσᾶν. 580 [στρ. γ 585 590 [αντ. γ 595

Le preoccupazioni del coro sono interamente politiche, e nella terza strofe danno voce a una rappresentazione dell’impero persiano da una prospettiva ateniese e democratica: si teme infatti per la fine del predominio dei costumi persiani, dell’imposizione del tributo, della pratica della προσκύνησις, del giogo del potere che tiene a freno la libertà di parola189. Come per il dialogo

tra il coro e la regina su cui ci siamo soffermati nel precedente paragrafo, anche durante questo stasimo gli Ateniesi dovevano sentirsi rappresentati per riflesso, in primo luogo come difensori della libertà greca contro le forme di dominazione cui sarebbero andati incontro i Greci se fossero stati sconfitti dai Persiani, in secondo luogo perché l’enfasi sulle caratteristiche del sistema politico persiano consentiva di definire per opposizione alcune caratteristiche del proprio ordinamento democratico.

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E’ importante osservare un’ulteriore peculiarità del coro: nel corso della tragedia questo dà voce a lamenti, dolori e preoccupazioni che valgono per tutta la Persia, e attraverso i coreuti la vicenda personale di Serse si allarga a diventare la vicenda di tutti i Persiani e le asiatiche genti190. In particolare i

versi in cui i Fedeli si soffermano sul languore provato dalle giovani spose per la mancanza dei loro mariti e sulla nostalgia dei genitori per i propri figli lontani manifestano i drammi di tutta l’Asia191; così il coro dà voce a un dolore

che è collettivo e ‘nazionale’ da una parte, ma intimo e familiare dall’altra. E’ plausibile inoltre pensare che attraverso questa seconda prospettiva introdotta dal coro Eschilo si stesse confrontando con Frinico, le cui Fenicie vedevano probabilmente un coro di donne venute da Sidone e Arado a lamentare i compagni caduti a Salamina192. Eppure, il fatto che un’importante

variazione di Eschilo rispetto alle Fenicie consisteva nella natura del coro ci fa suggerire, anche sulla base di quanto osservato in questo paragrafo, che la prospettiva che il coro eschileo doveva accentuare nei Persiani fosse quella più propriamente politica. I Fedeli in quanto coetanei di Dario si direbbero infatti «simbolo di un passato ora costretto ad accettare un presente diverso193», e

fanno pertanto ricadere su Serse il peso della nostalgia dei Persiani per i tempi d’oro che ormai non ci sono più. Questa funzione del coro è evidente già nella prima strofe del primo stasimo, e si fa sempre più preponderante nel secondo e poi nel terzo ‒ di cui sono riprodotti di seguito i versi in tal senso più significativi ‒, ma è più in generale attraverso la loro stessa presenza che i Fedeli evocano il contrasto tra padre e figlio tanto ingombrante per il giovane sovrano. Aesch.Pers.653-80:

190 Broadhead 1960, xxv, Paduano 1978, 87-9, Schenker 1995, 283s, Hopman 2013, 63-5. 191 Aesch.Pers.59-64, 120-5, 133-8, 532-47, 579-83.

192 TrGF I 3 F 9: Σιδώνιον ἄστυ λιποῦσαι / καὶ δροσερὰν Ἄραδον; cf. n.155 per la ὑπόθεσις

dei Persiani.

48 Χο. οὐδὲ γὰρ ἄνδρας πωποτ᾽ ἀπώλλυ πολεμοφθόροισιν ἄταις, θεομήστωρ δ᾽ ἐκικλήσκετο Πέρσαις, θεομήστωρ δ᾽ ἔσκεν, ἐπεὶ στρατὸν εὖ ποδούχει: ἠέ. βαλήν , ἀρχαῖος βαλήν, ἴθι ἱκοῦ, ἔλθ᾽ ἐπ᾽ ἄκρον κόρυμβον ὄ- χθου, κροκόβαπτον ποδὸς εὔ- μαριν ἀείρων, βασιλείου τιή- ρας φάλαρον πιφαύσκων; βάσκε πάτερ ἄκακε Δαριάν, οἶ. ὅπως κοινὰ γᾶι κλύηις νέα τ᾽ ἄχη, δέσποτα δεσποτᾶν φάνη- θι, Στυγία γάρ τις ἐπ᾽ ἀ- χλὺς πεπόταται: νεολαία γὰρ ἤ- δη κατὰ πᾶσ᾽ ὄλωλεν. βάσκε πάτερ ἄκακε Δαριάν, οἶ. αἰαῖ αἰαῖ: ὦ πολύκλαυτε φίλοισι θανών, †τί τάδε δυνάστα δυνάστα περὶ τᾶι σᾶι δίδυμα διαγόεν 䴆 ἁμάρτια πᾶσαι γᾶι τᾶιδ᾽ ἐξέφθινται τρίσκαλμοι νᾶες ἄναες ἄναες; [ἀντ. β 655 [στρ. γ 660 [ἀντ. γ 666 670 [ἐποιδ. 675 680 Aesch.Pers.852-62: Χο. ὦ πόποι ἦ μεγάλας ἀγαθᾶς τε πο- λισσονόμου βιοτᾶς ἐπεκύρσαμεν, εὖθ᾽ ὁ γηραιὸς πανταρκὴς ἀκάκας ἄμαχος βασιλεὺς ἰσόθεος Δαρεῖος ἆρχε χώρας. πρῶτα μὲν εὐδοκίμους στρατιὰς ἀπο- φαινόμεθ᾽, αἵτὲ πολίσματα πύργινα πάντ᾽ ἐπέθυνον, νόστοι δ᾽ ἐκ πολέμων ἀπόνους ἀπαθεῖς < > εὖ πράσσοντας ἆγον οἴκους, [στρ. α 855 [ἀντ. α 860 Aesch.Pers.888-906: Χο. καὶ τὰς εὐκτεάνους κατὰ κλῆρον Ἰαόνιον πολυάνδρους Ἑλλάνων ἐκράτυνε < πόλεις > σφετέραις φρεσίν, ἀκάματον δὲ παρῆν σθένος ἀνδρῶν τευχηστήρων [ἐπωιδ 900

49 παμμείκτων τ᾽ ἐπικούρων: νῦν δ᾽ οὐκ ἀμφιλόγως θεότρεπτα τάδ᾽ αὖ φέρομεν πολέμοισι δμαθέντες μεγάλως πλαγαῖσι ποντίαισιν. 905

Anche per quanto riguarda la caratterizzazione del coro di Fedeli assistiamo dunque a una rappresentazione che da una parte indugia sull’alterità del popolo persiano, in particolare per quanto concerne il rispetto reverenziale per i propri sovrani, e dall’altra introduce alcuni elementi più propriamente greci, come un atteggiamento per certi aspetti parresiastico. E’ significativo, inoltre, che sia il contrasto tra i due mondi che la sovrapposizione tra le due prospettive si giocano sul piano politico: i Fedeli si inchinano perché il sistema politico persiano prevede la sottomissione degli abitanti dell’impero alla famiglia reale, ma possono nello stesso tempo criticare l’operato del proprio sovrano attraverso il filtro grecizzante delle istituzioni politiche ateniesi.

2.5. LA REGINA, IL LUSSO ORIENTALE E LA PREOCCUPAZIONE PER