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L A REGINA , IL LUSSO ORIENTALE E LA PREOCCUPAZIONE PER L ’ OIKOS

2. L A RAPPRESENTAZIONE DELL ’ ALTERITÀ NEI P ERSIANI

2.5. L A REGINA , IL LUSSO ORIENTALE E LA PREOCCUPAZIONE PER L ’ OIKOS

A giudicare da diversi elementi del testo l’entrata in scena della regina doveva costituire uno dei momenti più ricchi di quell’orientale splendore su cui ci siamo soffermati all’inizio di questo capitolo. Non appena la scorgono arrivare su un carro trasportato da servi, i Fedeli si prostrano a terra descrivendo in anapesti l’avanzare della regina, per poi rivolgersi direttamente a lei servendosi del tetrametro trocaico194; l’uso di questo metro

doveva segnalare proprio il passaggio all’allocuzione diretta al nuovo interlocutore195: Χο. ἀλλ' ἥδε θεῶν ἴσον ὀφθαλμοῖς φάος ὁρμᾶται μήτηρ βασιλέως, 150 194 Aesch.Pers.150-8. 195 Michelini 1982, 42-4, 64.

50 βασίλεια δ' ἐμή· προσπίτνω· καὶ προσφθόγγοις δὲ χρεὼν αὐτὴν πάντας μύθοισι προσαυδᾶν. ὦ βαθυζώνων ἄνασσα Περσίδων ὑπερτάτη, μῆτερ ἡ Ξέρξου γεραιά, χαῖρε, Δαρείου γύναι· θεοῦ μὲν εὐνάτειρα Περσῶν, θεοῦ δὲ καὶ μήτηρ ἔφυς, εἴ τι μὴ δαίμων παλαιὸς νῦν μεθέστηκε στρατῶι. 155

Si è già detto dell’indugiare di Eschilo sulla particolare devozione del coro nei confronti della regina. Si può aggiungere che per mezzo della similitudine che paragona la sovrana alla luce che si irradia dagli occhi degli dei la donna risulta come soffusa di uno splendore divino; inoltre, l’espressione sembra richiamare alla memoria l’epiteto di Atena γλαυκῶπις196. Questa enfasi si

direbbe dipendere dall’errata convinzione greca secondo cui i Persiani veneravano i propri sovrani come divinità197; bisogna riconoscere tuttavia che

non è del tutto chiaro se Eschilo stesso fosse vittima di questo stereotipo o se avendo informazioni più dettagliate in merito lo stesse rimaneggiando consapevolmente. Da un lato infatti nell’immaginario dei popoli mesopotamici l’esercizio della regalità conferiva effettivamente al sovrano uno splendore garantitogli dalla divinità198, e gli stessi sovrani achemenidi,

pur non essendo di per sé divini, regnavano col favore e la protezione di Ahuramazda, che garantiva loro il potere e l’abilità di mantenere sulla terra l’ordine da lui prestabilito; godendo di un rapporto privilegiato con il dio, erano semmai degli uomini al di sopra degli altri uomini199. D’altro canto, il 196 Il.I.206, II.166, 172, 279, etc.

197 Belloni 19942, 115, Hall 1996, 121, Briant 1996 (trad. ing. 2002, 241), Garvie 2009, 99. 198 Cassin 1968, 69, Tourraix 1984, 125.

199 Briant 1996 (trad. ing. 2002, 241), Brosius 2000, 31, 65, Kuhrt 2007, 471-3. v. DB§5-9 (trad.

Kuhrt 2007): «Darius the king proclaims: By the favour of Auramazda, I am king; Auramazda bestowed kingship upon me. §6 Darius the king proclaims: These are the peoples/countries who obey me; by the favour of Auramazda, I was their king: Persia, Elam, Babylonia, Assyria, Arabia, Egypt, those of the sea, Lydia, Ionia, Media, Armenia, Cappadocia, Parthia, Drangiana, Areia, Chorasmia, Bactria, Sogdiana, Gandara, Scythia (Saca), Sattagydia, Arachosia, Maka; in all twenty-three peoples/countries. §7 Darius the king proclaims: These are the peoples who obeyed me; by the favour of Auramazda, they were my faithful subjects;

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ricorso alla luminosità degli dei per rappresentare una particolare vicinanza dell’uomo al dio non richiede di essere spiegato necessariamente postulando che Eschilo fosse a conoscenza di queste informazioni; un legame tra alcuni mortali e lo splendore divino non era infatti interamente sconosciuto alla tradizione epica greca, che poteva presentare dei personaggi come partecipi dello splendore e delle caratteristiche di un dio: Odisseo, ad esempio, sin dal primo canto dell’Iliade è detto formularmente δῖος200. Lo Chantraine sottolinea

la vaghezza semantica dell’aggettivo sostenendo che il senso preciso, espresso in Il.IX.538201, sarebbe «de Zeus, appartenant à Zeus, enfant de Zeus», peraltro

«bien attesté dans la tragédie202». Non solo: per far risultare Odisseo prestante

agli occhi di Nausicaa, Atena riversa sull’eroe divina χάρις, in modo simile a quanto fa l’artista quando versa dell’oro sull’argento203. Ovviamente c’è una

certa differenza nell’attribuire divino splendore alla regina o a Odisseo, essendo la prima un personaggio tratto dalla storia recente, e il secondo un

they brought me 'tribute'; what was said to them by me, whether by night or by day, that they did. §8 Darius the king proclaims: Among these peoples, the man who was loyal, him I rewarded; he who was faithless, I punished; by the favour of Auramazda, these peoples respected my law; in accordance with what was said to them by me, they acted. §9 Darius the king proclaims: Auramazda bestowed this kingship on me; Auramazda gave me his help until I gained this kingship; by the favour of Auramazda, I possess this kingship.», DPd (trad. Kuhrt 2007): «Great (is) Auramazda, greatest of the gods - he made Darius king, he bestowed kingship upon him; by the favour of Auramazda Darius (is) king. §2 Darius the king proclaims: This country, Persia, which Auramazda bestowed upon me, which (is) good, containing good horses, good men, by the favour of Auramazda and of me, Darius the king, it fears no one else. §3 King Darius proclaims: May Auramazda bring me aid, together with all the gods; and may Auramazda protect this country from the army (of the enemy), from famine, from the lie!l May there not come upon this country the army (of the enemy), famine, the lie! This I pray as a favour from Auramazda together with all the gods; this favour may Auramazda grant me together with all the gods», cff.DSe, DNa-b, XPl, XPh.

200 Il.I.145, II.244, III.205, etc; riferito ad Achille: Il.I.7, 121, etc. 201 Il.IX.538: ἣ δὲ χολωσαμένη δῖον γένος ἰοχέαιρα. 202 DELG v.δῖος (pp.285s). 203 Od.VI.227-35: αὐτὰρ ἐπεὶ δὴ πάντα λοέσσατο καὶ λίπ' ἄλειψεν, / ἀμφὶ δὲ εἵματα ἕσσαθ' ἅ οἱ πόρε παρθένος ἀδμής, / τὸν μὲν Ἀθηναίη θῆκεν, Διὸς ἐκγεγαυῖα, / μείζονά τ' εἰσιδέειν καὶ πάσσονα, κὰδ δὲ κάρητος / οὔλας ἧκε κὄμας, ὑακινθίνῳ ἄνθει ὁμοίας. / ὡς δ' ὅτε τις χρυσὸν περιχεύεται ἀργύρῳ ἀνὴρ / ἴδρις, ὃν Ἥφαιστος δέδαεν καὶ Παλλὰς Ἀθήνη / τέχνην παντοίην, χαρίεντα δὲ ἔργα τελείει, / ὣς ἄρα τῷ κατέχευε χάριν κεφαλῇ τε καὶ ὤμοις.

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eroe della tradizione epica. Questo farebbe pensare che Eschilo stesse semplicemente rappresentando la sovrana di Persia secondo lo stereotipo greco, senza alludere a una particolare condizione della donna di mortale al di sopra degli altri mortali in quanto vicina al dio. Anche il fatto che la regina è detta essere sposa di un dio e madre di un altro, e che sia Dario che Serse sono descritti come divini ‒ riguardo a Serse si è già detto; per Dario ciò avverrà, come si vedrà, anche nel corso della sua invocazione204 ‒ contribuisce

a farci propendere per questa posizione. Vero è infatti che Dario attribuisce a Serse la colpa di avere sfidato gli dei, il mare e Poseidone205, ma troppo a lungo

il coro indugia sulla natura divina del sovrano defunto per sostenere che nella tragedia il contrasto tra i due sovrani si fonda anche sul fatto che uno si concepisce come uomo sopra altri uomini, mentre l’altro come un dio. Ancora una volta, tuttavia, ciò che bisogna mettere maggiormente in risalto ai fini della nostra analisi è che per rappresentare un popolo straniero Eschilo non si astiene dall’enfatizzare uno stereotipo greco sui Persiani, ancorandolo tuttavia alla tradizione epica, in quella commistione di persiano e greco che sta risultando preponderante nel corso di questo capitolo.

Come si diceva all’inizio del paragrafo, il primo ingresso della regina doveva risultare sontuoso ed esotico; questo è indicato dalle parole della donna stessa, che al suo secondo ingresso specifica di aver rifatto lo stesso percorso ἄνευ τ᾽ ὀχημάτων / χλιδῆς τε τῆς πάροιθεν206. Grazie a questa puntualizzazione

testuale siamo in grado di apprezzare il modo in cui la dimensione visiva del dramma doveva essere funzionale a quanto veniva espresso verbalmente. L’ingresso sfarzoso della regina doveva costituire infatti un pregnante corredo visivo della sua preoccupazione che un eccessivo πλοῦτος potesse

204 Aesch.Pers.633s μακαρίτας ἰσοδαίμων βασιλεὺς, 642s δαίμονα μεγαυχῆ … Περσᾶν

Σουσιγενῆ θεόν, 651 θεῖον ἀνάκτορα Δαριᾶνα, 655s θεομήστωρ δ᾽ ἐκικλήσκετο Πέρσαις, θεομήστωρ δ᾽ / ἔσκεν. Ci si soffermerà su questo punto nel prossimo paragrafo.

205 Aesch.Pers.742-50. 206 Aesch.Pers.607s.

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provocare la fine dell’ὄλβος della sua casata e dell’impero207, mettendo in

mostra sulla scena quel πλοῦτος con tutti i rischi che comportava. Per contrasto, una volta saputo della rovina che si è abbattuta sulla Persia, essendo colta dalla paura di chi si dibatte nelle sciagure reputa più consono alla situazione astenersi dal lusso sfoggiato precedentemente208. Sulla base

della considerazione che l’ingresso con un carro per le figure regali doveva essere un fatto usuale nelle fasi più antiche del teatro attico, Taplin ha suggerito che solo a partire dal secondo ingresso della regina il primo doveva acquisire retrospettivamente importanza, grazie al contrasto creatosi tra le due scene209. Eppure alcuni elementi suggeriscono che il primo ingresso della

regina fosse particolarmente vistoso e significativo di per sé: il saluto formale e pomposo del coro, con annessa προσκύνησις; il costume della donna, che doveva essere particolarmente lussuoso a giudicare dal successivo cambio d’abito, forse tanto da giustificare il riferimento del coro quando questo accoglie la sovrana con l’espressione ὦ βαθυζώνων ἄνασσα Περσίδων210; ma

soprattutto, come già accennato, l’enfasi da lei posta sul tema della ricchezza al momento del suo ingresso, tale da giustificare un indugio sul tema anche da parte della componente visiva del dramma.

Veniamo infatti allo sviluppo del tema della ricchezza nella tragedia, per il quale l’ingresso della regina su cui ci siamo soffermati ha una rilevanza fondamentale . Nel corso dei primi paragrafi di questo capitolo si è notata più volte la particolare insistenza con cui Eschilo si sofferma sullo stereotipo greco dell’ἁβροσύνη orientale e sul πλῆθος di risorse materiali e umane del Gran Re, attraverso l’uso del metro ionico a minore, della forma catalogica, e di

207 Aesch.Pers.161-4. 208 Aesch.Pers.598-610. 209 Taplin 1977, 30, 76-8.

210 Aesch.Pers.155. Garvie 2009, 99 osserva che l’epiteto è riferito in Omero a donne greche,

dunque non esclusivamente alle donne barbare come indicato da Σ ad Od.III.154. Eppure ciò non toglie che qui si possa riferire a un particolare modo della regina di portare la veste, come ammette lo stesso studioso.

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composti ed espressioni linguistiche con -ἁβρο, -χρυσ, e πολύς211. Si è visto

anche che alcuni interpreti, concentrandosi sul dialogo tra il coro e la regina incentrato su Atene, vedono nelle domande della regina sull’ἀνδροπλήθεια e il πλῆθος ateniesi la volontà di Eschilo di presentare una sorta di ossessione persiana per queste tematiche, contrapposta a una presunta morigeratezza greca212. Senza voler negare l’indubbia presenza di queste tematiche nel testo,

bisogna comunque fare alcune considerazioni a proposito del loro sviluppo nella tragedia. Innanzitutto, il modo in cui viene trattato il tema della ricchezza impedisce di vedere i Persiani come interessati unicamente ad essa. Dal primo ingresso della regina infatti questo tema risulta problematizzato e in linea con quanto già espresso dal coro:

Βα. ταῦτα δὴ λιποῦσ᾽ ἱκάνω χρυσεοστόλμους δόμους καὶ τὸ Δαρείου τε κἀμὸν κοινὸν εὐνατήριον. καί με καρδίαν ἀμύσσει φροντίς: ἐς δ᾽ ὑμᾶς ἐρῶ μῦθον, οὐδαμῶς ἄμαντις οὖσα δείματος, φίλοι, μὴ μέγας πλοῦτος κονίσας οὖδας ἀντρέψηι ποδὶ ὄλβον, ὃν Δαρεῖος ἦρεν οὐκ ἄνευ θεῶν τινος. ταῦτά μοι διπλῆ μέριμν’ ἄφραστός ἐστιν ἐν φρεσίν, μήτε χρημάτων ἀνάνδρων πλῆθος ἐν τιμῆι σέβειν μήτ᾽ ἀχρημάτοισι λάμπειν φῶς ὅσον σθένος πάρα. ἔστι γὰρ πλοῦτός γ᾽ ἀμεμφής, ἀμφὶ δ᾽ ὀφθαλμῶι φόβος: ὄμμα γὰρ δόμων νομίζω δεσπότου παρουσίαν. 160 165

La donna dichiara di essere preoccupata per la prosperità lasciata da Dario; questa prosperità viene esplicata nel suo discorso in termini di abbondanza di ricchezza ma anche di uomini213 ‒ articolazione presente, come si è visto,

anche nelle ansie espresse dal coro in merito alla spedizione di Serse. Risulta difficile pensare che la regina sia preoccupata unicamente per la propria privata ricchezza214, soprattutto considerando il generale atteggiamento della 211 v. parr.§2.1, §2.2, §2.3, nn.72, 78, 115.

212 Aesch.Pers.235, 239, n.124. 213 Garvie 2009, 107s.

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donna nel corso della tragedia. Questa sostiene infatti di avere timore di dover contemplare una ricchezza priva di uomini; davanti alla notizia della sconfitta dell’esercito le sue preoccupazioni riguardano la sorte di tutto l’impero215; e

quando i Fedeli le consigliano di rivolgersi agli dei e ai morti per stornare i mali annunciati dal sogno, specificando che la richiesta deve essere fatta anche per la città216, la regina sembra accettare senza riserve questa

raccomandazione, annunciando che farà ogni cosa come detta dal coro217. Le

sue parole in merito alla ricchezza sembrano del resto rievocare il presentimento del coro per cui più è grande la prosperità, più grande sarà la potenziale rovina; l’interpretazione del verso 163 e del contrasto tra πλοῦτος e ὄλβος si direbbe essere infatti: «Ho paura che un’eccessiva ricchezza possa risultare nella rovina della presente prosperità218», una lettura confortata dalle

parole di Dario219, il quale ha evidentemente a cuore gli interessi dell’impero:

Δα. ὡς οὐχ ὑπέρφευ θνητὸν ὄντα χρὴ φρονεῖν: ὕβρις γὰρ ἐξανθοῦσ᾽ ἐκάρπωσεν στάχυν ἄτης, ὅθεν πάγκλαυτον ἐξαμᾶι θέρος. τοιαῦθ᾽ ὁρῶντες τῶνδε τἀπιτίμια μέμνησθ᾽ Ἀθηνῶν Ἑλλάδος τε, μηδέ τις ὑπερφρονήσας τὸν παρόντα δαίμονα ἄλλων ἐρασθεὶς ὄλβον ἐκχέηι μέγαν 820 825

E’ notevole che i due passi oltre ad essere accostabili dal punto di vista del significato ‒ le parole di Dario infatti sviluppano l’enunciato della regina ‒ condividono la visione per cui l’ὄλβος, con esatta ripetizione del termine

215 Aesch.Pers.331s, 433s, 714, 718, 730, 732. 216 Aesch.Pers.216-9: θεοὺς δὲ προστροπαῖς ἱκνουμένη, / εἴ τι φλαῦρον εἶδες, αἰτοῦ τῶνδ᾽ ἀποτροπὴν τελεῖν, / τὰ δ᾽ ἀγάθ᾽ ἐκτελῆ γενέσθαι σοί τε καὶ τέκνωι σέθεν / καὶ πόλει φίλοις τε πᾶσι. 217 Aesch.Pers.226-30: ἀλλὰ μὴν εὔνους γ᾽ ὁ πρῶτος τῶνδ᾽ ἐνυπνίων κριτὴς / παιδὶ καὶ δόμοις ἐμοῖσι τήνδ᾽ ἐκύρωσας φάτιν. / ἐκτελοῖτο δὴ τὰ χρηστά: ταῦτα δ᾽, ὡς ἐφίεσαι, / πάντα θήσομεν θεοῖσι τοῖς τ᾽ ἔνερθε γῆς φίλοις, / εὖτ᾽ ἂν εἰς οἴκους μόλωμεν.

218 Così anche Broadhead 1960, 71, Belloni 19942, 119s, Garvie 2009, 107s. 219 Aesch.Pers.820-6.

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utilizzato, debba essere preservato. E’ importante notare tuttavia che se nelle parole di Dario è presente una formulazione riconducibile alla concezione dell’etica greca arcaica secondo cui è necessario esercitare equilibrio e misura220, in quelle della regina c’è soltanto un vago e ansioso presentimento

della pericolosità insita in una smodata ricchezza. Questo timore viene infatti spiegato nei versi successivi a livello più pratico che concettuale, a differenza di quanto farà poi l’εἴδωλον di Dario: la sovrana ha timore A) che la ricchezza presente diventi priva di uomini (v.166), e B) che uomini privi di ricchezza non abbiano una gloria pari al proprio potere (v.167). Il successivo γάρ ha destato qualche perplessità221: si ritiene incongruente che subito dopo la

preoccupazione espressa in B, la regina dichiari di essere preoccupata solo per l’assenza del figlio e non per quella del πλοῦτος (vv.168s); in base a questa lettura A sarebbe infatti ancora presente nel ragionamento, ma non B, il che lascerebbe la preoccupazione espressa al v.167 come sospesa. Questo problema tuttavia non si pone se si interpretano i vv.168s nel seguente modo: «In effetti il πλοῦτος è sufficiente; ma temo per il mio occhio; ritengo infatti che la presenza del padrone sia un occhio per la sua casa»; l’enfasi è da porre sul tempo presente del verbo ἔστι del v.168: la regina intende dire che nel momento in cui parla la preoccupazione per il πλοῦτος è superflua perché non ne sente la mancanza, mentre il suo ’occhio’ è assente, e dunque è preoccupata per questo. Il v.169 giustificherebbe poi entrambe le preoccupazioni espresse prima dalla regina: un’assenza ulteriormente

220 Sol.frr.4c W: ὑμεῖς δ' ἡσυχάσ̣αντ̣ε̣σ̣ ἐνὶ φ̣ρεσὶ καρτερὸν ἦτορ, / οἳ πολλῶν ἀγαθῶν ἐς κόρον [ἠ]λ̣άσατε, / ἐν μετρίοισι τί̣θ̣ε̣σ̣θ̣ε μέγαν νόον· οὔτε γὰρ ἡμεῖς / πεισόμεθ', οὔθ' ὑμῖν ἄρτια τα[ῦ]τ̣' ἔσεται., 6 W: δῆμος δ᾿ ὧδ᾿ ἂν ἄριστα σὺν ἡγεμόνεσσιν ἕποιτο / μήτε λίην ἀνεθεὶς μήτε βιαζόμενος· / τίκτει γὰρ κόρος ὕβριν, ὅταν πολὺς ὄλβος ἕπηται / ἀνθρώποις ὁπ̣όσοις μὴ νόος ἄρτιος ἦι., Phocylid.fr.12 G-P: πολλά μέσοισιν ἄριστα· μέσος θέλω ἐν πόλει εἶναι, Theogn.335 W: μηδὲν ἄγαν σπεύδειν· πάντων μέσ’ ἄριστα· καὶ οὕτως / Κύρν’ ἕξεις ἀρετήν, ἥν τε λαβεῖν χαλεπόν, Pind.Pyth.XI.76-81: θεόθεν ἐραίμαν καλῶν, / δυνατὰ μαιόμενος ἐν ἁλικίᾳ. / τῶν γὰρ ἂμ πόλιν εὑρίσκων τὰ μέσα μακροτέρῳ / ὄλβῳ τεθαλότα, μέμφομ᾽ αἶσαν τυραννίδων: / ξυναῖσι δ᾽ ἀμφ᾽ ἀρεταῖς τέταμαι., cf.Pl.Prt.343a-b sull’iscrizione delfica posta dai Sette Saggi con il motto μηδὲν ἄγαν.

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prolungata di Serse renderebbe infatti la ricchezza priva di uomini (A), e una sua eventuale sconfitta potrebbe privarlo delle ricchezze e dunque della gloria che ci si aspetterebbe dal Gran Re222 (B). La paura per l’esito della spedizione

non è infatti assente dallo scambio tra il coro e la regina:

Χο. ὦ βαθυζώνων ἄνασσα Περσίδων ὑπερτάτη, μῆτερ ἡ Ξέρξου γεραιά, χαῖρε, Δαρείου γύναι· θεοῦ μὲν εὐνάτειρα Περσῶν, θεοῦ δὲ καὶ μήτηρ ἔφυς, εἴ τι μὴ δαίμων παλαιὸς νῦν μεθέστηκε στρατῷ. 155 Βα. ταῦτα δὴ λιποῦσ᾽ ἱκάνω χρυσεοστόλμους δόμους καὶ τὸ Δαρείου τε κἀμὸν κοινὸν εὐνατήριον. καί με καρδίαν ἀμύσσει φροντίς: ἐς δ᾽ ὑμᾶς ἐρῶ μῦθον, οὐδαμῶς ἄμαντις οὖσα δείματος, φίλοι, μὴ μέγας πλοῦτος κονίσας οὖδας ἀντρέψῃ ποδὶ ὄλβον, ὃν Δαρεῖος ἦρεν οὐκ ἄνευ θεῶν τινος. 160

ταῦτα, con cui esordisce la sovrana, si direbbe avere una funzione anaforica più che cataforica; la regina starebbe cioè adducendo come motivo della sua venuta il bisogno di ottenere rassicurazioni in merito alla spedizione, il cui esito nefasto è appena stato evocato a livello ipotetico dal coro, e che sarebbe all’origine delle successive preoccupazioni della donna. Questa interpretazione è suffragata dal fatto che quando inizia a descrivere il suo sogno, la regina specifica che questo la tormenta da quando Serse è partito con l’esercito, e che proprio l’ultima notte è stato particolarmente vivido223.

Effettivamente il discorso della regina termina nella preoccupazione di dover mantenere salda la propria casata, di cui l’impero è estensione; ma questa preoccupazione nasce dal presentimento che un eccessivo πλοῦτος possa essere pericoloso. Di conseguenza una volta annunciata la rovina, la rinuncia al precedente sfarzo è necessaria non tanto perché rappresenta al livello visivo

222 In modo simile interpreta Belloni 19942, 121.

223 Aesch.Pers.176-80: ἀφ᾽ οὗπερ παῖς ἐμὸς στείλας στρατὸν / Ἰαόνων γῆν οἴχεται πέρσαι

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il passaggio dall’opulenza all’impoverimento dell’impero224, ma perché il

precedente presentimento si è ormai rivelato essere veritiero: colta dalla paura, la regina decide di astenersi dall’ostentazione della ricchezza, per volgersi piuttosto a placare gli dei e i morti per evitare ulteriori sciagure225. Il

contrasto tra i due ingressi della regina e il passaggio dal presentimento al riconoscimento del rischio legato a un’eccessiva ricchezza sarebbero già sufficienti per suggerire che la tragedia non presenta un’ossessione orientale per l’ἁβροσύνη e il πλοῦτος, ma semmai una presa di consapevolezza dei rischi ad essi legati. I versi di Dario su citati contribuiranno poi ad ampliare ulteriormente questa tematica in modo consono all’etica greca arcaica e coerente con gli sviluppi della vicenda drammatica; si può sostenere dunque che la tragedia non presenta un’opposizione polare tra lusso orientale e morigeratezza greca. Si può aggiungere peraltro che presso gli spettatori di Eschilo non doveva essere così ovvio e univocamente apprezzato nemmeno un presunto nesso tra grecità e morigeratezza. Non si intende negare il valore della concezione soloniana della misura, ma si vuole ricordare la fortuna che nella lirica e nel mondo greco arcaico aveva un certo apprezzamento soprattutto aristocratico per il lusso e la ricchezza226, e il fatto che il mondo

greco sembrò mostrarsi in generale piuttosto ricettivo verso l’ἁβροσύνη e il

224 Saïd 1988, 337, Belloni 19942, 205. 225 Aesch.Pers.603-10: ἐμοὶ γὰρ ἤδη πάντα μὲν φόβου πλέα / ἐν ὄμμασιν τ᾽ ἀνταῖα φαίνεται ᾽κ θεῶν, / βοᾷ δ᾽ ἐν ὠσὶ κέλαδος οὐ παιώνιος: / τοία κακῶν ἔκπληξις ἐκφοβεῖ φρένας. / τοιγὰρ κέλευθον τήνδ᾽ ἄνευ τ᾽ ὀχημάτων / χλιδῆς τε τῆς πάροιθεν ἐκ δόμων πάλιν / ἔστειλα, παιδὸς πατρὶ πρευμενεῖς χοὰς / φέρουσ᾽, ἅπερ νεκροῖσι μειλικτήρια. 226 Thuc.I.6.3s: ἐν τοῖς πρῶτοι δὲ Ἀθηναῖοι τόν τε σίδηρον κατέθεντο καὶ ἀνειμένῃ τῇ διαίτῃ ἐς τὸ τρυφερώτερον μετέστησαν. καὶ οἱ πρεσβύτεροι αὐτοῖς τῶν εὐδαιμόνων διὰ τὸ ἁβροδίαιτον οὐ πολὺς χρόνος ἐπειδὴ χιτῶνάς τε λινοῦς ἐπαύσαντο φοροῦντες καὶ χρυσῶν τεττίγων ἐνέρσει κρωβύλον ἀναδούμενοι τῶν ἐν τῇ κεφαλῇ τριχῶν: ἀφ᾽ οὗ καὶ Ἰώνων τοὺς πρεσβυτέρους κατὰ τὸ ξυγγενὲς ἐπὶ πολὺ αὕτη ἡ σκευὴ κατέσχεν. μετρίᾳ δ᾽ αὖ ἐσθῆτι καὶ ἐς τὸν νῦν τρόπον πρῶτοι Λακεδαιμόνιοι ἐχρήσαντο καὶ ἐς τὰ ἄλλα πρὸς τοὺς πολλοὺς οἱ τὰ μείζω κεκτημένοι ἰσοδίαιτοι μάλιστα κατέστησαν. Inoltre Kurke 1992, 92-114 fa persuasivamente il punto della questione soffermandosi soprattutto sui componimenti di Senofane, Saffo, Semonide, Anacreonte e Pindaro. v. Griffith 1999, 45-7.

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modo di vivere orientale anche presso gli strati più bassi della società227: già

in Ecateo troviamo traccia ad esempio di un certo interesse dei Greci nei confronti di alcuni modi di vestire orientali228.

Un’ultima questione da trattare prima di passare al prossimo paragrafo riguarda il modo in cui la regina gestisce il momentaneo vuoto di potere dovuto all’assenza di Serse. Si vedrà che anche per quanto concerne questo aspetto, la sovrana di Persia risulta presentata nella sua alterità orientale ma nello stesso tempo caratterizzata secondo diversi elementi più propriamente greci.

Da un punto di vista linguistico, la regina gode dei titoli regali di βασίλεια229,

δέσποινα230 e ἄνασσα231, termine che nelle restanti tragedie di Eschilo è

riferito solo ad Atena232; questi tre titoli sono condivisi sia con Dario che con

Serse, e sono peraltro gli unici che i due sovrani hanno in comune tra loro233.

Inoltre, è utile notare che la regina condivide con Clitemnestra i titoli di βασίλεια234 e δέσποινα235, ma non quello di ἄνασσα, e che a differenza di

quest’ultima non esercita il κράτος236. Si direbbe pertanto che la regina

persiana riceve la designazione riservata ai membri della famiglia reale, e che la sua posizione legittima di ἄνασσα le deriva dal fatto che è moglie del sovrano defunto e madre dell’attuale legittimo re. Da questo non le deriva

227 Miller 1997, 188-217, 243-58. 228 FGrH 1 F 284 (Harp.): κύπασσις ... οἱ γλωσσογράφοι χιτῶνος εἶδός φασιν αὐτὸν εἶναι τὸν κύπασσιν, οἱ μὲν γυναικείου, οἱ δὲ ἀνδρείου. μέμνηται δ’ αὐτοῦ Ἱππῶνάξ τε καὶ Ἑκαταῖος ἐν Περιόδωι Ἀσίας, λέγων: Κίσσιοι δὲ ἐσθῆτα φορέουσι κυπάσσεις Περσικούς· καὶ Ἀριστοφάνης ἐν τοῖς Ταγηνισταῖς, 287 (Steph. Byz.): Ὑώπη· πόλις Ματιηνῶν, προσεχὴς τοῖς Γορδίοις. Ἑκαταῖος Ἀσίαι· ἐν δὲ πόλις Ὑώπη· οἱ δ’ ἄνθρωποι ἐσθῆτα φορέουσιν οἵην περ Παφλαγόνες. 229 Aesch.Pers.152, 623. 230 Aesch.Pers.353. 231 Aesch.Pers.155, 173. 232 Aesch.Eum.235, 288, 443, 892. 233 Parara 2010, 94s. 234 Aesch.Ag.84. 235 Aesch.Cho.537.

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tuttavia l’esercizio diretto del κράτος sugli abitanti e sul territorio dell’impero, che è proprio solo di Serse e Dario237. Questa analisi ci induce

pertanto a vedere la regina come unica rappresentante della famiglia reale rimasta in Persia, che tuttavia non può incidere direttamente nella gestione del potere, ma solo cercare di mantenere salda la posizione del figlio e del suo οἶκος; in questo modo si spiegano infatti le ansie della sovrana per l’assenza del figlio e il suo continuo bisogno di rassicurazioni. Proprio come finalizzati alla ricerca di rassicurazioni si possono intendere infatti non solo il primo ingresso della regina, ma anche la necessità di ragguagliare il marito sulla situazione presente238 e il suo dialogo con il coro incentrato su Atene, in cui la

sovrana si informa sulle caratteristiche e le risorse dell’esercito nemico sperando di ricevere dai Fedeli risposte che possano confortarla239. Allo stesso

modo andrebbe intesa la puntualizzazione della sovrana sul fatto che qualora Serse risultasse sconfitto rimarrà comunque a capo della Persia240; dal

momento che questa ricorre alla fine del racconto del sogno che le ha provocato preoccupazione, si direbbe infatti il commento di chi in preda a uno stato emotivo particolarmente ansioso cerca di appigliarsi alle uniche certezze che pensa di avere. Sicuramente la recitazione dell’attore che interpretava la regina sarà stata fondamentale nel cogliere la sfumatura della sua affermazione; ma è un dato di cui purtroppo noi non disponiamo e di cui non possiamo di conseguenza essere certi. Eppure non si possono non tenere presenti il contesto in cui viene fatta questa puntualizzazione e lo stato d’animo della regina.

Tuttavia, quest’espressione della sovrana di Persia è in genere vista dalla critica, insieme al continuo interessamento della donna per il figlio, come un

237 McClure 2006, 81, Marrucci 2010b, 41, 53-5. 238 Aesch.Pers.159-248, 517-31, 598-622, 845-51. 239 Garvie 2009, 104.

240 Aesch.Pers.211-4: εὖ γὰρ ἴστε, παῖς ἐμὸς / πράξας μὲν εὖ θαυμαστὸς ἂν γένοιτ᾽ ἀνήρ, /

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segno del fatto che i suoi unici interessi consistono nella salvezza di Serse e nell’egoistico mantenimento del suo potere personale, a scapito degli interessi dell’impero e a riprova di una concezione dispotica del potere persiano presentata da Eschilo241. Una tale interpretazione del personaggio della regina

risulta tuttavia poco coerente con il testo. Harrison in particolare ritiene che il ritratto della regina sia paragonabile alla rappresentazione delle regine persiane fatta da Erodoto, cioè di donne essenzialmente crudeli, egoiste, superficiali e petulanti, e Hall sostiene che proprio sulla base della rappresentazione della regina nei Persiani gli Ateniesi dovevano ritenere le regine persiane «psychopathically heartless, status-conscious and obsessed with sartorial display242». In sostegno alla nostra tesi, si può osservare in

primo luogo che Erodoto rappresenta il ruolo della sua Atossa come centrale,