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Meta (Na)

nna Maria Gargiulo, vive a Meta di Sorrento (NA).

Laureata in Filosofia presso l’Università Federico II di Napoli, con successivi studi post laurea presso Scuola Superiore del-le Comunicazioni Sociali, Università Cattolica di Milano.

Ha insegnato come docente di Scuola Media Superiore e ha collabo-rato con l’Invalsi in qualità di Formatrice docenti, attività che poi ha svolto presso l’Università di Salerno (SICSI).

Ha pubblicato i seguenti volumi di poesia: Nostalgia d’orizzonti (Aletti Editore, 2010); Pegaso e la sirena (Aletti Editore, 2008); In salita controvento (Aletti Editore, 2012); Otto marzo (Vitale Editore, 2014); L’effimero, lo scacco, il varco (Aletti Editore, 2015); Amari-tudine (Aletti Editore - Collana “Le Perle”, 2018).

Per la prosa ha pubblicato I quaderni di Naré - un racconto ed altri scritti (D’Orazio Editore, 2015) ed infine il racconto Dove cadono le rondini (Il Convivio Editore, 2019)

Numerosi i riconoscimenti ottenuti in concorsi letterari tra menzioni d’onore e premi speciali.

A

Premio Accademico Internazionale di Letteratura Contemporanea L. A. Seneca – IV edizione 2020

MOTIVAZIONE

La nota a margine del racconto riporta “… nasce da una sto-ria vera, quella di Martina S*, una ragazza morta di leucemia all’età di sedici anni.”

Pur affrontando quietamente la congerie degli interrogativi insoluti ed insondabili che avvolgono il mistero del termine della vita, il rac-conto, nella pacatezza delle voci dialoganti in bisbigli per tema di turbare il Maestoso silenzio che attende oltre l’esistenza, propone come, attraverso il confronto tra due anime, si possa intravvedere il ponte d’arcobaleno che conduce all’Altrove, ed affascina di serenità il lettore nell’incanto di colori e luci d’un incontaminato, platonico biancore che schiude dolcemente la porta dell’Oltre.

Al di là dell’oltraggio della morte e del “momento in cui le parole non servono più”, … la Casa dell’Altrove è luogo di svelamento, l’uscita dalla caverna, per la grande visione.”

Se, per eutanasia, s’intende letteralmente una morte buona, dolce, se-rena, ebbene questo racconto/dialogo davvero meraviglioso, ribaltando ogni falsa e disumanizzante interpretazione scientifica del termine, ne restituisce il senso filosoficamente e validamente più pregnante. La morte, come avviene in questa storia vera, perde il suo ‘pungiglione’

di paolina memoria, quando c’è chi, fraternamente, tenga per mano, in vista del nuovo cammino, una vita che si sta spegnendo.

Premio Accademico Internazionale di Letteratura Contemporanea L. A. Seneca – IV edizione 2020

La casa dell’altrove

Non possumus amare nisi pulchra (S. Agostino) Martina (pensando tra sé e sé): Amavo i colori ma il mondo per me si va tingendo di bianco, i camici dei medici, le lenzuola, i volti delle persone intorno, e l’aria, e i ricordi sono ombre bianche, bianca per-sino la luce di questa stanza e la musica che batte insieme al mio cuore, è bianco persino il silenzio intorno a me, e i bisbigli che sento.

Poi, rivolta allo zio, fermo accanto al suo letto:

– Zio, ricordi che mi dicevi? Che la vita è come un ponte, noi l’attraversiamo sul carro delle parole, ‘il farmaco della memoria’, lo chiamava così il filosofo, vero!? Man mano che le parole finiscono, mi dicevi, è segno che non servono più, che stiamo per arrivare, leg-geri, quasi volando alla fine, al passaggio, là dove abita il Bello! Zio ora tienimi la mano.

Zio Gerry:

– Sì Martina, e il nostro gioco delle parole, lo ricordi? Cominciai da… ‘arco’ e tu gioiosa gridasti ‘arcobaleno! No, troppo facile, vero zio?’ Poi gridasti ‘ho trovato: ponte! La parola ponte è un buon ana-logo di arcobaleno, no? La sola differenza, zio, è che uno sta in cielo e l’altro in terra, vero?’ dicesti ridendo e, aggiungesti – ‘io voglio camminare sull’arcobaleno, sul carro delle parole dell’arcobaleno danzando, volando!’

Arcobaleno, ponte: un buon analogo di viaggio, il nostro viaggio ver-so l’altrove dove arriveremo alla casa del Bello, della bellezza vera, quella che non invecchia, ti dicevo!

Martina:

– Zio, sai, ho pensato che aveva ragione Thamus a mettere in guardia Theut (vedi che ricordo ancora la lezione?). Aveva ragione Socrate a dire che “solo il discorso scritto con la scienza nell’anima di chi

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stoso silenzio” (con che tono solenne lo dicevi, zio, per farmi perce-pire la sua importanza, quasi mi incutevi timore!)

Zio Gerry (con voce sommessa):

– Hai ragione, Martina, c’è un punto in cui le parole non servono più.

Il “Maestoso silenzio” ci attende, ma possiamo portare dentro di noi tutte le cose belle che abbiamo amato: i volti degli affetti, l’Amore, l’Amicizia, la tua Musica, i profumi e i colori della vita, di tanti bei momenti vissuti insieme, di quanto ci affascina e ci prende il cuore, tutto quello che per noi è sublime.

Martina:

– Zio ricordi cosa mi rispondevi quando ti domandavo cosa c’è più in là, oltre la via, di là dal ponte?

Zio Gerry:

– Sì, Martina ti dicevo che c’è la casa dell’Altrove, di tutte le possi-bilità, della Bellezza vera, quella che non invecchia, che non trasmu-ta. Dopo la bellezza che sfiorisce, dopo la bellezza che ferisce, dopo il digiuno della vista, c’è la Bellezza che stupisce, che resta per sem-pre! Prima che le parole vadano via, dimmi ancora Martina, dimmi ancora…

Martina (con un soffio di voce):

– Amor omnia vincit! Vedi che ricordo tutto?

Zio Gerry:

– L’amore vince tutte le cose?! Sì Martina! Qui è tutto! Rifletteva zio Gerry, tra sé e sé: nell’Amore anche la fine diventa bellezza di vita!

Anche la morte?! Troppo duro riconoscerlo! Ma è così perché è la finestra aperta sulla vera Bellezza dove le ombre della caverna cado-no una ad una e l’occhio s’apre alla luce. A te, piccola mia, piaceva tanto quel mito della caverna, la lotta tra l’ombra e la luce.

Martina:

– Ecco la luce, una grande luce zio, m’avvolge, forse è qui la casa dell’Altrove.

Poi un grande silenzio. La mano bianco-perla di Martina. Un che di beato sul volto come di rondine che riprende il suo volo.

La morte è oltraggio al Bello, bestia famelica che assale sulla via che conduce alla casa dell’Altrove. Oltre il varco, i suoni, le luci, i volti amati, l’incontro del vero sé, la sua essenza profonda, pura. La luce,

Premio Accademico Internazionale di Letteratura Contemporanea L. A. Seneca – IV edizione 2020

la casa dove abita il Bello. Il Bello è un Bene aurorale; assomiglia al sentire dei bambini, un’esperienza ed un sapere originario che s’insedia nell’animo ancora prima della ragione. Anzi, si pone come un analogo della ragione, così accade per tutte le successive espe-rienze sensibili del bello, mai bastanti alla sete, alla fame che l’anima ha del Bello, del Vero, del Buono.

Sarà necessaria una disciplina, un certo digiuno della vista, una prati-ca a saper cogliere nell’assenza del Bello, del Bene mai soddisfatto appieno, una Presenza ulteriore, come dire, il suo fondamento e, al contempo, il suo telos. In natura è gettato il fondamento; la cultura costituisce il ponte, la via, con il suo carro di parole ove lo sguardo si posa or qua or là. La casa dell’altrove è luogo di svelamento, l’uscita dalla caverna, per la grande visione. È qui che abitano, qui il Bello, il Vero e il Buono si corrispondono, in unità profonda. Qui, nella casa dell’oltre, al di là del varco, al di là dell’oltraggio della corruzione e della morte, quando cessa ogni tempesta e tregua è data ad ogni guer-ra, qui, nel luogo di tutte le trasmutazioni compiute, qui è il suo dar-si, qui il suo trono perché vi regna sovrano, qui il suo altare perché il tempo vi è stato immolato e con esso la storia con le sue croci issate sulle sommità dei monti, mute voci volte al cielo.

Nota al margine: Riferimenti di contesto

Questo racconto nasce da una storia vera, quella di Martina S*, una ragazza morta di leucemia all’età di sedici anni. Il dialogo, in parte ricostruito in parte immaginato, è riferito ad uno degli ultimi giorni di vita della ragazza, avvenuto nel reparto di oncologia pediatrica di un grande ospedale; è un ser-rato ultimo colloquio, quello di Martina con suo zio Gerry, docente di liceo, che negli ultimi anni si è prestato come suo docente di appoggio per l’impegno scolastico che la ragazza non ha voluto mai abbandonare.

Scritto nel suo ricordo perché Martina non è morta, è viva e ridente nella casa dell’Altrove.

Nasce in suo nome l’Associazione di volontariato Sorridi alla vita “Martina

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https://www.cogitoetvolo.it/bentornata-martina/

https://www.ilfattovesuviano.it/2018/09/il-mio-nome-e-martina-domani-il-cortometraggio-dedicato-alla-piccola-uccisa-dalla-leucemia/]

Bibliografia di riferimento:

 Benedetto XVI agli artisti (Roma 21 novembre 2009)

 S. Agostino, Le Confessioni

 Fedro, Platone, Bompiani

 Elementi di estetica, il Mulino 2008,

 L’Estetica di Baumgarten di Salvatore Tedesco, in Supplementa (Centro Internazionale di Studi di Estetica)

Premio Accademico Internazionale di Letteratura Contemporanea L. A. Seneca – IV edizione 2020

2O CLASSIFICATO

Didio