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Bari

averio Martiradonna si è diplomato presso l’istituto Ma-gistrale di Bari nel 1970. Nel 2013 ha pubblicato Foglie in primavera, un libro di narrativa edito da David and Matthaus.

Ha partecipato a diversi concorsi letterari con buoni risultati

È risultato vincitore assoluto al Premio Noir Troskij cafè nel 2016 e 1° cls, sezione narrativa, al Premio Nazionale di Letteratura e Teatro Nicola Martucci, Città di Valenzano nel 2019.

MOTIVAZIONE

“Gli ultimi restano segnati dalla vita.” Se si parte da tale frase evinta dal corpo del testo, non è difficile comprendere il mes-saggio che la narrazione dei fatti vuole trasmettere.

Un ibrido di sensazioni che pervadono l’anima di chi avverte nella testa un fittizio e immaginario ronzio che tormenta e che non dà pa-ce. Un ronzio che proviene da una patologia mentale e che, comun-que, nasce con tendenza indirizzata al bene ma che, poi, si trasforma in involontaria violenza attraverso uno straziante epilogo.

Messaggio ineccepibile, forma corretta e scorrevolezza del testo ab-bastanza usufruibile; solo un uso un po’ eccessivo della punteggiatu-ra.

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Premio Accademico Internazionale di Letteratura Contemporanea L. A. Seneca – IV edizione 2020

L’ultimo degli ultimi

Perché mi avete portato via da casa. Che ci faccio qui, in caserma?

Qualcuno me lo spieghi. Non vivo, solo, come dite voi, vi prego ri-portatemi a casa. Io sono un uomo che rispetta la legge, semmai, sie-te voi, rappresentanti delle istituzioni, a non rispettare un onest’uomo come me. Come faranno a vivere, senza il mio aiuto, le mie creature.

Maresciallo, lei crede che io sia pazzo, ne sono sicuro, lo leggo nel suo sguardo, ma non è vero, e lei lo sa… voi tutti lo sapete, e allora, vi chiedo di lasciarmi tornare a casa dai miei figli, dai miei orfanelli, che io ho adottato e amo più di quanto ami me stesso.

Non vedendomi tornare, penseranno d’essere stati di nuovo abban-donati, e lei deve sapere che chi è stato abbandonato, e poi, trova una casa, vive nel terrore che ciò possa ripetersi. Io so cosa significa.

Chi li metterà a letto? Chi li consolerà? Chi ascolterà le loro storie?

Chi curerà le loro ferite? Loro sono gli ultimi, proprio come me!

Sì, perché io non ho mai conosciuto i miei genitori, mi hanno abban-donato in una chiesa, per questo non posso abbandonarli.

Io so cosa si prova quando si viene abbandonati.

E poi, Luna, la neonata che ho trovato ieri sera vicino a un cassonetto dell’immondizia, l’ultima arrivata, è la più fragile, e lei non immagi-na di quante cure ha bisogno.

Sa perché l’ho chiamata Luna? Per il colore della sua pelle, mare-sciallo. Era avvolta in una coperta, e quando l’ho portata a casa, l’ho scoperta e ho visto la sua pelle che illuminava la stanza di una luce bianca pallida, tanto è vero che mi sembrava d’aver portato in casa la luna. L’ho curata come tutti gli altri, solo che lei, non stava mai zitta, piangeva, piangeva: voleva che io avessi attenzioni solo per lei. Non è possibile, ma, soprattutto, non è giusto nei confronti degli altri.

A casa mia, siamo tutti uguali: le bamboline, i trenini, i telefonini, i giocattoli, tutti, proprio tutti. Tutti noi siamo stati abbandonati da chi non ci ha amato, e nel cuore conserviamo quella tristezza che solo

Premio Accademico Internazionale di Letteratura Contemporanea L. A. Seneca – IV edizione 2020

È stata una decisione sofferta. Maresciallo, il suo è uno sguardo enigmatico, ora. Sì, so quello che mi vuole dire: “Ma sono solo degli oggetti? E tu sei pazzo, e quella è una bambina vera, invece.”

No! No! Non sono pazzo, caro maresciallo. Loro, i miei figli, abban-donati nei cassonetti o per strada, hanno un’anima come la sua, come la mia, come quella di Luna e come quella di chiunque altro, e si fic-chi bene in testa che non sono semplici oggetti, ma esseri viventi, sensibili e buoni d’animo. Solo i ciechi come voi non se ne accorgo-no. Pensi, che per far smettere di piangere Luna, ho chiesto a Bruna, la bambolina, di prestarle il suo biberon, e lei glielo ha prestato senza fare resistenza, alcuna. C’è collaborazione tra di noi, ma lei, Luna, ha continuato a piangere, e sa cosa è successo nella mia testa? No! Non lo sa! Non lo può sapere! Non lo potete sapere, voi altri!

Nella mia testa ho cominciato a sentire il volo di un moscone, il suo ronzio nel cervello mi faceva impazzire: mi davo i pugni sulla testa per far smettere quel fastidiosissimo ronzio, ma niente, zzzzz…

zzzzz… zzzzz…fino a quando non ho cominciato a urlare.

Ma, prima di mettere fine a quel tormento, ho chiesto a Donato, il pupazzo pompiere, di chiamare un’ambulanza, ma non è mai arriva-ta. Succede, sempre così, gli ultimi restano segnati dalla vita… la sfortuna li perseguita, e così, la povera Luna ha continuato a piange-re, e io a sentire ronzare nella mia testa il volo di un moscone.

Era chiaro, il pianto di Luna scatenava quel maledettissimo ronzio.

Lei smetteva di piangere, e il ronzio smetteva. Lei riprendeva a pian-gere e quel fastidiosissimo zzzzz… zzzzz… riiniziava a tormentarmi il cervello. Dovevo mettere fine a quel pianto e a quel maledettissimo ronzio che sentivo nella testa.

Ho aspettato che tutte le mie creature si addormentassero. Ho spento la luce, ho aspettato che fosse notte fonda, ho preso un cuscino e, piano piano, l’ho spinto sul suo viso. Quando sono stato sicuro che s’era addormentata, l’ho presa in braccio, l’ho stretta al mio petto e le ho cantato una ninna nanna.

Com’era dolce il suo viso; finalmente, era serena, dormiva e dalla mia testa, precisamente da un mio orecchio, è uscito un maledetto moscone. Non so come abbia fatto ad entrarci. L’ho adagiata nel mio letto… l’ho vegliata tutta la notte… ho respirato piano piano per non

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svegliarla. Al mattino, dormiva ancora, quando è arrivato lei, mare-sciallo…

No! Non sono pazzo! I pazzi siete voi che buttate tutto quello che non vi piace, compreso innocenti bambini. Lei deve farmi tornare a casa… i miei figli… Luna, hanno bisogno di me, e anche io ho biso-gno di loro… Un momento, ma dove mi state portando, io non sono pazzo, non sono pazzo… sono solo… l’ultimo degli ultimi.

Non sono pazzoooo…

Premio Accademico Internazionale di Letteratura Contemporanea L. A. Seneca – IV edizione 2020

Premio Accademico Internazionale di Letteratura Contemporanea L. A. Seneca – IV edizione 2020

Sezione E

Premio Accademico Internazionale di Letteratura Contemporanea L. A. Seneca – IV edizione 2020

RISULTATI SEZIONE POESIA DIALETTALE 1o Baldinu Stefano, San Pietro in Casale (BO)

Intro a su silentziu de un’ateru universu

2o Del Gaudio Enrico, Castellammare di Stabia (NA)

‘O scialle

3o Catalani Gaetano, Ardore Marina (RC) Tutt’a vita ca resta

Menzione d’onore

Baccino Pietro, Savona Moŕe

Galofaro Antonietta, Castellammare del Golfo (TP) Ventu di morti

Maneo Elena, Mestre (VE) Na agrima de sabia

Modica Giuseppe, Ragusa

‘Ntra stratuzzi stritti

Rigante Demetrio, Bisceglie (BT) Paghíure de scherdamme de mè

Segnalazione di merito

Anzovino Fernando, Campobasso Mbe’ trase

Covino Antonio, Napoli

‘E notte

Del Principio Concezio, Atri (TE) La libbertà mè

Porri Alessandro, Roma Tram urtima fermata

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1O CLASSIFICATO

Baldinu