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Molfetta (BA)

iovanna Sgherza, anni 56, docente di Matematica pres-so l’I.I.S.S. Ferraris di Molfetta, ama scrivere racconti e poesie nel tempo libero.

Negli ultimi anni ha partecipato a vari concorsi nazionali, ottenendo buoni riconoscimenti tra i quali: 1° cls al Concorso Nazionale Livio Raparelli di Ozzano Emilia (BO); 1° cls al Concorso Nazionale di poesia e narrativa Raffaele Carrieri di Taranto; 3° cls al Premio In-ternazionale di poesia e narrativa Napoli Cultural Classic; 2° cls al Concorso Nazionale di poesia Tra anima e Tempo; 1° cls al Concor-so Nazionale Ostuni Cittàviva; 3° cls al ConcorConcor-so Internazionale Mittaffett allo scrittore di Ceglie Messapica (BR) e 3° cls al Concor-so Nazionale F. Bardicchia di Mesagne (BR).

Numerose anche le menzioni d’onore tra le quali il Premio Interna-zionale di Letteratura Contemporanea Lucius Annaeus Seneca e il Concorso Nazionale Raffaele Carrieri.

Numerosi suoi componimenti sono pubblicati in antologie letterarie.

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Premio Accademico Internazionale di Letteratura Contemporanea L. A. Seneca – IV edizione 2020

MOTIVAZIONE

Un testo che si presenta adatto sia per la posa in scena di un monologo che per un cortometraggio di denuncia molto forte.

Percepibile la forza che incita il lettore a percorrere la narrata vicen-da che va ottimamente ad intersecarsi tra la parte iniziale e l’argo-mento trattato nel corpo del testo. Argol’argo-mento, tra l’altro, di scottante attualità.

È coinvolgente la narratività che si parallelizza alla sequenza della descrizione.

Altre buone congruenze si possono trarre tra il linguaggio utilizzato e la storia narrata per quanto attiene all’equilibrio narrativo.

Dunque messaggio valido, compendiato dalla emozione che provo-ca, non privo di forma corretta ed efficace.

Premio Accademico Internazionale di Letteratura Contemporanea L. A. Seneca – IV edizione 2020

Voce di un abbraccio

Avete mai sentito il bisogno, di sera quando andate a letto, di strin-gervi in un auto-abbraccio?

Non solo per scaldarvi quando fa freddo… poiché mi capita sempre, anche in piena estate, ma per sentirvi più forti e più vive, per assapo-rare il calore dell’anima che amoreggia con il corpo non avendolo fatto in altri momenti della giornata…

Forse non vi è mai capitato… o forse vi è capitato così raramente che quasi non ne avete memoria.

Allora, sarei io quella strana?

Quella fragile e insicura che simula un abbraccio perché sa di averne bisogno realmente ma non ha nessuno da cui riceverlo?

Vi assicuro che spesso, veramente molto spesso, ci sono cose che appaiono completamente diverse agli occhi del mondo, in questa so-cietà frenetica che non si cura dei valori e dei sentimenti profondi ma si nutre solo di apparenze e getta via i ricordi come fossero involucri di caramelle.

Ma torniamo a noi… anzi a me.

Oggi ho quarantasei anni portati bene (così dicono), un marito amo-revole, un lavoro gratificante che spesso mi consente anche di viag-giare, un gran numero di amicizie e una splendida figlia che ha, da poco, compiuto venti anni e adora suonare il violino.

Non avrei nulla di cui lamentarmi, direte.

Certo i problemi della vita quotidiana non risparmiano nessuno e si-curamente non demoliscono il nostro coraggio.

Eppure io non posso rinunciare a quell’abbraccio fortificante.

È un momento tutto mio che nessuno può invadere, e che mi porto dentro ormai da così tanto da non poterne più fare a meno.

E voglio raccontarvi il perché.

Avevo più o meno l’età di mia figlia, tanti anni fa, quando una sera fui invitata da un’amica ad una festa presso una villa di gente

facol-Premio Accademico Internazionale di Letteratura Contemporanea L. A. Seneca – IV edizione 2020

Non ci misi molto a scegliere tra i vestiti che la mia amica mi propo-se: erano talmente belli che mi rendevano tutti più affascinante e se-ducente.

E poi il maquillage a cui mi sottoposi completò l’opera.

Mi guardai allo specchio e vidi un’altra me, una sorprendente meta-morfosi che mi riempì di adrenalina, almeno quella fu la prima sen-sazione.

Alla festa ci divertimmo molto, ballammo fino a notte fonda e re-stammo a dormire in una dependance della villa.

A un certo punto probabilmente la mia amica sgattaiolò fuori dalla stanza e mi lasciò sola.

Fu allora che tutto ebbe inizio: uno sconosciuto alto e robusto salì sul mio letto e non ebbe esitazione ad abusare di me.

I miei deboli tentativi di difesa servirono soltanto ad essere schiaf-feggiata, mentre quella mano enorme mi teneva la bocca chiusa per non farmi urlare.

Poi, odiai il chiarore di quell’alba che stava trasformando i colori della vita soltanto in chiaroscuri.

Dopo quella notte ho creduto che non avrei più dormito, mai più e che nessuno avrebbe potuto aiutarmi a superare quello che mi era successo.

E così fu per diversi giorni fino a quando capii che cercare di tenerlo segreto mi avrebbe distrutto nel profondo.

No, non credo di esagerare.

Voi non potete capire cosa si prova: vi hanno mai violentato, vi han-no stuprato di recente? Vi voglio raccontare com’è.

Avete presente quei film per la tv in cui c’è sempre una donna nuda accovacciata nella doccia che si abbraccia le ginocchia e piange per-ché quando chiude gli occhi sente ancora addosso le mani di quell’uomo o quando nella scena dell’aggressione lo sguardo della donna è fisso e perso nel vuoto e lei va con la mente altrove per poter affrontare l’orrore di quello che le succede mentre c’è una inutile canzone in sottofondo…

Non è per niente così.

È sporco, è sudato, ti lecca la faccia e ti tira i capelli e se provi ad ur-lare ti picchia talmente forte che vedi le stelle e poi, ti penetra ancora

Premio Accademico Internazionale di Letteratura Contemporanea L. A. Seneca – IV edizione 2020

rompendoti ossa che nemmeno sapevi di avere perché gli è piaciuto così tanto la prima volta che rifarlo lo rende ancora più euforico…

Annientata.

Così ti senti subito dopo.

E dopo, dopo ancora.

Indossi una corazza sperando che il tempo cancelli quegli indicibili momenti.

Il tempo non comunica con il tuo cuore: corre, preme l’acceleratore senza curarsi del tuo dolore e ti scaraventa nel mondo circostante do-ve devi farti forza e scacciare le paure per poter sopravvido-vere. E non importa se hai la sensazione che le persone che ti ruotano intorno leggano nei tuoi occhi un senso di vergogna o di disprezzo per il ses-so maschile, restando puntualmente indifferenti o mostrando esagera-ta commiserazione per la tua tristezza.

Quello che conta è trovare giorno per giorno la forza e il coraggio per andare avanti. E questo soltanto tu puoi farlo.

Presto ho capito che proprio perché siamo donne non siamo noi a cercare la forza: è la forza a cercare noi.

Lei mi ha cercata spesso invano e dopo un lungo vagare finalmente mi ha trovata.

Le notti mi sono sembrate meno lunghe e ciò che mi era apparso in bianco e nero aveva cominciato pian piano a riprendere colore.

Per quanto estremamente dolorosa sia stata ogni singola seduta con la terapista, quel mio abbraccio sembrava assorbire giorno dopo giorno, lentamente, il dolore e l’angoscia che mi portavo dentro.

Sapete una cosa?

Ancora oggi, basterebbe poco per far riapparire sfocate le sensazioni provate in quel tempo: anche una diversa inflessione di voce di un collega o uno sguardo ammiccante di un passeggero sul treno po-trebbero riportarmi alla luce quella malvagità subita.

Ecco perché ho bisogno di quell’abbraccio e ne ho bisogno come l’aria.

Premio Accademico Internazionale di Letteratura Contemporanea L. A. Seneca – IV edizione 2020

3O CLASSIFICATO

Martiradonna