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Roseate spoonbill (Platalea ajaja), appartenente alla famiglia Threskiornithidae, si può trovare in Sud America, in particolare della zona ad

est delle Ande: Colombia, Ecuador, est Perù, Bolivia e nord dell’Argentina, nelle regioni costiere dei Caraibi, America Centrale, Messico e Stati Uniti (Texas, Florida e Louisiana).

Il color bianco candido della sua testa si sfuma nel piumaggio rosa delle ali e del corpo, le gambe esili e longilinee lo sorreggono in maniera elegante facendoci pensare si tratti di un’esemplare di fenicottero ma osservando attentamente il lungo becco (due piedi e mezzo, circa 75cm.) dalla caratterista forma a cucchiaio, non ci sono dubbi: è lo spoonbill, a cui comunemente viene accostato l’aggettivo pink. Egli nidifica in piccole colonie – spesso con aironi e garzette. Il corteggiamento è un momento complesso nella vita di questo uccello, dove il nido diventa un elemento importante nella competizione tra maschi: il vincitore sarà chi riesce a reperire il materiale migliore per costruire un nido abbastanza grande ed accogliente per l’accoppiamento e l’incubazione

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delle uova. La femmina di spoonbill depone in media dalle due alle quattro uova all’anno le quali vengono covate sia dal maschio che dalla femmina per circa 22-23 giorni.

Il Roseate Spoonbill è un uccello gregario che vive nelle paludi, vicino alle lagune, nelle mangrovie e nelle distese fangose. È un animale particolarmente socievole e ama vivere in grandi colonie con gli altri uccelli della sua specie come: cicogne, aironi garzette e cormorani. Quando sono in volo allungano il più possibile il loro corpo, distendendo graziosamente le gambe e il collo, in modo tale da formare con gli altri simili stormi di lunghe linee diagonali che si stagliano come precise geometrie nei cieli, interrompendo la monotonia dell’azzurro terso senza fine.

Trascorre la maggior parte del suo tempo a nutrirsi di piccoli pesci, gamberi, molluschi, lumache e insetti che trova nelle acque poco profonde e nel fango, nelle paludi e mangrovie, in acqua salmastra o salata, e di tanto in tanto in acqua dolce. Come il fenicottero rosa, la sua particolare pigmentazione è data dal cibo di cui si nutre, in particolare i gamberetti. Il comune Pink

Spoonbill è un uccello migratore e percorre principalmente la flyway1 circolare

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Con il termine Flyway si indicano i percorsi utilizzati dagli uccelli migratori per spostarsi, in particolare da quelli acquatici. Questi grandi itinerari di migrazione, che generalmente vanno da nord a sud e viceversa, si conformano in base alle principali caratteristiche topografiche che gli uccelli intendono seguire. Le maggiori rotte del Nord America sono quattro: Atlantic, Mississippi,

Central e Pacific. I confini delle Flyway non sono sempre nettamente definiti, infatti capita che

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che comprende gli Stati che si affacciano sul Golfo del Messico, stanziandosi poi durante il periodo estivo, lungo le coste della Louisiana.

Classificato come terzo fiume più lungo del mondo e sesto in termini di portata (dagli 8.000 m³/s ai 50.000 m³/s) il Mississippi assume un ruolo principale per la vita degli uccelli migratori. Essi trovano tutto quello che gli serve nelle paludi del Delta del Mississippi grazie all’abbondanza di cibo che si trova in questo esteso ecosistema, per questo motivo rappresenta un punto cruciale per la loro migrazione, soprattutto nel periodo invernale quando quest’area di sosta viene chiamata “Last Gas for 200 Miles”. La ricchezza del Delta del Mississippi lo rende quindi uno dei punti di centrale importanza per gli uccelli, in particolare quelli acquatici, costituendo uno dei nodi fondamentali della migratory flyway.

I think that everyone watches birds for much the same reason. As a hobby birds provide recreational opportunities unmatched by any other class of animals. As the highest of the vertebrates, next to mammals, they convey to us a feeling of kinship, based partly, perhaps, on the fact that they display personality, such as lower animals do not. And, unlike most of the mammals, which are difficult to observe in the wild, birds permit themselves to be seen and studied without exasperating effort. […] Birds are just elusive enough (Lowery, 1955: 2).

La posizione della Louisiana favorisce il passaggio di molti uccelli migratori, oltre a fungere da habitat per le specie acquatiche. Si contano,

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infatti, più di 377 specie all’interno dei confini dello Stato – più della metà di tutti gli uccelli presenti nel Nord America. Il meccanismo dell’orientamento e del magnetismo fa sì che gli uccelli si muovano nella direzione delle loro case estive, in particolar modo lungo le spiagge del Golfo del Messico: Grand Isle, Cameron, Marsh Island grazie alla loro vegetazione, costituiscono un rifugio per molte specie migratorie (George H. Lowery, 1955). Il motivo di questa sosta è costituito dalla presenza dell’habitat Chenière2, un luogo

particolarmente ricco che consente il riposo e la più importante fonte di cibo prima di riprendere il lungo viaggio; durante la primavera, infatti, più di 70 specie provenienti dall’artico e dai tropici utilizzano questi boschi rigogliosi (le foreste di querce e di bagolaro presenti sono riconosciute a livello nazionale come luoghi migliori per avvistare gli uccelli canori), ed è proprio durante questo periodo dell’anno che a Grand Isle si svolge il Migratory Bird Festival. Un evento nato nel 1998 con l’intendo di proteggere e preservare l’habitat

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Chenière (pronunciato “shin-EAR” o “shane-YEAR”) è un’espressione che è stata

approssimativamente tradotta come “querceto” dai primi abitanti francesi del sud-est della Louisiana. Questo habitat, tipico della costa della Louisiana, è costituito boschi antichi che sono cresciuti sopra dei sedimenti che si sono arenati lungo le paludi piane rialzate . Conosciuti anche come foresta marittima, questi “querceti” rappresentano i punti più alti di terreno presente nel sud Louisiana, costituendo un rifugio naturale in caso di piena, motivo per cui molte persone hanno deciso di insediarsi. È caratterizzato in prevalenza da alberi di querce modellate dal vento e rivestite da uno strato di muschio. Questo tipo di vegetazione, ancora oggi poco conosciuta, sorge negli ambienti particolarmente umidi, rendendo il paesaggio del sud unico rispetto al resto degli Stati Uniti. Purtroppo molti Chenières storici stanno scomparendo, è una morte lenta - a causa di onde percosse, cedimento del terreno, intrusione di acqua salata, gli uragani, la conversione da parte dell'uomo, etc. Oggi, molti di questi luoghi sono solo dei nomi di vecchi insediamenti, come Chenier au Tigre, Chenier Caminada, e altri. Questo fenomeno ha spinto il

Louisiana Natural Heritage Program ad inserire questi habitat come territori criticamente in

pericolo. BTNEP: <http://btnep.org/subsites/GrandIsle/eventhistory/ChenierHabitats.aspx>. Data ultima consultazione: 06.03.2013.

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Chenièr, luogo di primaria importanza per la migrazione e la vita dei volatili – oggi ridotto al 10% rispetto alla superficie boschiva originaria dell’isola. Grand Isle è l’unica isola barriera presente lungo la costa del Golfo del Messico che supporta una vegetazione dominata dalla presenza delle querce. L’organizzatore di questa manifestazione, il Sanctuary Group3, sta operando

nell’isola in collaborazione con alcuni proprietari terrieri e dirigenti locali per assicurare una conservazione a lungo termine delle Chenières, evitando la definitiva scomparsa di questi boschi4.

Nonostante la preservazione dell’ambiente sia un tema molto sentito a livello locale, il problema della caccia rimane una questione di rilevante importanza. Lo Stato della Louisiana ogni anno guadagna una consistente somma di denaro grazie alla vendita delle licenze di caccia e alle imposte sui fucili e i proiettili, e la maggior parte di questi soldi viene poi spesa per il recupero della natura. In aggiunta a questo va considerato anche il mercato del turismo della caccia presente a Grand Isle: la vendita dell’equipaggiamento, gli alloggi e altri tipi di fornitura utili. Questo contorto gioco monetario garantisce un fondo per la conservazione del territorio, vietare completamente questo tipo di sport impoverirebbe maggiormente l’isola sia a livello economico che ambientale.

3 Gruppo dell’isola composto da enti, associazioni e finanziatori locali che supportano la

promozione e la conservazione dell’ambiente.

4BTNEP: <http://btnep.org/subsites/grandisle/eventhistory.aspx>. Data ultima consultazione:

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Apparentemente parlare di uccelli e delle loro vie migratorie è un argomento che si discosta dal mio tema di ricerca, ma non considerarne l’importanza sarebbe come lasciare il mio lavoro incompleto. Tendiamo a trascurare superficialmente degli elementi che compongono il tutto. In un certo senso parlare del Roseate Spoonbill è parlare di Grand Isle.

Fig. 14. Roseate Spoonbill nei giorni seguenti la fuoriuscita di petrolio5.

And… there was a lot of people upset… because they did… I know, I was one of them, I got upset one day because there… you know, they had a hundred reports of… of oiled birds and I was down there in Elmer’s and I saw this pelican that was completely covered, and… I got mad. And I should have known better, but I still got mad when you see they keep waiting and waiting and I’m saying: “Where the hell are they? Get them over here”! […] but you get emotional when you see… a bird completely covered, you know, even his eyes completely covered in oil, you get

5 V

EGAN BLOG: <http://easyvegan.info/2010/05/13/bp-oil-spill/>. Data ultima consultazione: 14.03.2013.

106 emotional over it. And the pelican kept looking at me, so I said: “I’m gonna pick this thing up”. […] when that happened that’s… part of that doesn’t look like… the one I got mad about it.6

2. “Drill, baby, drill”

«For Grand Isle is merely sleeping now – a sleeping beauty – awaiting the enchanted kiss of the Prince of Progress who shall wake her from slumber to vibrant, pulsating life» (Thompson, 1944: 56). Le perforazioni al largo delle coste iniziarono nel 1896 quando venne creato un pozzo petrolifero nel fondo del mare della California a Santa Barbara Channel, tuttavia bisognerà attendere il 1943 per vedere il ‘bacio dal principe del progresso’ in Louisiana. Il petrolio venne scoperto in Louisiana nel 1901, ma solo nel 1935 venne creato il primo pozzo petrolifero nella Jefferson Parish da parte della Texas Company (rinominata poi come Texaco). A 9.572 piedi – quasi tre chilometri di profondità, esso rappresentava il pozzo più profondo effettuato fino ad allora nella nazione, con una produzione di mille barili al giorno. Nel 1935 la Texas Company iniziò la costruzione di condutture di gas e petrolio che conducevano a Marrero7 da cui poi sarebbero state caricate nelle navi e nei camion cisterna

per distribuire i prodotti nel resto del mondo. Nel 1943 si contavano già 61

6 Dall’intervista con William del 9 novembre 2012.

7 Si tratta di una census-designated place (concentrazione della popolazione identificata per fini

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pozzi attivi nell’estrazione a Lafitte Field, producendo 3.634.000 barili di petrolio al giorno, avvicinandosi nel 1955 alla cifra di 200 milioni di barili. Queste cifre stavano facendo arrivare altre compagnie interessate all’emergente mercato del petrolio, infatti nella terraferma i campi disponibili stavano diminuendo sempre di più e nel 1947 la Humble Oil and Refining Company iniziò la prima operazione di trivellamento al largo della costa della Jefferson Parish a sette miglia da Grand Isle, motivo per cui la piattaforma prese il nome della piccola isola barriera seguita dal No.1; dato il successo riscontrato nell’estrazione in mare aperto, la compagnia decise di costruire trentacinque pozzi in quell’area in pochissimi anni. L’industria emergente stava crescendo inesorabilmente tant’è che nel 1959 solo nella Jefferson Parish si contavano venti campi di petrolio nei terreni con 292 pozzi che producevano 27.304 barili e 46.800 piedi cubi di gas naturale al giorno (Swanson, 1991).

Per capire lo sviluppo dell’industria petrolifera nel Golfo del Messico bisogna conoscerne il funzionamento e la tipologia di terreno presente in questo luogo divenuto teatro di frequenti esplorazioni, per questo motivo qui sotto riporterò sinteticamente le informazioni relative al reperimento di tale risorsa. Per effettuare le prime operazioni di estrazione del petrolio è necessario preparare il sito dal quale si andrà a prelevare la materia prima, utilizzando una trivella di enormi dimensioni per le perforazioni della misura di circa 200 metri quadrati, la quale è costruita su di un apposito impianto di perforazione predisposto ad operare nelle paludi e nei terreni coperti da sabbia e conchiglie.

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Questo impianto viene posto su di una piattaforma rialzata di tre o quattro piedi per precauzione contro le inondazioni, inoltre vengono costruiti attorno degli argini all’area circostante la perforazione per contenere qualsiasi tipo di fuoriuscita dal pozzo, mentre a fianco un pozzo di riserva funge da raccoglitore per lo smaltimento dei rifiuti in modo da non disperdere sostanze inquinanti nell’ambiente – oggi viene rivestito con del materiale plastico per evitare la contaminazione del sottosuolo. La trivellazione viene effettuata scavando una fossa rettangolare denominata ‘cantina’ al centro della quale verrà posto un tubo conduttore, in seguito verrà costruita la piattaforma in relazione al foro (Swanson, 1991: 173-176). Una volta completata l’operazione di perforazione, si procede all’esplorazione del pozzo attraverso l’utilizzo delle sonde, vengono poi inseriti dei tubi d’acciaio che verranno successivamente cementati per evitare fuoriuscite di qualsiasi tipo. Infine saranno installati dei tubi – chiamati tubing, dal diametro variabile da 7 a 12 centimetri, i quali, attraverso un complesso sistema di valvole definito ‘albero di Natale’ nel gergo degli addetti ai lavori, condurranno il petrolio in serbatoi di stoccaggio provvisori oppure negli oleodotti.

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Fig. 15. Schema di un impianto di perforazione offshore.8

Il Golfo del Messico aveva le condizioni necessarie per fare del petrolio un’importante industria a livello internazionale, il mare era particolarmente produttivo e c’era un rifornimento costante di sedimenti, tuttavia queste

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ZKOLNICTWO: <http://szkolnictwo.pl/szukaj,Ropa_naftowa>. Data ultima consultazione:

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rappresentavano due condizioni necessarie ma non sufficienti: affinché l’oro nero diventi un’importante forma di guadagno bisogna che le gocce di petrolio incontrino uno strato di roccia poroso che lo intrappoli, altrimenti potrebbe andare verso la superficie disperdendosi attraverso il processo di evaporazione. La roccia più adatta per facilitare questo processo è la pietra arenaria, la quale funziona come una spugna, assorbe il petrolio senza consentirne la dispersione nella superficie del mare. Circa venti milioni di anni fa le Mountains

Appalachian, situate ad est del Mississippi, hanno iniziato un processo di

erosione riversando la parte sabbiosa nel fiume che l’ha trasportata fino al Golfo del Messico, questo fenomeno ha creato le condizioni ideali per trattenere il petrolio nel sottosuolo. Nel linguaggio comune i fondali del Golfo del Messico vengono chiamati pay sands, i giacimenti di petrolio che si trovano in questa zona non sono delle piscine sotterranee, bensì strati di roccia oleosa sotto pressione che, se sfruttati correttamente, possono trasformarsi in petrolio e gas naturale. Il migliore giacimento di petrolio presente negli Stati Uniti deve la sua esistenza al sale. Per milioni di anni il Golfo del Messico ha agito come un enorme riserva di sale: l’espansione e la contrazione dei mari causata dai cambiamenti globali delle temperature l’ha sepolto sotto ad altri sostrati rocciosi, tuttavia il sale non agisce come la roccia: sotto pressione diventa fluido e risale in superficie dove le pressione è inferiore, lasciando delle cavità vuote che si riempiranno di altri tipi di roccia che stavano al di sopra, in tal modo anziché avere uno strato sottile si troverà una “trappola” a forma di

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ciotola piena di petrolio, il pozzo Macondo9 si trovava proprio in una cavità di

questo tipo (Jacobsen, 2011: 34-35).

La prosperità della Louisiana è nascosta nel suo sottosuolo e gli stessi fattori che la rendono ricca di petrolio sono gli stessi che le danno l’opportunità di avere lo zolfo, per incrementare la sua produttività negli anni Sessanta e Settanta vennero assunti dei geologi ed altri specialisti per studiare approfonditamente la conformazione del terreno e capire come sfruttare al meglio questo nuovo tesoro nascosto. Si scoprì che le cupole saline della Louisiana, oltre a provvedere allo stoccaggio del petrolio grezzo, possedevano una seconda importante proprietà: sono spesso ricoperte da una formazione di roccia calcarea che di tanto in tanto produce importanti quantità di zolfo, un elemento chimico insapore, inodore e dal colore giallo intenso; fertilizzante, pigmento colorante, fibre acriliche, medicinali e prodotti petroliferi sono tra le principali applicazioni di questo elemento versatile. La miniera di zolfo di Grand Isle è ad una quindicina di piedi di profondità nel Golfo del Messico ed è facilmente visibile dalla spiaggia con la sua particolare conformazione composta da tre piattaforme di perforazione collegate da ponti d’acciaio lunghi un miglio. L’industria dello zolfo crebbe parallelamente a quella del petrolio creando un’alternativa di lavoro e una possibilità reale di arricchimento per gli abitanti del Sud Louisiana (Ditto, 1980).

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Il boom petrolifero fu negli anni Settanta, ma già nel decennio successivo la maggior parte dei pozzi onshore presenti sulla costa del Golfo avevano prosciugato tutta la materia prima; l’est Texas e la Louisiana si erano svuotati di materie prime e con esse se ne andarono anche le speranze di un futuro ricco e prosperoso, sembrava che questo riscatto tanto atteso fosse destinato a fallire continuamente. Ma c’era ancora un barlume di speranza che non si spegneva: le perforazioni offshore stavano dando segnali positivi e sembravano continuare la produzione del petrolio senza alcun timore. La spinta venne anche dalla California, dove una fuga di petrolio nel 1969 riversò quattro milioni di galloni di oro nero sulle spiagge, uccidendo la flora e la fauna della zona marittima e costiera. Mentre associazioni ambientaliste proponevano di chiudere tutta l’industria petrolifera negli Stati Uniti, venne emanata una moratoria nel 1981 che vietava le perforazioni in tutte le acque federali, ad eccezione delle coste dell’Alaska e della parte occidentale del Golfo del Messico. La corsa all’oro nero aveva portato molte compagnie in queste due aree ma soprattutto nel Golfo, tant’è che alla fine degli anni Ottanta si parlava già di un esaurimento della materia prima tanto preziosa quanto limitata, nonostante ciò i geologi erano sicuri che questa fortuna non si stava concludendo in quegli anni. Ci doveva essere per forza dell’altro, ancora più sotto. Si parlava di quaranta miliardi di barili o più, ma non era facile decidere di rischiare nel trivellare fino a profondità mai raggiunte prima. Nel 1989 la Shell dichiara di aver trovato un giacimento a circa tremila metri sotto i fondali, benché la necessità di estrarlo

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fosse alta nessuno possedeva ancora degli strumenti tali per compiere la pionieristica operazione. La prima perforazione a superare il sostrato salino è avvenuta nel 1994 quando si arrivò fino a quattromila piedi, ridando fiducia all’industria del petrolio nel Golfo del Messico sebbene le prime esplorazioni mescolassero la materia prima da estrarre alle formazioni saline.

Nel 1995 l’allora presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, firma il Deepwater Royalty Relief Act10, implementando i diritti e alleggerendo i prezzi

per la produzione di petrolio offshore, tuttavia per poter beneficiare di questi diritti ed incentivi bisognava attenersi ai seguenti requisiti: effettuare il pozzo nel Golfo del Messico, esattamente a 87 gradi ovest e a 30 minuti di longitudine, all’incirca nel confine tra Florida e Alabama. Il DRRA non fece che aprire la corsa all’oro nero ai più grandi imprenditori del settore; in tal modo al declino della produzione di petrolio nelle acque basse è aumentata quella nelle acque profonde grazie anche allo sviluppo delle tecnologie, gli anni duemila si sono contraddistinti nel Golfo del Messico per questa importante inversione di tendenza. Andare sempre più in profondità era l’ultima frontiera che le compagnie si prefissavano di abbattere: la ricchezza si nascondeva a cinque mila piedi sotto il sale e la roccia, ma rappresentava un’operazione

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Fino a novembre 2000 gli incentivi si stabilivano in base alla quantità in volume di gas e petrolio