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Generalità sulla Geostatistica

Nel documento Parte II 1.MISURAZIONE (pagine 67-71)

MODELLO OUTPUT

1. Generalità sulla Geostatistica

L’intrusione marina è un processo graduale che, se monitorato e controllato, può dar luogo a danni minimi. Spesso, però, l’intrusione avviene in maniera improvvisa appena la testa dell’acqua dolce si abbassa sotto un certo livello, infliggendo un grande danno e rendendo l’acquifero inutilizzabile per un tempo molto lungo. In tal caso, l’intrusione marina diventa un evento discreto.

Se si conosce il livello che innesca il processo, è semplice evitare il danno assicurandosi che tale livello non venga mai raggiunto. Ma in molti casi tale livello non si conosce per la mancanza di dati o, più spesso, per l’impossibilità pratica di aver un quadro generale della distribuzione dei parametri a causa delle caratteristiche eterogenee dell’acquifero. Bisogna inoltre tener conto che il fenomeno dell’intrusione è influenzato da condizioni ambientali stocastiche (come ad esempio la ricarica dovuta agli eventi pluviometrici) che non sono sotto il controllo del pianificatore. Si entra, pertanto, nel campo dell’incertezza.

La geostatistica si è sviluppata alla fine degli anni 50 in campo minerario come ricerca di strumenti matematici in grado di eseguire delle stime economicamente attendibili sulla distribuzione di concentrazione dei metalli ricercati. A partire dagli anni ’70-’80, la diffusione della tecniche geostatistiche ha avuto un notevole incremento in settori differenti da quelli tradizionali. I settori disciplinari in cui tali tecniche sono state impiegate sono principalmente quelli delle scienze della terra: idrologia, idrogeologia, geochimica, meteorologia, oceanografia e così via. Queste sono tutte discipline che si propongono uno studio ed una descrizione dei fenomeni ambientali che si manifestano in un territorio.

La geostatistica può essere definita come una raccolta di tecniche per la soluzione di problemi di stima e modellazione che coinvolgono variabili correlate spazialmente. La geostatistica studia i comportamenti delle variabili, le loro auto e mutue correlazioni spaziali1 e la loro struttura, e ne estrae le regole secondo dei modelli coerenti che usa per effettuare operazioni.

Nel campo dello studio delle acque sotterranee, le tecniche geostatistiche sono degli utili strumenti per analizzare e per descrivere le incertezze connesse con la struttura dei serbatoi acquiferi, la relativa evoluzione del flusso idrico e il trasporto di soluti.

1 La correlazione spaziale si riferisce all’osservazione che valori misurati in punti vicini tendono ad essere prossimi rispetto a valori di punti distanti.

Le principali utilizzazioni si possono raggruppare nelle seguenti categorie:

1. processi di stima di parametri;

2. mappatura di variabili geo-idrologiche e idrodinamiche;

3. simulazioni di variabili idrologiche;

4. individuazione dei punti di campionamento e di monitoraggio;

5. gestione del sistema delle acquee sotterranee a scopo di pianificazione degli usi.

1.1 APPROCCIO DETERMINISTICO E PROBABILISTICO

L’obiettivo che si prefigge la geostatistica è quello di fornire uno strumento adeguato e affidabile per operare delle stime spaziali di una variabile campionata in un numero limitato di punti. Realizzare delle stime in punti non campionati richiede la conoscenza di un modello di comportamento del fenomeno considerato. Se si dispone di precise informazioni su come il fenomeno considerato è stato generato, ossia, se i processi chimici e fisici che hanno generato il set di dati possono essere ricostruiti con sufficiente grado di dettaglio, allora una descrizione accurata dell’intero profilo spaziale della variabile considerata può essere realizzata partendo anche da pochi dati noti. In tal caso si parla di approccio o modello deterministico. Ma nella realtà i processi sono raramente noti e non permettono l’applicazione di un tale approccio.

Infatti, sebbene si conosca un gran numero di processi chimici e fisici fondamentali, i valori delle variabili di un fenomeno sono il risultato finale di molteplici e complesse interazioni tra gli stessi. In tal caso bisogna ammettere che esiste qualche incertezza su come il fenomeno considerato si comporta tra due diversi punti di campionamento e bisogna ricorrere a un modello stocastico. Tale modello è basato su un approccio probabilistico, che fornisce strumenti per trattare l’incertezza e stimare i valori di punti non campionati una volta fatte delle ipotesi sulle caratteristiche statistiche del fenomeno. In un modello probabilistico il campione di dati diventa una realizzazione di un processo casuale.

E’ bene evidenziare che il carattere deterministico o stocastico di un modello matematico impiegato per descrivere il comportamento di un fenomeno fisico non dipende dalla natura dello stesso ma dal tipo e dall’entità dell’informazione disponibile.

Riassumendo:

Se i dati sono sufficienti a descrivere come certo l’evolversi degli eventi si ha un MODELLO DETERMINISTICO.

Se i dati sono sufficienti solo a definire le leggi di probabilità degli eventi si ha un MODELLO STOCASTICO.

1.2 CARATTERIZZAZIONE SPAZIALE DEI FENOMENI AMBIENTALI

Prima dell’avvento dei computer, gli idrogeologi spendevano ore a trascrivere ed a elaborare i dati. Anche se ciò comportava a una spesa di una grande quantità di tempo e risultava essere molto laborioso e soggetto ad errori umani, non si può negare che questo processo aumentava la familiarità coi dati in modo tale che l’analista riusciva a discernere e localizzare misure peculiari. Oggi, pur utilizzando i computer, le analisi dei dati non possono essere completamente automatiche e in particolare quando bisogna fare delle scelte cruciali di modellazione. Gli analisti devono utilizzare la loro conoscenza dei dati e la familiarità con essi per fare decisioni. Ci vuole però un grande sforzo per diventare familiari con dati molto numerosi. Spesso si ricorre a rappresentazioni grafiche, molte delle quali derivanti dalla statistica, per analizzare la variabilità spaziale come, ad esempio, istogrammi e curve di distribuzione. L’analisi di tale variabilità in forma grafica diventa però difficoltosa quando si passa al campo 3D.

Nel seguente paragrafo verrà introdotto il concetto di variogramma sperimentale. Questo è uno degli strumenti più importanti della geostatistica poiché dà informazioni circa la distribuzione della variabilità spaziale di un parametro rispetto alla scala presa in considerazione.

1.2.1 VARIABILE REGIONALIZZATA

La caratterizzazione di un fenomeno spaziale o temporale o spazio-temporale costituisce il primo e più importante passo di uno studio geostatistico. Essa consiste nell’evidenziare la variabilità del fenomeno in esame specificandone la tipologia in relazione alla presenza di eventuali anisotropie ed all’esistenza di diverse scale di variabilità, spaziali o temporali.

In campo spaziale si possono mettere in evidenza componenti locali e regionali della variabilità. Ad esempio, si può metter in evidenza come e quanto la struttura spaziale della variabilità sia legata alle caratteristiche ambientali, quali la morfologia, la litologia e la meteorologia.

Si consideri la porosità2 in un certo numero di punti. Il valore assunto dalla variabile z dipende dalle coordinate spaziali x (x,y,z). La z(x) è chiamata variabile regionalizzata poiché dipende dalla posizione. Tale variabile non è nota ovunque ma necessita di essere stimata dalle osservazioni disponibili ed eventualmente con l’utilizzo di altre variabili ausiliari ad essa correlata. Nella pratica, il nostro scopo è quello di stimare la variabile z(x) in un certo numero di punti sul campo. Di solito, a causa della scarsezza dell’informazione, non si riesce a trovare un'unica soluzione in un punto non noto. E’ utile pensare che la z(x) stimata appartenga a un insieme di possibilità: z(x,1), z(x,2)... L’insieme di queste definisce le possibili soluzioni del problema di stima. Gli elementi dell’insieme sono chiamate realizzazioni.

Consideriamo la figura a fianco. In esso sono rappresentati cinque realizzazioni di un parametro. Si nota che, pur essendo diverse, le realizzazioni presentano dei caratteri in comune. L’insieme delle realizzazioni con le loro definite probabilità di accadimento:

Pi= Prob [z(x)=z(x,i)]

danno luogo a quella che viene chiamata funzione o campo casuale o processo stocastico.

Noi siamo interessati a calcolare le medie di tutte le possibili realizzazioni. Il valore atteso, indicato con E, è il processo di computare una media pesata su tutto l’insieme. Pertanto, il valore atteso di z al punto x è pari a:

E[Z(x)]= P1 z(x,1)+P2 z(x,2) = Σi Pi z(x,i)

Anziché specificare tutte le possibili soluzioni e

le loro probabilità, è meglio specificare e lavorare con i momenti statistici, e in particolare i primi due:

1. la funzione media o del primo momento. Esso dà il valore atteso nel punto x:

2 Una qualsiasi altra variabile spaziale può essere utilizzata al posto della porosità: ad esempio la concentrazione

x z

FIG 1. Insieme di realizzazioni della porosità.

m(x)= E[Z(x)]

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