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MODELLI A INTERFACCIA NETTA O CON ZONA DI TRANSIZIONE

Nel documento Parte II 1.MISURAZIONE (pagine 25-28)

3.1 CLASSIFICAZIONE DEI MODELLI

3.2.1 MODELLI A INTERFACCIA NETTA O CON ZONA DI TRANSIZIONE

Nelle ultime decadi numerosi modelli sono stati elaborati per simulare il flusso densità-dipendente e il trasporto del soluto in un mezzo poroso nell’ambito dello studio del problema di intrusione marina lungo le coste. Le difficoltà maggiori della modellazione insorgono essenzialmente quando si tratta di introdurre nel modello la zona dell’interfaccia tra acqua salata e acqua dolce.

Come è stato detto nella parte iniziale di questo trattato, un’acqua sotterranea contiene dei costituenti disciolti dei quali molti compaiono pure nelle acque salate. A basse concentrazioni tali costituenti non influenzano il flusso, che risulta controllato solo dal gradiente idraulico e

dalla conducibilità idraulica. Man mano però che la concentrazione del soluto aumenta, la massa dei solidi disciolti modifica sostanzialmente la densità. Se le variazioni spaziali della densità sono minime, i metodi matematici per quantificare i campi di velocità e i reticoli di flusso sono abbastanza semplici e lineari. Quando tali variazioni spaziali incominciano a diventare non più trascurabili, come accade negli acquiferi costieri in presenza di intrusione, si ha a che fare con un flusso densità variabile che è molto più complesso da modellare.

Bisogna considerare inoltre che la densità dell’acqua non è influenzata solo dalla quantità di TDS (Solidi Totali Disciolti) ma anche dalla temperatura: un gradiente termico dà luogo a gradienti di concentrazione. Nel seguente trattato verranno assunti come trascurabili i gradienti di temperatura.

Una prima scelta operativa nella modellazione consiste nel decidere se utilizzare un modello che assuma l’esistenza di un interfaccia netta o di una zona di diffusione tra le due fasi acqua dolce-salata.

Simulazioni dell’intrusione marina in acquiferi costieri basati sull’interfaccia netta si preferiscono quando la zona di transizione è stretta in spessore rispetto alla dimensione dell’acquifero o quando si ha a che fare con l’analisi di scale grandi abbastanza da permettere di ignorare le locali variazioni di salinità. L’ approccio assume che gli effetti della dispersione idrodinamica siano trascurabili e che le due fasi acqua dolce–salata siano immiscibili. Ne consegue che il problema può essere formulato in termini di due distinti domini di flusso, che non interagiscono tra loro (non è possibile che il fluido possa passare dalla regione d’acqua dolce a quello d’acqua salata). Se l’acqua salata è statica, la formulazione del problema richiede di analizzare solo il flusso di un sistema e l’interfaccia si sposta in relazione al movimento della testa dell’acqua dolce. Il modello più semplice è quello di G.H. che assume condizioni stazionarie, acqua salata immobile e una distribuzione idrostatica della pressione.

Se invece anche l’acqua salata è in movimento, bisogna risolvere una coppia di equazioni parziali differenziali per i due flussi.

I modelli a interfaccia netta non possono essere sempre applicati in quanto possono condurre a risulti errati. Non possono essere utilizzati, ad es., quando bisogna stimare i rischi connessi all’estrazione di acqua salmastra con bassa salinità.

Un metodo più rigoroso è quello che ammette l’esistenza di una zona di transizione e che quindi considera un solo fluido miscibile con delle proprietà fisiche eterogenee (densità e viscosità) che sono controllate dalle variazioni della concentrazione di solidi disciolti e della

temperatura del fluido. A loro volta, la concentrazione e la temperatura dipendono dai processi di trasporto (dispersione, diffusione, convezione). Per molti acquiferi lo spessore è abbastanza piccolo da poter trascurare le variazioni di temperatura e il trasporto di calore. La simulazione si riduce allora nella risoluzione simultanea per interazione di due equazioni parziali differenziali non lineari che esprimono la conservazione della massa del fluido e la conservazione della massa del soluto: un equazione del flusso e un equazione del trasporto del soluto.

1° METODO

• Vede il fluido come uno a densità variabile a seconda della concentrazione di sale.

• Le equazioni che governano il processo sono:

- Legge di Darcy;

- Equazione di trasporto del sale visto come soluto.

• Tale procedimento è complicato dal punto di vista numerico e in particolare nella modellazione della zona di transizione dove i gradienti di densità sono elevati.

• Il sistema di equazioni è irriducibile e bisogna procedere alla soluzione per interazione. La non linearità è dovuta principalmente alla dipendenza della densità dalla concentrazione.

2° METODO

• Adotta l’approssimazione dell’interfaccia netta: esistenza di due fluidi immiscibili

• Le equazioni che governano il processo sono:

- Legge di Darcy;

- Conservazione di massa dei due fluidi;

- Continuità della pressione attraverso l’interfaccia.

• Tale procedimento è meno complicato dal punto di vista numerico ma abbisogna comunque dell’utilizzo di codici di calcolo.

I modelli per lo studio del fenomeno di intrusione si distinguono inoltre a seconda che considerino o meno:

1. La zona insatura

La considerano quei modelli in cui:

a) si analizzano le fonti di acqua salata provenienti dal suolo: ad es. l’acqua di irrigazione contaminata;

b) si studia il processo di salinizzazione dei suoli;

c) si vuole illustrate meglio l’ influenza dei suoli sulla ricarica e sull’entità dell’infiltrazione.

Spesso la ricarica è considerata istantanea per non dover tener conto della zona insatura.

2. La componente verticale del flusso

Va tenuta in considerazione lì dove si vuole valutare:

a) la rilevanza del pompaggio nel causare il fenomeno di intrusione: fenomeno dell’up-coning;

b) l’influenza dei meccanismi di ricarica.

3. L’eterogeneità del sistema reale

La maggior parte dei modelli si applica su formazioni omogenee o comunque costituite da poche unità litologiche con ben definite proprietà. In realtà le formazioni mostrano una grande variabilità spaziale circa le loro proprietà. Nel seguente trattato (PARTE IV) si farà riferimento a un modello che tiene conto della distribuzione non uniforme di alcuni dei parametri che descrivono l’acquifero.

Nel documento Parte II 1.MISURAZIONE (pagine 25-28)