• Non ci sono risultati.

La tendenza alla spettacolarità si accentuò con l’espandersi del dominio di Roma nelle re-gioni dell’Oriente ellenizzato; successivamente nel periodo imperiale il teatro dell’espres-sione corporea, della musica e della danza, cioè di quelle forme sceniche che allettavano la vista e l’udito, ebbe il definitivo trionfo a scapito del teatro della parola, apprezzato dagli intellettuali tradizionalisti767.

Dione Crisostomo in un’orazione rivolta agli Alessandrini768 al tempo di Vespasiano cita un frammento esametrico parodico, dal quale si evince lo smisurato favore dimostrato

767 Vd. l’apprezzamento di Agostino per le vicende tragiche messe in scena nei teatri ai suoi tempi in Conf. III 2: rapiebant me spectacula theatrica plena imaginibus miseriarum mearum et fomitibus ignis mei. Quid est, quod

ibi homo vult dolere cum spectat luctuosa et tragica, quae tamen pati ipsi nollet? Un giudizio sostanzialmente

positi-vo si trova anche in Civ. Dei II 8: et haec sunt scenicorum tolerabiliora ludorum, comoediae scilicet et tragoediae, hoc

est fabulae poetarum agendae in spectaculis multa rerum turpitudine, sed nulla saltem, sicut alia multa, verborum obscenitate compositae. Però, generalmente i giudizi degli scrittori cristiani sulle rappresentazioni comiche e

tragi-che erano assolutamente negativi; cfr. Lact. Div. Inst. VI 20: nam et comicae fabulae de stupris virginum loquuntur

aut amoribus meretricum, et quo magis sunt loquentes qui flagitia illa finxerunt, eo magis sententiarum elegantia per-suadent et facilius inhaerent audientium memoriae versus numerosi et ornati. Item tragicae historiae subiciunt oculis parricidia et incesta regum malorum et coturnata scelera demonstrant. histrionum quoque inpudicissimi motus quid aliut nisi libidines et docent et instigant? quorum enervata corpora et in muliebrem incessum habitum que mollita inpudicas feminas inhonestis gestibus mentiuntur. quid de mimis loquar corruptelarum praeferentibus disciplinam, qui docent adulteria, dum fingunt, et simulacris erudiunt ad vera? quid iuvenes aut virgines faciant, cum haec et fieri sine pudore et spectari libenter ab omnibus cernunt?; Firmicus Maternus De err. 6, 6: in scaenis cotidie a tragici car-minis auctoribus traditur, ut scelerati tyranni facinorosa crudelitas in animis audientium funestis semper relationibus renascatur. Un icastico giudizio critico sulle forme degenerate di spettacoli è già in Hor. Epist. II 1, 185-186: Si discordet eques, media inter carmina poscunt | aut ursum aut pugiles; his nam plebecula gaudet.

768 Dio Chrys. Or. XXXII 4. Vd. C.P. Jones, The Date of Dio of Prusa’s Alexandrian Oration, «Historia» 22, 1973, pp, 302-309; J.F. Kindstrand, The Date of Dio of Prusa’s Alexandrian Oration – A Reply, «Historia» 27, 1978, pp. 378-383. Cfr. Cic. Pro Rab. 35: Audiebamus Alexandream, nunc cognoscimus. illinc omnes praestigiae,

dalla gente comune per gli spettacoli mimici, pantomimici e per le corse di aurighi che si facevano nell’ippodromo769.

Nel periodo imperiale, in effetti, i concorsi musicali770 e drammatici trovarono il loro inserimento nelle manifestazioni agonali ginniche771. In questo ambito si diffusero le gare di composizioni di poesia teatrale772, delle quali parla Libanio ancora in pieno IV secolo, quando fa riferimento ai θεάματα contemporanei, tra i quali menziona le στίχων ἅμιλλαι773, e quando ricorda in un’orazione una ἐπίδειξις ἐπῶν, svoltasi in Antiochia in onore di Apollo, dio patrono della città774.

Anche Agostino in gioventú partecipò a un theatrici carminis certamen nella città di Ippona, ottenendo la corona della vittoria775; inoltre nelle Confessioni ricorda una Medea

volans, un’aria che egli stesso afferma di avere interpretato e di aver udito cantare776.

Nonostante l’evidente disaffezione della maggior parte del pubblico per il teatro tragico, in quell’epoca continuarono a essere messi in scena le opere dei classici; generalmente i testi

769 Inc. fr. 8b Parod. Ep. Gr. Non dissimili sono le considerazioni espresse da Philo Judaeus Agr. 35: πόθεν ἄλλοθεν τὰ πανταχοῦ τῆς οἰκουμένης θέατρα νομίζομεν ἀμυθήτων μυριάδων ἀνὰ πᾶσαν ἡμέραν πληροῦσθαι; οἱ γὰρ ἀκου-σμάτων καὶ θεαμάτων ἥττους καὶ ὦτα καὶ ὀφθαλμοὺς χωρὶς ἡνιῶν ἐάσαντες φέρεσθαι καὶ κιθαριστὰς καὶ κιθαρῳδοὺς καὶ πᾶσαν τὴν κεκλασμένην καὶ ἄνανδρον μουσικὴν περιέποντες, ἔτι δὲ ὀρχηστὰς καὶ τοὺς ἄλλους μίμους ἀποδεχόμενοι, ὅτι σχέσεις καὶ κινήσεις ἐκτεθηλυμμένας ἴσχονται καὶ κινοῦνται, τὸν ἐπὶ σκηνῆς ἀεὶ πόλεμον συγκροτοῦσι μήτε τῆς τῶν ἰδίων μήτε τῆς τῶν κοινῶν ἐπανορθώσεως πεφροντικότες, ἀλλὰ τὸν ἑαυτῶν οἱ δυστυχεῖς διά τε ὀφθαλμῶν καὶ ὤτων ἀνατρέπο-ντες βίον. L’importanza che le autorità romane davano alle manifestazioni equestri è comprovata dalla pubblica lettura in teatro di una lettera ufficiale indirizzata agli amministratori locali, con la quale si notificava la vittoria conseguita nelle gare con il carro dacico di un abitante di Ossirinco durante i giochi pentaeterici, per il quale era sollecitata in pari tempo la concessione dei benefici previsti (P.Oxy. XLVII 3367r; 15 gennaio 272 d.C.). Una preziosa testimonianza iconografica sulla duratura passione degli Egiziani per le corse con i carri è offerta da un papiro illustrato del V d.C., proveniente da Antinoe (London, Egypt Exploration Society, s.n.), nel quale sono raffigurati cinque aurighi appartenenti a fazioni rivali e distinguibili dai colori delle loro vesti; cfr. S.J. Gąsiorowski, A Fragment of a Greek Illustrated Papyrus from Antinoë, «JEA» 17, 1931, pp. 1-9; riedito da E.G. Turner, The Charioteers from Antinoe, «JHS» 93, 1973, pp. 192-195.

770 Sull’organizzazione dei concorsi musicali e la loro distribuzione territoriale vd. P. Hertz, Die musische

Agonistik und der Kunstbetreib der Kaiserzeit, in J. Blänsdorf (cur.), Theater und Gesellschaft im Imperium Roma-num, Tübingen 1990, pp. 175-196.

771 Vd. Dio Chrys. Or. XX 10: ἤδη δέ ποτε εἶδον ἐγὼ διὰ τοῦ ἱπποδρόμου βαδίζων πολλοὺς ἐν τῷ αὐτῷ ἀνθρώπους ἄλλον ἄλλο τι πράττοντας, τὸν μὲν αὐλοῦντα, τὸν δὲ ὀρχούμενον, τὸν δὲ θαῦμα ἀποδιδόμενον, τὸν δὲ ποίημα ἀναγιγνώ-σκοντα, τὸν δὲ ᾄδοντα, τὸν δὲ ἱστορίαν τινὰ ἢ μῦθον διηγούμενον. B. Bilinski, Agoni ginnici. Componenti artistiche e

intellettuali nell’antica Grecia, Wroclaw 1979, pp. 44-86. 772 Hier. in Ezechielem XXV 326B PL.

773 Liban. Progymn. XII 29, 11.

774 Liban.Or. LIV 37.

775 August. Conf. IV 2, 3 e IV 3, 5.

776 August. Conf. III 6, 11. Anche un certo Aristofane, maestro di lingua e letteratura, ottimo conoscitore di Menandro (Μενανδρείων ἐπέων ἴδρις), si era esibito in pubblico come solista di μέλεα τραγικά in Licia (Mer-kelbach-Stauber *SGO 17/22/01; cfr. G. Staab, Grabsteine aus Lykien mit neuen metrischen Inschriften, «EA» 45, 2012, pp. 38-42).

riproposti – in particolare le parti dialogiche – furono prevalentemente quelli euripidei777, mentre l’uditorio mostrava una maggiore disponibilità per il repertorio comico e per i testi menandrei778.

La preferenza per i due autori, oltre che da testimonianze papiracee, è confermata indi-rettamente dalla documentazione iconografica pittorico-musiva.

Sono verisimilmente databili all’ultimo quarto del II a.C. sette affreschi raffiguranti sce-ne tragiche e comiche, rinvenuti sce-nella cosiddetta “Casa dei Commedianti” sce-nell’isola di Delo. In un pannello del fregio conservato si scorge Edipo guidato da Antigone, in altri agiscono schiavi che rimandano a scene della Commedia Nuova. Tra i dipinti sono ancora riconoscibili una scena della Fanciulla tosata, una dello Scudo e forse una della Donna di

Perinto menandrei779.

Al I d.C. risale l’emblema di Empúries raffigurante il sacrificio di Ifigenia, che nei detta-gli si richiama alla tragedia euripidea780.

Anche i già ricordati affreschi di soggetto euripideo e menandreo ritrovati all’interno di un’abitazione di Efeso, rafforzano le testimonianze della costante popolarità dei due autori alla fine del II d.C.

Molti pannelli musivi esagonali, risalenti al II-III d.C., rinvenuti a Porcareccia presso l’antica Lorium in Etruria e attualmente conservati nel Museo Vaticano, riproducono scene teatrali. Fra loro spiccano quelli ispirati a tragedie. In un esagono si scorgono due figure femminili, delle quali quella di sinistra protende in avanti le mani verso quella di destra che ha sul volto una maschera tragica: è puramente ipotetico che il pannello raffiguri il dialogo

777 Dio Chrys. Or. XVIII 6-7: τῶν μὲν δὴ ποιητῶν συμβουλεύσαιμ᾿ ἄν σοι Μενάνδρῳ τε τῶν κωμικῶν μὴ παρέρ-γως ἐντυγχάνειν καὶ Εὐριπίδῃ τῶν τραγικῶν ... καὶ μηδεὶς τῶν σοφωτέρων αἰτιάσηταί με ὡς προκρίναντα τῆς ἀρχαίας κωμῳδίας τὴν Μενάνδρου ἢ τῶν ἀρχαίων τραγῳδῶν Εὐριπίδην. Sull’indubbia popolarità delle tragedie euripidee in età imperiale cfr. Luc. Zeus trag. 1-2. Ancora nel VI d.C. Coricio parlando dell’importanza della mimesis nelle performances di τραγῳδοί e κωμῳδοί, allude a possibili rappresentazioni dell’Oreste euripideo e dell’Heros (?) menandreo (Chor. XXIX 2, 32). Vd. ancora Plut. Quaest. conv. VII 706d e i citati De sera numina vindicta 556a; De esu carnium 998d-e. Per Menandro in generale vd. S. Nervegna, Menander in Antiquity. The Contexts of

Reception, Cambridge-New York 2013. I.G. II2 12664 (Atene I d.C.), che conserva l’epitaffio di Quinto Marcio Stratone del demo di Colleide, definisce l’attore comico Μενανδρείων ἐπέων δεδαηκώς.

778 Vd. ex. gr. Dio Chrys. Or. XIX 5: καὶ τά γε πολλὰ αὐτῶν ἀρχαῖά ἐστι καὶ πολὺ σοφωτέρων ἀνδρῶν ἢ τῶν νῦν. τὰ μὲν τῆς κωμῳδίας ἅπαντα· τῆς δὲ τραγῳδίας τὰ μὲν ἰσχυρά, ὡς ἔοικε, μένει· λέγω δὲ τὰ ἰαμβεῖα· καὶ τούτων μέρη διεξί-ασιν ἐν τοῖς θεάτροις· τὰ δὲ μαλακώτερα ἐξερρύηκε, τὰ περὶ τὰ μέλη. L’abitudine di recitare squarci giambici (ἰαμβεῖα λέγειν) è confermata indirettamente da Artemid. I 56. Sulla posizione del retore nei confronti della produzione teatrale contemporanea e classica vd. M.T. Luzzatto, Tragedia greca e cultura ellenistica: l’or. LII di Dione di

Pru-sa, Bologna 1983, in particolare le pp. 139-153.

779 Delo, Museo Archeologico. Sull’argomento vd. Ph. Bruneau - Cl. Vatin - U. Bezzer (cur.), L’ilôt de la

Maison des comédiens, (Fasc. XXVII de L’École Française d’Athènes. Exploration Archéologique de Délos), Paris

1970.

780 Empúries, Museo de Arqueología de Catalunya, inv. 2552. Al I d.C. risalgono anche i celebri affreschi rinvenuti nella “Casa del Poeta Tragico” a Pompei con la riproduzione del sacrificio della protagonista (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. 9112) e con l’incontro tra Alcesti e Admeto (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. 9027).

tra Ecuba e Cassandra prima della distruzione di Troia781. Un altro pannello allude a una commedia non identificata782. Un terzo potrebbe riferirsi all’Alcesti euripidea e raffigurereb-be la protagonista in compagnia di Ermete Psicopompo783.

Si richiamano a scene di opere euripidee i tessellati pavimentali scoperti a Dafne, sob-borgo di Antiochia sull’Oronte (Casa del Pavimento Rosso), databili tra la fine del II e il III d.C. In un pannello si identifica la scena iniziale dell’Ifigenia in Aulide, inserita nella tipica architettura teatrale, dove la protagonista con caratteristica veste di attore sta nel mezzo tra Agamennone e Clitemestra. In un altro riquadro è visualizzato l’episodio dell’Ippolito, in cui il giovane respinge le proposte amorose portategli dalla nutrice di Fedra. In un altro ancora c’è una scena delle Troiane con Troia in fiamme sullo sfondo, mentre Elena parla con Menelao. È raffigurato pure Meleagro in equilibrio nell’attimo fatale mentre parteggia per l’amata Atalanta contro la propria famiglia. In un altro ancora si intravede Medea che sta chiedendo il permesso a Giasone di inviare i doni fatali alla novella sposa. Altre scene alludono alla perduta Stenebea e all’Elena.

Ancora richiami euripidei sono ravvisabili nelle figurazioni musive di Zeugma (Casa di Posidone) del III d.C. con la storia di Dedalo e Pasifae, ispirata ai Cretesi, nonché la vicenda di Achille a Sciro con Licomede che ha un costume simile a quello indossato dai re nelle rappresentazioni tragiche784.

Altresí considerevoli sono le rappresentazioni musive di carattere teatrale relative a Me-dea e a Eracle mentre meditano di uccidere i rispettivi figli, ritrovate a Torre de Palma e risalenti al III-IV d.C.785, nonché quella eccezionale, relativa alla tragica vicenda di Ippolito e Fedra tra i mosaici della “Casa di Dioniso” a Nea Paphos, di Sheikh el Zuweid e della giordana Madaba 786, datati il primo alla seconda metà del III d.C., il secondo al V o agli inizi del VI, l’altro intorno agli anni sessanta del VI d.C., tutti ispirati da fonti letterarie787.

781 Museo Vaticano, Magazzino dei mosaici, inv. 86.

782 Museo Vaticano, Magazzino dei mosaici, inv. 87.

783 Museo Vaticano, Magazzino dei mosaici, inv. 90.

784 Cfr. K. Weitzmann, Illustrations of Euripides and Homer in the Mosaics of Antioch, in R. Stillwell (cur.),

Antioch-on-the-Orontes, III: The Excavations, 1937-1939, Princeton 1941, pp. 233-246; J. Huskinson, Theatre, Performance and Theatricality in Some Mosaics Pavements from Antioch, «BICS» 46, 2002-2003, pp. 131-165;

A. Salcuni, Gli amori fatali del Pavimento Rosso di Dafne, «Musiva & Sectilia» 2-3, 2005-2006, pp. 143-170. Per i tessellati di Zeugma vd. C. Abadie-Reynal, Les maisons aux décors mosaïqués de Zeugma, «CRAI» 2002, pp. 751-759.

785 Lisboa, Museu Nacional de Arqueologia e Etnologia, inv. 888.149.1.

786 Per il pannello superiore del tessellato pavimentale di Sheikh el Zuweid, attualmente al Museo di Ismai-lia, vd. n. Sevilla-Sadeh, Telete and Eros: Meanings and Sources of the Mythological Scenes in the Mosaic from

Sheikh-Zouede, «Assaph. Studies in Art History» 13-14, 2011, pp. 166-170. Per il mosaico di Madaba, Parc

archéologique, Église de la Vierge, cfr. M. Piccirillo, Chiese e mosaici di Madaba, Roma 1989, p. 57; G. Agosti,

Fedra e Ippolito in Giordania, in Fedra. Versioni e riscritture di un mito classico. Atti del Convegno AICC Firenze, 2-3 aprile 2003, Firenze 2007, pp. 113-130.

Per quanto concerne specificamente Menandro, al 100 a.C. ca. risalgono due tessella-ti pompeiani, rinvenutessella-ti nella “Villa di Cicerone”, uno, conforme alla scena iniziale delle Συναριστῶσαι, opera di Dioscuride di Samo788, l’altro, corrispondente al II atto della Θεο-φορουμένη789.Quest’ultimo è nuovamente replicato a Pompei790 e il medesimo soggetto è ri-proposto in un affresco murale risalente al I d.C. a Stabiae791. Una ripresa musiva della scena delle Συναριστῶσαι, opera di Zosimo, è stata rinvenuta in una casa di Zeugma sull’Eufrate in Siria792.

Alla seconda metà del III o addirittura al IV d.C. appartengono i noti mosaici, origi-nariamente situati nel triclinio e nel portico della “Casa di Menandro” vicino a Chorafa e attualmente conservati nel locale Museo Archeologico di Mitilene, che riproducono scene di commedie menandree (Πλόκιον, Σαμία, Συναριστῶσαι, Μεσσηνία, Θεοφορουμένη, Ἐγχειρί-διον, Ἐπιτρέποντες, Κυβερνῆται, Λευκαδία, Μισούμενος, Φάσμα) corredate di titolo, numero dell’atto e nomi dei personaggi793.

and Arabia during the Fifth and Sixth Centuries, in B. Bitton-Ashkelony - A. Kofsky (curr.), Christian Gaza in Late Antiquity, Leiden 2004, pp. 209-234; Ead., The Survival of Classical Culture in Palaestina and Arabia in Late Antiquity: Mosaic Art as Test Case, in Meeting between Cultures in Ancient Mediterranean, Rome 2008 – Inter-national Congress of Classical Archaeology, «Bollettino di Archeologia on line» 1, 2010, pp. 54-63, in particolare

pp. 57-58.

788 Museo Archeologico Nazionale di Napoli, inv. 9987, su cui vd. B. Andreae, Antike Bildmosaiken, Mainz 2003, pp. 218-227.

789 Museo Archeologico Nazionale di Napoli, inv. 9985.

790 Ufficio scavi Pompei 17735. Dalla “Casa dei Dioscuri” di Pompei proviene l’affresco murale raffigu-rante probabilmente una scena della Σαμία, attualmente conservato a Bonn (Akademisches Kunstmuseum B 279); ancora in situ rimane l’affresco di una scena di commedia menandrea non identificata (Atrio della Casa dei Quadretti Teatrali, Regio I, Insula 6, 11), identica a quella ritrovata a Ercolano (Museo Archeologico di Napoli, inv. 9037).

791 Museo Archeologico Nazionale di Napoli, inv. 9034. Da ultimo vd. l’affresco frammentario (Ufficio scavi Pompei 20545) analizzato in S. Nervegna, Menander’s Theophoroumene between Greece and Roma, «AJPh» 131, 2010, pp. 23-68.

792 Gaziantep, Museo dei Mosaici di Zeugma. Vd. C. Abadir-Reynal - J.-P. Darmon - A.-M. Manière-Lévêque, La maison et le mosaïque des Synaristosai, in R. Early (cur.), Zeugma: Interim Reports, Portsmouth 2003, pp. 79-99; W.G. Arnott, A New Mosaic of Menander’s Synaristosai, in R. Hartkampf - F. Hurka (curr.),

Studien zu Plautus’ Cistellaria, Tübingen 2004, pp. 399-405; F. Ferrari, Papiri e mosaici: tradizione testuale e iconografia in alcune scene di Menandro, in G. Bastianini - A. Casanova (curr.), Menandro. Cent’anni di papiri,

cit., pp. 134-135.

793 S. Charitonidis - L. Kahil - R. Ginouvès, Les mosaïques de la Maison de Ménandre à Mytilène, Bern 1971; E. Csapo, Performance and Iconographic Tradition in the Illustrations of Menander, «SyllClass» 10, 1999, pp. 154-188. Durante recenti scavi a Palazzo Nervegna di Brindisi sono venuti alla luce frammenti di un mosaico riconducibili alla scena della Σαμία; vd. J.R. Green, A Scene from Comedy in Brindisi, «Prometheus» 40, 2014, pp. 100-110, con le precisazioni di A. Casanova, A New Mosaic from Menander’s Samia (and an Old

Relief ), «Prometheus» 40, 2014, pp. 111-114. Un tessellato del II-III d.C., che si richiama a una scena della

A queste opere si possono aggiungere l’illustrazione di alcune scene di età imperiale (tardo II – prima metà del III d.C.): la prima e la seconda fanno parte di affreschi parietali scoperti in una casa di Efeso e riferibili rispettivamente ai Σικυώνιοι e alla Περικειρομένη794;

la terza e la quarta, ispirate al Πλόκιον e ai Σικυώνιοι, sono mosaici rinvenuti nella “Casa di Dioniso e Arianna” a Chania e attualmente conservati nel locale Museo Archeologico795.

Un ampio tessellato pavimentale, risalente al II o III d.C., attualmente nell’Hatay Ar-keolojy Müzesi, è stato ritrovato a Dafne nei pressi di Antiochia sull’Oronte con scene di commedie menandree corredate di titolo e di numero dell’atto, che si riferiscono al I atto delle Συναριστῶσαι con sei personaggi senza nome presenti in scena, al I atto dei Φιλάδελφοι, alla cruciale parte iniziale della Περικειρομένη, precisamente a quanto avviene fuori scena dopo il prologo postecipato, e al III atto della Θεοφορουμένη796. Alla medesima commedia è ispirato il mosaico, risalente al IV-V d.C., rinvenuto insieme a quello con l’iscrizione Σικυ-ώνιος nella “Casa di Fidia” a Kastelli Kissamos nell’isola di Creta797.

Ad Ulpia Oescus, vicino al villaggio di Gigen in Bulgaria, è stato trovato un emblema, databile non all’età dell’imperatore Settimio Severo ma piuttosto al IV-V d.C. e attualmente conservato nel Museo Storico Regionale a Pleven, sul quale sono raffigurati tre attori con maschera e uno senza, sopra i quali compare l’iscrizione Μενάνδρου Ἀχαιοί798. Tuttavia è improbabile l’ipotesi formulata dal curatore della prima pubblicazione, secondo cui la scena sarebbe la contesa drammatizzata tra Achille e Agamennone descritta nell’Iliade e che i per-sonaggi raffigurati sarebbero i due principali contendenti, oltre a Patroclo e a una persona anziana, forse Nestore oppure Fenice799.

794 I.Eph. 559 = S.E.G. XXIX 1118.

795 Creta, Mosaico 135; S.E.G. XXXIX 952.

796 K. Gutzwiller - Ö. Çelik, New Menander Mosaics from Antioch, «AJA» 116, 2012, pp. 573-623; J.R. Green, Menander, Philadelphoi, and a Note on the Material Evidence for the Reception of this and some other Plays

under the Roman Empire, «Logeion» 6, 2016, pp. 285-307.

797 Creta,Mosaico S 207e; cfr. S. Markoulaki, A New Menander Mosaic at Kissamos, in M. Andrianakis - P. Barthalitou - I. Tzachili (curr.), Αρχαιολογικό Εργο Κρήτης 2, Rethymnon 2012, pp. 562-575; Ead., Dining

with Menander in West Crete (Greece): A New Mosaic Pavement in Kissamos, in Actes du XIIe Colloque de l’AIEMA

(Venise, 11-15 septembre 2012), Venezia 2015, pp. 281-288. Un altro tessellato di epoca severiana, datato al 190-210 d.C., con la rappresentazione di una scena del Dyskolos o piú verisimilmente ispirato alla Θεοφορουμένη, è stato rinvenuto in Tunisia nella Villa de l’Oued Blibane presso Hadrumetum (Sousse 57.010).

798 I.G.Bulg. II 597 = S.E.G. LII nr. 721 (II ex. -. III in. d.C.), attualmente al Museo di Pleven.

799 T. Ivanov, Un mosaïque romaine de Ulpia Œscus, Sophia 1954; Id., Römische Mosaiken aus Colonia Ulpia

Oescensium (Haute Bulgarie), in J.-P. Darmon - A. Rebourg, (curr.), La mosaïque gréco-romaine IV, Paris 1994,

pp. 155-164; C. Picard, Du nouveau sur Ménandre: La mosaïque d’Ulpia Œscus (Bulgarie), «RA» 47, 1956, pp. 220-224; contra W.J. Slater per litteras.

In Occidente ancora nel IV d.C. il poeta Decimo Magno Ausonio leggeva Menandro800

e nel V d.C. Sidonio Apollinare ne apprezzava L’arbitrato801.

Agli inizi del V d.C. due scrittori ecclesiastici orientali fanno un identico puntuale ri-ferimento al medesimo passo dell’Arbitrato802: la prima citazione, con l’aggiunta del nome dell’autore, si trova nel Dialogo sulla vita di Giovanni Crisostomo, composto durante l’esilio egiziano nel 408 da Palladio803, vescovo di Elenopoli in Bitinia e difensore del patriarca costantinopoliano nella diatriba con Teofilo di Alessandria. Il secondo rimando, limitato ai primi due versi della commedia, si trova nell’orazione Contro l’imperatore Giuliano di Ci-rillo, nipote e successore di Teofilo nella sede patriarcale alessandrina a partire dal 412, già rivale del Crisostomo804. Secondo un’ipotesi plausibile e accolta da alcuni studiosi, sembra che il riferimento all’Arbitrato nella contesa tra i due gruppi ecclesiastici sia stato suggerito da una rappresentazione della commedia avvenuta nella città di Antiochia dopo il 404, quando l’imperatore Arcadio depose e mandò in esilio Giovanni per mettere sul soglio pa-triarcale l’acerrimo nemico Porfirio.

Ancora nel VI d.C. il sofista Coricio di Gaza805 poteva leggere commedie integre di Me-nandro, mentre permangono fondati dubbi sul fatto che nel secolo successivo lo scrittore bizantino Teofilatto Simocatta806 fosse ancora in grado di avere tale possibilità807.

Per conformarsi alle rappresentazioni pantomimiche e agli intrattenimenti mimici nelle loro diverse espressioni (ἱλαρῳδία, σιμῳδία, μαγῳδία, λυσιῳδία), il repertorio classico si ridus-se ridus-sempre piú sovente a ostentazioni declamatorie, a virtuosismi orchestici e canori degli attori, nonché a meri artifici scenici messi in opera per attirare la vista del pubblico.

L’atteggiamento delle persone colte nei confronti di questo diverso modo di proporre i classici è lucidamente rappresentato da Luciano. Lo scrittore in un passo del Lessifane808

precisa che per quanti intendessero diventare famosi e ricevere lodi era necessario non

so-800 Auson.Protrepticus ad nepotem 45; Cento nuptialis 10, p. 169, 15. Il binomio Euripide-Menandro è

pressoché costante negli scrittori del IV d.C., come risulta, per esempio, in Nemesius De natura hominis 42. A conferma dell’interesse per la Commedia greca e per Menandro si può ricordare il grande tessellato della Basi-lica di Grand, risalente alla metà del III d.C. e raffigurante una scena comica, tratta possibilmente dal Φάσμα; vd. J.-P. Darmon, La mosaïque de Grand mise en perspective, in J.-M. Demarolle (cur.), La Mosaïque de Grand, Metz 2006, pp. 91-118.

801 Sid. Apoll. Epist. IV 12, 1.

802 Men. Epitr. 793-796.

803 Palladius Dialogus de vita S. Joannis Chrysostomi p. 94 Coleman-Norton.

804 Cyrillus Contra Iulianum VII 229a. Sui duri scontri religiosi vd. G. Marasco, L’accusa di magia e i

Cri-stiani nella tarda antichità, «Augustinianum» 51, 2011, pp. 388-289. 805 Chor. XXXII 73 e XLII 1, 1.

806 Theophylactus Simocatta Hist. I 3, 5.

807 A. Barbieri, La circolazione dei testi menandei nei “secoli ferrei” di Bisanzio: la testimonianza di Teofilatto

Simocatta, «MEG» 3, 2003, pp. 43-51. 808 Luc. Lexiphanes 22.

loconoscere a fondo le opere degli oratori, ma anche avere familiarità con la tragedia e la commedia809. L’affermazione di principio è prontamente confermata in altri scritti lucianei dalla presenza di numerose citazioni, allusioni e rimandi alla produzione drammaturgica classica, nonché di similitudini e tropi di derivazione scenica, che lasciano trasparire come quei generi drammatici costituissero un’inesauribile fonte di ispirazione e un ineludibile punto di riferimento culturale.

Sorprendono, perciò, altre affermazioni dalle quali si evince anche a prima vista la man-canza di sensibilità per certe finzioni sceniche e, di conseguenza, un dissacrante sarcasmo nei confronti delle rappresentazioni tragiche e comiche.

Esemplare a proposito è il dialogo Sulla danza, dove all’antagonista Cratone, che difende