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Un cratere a calice apulo da Valenzano ritrae un vecchio che cammina appoggiandosi a un bastone, mentre un servo, carico di bagagli e appoggiato a una mazza, lo invita a voltarsi con un gesto apotropaico490. Secondo alcuni la cosiddetta figurazione fliacica si richiame-rebbe alla scena iniziale del Pluto, nella quale Carione si lamenta perché costretto a stare dietro il padrone Cremilo che segue il dio cieco mentre questi cammina a tentoni491.

Allo stesso periodo è ascrivibile un cratere a campana apulo da Ruvo, iscritto in dialetto attico, su cui sono rappresentati Filotimide e Carite, che gustano un dessert preso dal tavolo sottostante; a parte il servo Xantia sottrae una grossa focaccia dalricco piatto, nasconden-dola tra le pieghe della veste492.

Su un cratere a campana apulo del secondo quarto del IV a.C., attualmente perduto, è ritratto Eracle che bussa con la clava alla porta di un edificio, seguito da Xantia a cavallo di un mulo: la scena riprende la parte iniziale delle Rane di Aristofane493.

La figurazione di un’oinochoe apula coeva con Eracle, che segue una donna con oino-choe, richiama un altro passo delle Rane: si tratta della scena nella quale le ostesse scam-biano Dioniso, con indosso la pelle di leone, per il ladro che aveva svuotato l’osteria delle cibarie senza pagare il conto durante la precedente discesa nell’Ade494.

Un riferimento agli Acarnesi, è stato individuato nella decorazione di un guttus apulo a rilievo del 330-320 a.C., dove compare il personaggio Lamaco con l’armatura495.

Un’eccezionale testimonianza è offerta da un cratere a campana lucano a figure rosse, datato agli albori del IV a.C. o risalente addirittura alla fine del secolo precedente: sono raffigurati due attori comici in maschera che rappresentano in vesti femminili la scena in cui Fedra, reclinata indietro sul letto e con un cuscino sotto il capo, viene informata dalla Nutrice della morte dell’amato Ippolito. Si tratta evidentemente di una parodia della omo-nima tragedia euripidea, ricordata anche nelle Rane aristofanee, a cui, secondo una recente ipotesi, la decorazione vascolare farebbe esplicito riferimento496.

vd. M. Denoyelle - F. Silvestrelli, From Tarporley to Dolon: The Reattribution of the Early South Italian “New York

Goose Vase”, «Metropolitan Museum Journal» 48, 2013, pp. 59-71. Per un ragguaglio generale cfr. A. Stramaglia, Il fumetto prima del fumetto: momenti di storia dei ‘Comics’ nel mondo greco-latino, «S&T» 3, 2005, pp. 12-13.

490 Bari, Museo Archeologico Provinciale, 2795 (380 e il 370 a.C.).

491 Ar. Plut. 1 ss.

492 Milano, Civico Museo Archeologico AO.9.284, già Collezione Moretti, primo quarto del IV a.C. Al medesimo Pittore del Choregos è ascrivibile un cratere a campana apulo decorato con due coreghi che istrui-scono Egisto con la supervisione di Pirria, una volta a Malibu, J. Paul Getty Museum, 96.AE.29, su cui vd. D. Gilula, The Choregoi Vase – Comic yes, but Angels?, «ZPE» 109, 1995, pp. 5-10.

493 Berlin, Staatliche Museen, F 3046.

494 London, British Museum, F 99, dalla Basilicata del secondo venticinquennio del IV a.C. Vd. Ar. Ran. 548 ss.

495 Napoli, Museo Archeologico Nazionale, coll. Santangelo inv. 368.

496 Sydney, Nicholson Museum, 2013.2; cfr. Eur. Hipp. 170 ss.; vd. J.R. Green, Two Phaedras: Euripides

Su un cratere a campana pestano da Pontecagnano, datato intorno al 360 a.C., è ri-conoscibile una scena tratta dai Demi di Eupoli, nella quale è riproposta parodicamente la controversia sulle innovazioni musicali del citaredo Frinide, maestro di Timoteo. Nella figurazione si scorge il vecchio Pironide, il quale, tenendo un bastone nella sinistra, a viva forza strattona il musico mitileneo incoronato d’alloro con una cetra eptacorde nella sinistra e il plettro nella mano destra, alle cui spalle si intravede un cagnolino497.

A una parodia mitologica potrebbe ispirarsi la decorazione di un cratere a campana apu-lo, databile agli anni settanta del IV a.C., forse addirittura al Dionisalessandro di Cratino, che ripropone in chiave comica il notissimo episodio del rapimento di Elena da parte di Paride: un giovane con una corona in mano si trova dietro una donna dai tipici tratti di etera, davanti alla quale c’è un vecchio con bastone498.

Infine su un cratere a calice apulo del Pittore di Varrese, datato intorno al 355 a.C., è riproposto il combattimento tra Dedalo e Enialio (Efesto e Ares) di fronte a Era seduta sul trono, La raffigurazione, riconducibile al burlesque mitologico, è ispirata presumibilmente ai Compagni o Efesto di Epicarmo o a un Dedalo, ascrivibile a Platone Comico oppure a Eubulo499.

Oltre a richiami di drammi dell’Archaia, altri spunti derivano dalla Mese500, attestanti la popolarità della produzione comica in Magna Grecia nel IV a.C. Sono numerose le figurazioni, che ripropongono ridicolizzazioni di episodi di vita quotidiana: parodie di scene militari501, il rinvenimento di un neonato502, due comari pettegole503, l’inseguimento del parassita504,

Berlin-New York 2013, pp. 94-131.

497 Salerno, Museo Provinciale, Pc 1812. Vd. M. Revermann, Comic Business, cit., pp. 320-322. La noto-rietà di Frinide è confermata da un suo ritratto su cratere apulo risalente agli anni 350-330 a.C. e attualmente nel Museo di Belle Arti di Budapest (Szépművészeti Múzeum 97.1.A); vd. K. Vandlik, Phrynis, «SZMK» 97, 2002 (2003), pp. 21-32; 143-149.

498 Bari, Museo Archeologico Provinciale, 8014.

499 London, British Museum, F 269.

500 Sulle cosiddette figurazioni fliaciche riconducibili all’Archaia vd. M. Gigante, Rintone e il teatro greco

in Magna Grecia, Napoli 1971, pp. 35-40. Cfr. in generale T.B.L. Webster, South Italian Vases and Attic Dra-ma, «CQ» 42, 1948, pp. 15-21; O. Taplin, Comic Angels and Other Approaches to Greek Drama through Vase-Painting, Oxford 1993; L. Todisco, Teatro e spettacolo in Magna Grecia e in Sicilia. Testi immagini architettura,

Milano 2002, pp. 89-94; ivi ulteriore bibliografia.

501 Cratere a campana apulo (inizi IV a.C.),Würzburg, Martin von Wagner Museum, 959 (inv. H 4649); cratere a campana pestano (ca. 350 a.C.), attribuito al Pittore di Parrish, Napoli, Museo Archeologico Naziona-le, 3368 (inv. 81926); cratere a campana, attribuito al Pittore di Majewski, proveniente dalla Campania e datato al 300 a.C. ca., London British Museum G 73/23.

502 Lekythos campano da Capua, terzo quarto del IV a.C. (Paris, Cabinet des Médailles, 1046).

503 Cratere a campana apulo, Antikenmuseum der Universität Heidelberg, Archäologisches Institut, U 6 (secondo quarto del IV a.C.).

504 Vd. il cratere proveniente da Ruvo, ca. 350 a.C. (Berlin Staatliche Museen F 3047), la cui scena rap-presenta una donna molto brutta mentre afferra o respinge un uomo quasi calvo con indosso l’ ἐξωμίς, il quale

dialoghi tra marito e moglie505, il figlio rimproverato dal padre506, la verifica della contabi-lità507, servi che si apprestano a portare pani per un banchetto preceduti da una suonatrice di aulo doppio508, dialoghi tra servo e padrone509, il servo rifugiato presso l’altare510 oppure il servo punito511. Insieme a queste sono riconoscibili anche caricature mitologiche e scene paratragiche.

Resta esemplare l’originale scena su un cratere a campana apulo, riguardante l’uccisione di Priamo da parte di Neottolemo: il vecchio re con evidenti tratti barbarici ha trovato rifu-gio presso l’altare, da dove pronuncia una tirata patetica, mentre con la sinistra fa un gesto implorante verso l’aggressore, il quale esita a colpirlo. Il figlio di Achille, con un enorme

sostiene un’anfora di vino con la mano sinistra e tiene una focaccia sbocconcellata nella destra.

505 Cratere a campana apulo da Taranto, ca. 370 a.C. (Cambridge, Mass. Harvard University, Collezio-ne McDaniel, 2007.104.4), oinochoe apula del 370-360 a.C. (Würzburg, Martin von WagCollezio-ner Museum, inv. H 5846). Vd. pure la moglie che rimprovera il marito in un’altra oinochoe apula (Sydney, Nicholson Museum, 75.2) e in un cratere a campana apulo (Wien, Kunsthistorischen Museum, IV 466), risalenti entrambi al secon-do quarto del IV a.C.

506 Frammento di cratere a campana apulo, Antikenmuseum der Universität Heidelberg, Archäologisches Institut, inv. U 8 (ca. 380-370 a.C.).

507 Cratere a campana apulo, ca. 380-370 a.C. del pittore Reckoning (St. Petersburg, Hermitage State Museum, St. 1779 (B. 1661).

508 Cratere a campana apulo a figure rosse, 380-360 a.C. (St. Petersburg, Hermitage State Museum, B. 2074). Il soggetto illustrato è straordinariamente affine a quello che adorna un’oinochoe attica policroma datata intorno al 400 a.C. (Atene, Agora Museum, P 23907). Sull’argomento vd. M. Crosby, Five Comic Scenes

from Athens, «Hesperia» 24, 1955, pp. 76-84.

509 Cfr. il cratere a campana apulo attribuito al Pittore di Hoppin datato tra il 375 e il 350 a.C. (Paris, Musée du Louvre, K 18), il cratere a campana pestano di Python, ascrivibile al terzo quarto del IV a.C. (London, British Museum, F 189), il cratere a campana apulo degli anni 360 a.C. (Matera, Museo Nazionale Archeolo-gico ‘Domencio Ridola’, inv. 164507, già Bari, Collezione Rizzon 48) e il cratere a campana apulo del IV a.C. attribuito al Pittore di Adolphseck (Malibu, Paul Getty Museum, 96.AE.238), con la scena dell’anziano padrone Anfitrione che discute con il servo Xantia carico di bagagli dopo il ritorno di un viaggio (cfr. W.R. Biers - J.R. Green, Carrying Baggage, «AK» 41/2, 1998, pp. 90-91). Un rhython a figure rosse della metà del IV a.C. ha come scena dipinta sul collo il servo che regge uno specchio permettendo di contemplarsi al vecchio padrone appoggiato a un bastone storto (Siracusa, Museo Archeologico Regionale “Paolo Orsi”, inv. 29966).

510 Cratere schifoide siciliano da Manfria, (Gela, Museo Archeologico Regionale, inv. 643); cratere a calice apulo da Canosa, 340-330 a.C., (Taranto, Museo Archeologico Nazionale, s. n.).

511 Paris, Musée du Louvre, CA 7249, un cratere a calice siciliano, databile tra il 350 e il 340 a.C. Cfr. il cratere a calice lucano (Berlin, Staatliche Museen, F 3043; V a.C. ex.). Il tema caro ai commediografi attici è rappresentato con estremo realismo: un severo guardiano impugna con la destra uno strumento di tortura, con cui tormenta il servo per farlo confessare, mentre con la sinistra strattona una corda legata al collo della vittima; il malcapitato è piegato sulle ginocchia, sulle quali puntella le mani, mentre uno spettatore, evidentemente colui che ha emanato l’ordine, assiste alla scena. Guardiano e servo, coperti da maschere barbute, indossano una cal-zamaglia aderente con imbottiture posticce e lungo fallo penzolante. Alcuni hanno ipotizzato che si tratti della riproposizione della scena delle Rane, in cui Eaco fa sottoporre a tortura ora Xantia ora Dioniso (Ar. Ran. 616 ss.); altri hanno supposto che sia riferibile al Doulodidaskalos di Ferecrate; tuttavia la datazione piuttosto alta e la topicità del motivo inducono molti a considerarla genericamente comica.

fallo penzolante e imbottiture posticce, mostra nel volto indifferenza, lasciando cosí intu-ire che né si lascerà commuovere dalle parole del vecchio re, né eviterà di vibrare il colpo mortale512.

Di analogo tenore è un Ermete rappresentato con una lucerna in mano che fa luce a Zeus in una delle sue avventure amorose notturne sul cratere a calice pestano, attribuito al ceramografo A(s)steas: qui il dio ha una corona da commedia sul capo mentre avvicina maldestramente la scala alla finestra513. Soggetto affine si trova su un altro cratere a campana pestano del medesimo pittore, dove è raffigurata una visita notturna a una donna514.

Un’altra avventura galante del padre degli dèi è attestata da un cratere a campana a figure rosse apulo, ascrivibile al 380 a.C. ca. e attribuito al Pittore di Cotugno. Qui Zeus, che ha la barba arruffata, ha sul capo la corona e tiene in mano lo scettro sormontato dall’aquila, si muove lascivamente verso una donna nel mezzo della scena. Contrariamente alle belle ragazze di solito corteggiate dal dio, qui la donna è una vecchia raggrinzita con capelli corti e imbiancati, ha il naso grosso e le labbra pronunciate. Completa la raffigurazione a sinistra un servo appoggiato a un bastone515.

Ancora Zeus è protagonista del riquadro decorativo sul cratere a calice siceliota a figure rosse del Pittore di Dirce, dove ha il fulmine in mano e la corona sul capo. Il dio è di ma-lumore e cammina appoggiandosi a un bastone, seguito da un servo che ritma il tempo; un altro servo li sta a guardare avendo la cesta delle offerte appoggiata sul capo e tenendo un otre nella mano destra516. Ancora sul frammento di un cratere a campana a figure rosse apulo degli inizi del IV a.C. sono raffigurati Zeus seduto su un klismòs, Dioniso con il tirso e una figura femminile517.

La visita di un vecchio che sale i gradini di una scala per consultare Zeus Ammone è il soggetto di un cratere a campana apula: qui il dio è seduto alla sommità e con una mano tiene l’aquila per il collo. Ai piedi della scala sta un servo con un fagotto in spalla che guarda sbalordito l’intera azione con aria interrogativa518.

512 Berlin, Staatliche Museen, F 3045, datato al primo venticinquennio del IV a.C.

513 Vaticano, Museo Gregoriano Etrusco, inv. 17106, datato al 350-340 a.C. La vicenda era stata messa in scena da Platone Comico nella Lunga notte (frr. 89-94 PCG). Un’ulteriore testimonianza parodica su Zeus seduttore è offerta da un cratere pestano, già facente parte di una collezione privata viennese (Artemide Kun-stauktionen, Vienna, Dicembre 2012, n. 78); cfr. J.R. Green, Zeus on a See-Saw. A Comic Scene from Paestum, «Logeion» 4, 2014, pp. 1-27; I.M. Konstantakos, Zeus on a See-Saw. Additional Remarks on Comic Themes, «Logeion» 4, 2014, pp.28-39.

514 London, British Museum, F 150 (350-340 a.C.).

515 Malibu, J. Paul Getty Museum, A 96.AE.113 (ex Collezione Fleischmann F 313).

516 Madrid, Museo Arqueológico Nacional, inv. 11026 (380-360 a.C.).

517 Taranto, Museo Nazionale Archeologico, inv. 121613. Rimane isolata la proposta di identificare la raffigurazione vascolare con la scena delle Rane aristofanesche, durante la quale Eschilo si confronta nell’agone con Euripide alla presenza di Dioniso.

Su un altro cratere a campana apulo, databile al 380 a.C. ca. si vede un’analoga scena comica, della quale è protagonista Chirone. Il mitico mostro metà uomo e metà cavallo è ridotto a un vecchio rimbambito artritico, che si muove con estrema difficoltà, assistito da un vecchio e dal servo Xantia nell’atto di salire i gradini della scala che collega l’orchestra alla piattaforma scenica, dove si trovano alcuni bagagli. Mentre dall’alto uno degli aiutanti trascina su il vecchio, l’altro lo spinge a fatica con le mani poggiate sulle natiche, creando l’impressione che si stia muovendo una mostruosa creatura a quattro zampe519.

Una raffigurazione comica della gara tra Apollo e Marsia decora una oinochoe apula, attribuita al Pittore di Felton e attualmente a Melbourne520. Un cratere a campana apulo da Sant’Agata dei Goti degli anni 370-360 a.C. illustra la consultazione del dio a Delfi521 e il dio minacciato da Eracle nel conflitto per il treppiede sacro è il soggetto di un altro cratere a campana pestano del 360-350 a.C., ascritto al ceramografo A(s)steas522.

Su un cratere apulo del secondo quarto del IV a.C., proveniente da Ruvo, si ripropone il soggetto comico tratto forse dallo Zeus maltrattato di Platone Comico: l’eroe bulimico, accompagnato da Iolao, divora le offerte nel tempio di Olimpia, mentre nel contempo il padre degli dèi, incapace di opporsi, brandisce vanamente il fulmine e sbatte rabbiosamente i piedi523.

Alla sua perenne fame si ispira anche la raffigurazione del cratere a campana apulo del 390 a.C. ca., dove si vede Eracle disteso davanti a una tavola imbandita servito da due vec-chi seminudi stanti, rispettivamente alla sua destra e alla sua sinistra524.

Una versione caricaturale del supplizio di Prometeo, parodia dell’omonima tragedia di Eschilo o di altro sconosciuto tragediografo o ripresa del Prometeo di Epicarmo, si trova su un cratere a campana apulo nello stile di Gnathia, attribuito al Pittore di Konnakis e risa-lente agli anni 360-350 a.C. Il Titano, stante nudo con barba e capelli bianchi, le braccia

519 London, British Museum, F 151. In generale per le figurazioni vascolari con la presenza del personaggio comico Xantia vd. J.R. Green, Pictures of Pictures of Comedy. Campanian Santia, Athenian Amphitryon, and

Plau-tine Amphitruo, in R. Green - M. Edwards (curr.), Images and Texts. Papers in Honour of Professor Eric Handley CBE FBA, London 2015, pp. 45-80.

520 Melbourne, National Gallery of Victoria, 90/5. Apollo e Marsia in costumi teatrali decorano anche un cratere a calice apulo della prima metà del IV a.C. (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, H 3370).

521 Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. 81377.

522 St. Petersburg, Hermitage State Museum, St. inv. GR-4594 (B. 1660).

523 Da Ruvo, datato al 370-360 a.C., St. Petersburg, Hermitage State Museum, inv. GR-2129 (B. 299). Non ci sono indizi certi che sia Euristeo di fronte a Eracle il personaggio di una oinochoe apula del 375-350 a.C. (Taranto, Museo Archeologico Nazionale, inv. 56048); vd. J.R. Green, Theatre Production: 1996-2006, «Lustrum» 50, 2008, p. 209.

524 London, Victoria and Albert Museum, inv. 1776-1919. Cfr. I. Konstantakos, The Drinking Theatre.

Staged Symposia in Greek Comedy, «Mnemosyne» 58 (2005), pp. 188-189. Alla medesima situazione rinvia il

cratere a campana apulo, attribuito al Pittore di Lecce, con Eracle, distinguibile dalla clava e dalla pelle di leone, che rincorre un uomo nudo mentre fugge avendo in mano pagnotte o focacce (Sydney, Nicholson Museum, 88.02).

allargate a forma di croce, la pancia rigonfia, i genitali smisurati, ha le spalle coperte da un mantello; rivolge lo sguardo con espressione supplichevole a un corvo che sta ai suoi piedi con le ali chiuse e il becco rivolto verso di lui525.

Parodie dell’Antigone sofoclea, dell’Alcesti e dell’Auge euripidee sono attestate rispetti-vamente da un cratere a campana apulo, in cui un vecchio calvo e barbuto, mascherato da Antigone, mentre regge l’urna cineraria di Polinice, è portato davanti a Creonte da un guardiano526, dallo skyphos siciliano da Centuripe con la scena di Eracle che, in compagnia di Ermete, lascia cadere la clava mostrando stupore di fronte a una donna che si toglie il velo527, da un cratere a calice siceliota del Gruppo di Manfria, raffigurante un goffo eroe, riconoscibile dalla pelle leonina che indossa sulle spalle, mentre sta per afferrare Auge, per strapparla dal tempio di Atena Alea, di cui è sacerdotessa per volere del padre528.

Una possibile caricatura dello Ione euripideo potrebbe aver ispirato la decorazione di un cratere a campana apulo frammentario, datato tra il 375 e il 350 a.C., in cui si distingue una consultazione oracolare a Delfi con quattro figure: un servitore con una cesta, Apollo seduto con un ramo di alloro e una coppia di anziani postulanti, forse Xuto e Creusa529.

Tra gli altri temi trattati su un cratere a campana del 330 a.C. c’è ancora la cattura di Antigone da parte delle guardie di Creonte ovvero, secondo una diversa interpretazione, la restituzione di Briseide ad Achille per ordine di Agamennone530.

Su un’oinochoe tarantina iscritta, proveniente da La Torretta e datata al secondo venti-cinquennio del IV a.C., si riconosce un episodio desunto da una versione paratragica

dell’E-dipo euripideo con rovesciamento dei ruoli tra il protagonista e Creonte che tenta di

risolve-re gli enigmi. Probabilmente si tratta di una scena riprisolve-resa da una commedia di Eubulo, nella quale a sinistra si scorge un uomo, parzialmente imbruttito e con i piedi grottescamente gonfi, che gesticola impazientemente, al centro si trova un deforme e barbuto Creonte se-duto con il torso scoperto, che ha come interlocutrice una Sfinge ermafrodita posata su un mucchio di pietre, adorna con una corona e ingioiellata con collane, bracciali, orecchini531.

Su un’oinochoe apula si distingue una scena desunta dalla parodia di un dramma satire-sco, in cui è raffigurato un uomo che consulta un anziano Sileno seduto sull’altare, mentre sul lato opposto è raffigurata la Sfinge532.

525 Malibu, J. Getty Museum, inv. 82.AE.15; cfr. F.C. Frel, Prometheus Parodied: A Gnathian Hilarotragedy, in Festschrift für Leo Mildenberg, Wetteren 1984, pp. 51-55.

526 Sant’Agata dei Goti, Collezione Rainone 1 (380-370 a.C.).

527 Milano, Museo Teatrale alla Scala, 12 (340-330 a.C.).

528 Lentini, Museo Archeologico 2B (340-330 a.C.).

529 Taranto, Museo Nazionale Archeologico, 107937. Vd. F. Lo Piparo, Il canestro di Ione, la κίστη di

Erit-tonio: mitografia, drammaturgia e iconografia di un oggetto, «Engramma» 120, ottobre 2014, pp. 53-77. 530 Moscow, Pushkin State Museum of Fine Arts, II 1b 735.

531 Taranto, Collezione Ragusa 74; cfr. Eur. fr. 540 TrGF (P.Oxy. XXVII 2459).

Un’ulteriore caricatura dell’episodio decora un’oinochoe apula, datata 350-335 a.C. In uno scenario dominato da palme si scorgono entrambi i personaggi che si scrutano con noncurante distacco. La Sfinge, il cui corpo ha perso quasi totalmente i tratti felini tranne la presenza di ampie ali ai talloni, si trova accovacciata su un pila irregolare di rocce scre-ziate; Edipo nudo con il pileo sul capo si appoggia al bastone e si serve del mantello come imbottitura: risulta evidente che la sua obesità richiama il costume imbottito degli attori comici533.

Su un cratere apulo a campana, proveniente da Camerina, datato agli anni 380-370 a.C. c’è la parodica scena di un Eracle, costantemente attratto dal cibo, che porta i Cercopi rin-chiusi in una gabbia davanti a Zeus seduto presso l’altare, ascrivibile ai Cercopi di Eubulo534. Un’interessante testimonianza proveniente dal mercato antiquario è il chous apulo del 370 a.C. ca., attribuito al Pittore di Truro e decorato con una scena teatrale, nella quale è protagonista Odisseo armato con una spada che insegue la maga Circe535. Invece l’illustra-zione su un’oinochoe apula non ha elementi specifici che consentano di identificarvi una scena della Calipso del medesimo commediografo, rappresenterebbe piuttosto un episodio di vita quotidiana536.

Su un chous apulo della metà del IV a.C. si scorge l’eroe in fuga con il Palladio e