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CAPITOLO 2: LE MONETE COMPLEMENTAR

2.5 GESELL E FISHER A CONFRONTO

Su Gesell piovvero gli elogi di economisti di grande prestigio, i quali consideravano la sua idea degna della massima considerazione; ciò che Irving Fisher120, ma anche John Maynard Keynes121 apprezzarono dell’opera di Gesell

fu, per l'appunto, lo stratagemma adottato per rendere meno “liquida” la moneta e quindi favorire la propensione al consumo e all’investimento, contrastando il ciclo depressivo.

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B. Lietaer, The Future of Money: Creating New Wealth, Work and a Wiser World , London,

Random House, 2001, p. 168.

120 "Grazie agli insegnamenti di Silvio Gesell sul denaro, la nuova India non sarà un Paese di

capitalisti, di caste e di speculatori ma una terra libera e giusta" in I. Fisher, Stamp Scrip, New York, Adelphi Company, 1933.

121 "La moneta libera di Silvio Gesell offre il metodo migliore per regolare la velocità di

circolazione del denaro, indicando la via più veloce per uscire dalle crisi economiche" in J.M. Keynes, The General Theory of Employment, Interest and Money, London, Palgrave Macmillan, 1936.

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Lo stesso Fisher, negli anni '30, diverrà sostenitore di una moneta a decumulo, lo "Stamp Scrip", ispirata alla teorie dell'economista tedesco. Spesso, taluni studiosi poco accorti attribuiscono la concezione della moneta stampigliata alla mente del brillante economista americano; in realtà la prima formulazione della stessa (come descritto in precedenza) avvenne nell'opera geselliana L'ordine economico naturale (1916).

I due, in realtà avevano parecchio in comune: davano importanza sia alla velocità della moneta sia all'analisi della crisi; ambedue prevedevano una marca da bollo da affrancare alle banconote ed infine entrambi erano critici nei confronti del Gold Standard. Tuttavia, i due dissentivano per quanto concerne l'utilizzo della moneta complementare.

La moneta deperibile teorizzata da Gesell, come precedentemente precisato, prevedeva incentivi per lo scambio e un tasso d'interesse negativo (demurrage); non implicava dei vantaggi per coloro i quali decidevano di detenerla, poiché dopo un determinato periodo di tempo scadeva (in quanto occorreva apporre un bollo); era attenta al locale e utile a fronteggiare il problema della liquidità.

Diversamente, la Moneta Stamp di Fisher era applicabile solo su piccola scala e in periodi di crisi, ritirandosi dal mercato una volta raggiunto l'obiettivo. L'economista statunitense, contrariamente a Gesell, credeva che non bisognasse stravolgere il sistema monetario, bensì ricercare una soluzione più pragmatica, alternativa e più facilmente applicabile rispetto alle grandi manovre di politica economica abusate dalle banche centrali; egli pensava ad una moneta complementare e non sostitutiva.

Nel dettaglio, le caratteristiche della Moneta Stamp di Fisher, potrebbero essere così riassunte: così come la moneta nazionale (dollaro) può essere investita, spesa e depositata negli Istituti di credito; a differenza della moneta nazionale non può essere trattenuta senza incorrere in perdite (in termini di conto capitale); possiede un potere d'acquisto uguale alla valuta nazionale; è legata a quest'ultima ad un rapporto fisso 1 a 1.

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Essa si configura come una moneta attenta al locale, utile a fronteggiare il problema della liquidità. Una valuta, la quale prevede un tasso periodico che induce il cittadino a spenderla e ammette la possibilità di integrare parte del salario dei dipendenti pubblici.

Una moneta siffatta si prefiggeva l'obiettivo di contrastare, o perlomeno minimizzare, i problemi derivanti dalle crisi, tra i quali figurava la mancanza di liquidità. Nel caso della “trappola della liquidità”, tipica per l'appunto dei periodi di crisi, gli individui preferiranno sempre detenere moneta perché si attendono un aumento del tasso d’interesse in futuro e quindi una diminuzione del prezzo a cui acquistare i titoli.

La domanda di moneta risulterà quindi infinitamente elastica rispetto al tasso d’interesse, e qualsiasi tentativo delle banche centrali di influenzare tasso d’interesse e reddito tramite l’immissione di nuova liquidità sarà privo di efficacia.

Secondo Fisher, una possibile soluzione a questo problema era rappresentata dalle monete locali. Analizzando diverse esperienze di monete complementari nate negli Stati Uniti lo studioso arrivò alla conclusione che, a determinate condizioni, tali valute erano effettivamente capaci di portare ad un miglioramento delle condizioni economiche a livello locale, dove domanda e offerta si incontrano nella pratica quotidiana. Condizione fondamentale per sfuggire alla trappola della liquidità, era dunque l’imposizione di un demurrage, tramite il quale privare la moneta della funzione di riserva di valore, incoraggiandone invece la funzione di mezzo di scambio (generando in questo modo attività economica). Secondo Fisher, la moneta locale era destinata a rappresentare una misura anti-ciclica e supplementare (non sostitutiva) alla moneta ufficiale, e quindi destinata a scomparire una volta che questa fosse tornata a circolare.

In altri termini l'economista americano non fece altro che anticipare la teoria della trappola della liquidità, che sarà formalizzata però solo con Keynes. Più in generale, la distruzione di liquidità può passare attraverso il metodo che

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consiste nel gravare la moneta di un tasso di decumulo, che agisca come un tasso d'interesse negativo prelevato sul denaro inutilizzato.

Risulta evidente tuttavia (osservando le esperienze del passato) che una moneta a scadenza non ha alcuna possibilità di essere utilizzata con successo, raggiungendo il suo scopo, fintantoché ammette la possibilità di esser scambiata con altre monete non soggette a decumulo. Difatti, così come è avvenuto ogni volta che, nel corso della storia si è avviata una concorrenza con monete accumulabili, la moneta deperibile è risultata fine a se stessa.

In tal senso risulterà illuminante l'analisi, sviluppata nel capitolo seguente, di un esperimento monetario moderno, il quale poggia le sue fondamenta sull'idea di una valuta locale, non convertibile in moneta ufficiale e ancorata a quest'ultima ad un rapporto di 1 a 1; una moneta che all'interno di uno spazio politico definito, si distingue dalla moneta esterna, non in vista di una separazione autarchica degli spazi economici, bensì della possibilità di rendere compatibili, anzi realmente complementari, l'equilibrio dell'economia interna con l'equilibrio della bilancia del commercio estero122.

È proprio sulla base di questa differenziazione123 che prende forma il

progetto di una valuta complementare locale, pensata per un comune francese: "Moneta di Nantes".

122 M. Amato e L. Fantacci, Fine della Finanza, cit., pp. 295-296. 123 Ripresa, tra gli altri, da Luigi Einaudi e da John Maynard Keynes.

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CAPITOLO 3: LA MONETA COMPLEMENTARE DI