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Su e giù: lo spazio della pace

Nel documento <Se un dio lo vuole>: gli dei in Aristofane (pagine 93-109)

Per molto tempo, gli studi sul teatro antico hanno completamente ignorato alcuni aspetti extratestuali di grande importanza. Negli ultimi decenni, un’operazione di vasta rivalutazio- ne e rivisitazione dei testi ha portato, ad esempio, ad una nuova e ampia produzione su que- stioni di messa in scena, spesso fondamentali per la comprensione profonda dei drammi. Ta- le rivisitazione non è però completa: mentre è stato lungamente dibattuto il tema dello spazio teatrale, al di là di alcuni tentativi strutturalisti e semiotici non è stato ancora debitamente approndito il tema dello spazio drammatico. Spesso, cioè, le opere teatrali istituiscono una consistente dialettica spaziale, che non si limita al fatto pratico della mise en scène, ma che la integra in un complesso di coordinate spaziali che si dimostrano frequentemente portatrici di senso, drammaturgico e non solo. Molto giustamente, Rush Rehm, cui va il merito di ave- re individuato e studiato la centralità dell’uso dello spazio in tragedia, apre il suo lavoro con questa premessa: «space is a proper value of the theater, part and parcel of what it is and how it works»147

. Gli autori antichi, che erano poeti ma anche drammaturghi, lo sapevano, e non perdevano occasione di impiegare anche questa dimensione compositiva. Lo spazio, quindi, va considerato come una categoria interpretativa a tutti gli effetti. Occorre intendersi, ov- viamente: chiedersi che uso dello spazio faccia un poeta non significa soltanto porsi il pro- blema della messa in scena. Lo spazio è una categoria intra ed extra-testuale: consiste sì nel- le interazioni pratiche fra ciò che è scritto e ciò che gli attori realmente facevano in scena, ma anche nella creazione di un sistema di coordinate locali (su tutte, l’ambientazione) che non attengono unicamente alla performance ma che consistono pure nella capacità di un te- sto di creare il proprio ‘mondo’. La questione è ancora più fine, e credo che sia utile impie- gare, almeno in via indicativa, la divisione tra categorie spaziali porposta da Rehm148

. Esiste anzitutto lo spazio teatrale, cioè lo spazio dove fisicamente si svolge la rappresentazione (il teatro di Dioniso, nell’Atene del V sec.); lo spazio scenico, invece, «involves the setting of a tragedy», ovvero l’ambientazione del dramma; ad esso può essere opposto lo spazio extra- scenico, un luogo più o meno vicino allo spazio scenico e accessibile ai personaggi dove av- vengono alcuni fatti rilevanti per la vicenda ma che non si rende mai visibile agli spettatori !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

147 R

EHM 2002, 1. La questione della definizione del concetto di ‘spazio’ e delle sue applicazioni negli studi sul teatro antico è piuttosto complessa: per una valida sintesi, cfr. REHM 2002, 1-34.

148 Specialmente R

(ad esempio, gli interni delle case nell’Agamennone o nella Medea, la campagna dove Oreste vede le Erinni nell’Ifigenia Taurica etc.). Affine ma non identica a questa categoria è quella del distanced space, «space that bears no immediate relationship to the scenic givens that provide the settings»: rispetto allo spazio extra-scenico, esso non solo non è visibile, ma non è nemmeno raggiungibile; rappresenta una sorta di centro d’attenzione esterno alla vicenda (come ad esempio il crocicchio dove Edipo uccide il padre: il luogo non è messo in scena e non è nemmeno messo in collegamento fisico con lo spazio scenico). Le ultime due catego- rie attengono invece alla dimensione metateatrale: lo spazio auto-referenziale è quello dove il teatro mette in scena se stesso; lo spazio riflessivo è, nell’analisi di Rehm, quello lasciato alla riflessione civica (in commedia, sarebbe lo spazio della parabasi). Beninteso, questa ca- tegorizzazione è convenzionale, ma aiuta a comprendere la complessità dei giochi spaziali creati dal dramma attico; e dall’intersezione di tutte queste tipologie spaziali nasce non sol- tanto l’ossatura drammatica del testo, ma anche parte dei suoi significati.

La nuova linea interpretativa è nata e ha trovato il suo centro nello studio della tragedia; tuttora manca un lavoro approfondito sull’uso dello spazio in commedia149

. Ciò è probabil- mente dovuto anche alla minore rigidità dei testi comici, in cui i movimenti sono molto me- no decifrabili a partire dalle indicazioni verbali contenute150

. Ma alcune osservazioni sono possibili, e possono rivelarsi fruttuose. La prima e più ovvia riguarda l’ambientazione: la maggior parte delle commedie aristofanee si svolge ad Atene, è cioè portata a fare combacia- re lo spazio scenico se non proprio con lo spazio teatrale quanto meno con il contesto reale della vita quotidiana degli spettatori. I luoghi precisi, inoltre, sono spesso altamente signifi- cativi: la Pnice, i tribunali, i templi, etc. Ciò significa che Aristofane, per accrescere il coin- volgimento del suo pubblico, organizza le proprie opere attorno a luoghi noti e consueti; ma anche che, attraverso lo spazio, porta la sua carica polemica direttamente al centro della si- tuazione che ha intenzione di contestare o mettere in burla.

Come pure le Rane e gli Uccelli, la Pace non fa parte di questa maggioranza. Ma il suo è un caso a sé, che merita un’analisi specifica. Il testo che più le si avvicina per l’uso dello spazio sono gli Uccelli, andati in scena qualche anno dopo, nel 414. Anche in quel caso, alla !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

149 Alcune pagine soltanto in R

EVERMANN 2006, 107-129, che però, pur riconoscendo che «space is the crucial

integrator of the theatrical event» (107), limita poi la sua indagine al performance space. Un’analisi, meritoria ma molto stringata, è offerta da LOWE 2006.

150 Cfr. le ottime osservazioni di P

OE 2000: «For Greek tragedy it has become a widely accepted principle that what happens before the eyes of the audience is, for the most part, indicated verbally […] In Aristophanic co- medy that is not the case» (256-7).

base dell’azione sta una «wishfulfilling fantasy»151

che, anche in quel caso, prevede un signi- ficativo cambiamento di luogo. Se pure, come è stato giustamente rilevato, «the interpreta- tion of Birds as a comedy of escape from the present rests upon an inaccurate view of the contemporary situation in Athens»152

, è un fatto che la commedia si apre con il protagonista e il deuteragonista in movimento (Av. 1-11):

Ευ. Ὀρθὴν κελεύεις, ᾗ τὸ δένδρον φαίνεται; Πε. διαρραγείης· ἥδε δ’ αὖ κρώζει “πάλιν”. Ευ. τί, ὦ πόνηρ’, ἄνω κάτω πλανύττομεν; ἀπολούμεθ’ ἄλλως τὴν ὁδὸν προφορουμένω. τὸ δ’ ἐμὲ κορώνῃ πειθόμενον τὸν ἄθλιον ὁδοῦ περιελθεῖν στάδια πλεῖν ἢ χίλια. Πε. τὸ δ’ ἐμὲ κολοιῷ πειθόμενον τὸν δύσμορον ἀποσποδῆσαι τοὺς ὄνυχας τῶν δακτύλων. Ευ. ἀλλ’ οὐδὲ ποῦ γῆς ἐσμὲν οἶδ’ ἔγωγ’ ἔτι. ἐντευθενὶ τὴν πατρίδ’ ἂν ἐξεύροις σύ που; Πε. οὐδ’ ἂν μὰ Δία γ’ ἐντεῦθεν Ἐξηκεστίδης.

Come si capirà rapidamente, il movimento è di allontanamento da Atene (35 ἀνεπτόμεσθ’ ἐκ τῆς πατρίδος ἀμφοῖν ποδοῖν), verso, letteralmente, i corvi (28 ἐς κόρακας ἐλθεῖν), e cioè il regno degli uccelli. Tale regno si trova in una posizione elevata, o quanto meno rialzata ri- spetto alla terra (49-52):

Ευ. ἡ κορώνη μοι πάλαι

ἄνω τι φράζει.

Πε. χὠ κολοιὸς οὑτοσὶ

ἄνω κέχηνεν ὡσπερεὶ δεικνύς τί μοι, κοὐκ ἔσθ’ ὅπως οὐκ ἔστιν ἐνταῦθ’ ὄρνεα.

Lo spazio cui Pisetero ed Evelpide puntano si trova nel mezzo del cielo, ed è proprio la sua collocazione il vero motore dell’azione comica (175-87):

Πε. βλέψον κάτω. Επ. Καὶ δὴ βλέπω. Πε. Βλέπε νῦν ἄνω. !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 151 D UNBAR 1995, 5. 152 D

Επ. Βλέπω. Πε. Περίαγε τὸν τράχηλον. Επ. νὴ Δία ἀπολαύσομαί γ’ <ἄρ’>, εἰ διαστραφήσομαι· Πε. εἶδές τι; Επ. τὰς νεφέλας γε καὶ τὸν οὐρανόν. Πε. οὐχ οὗτος οὖν δήπου ’στὶν ὀρνίθων πόλος; Επ. πόλος; τίνα τρόπον; Πε. ὥσπερ <ἂν> εἴποι τις τόπος. ὅτι δὲ πολεῖται τοῦτο καὶ διέρχεται ἅπαντα διὰ τούτου, καλεῖται νῦν πόλος. ἢν δ’ οἰκίσητε τοῦτο καὶ φάρξηθ’ ἅπαξ, ἐκ τοῦ πόλου τούτου κεκλήσεται πόλις. ὥστ’ ἄρξετ’ ἀνθρώπων μὲν ὥσπερ παρνόπων, τοὺς δ’ αὖ θεοὺς ἀπολεῖτε λιμῷ Μηλίῳ. Επ. πῶς; Πε. ἐν μέσῳ δήπουθεν ἀήρ ἐστι γῆς.

Il πόλος occupato dagli uccelli si trova nel cielo (178 τὸν οὐρανόν), ed è circondato di nubi (τὰς νεφέλας). Soprattutto, sta tutto attorno al mondo (181 πολεῖται), in una posizione molto conveniente: sotto (175 κάτω) sta il mondo degli uomini, sopra (175 ἄνω) quello degli dèi. Ancora più esplicitamente, si trova in una posizione mediana (187 ἐν μέσῳ) tra cielo e terra. È proprio questa posizione di metaxy (551 πᾶν τουτὶ τὸ μεταξύ) tra mondo divino e mondo umano a conferirgli tutti i privilegi che Pisetero suggerirà agli uccelli di sfruttare. E dopo il lungo agone epirrematico in cui l’ateniese spiega agli uccelli come intende realizzare il suo piano, tutti gli incidenti comici che si verificheranno faranno perno proprio su questa idea di base: lo spazio diventa quindi non una cornice superflua, ma il vero centro tematico della commedia. Per questo è fondamentale per Aristofane mantenere con rigidità la distanza e la differenza tra i tre spazi: quello scenico, che corrisponde al πόλος, quello teatrale, che rappresenta il mondo umano ed ateniese, e quello extra-scenico, il regno degli dèi. Così, ad esempio, nell’epirrema della parabasi la distanza tra ‘noi’ e ‘voi’ è martellante (755-61):

ὅσα γὰρ ἐνθάδ’ ἐστὶν αἰσχρὰ καὶ νόμῳ κρατούμενα, ταῦτα πάντ’ ἐστὶν παρ’ ἡμῖν τοῖσιν ὄρνισιν καλά. εἰ γὰρ ἐνθάδ’ ἐστὶν αἰσχρὸν τὸν πατέρα τύπτειν νόμῳ, τοῦτ’ ἐκεῖ καλὸν παρ’ ἡμῖν ἐστιν, ἤν τις τῷ πατρὶ προσδραμὼν εἴπῃ πατάξας “αἶρε πλῆκτρον, εἰ μαχεῖ.”

εἰ δὲ τυγχάνει τις ὑμῶν δραπέτης ἐστιγμένος, ἀτταγᾶς οὗτος παρ’ ἡμῖν ποικίλος κεκλήσεται. 153

E tutti gli sketch successivi, giocati sull’opposizione inclusione-esclusione, mantengono questa coerenza: perciò Pisetero chiede al poeta κατὰ τί δεῦρ’ ἀνεφθάρης; (916; notare l’uso di ἀνά, a sottolineare nuovamente la diversa altezza del polos), e Metone, messo alla porta, annuncia ὑπάγοιμι (1017, con ὑπό, per la discesa). E quando Iride deve spiegare a nome di chi è entrata in città, sente la necessità di aggiungere una specificazione ‘geografica’ (1234):

τοῖς ἐν οὐρανῷ θεοῖς. E ugualmente Prometeo, nel rivelare ciò che accade tra gli dèi, parla di

τἄνω πράγματα (1507). Quello che emerge dalla costruzione spaziale e drammaturgica dell’opera è dunque uno schema rigidamente tripartito (terra – polos – cielo), che coglie pro- prio dalla rigidità della divisione dello spazio gran parte della sua forza comica.

Anche nella Pace lo spazio sembra giocare un ruolo di primaria importanza. Non a caso, ciò accade sempre in relazione ad una vicenda che prevede rapporti tra uomini e dèi. E per illustrare il legame tra le due dimensioni, anche in questo caso Aristofane sceglie il gioco spaziale; e anche in questo caso sceglie una relazione di verticalità, secondo la solita opposi- zione alto-basso: la terra è lo spazio scenico, mentre il cielo è, a prima vista, lo spazio extra- scenico, un luogo cioè che può soltanto essere menzionato ma che non può comparire in scena. È la casa degli dèi, cui i mortali possono soltanto guardare da lontano (Pax 56):

δι’ ἡμέρας γὰρ εἰς τὸν οὐρανὸν βλέπων

La condizione iniziale, dunque, pone una bipartizione piuttosto netta: la casa degli dèi è inattingibile. L’irraggiungibilità del cielo è chiara anche dal fallimento della prima sortita del vignaiolo (68-71):

“πῶς ἄν ποτ’ ἀφικοίμην ἂν εὐθὺ τοῦ Διός;” ἔπειτα λεπτὰ κλιμάκια ποιούμενος,

πρὸς ταῦτ’ ἀνηρριχᾶτ’ ἂν εἰς τὸν οὐρανόν, ἕως ξυνετρίβη τῆς κεφαλῆς καταρρυείς.

Il primo impulso di Trigeo è quello di usare uno strumento umano, delle scalette, come se !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

153 Per altro, qui si vede in funzione anche lo ‘spazio riflessivo’: è come se il Coro degli uccelli fosse sceso in

teatro, o quanto meno nel luogo neutro della parabasi. Così ἐνθάδε, ‘qui’, è riferito ad Atene, e ἐκεῖ, ‘lì’, al polos. La coerenza nelle indicazioni ‘geografiche’ viene comunque sempre rispettata.

dovesse raggiungere qualcosa di consueto. Ma il tentativo ‘intra-mondano’ è frustrato, e bi- sogna ricorrere ad un espediente che, come si è visto, è al tempo stesso iper-comico e iper- letterario, lo scarabeo: solo il volo pseudo-eroico (77 πετήσει, 93 πέτομαι) può colmare le di- stanze. Il viaggio di Trigeo lo porterà finalmente in cielo (la locuzione εἰς τὸν οὐρανὸν è ri- petuta ben tre volte), insieme agli uccelli (116 μετ’ὀρνίθων), ai corvi (117 ἐς κόρακας βαδιεῖ), esattamente la stessa battuta che verrà riutilizzata da Evelpide in Av. 28. Il dominio degli uccelli, dunque, viene connotato già a questa altezza come un regno superiore, sicura- mente separato da quello degli uomini, anche se non ancora nettamente separato da quello degli dèi.

Il momento del volo rappresenta bene proprio la frattura fra i due mondi, che comicamen- te Trigeo e il suo scarabeo (un’ottima cerniera simbolica tra le due dimensioni: attratto dal fetore del mondo umano ma dotato di ali e guidato verso gli dèi) percorrono con notevole difficoltà: «Il ‘volo’ di Trigeo si configura invece come una sorta di comica ‘montagna rus- sa’, che doveva provocare grande divertimento tra gli spettatori»154

. Senz’altro la scena ha una funzionalità comica fortissima; ma si colloca qui il trapasso tra uno spazio e l’altro, il momento cioè in cui lo spazio extra-scenico viene trascinato in scena, un cortocircuito raris- simo in tragedia. Henderson ha persuasivamente sostenuto che la scatologia è il tratto poeti- co con cui Aristofane connota il mondo in guerra, e che il principale scambio tra uomini e dèi consiste proprio nello scambio di escrementi: «The world without peace presented to us in the prologue is visualized in images of excrement, evil smells, and the total abscence of heterosexual sex (sterility). […] the play’s main exchange: the gods get the foul and sterile dung-beetle while humanity receives peace and fertility»155. Ciò è in gran parte vero; quanto

è interessante qui è la assoluta alterità dei due mondi, quello mortale e quello divino, e come questa alterità venga percorsa, anche attraverso l’aiscrologia, proprio in questo punto, dove si colloca il trapasso da un luogo all’altro (157-72)156

: !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 154 M ASTROMARCO 2012, 114. 155 H ENDERSON 1975, 63-4.!

156 Su come la scena venisse effettivamente rappresentata pare non sussistano dubbi: si tratta anzi di uno dei ca-

si di impiego più lungo ed estensivo della mechané (MASTRONARDE 1990, 271 e 286; MASTROMARCO 2006, 171 ss.; ID. 2012, 114 ss.). È meno perspicua l’osservazione di OLSON 1998, ad 159-61 secondo cui «the beet- le’s flight consists of two different stages: (1) an initial climb up ‘away from the earth’ (159, corresponding to 154-71), and (2) a vigorous rush forward toward ‘the halls of Zeus’, i.e. horizontally through the air (160-1, corresponding to 173-9)»: anche se la ricostruzione è plausibile, non mi pare si trovino nel testo spie sufficienti

τί ποιεῖς, τί ποιεῖς; ποῖ παρακλίνεις τοὺς μυκτῆρας; πρὸς τὰς λαύρας; ἵει σαυτὸν θαρρῶν ἀπὸ γῆς, κᾆτα δρομαίαν πτέρυγ’ ἐκτείνων ὀρθὸς χώρει Διὸς εἰς αὐλάς, ἀπὸ μὲν κάκκης τὴν ῥῖν’ ἀπέχων, ἀπό θ’ ἡμερίων σίτων πάντων. ἄνθρωπε, τί δρᾷς, οὗτος ὁ χέζων ἐν Πειραιεῖ παρὰ ταῖς πόρναις; ἀπολεῖς μ’, ἀπολεῖς. οὐ κατορύξεις κἀπιφορήσεις τῆς γῆς πολλήν, κἀπιφυτεύσεις ἕρπυλλον ἄνω καὶ μύρον ἐπιχεῖς; ὡς ἤν τι πεσὼν ἐνθένδε πάθω, τοὐμοῦ θανάτου πέντε τάλανθ’ ἡ πόλις ἡ Χίων διὰ τὸν σὸν πρωκτὸν ὀφλήσει.

Il su e il giù, l’alto e il basso, si invertono, e lo spazio extra-scenico diventa spazio sceni- co. Prima di proseguire è però necessario interrogarsi su come si debba immaginare la messa in scena di questa sezione. Dove si trova la casa degli dèi? L’interpretazione data dagli scolî sembra alludere ad un roof staging (ad 727a-b)157

:

ἕ π ε σ θ ο ν ἅ μ ’ ἐ μ ο ὶ Γ: κατέλυσε τοῦ οὐρανοῦ τὴν ὑπόκρισιν· κάτεισι γὰρ ἐπὶ τὴν ὀρχήστραν κλίμαξιν.

ἐχόμενος τῆς Εἰρήνης καταβαίνει ὁ πρεσβύτης ἐπὶ τὴν ὀρχήστραν. ἴσως δὲ καὶ ὁ χορὸς ἀνῆλθεν εἰς τὴν ἀναγωγὴν τῆς Εἰρήνης.

In realtà la proposta degli scolî pare difficilmente ammissibile, anche e soprattutto per problemi tecnici: difficilmente il tetto avrebbe potuto ospitare Hermes, Trigeo e il Coro. Mi pare condivisibile l’interpretazione prevalente dei critici moderni, che invece ipotizza una messa in scena al livello dell’orchestra158

: il volo di Trigeo sarebbe dunque un’illusione sce- !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

per dedurre questo tipo di movimento, e nemmeno per immaginare che Aristofane volesse soltanto suggerirlo verbalmente.

157 Così anche J

OBST 1970.

158 Cfr. e.g. M

ASTRONARDE 1990, 285-6: «I agree with those who put the house of Zeus on stage level and bring Peace “up” through the central door/cave». Importanti studi sono stati dedicati al problema da DALE

19692 (1957), N

EWIGER 19752 (1965), D

nica, e l’eroe atterrerebbe nuovamente a terra. Se così fosse, anche a livello visivo sarebbe dunque percepibile l’ambiguo gioco spaziale organizzato qui da Aristofane: dopo aver trac- ciato una distinzione netta tra terra e cielo, una volta che la faglia è stata attraversata i due spazi si mescolano, a livello performativo come a livello testuale, in un unico ‘non-spazio’ che è il luogo neutrale dell’incontro tra uomini e dèi. E così, quando Hermes spiega a Trigeo che gli dèi hanno traslocato, il poeta gli fa dire, con voluta confusione (Pax 198-9):

Τρ. ποῖ γῆς;

Ερ. ἰδοὺ γῆς.

Τρ. ἀλλὰ ποῖ;

Ερ. πόρρω πάνυ,

ὑπ’ αὐτὸν ἀτεχνῶς τοὐρανοῦ τὸν κύτταρον.

Trigeo utilizza un’espressione quasi proverbiale (cfr. e.g. E. Hipp. 1153, Ar. Ach. 209, Pl. 605), ma il solito cortocircuito comico (interpretare letteralmente anche le frasi fatte) la ren- de «utterly inappropriate»159

, e la presta ad una ambiguità somma. Solo l’intervento ‘cosmi- co’ del dio ristabilisce le giuste distanze; ma la fusione è avvenuta. Per altro, la menzione di una nuova collocazione degli Olimpi potrebbe instaurare anche nella Pace lo schema triparti- to che si è visto sarà poi in funzione negli Uccelli; Aristofane però non è interessato a sfrut- tarlo: i riferimenti alla terra si annullano completamente, e così anche quelli al cielo (prima invocato con insistenza: Pax 56, 70, 104, 112; riferimenti all’οὐρανὸς torneranno significati- vamente solo a 822, al ritorno di Trigeo sulla terra)160

. Dopo la martellante perseveranza con cui aveva costruito l’opposizione cielo-terra, proprio ora che questa opposizione potrebbe dare i suoi frutti comici e drammaturgici migliori, Aristofane rinuncia completamente a con- notare il nuovo spazio scenico. Perché?

Il fatto, passato pressoché inavvertito, è stato trattato dal solo Cassio, che ne ha fornito una interessante interpretazione161

. Anche lo studioso aveva notato che tra le due sezioni che menzionano apertamente il viaggio di Trigeo sull’Olimpo (1-179 e 819 ss.) si colloca una ampia pericope in cui i riferimenti spaziali sembrano collassare. O meglio: per Cassio non si tratta di un collasso, ma di un «ritorno inavvertito sulla terra incastonato tra due viaggi espli-

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 159 O

LSON 1998, ad 198.

160 Questo è stato osservato anche da C

ASSIO 1985, 73.

161 C

citi dalla terra al cielo e viceversa»162

, con la funzione di segnare il fallimento della sortita del protagonista e mettere il pallino dell’azione tra le mani del Coro e, metateatralmente, del pubblico.

Il problema, riconosciuto poi anche da MacDowell163

, riguarda non solo la coerenza dei riferimenti spaziali, ma anche il trattamento del Coro. Per quanto concerne il primo aspetto, sono stati molto discussi questi versi (223-6):

Ερ. ὁ Πόλεμος αὐτὴν ἐνέβαλ’ εἰς ἄντρον βαθύ.

Τρ. εἰς ποῖον;

Ερ. εἰς τουτὶ τὸ κάτω, κἄπειθ’ ὁρᾷς

ὅσους ἄνωθεν ἐπεφόρησε τῶν λίθων, ἵνα μὴ λάβητε μηδέποτ’ αὐτήν.

Hermes indica a Trigeo la grotta dove è stata rinchiusa la Pace, e lo fa con un dimostrati- vo (dunque il luogo doveva essere visibile agli spettatori), ma aggiunge poi l’avverbio κάτω. Che significa? Per alcuni ciò deve indicare una collocazione terrestre della grotta; per libera- re la Pace, dunque, occorre ridiscendere sulla terra. Questa osservazione potrebbe aiutare an- che a capire la facilità con cui il Coro riesce ad entrare in scena; mentre l’arrivo sull’Olimpo di Trigeo era stato un’impresa eroica di faticoso compimento, infatti, quando il vignaiolo chiama i Πανέλληνες in suo soccorso, essi giungono senza apparente difficoltà, o quanto meno non viene fatta menzione della difficoltà del viaggio (tanto più che il Coro non dispone di uno scarabeo, l’unico animale, μόνος πετηνῶν, in grado di raggiungere Zeus): ciò sarebbe coerente con uno svolgimento terrestre dell’azione di salvataggio. D’altra parte, le indicazio- ni di movimenti sono ridotte al minimo: Trigeo chiede ai Greci δεῦρ’ ἴτε (297) e quelli ri- spondono δεῦρο πᾶς χώρει (301). Ma dov’è δεῦρο? Chiaramente si tratta del luogo dove è rinchiusa la Pace. Ma se esso si trova sulla terra come ci è arrivato Trigeo? Come mancano riferimenti ad una ascesa del Coro, così mancano anche riferimenti di sorta ad una discesa del protagonista.

Conclusisi felicemente le operazioni dell’anodos e il discorso di Hermes, il vignaiolo de- cide di ritornare a casa; e si rivolge così allo scarabeo (720):

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 162 C

ASSIO 1985, 72.

163 M

ACDOWELL 1995, 185: «Trygaios is in heaven, which he reached only after a precarious flight, and yet when he calls for other people to help him they arrive at once without any suggestion of a long journey, as if the scene were on earth».

ὦ κάνθαρ’, οἴκαδ’ οἴκαδ’ ἀποπετώμεθα.

Il viaggio previsto è di nuovo sulle ali dell’insetto: siamo ancora in cielo. E quando il dio gli spiega che lo scarabeo servirà a Zeus, Trigeo obietta:

πῶς δῆτ’ ἐγὼ καταβήσομαι;

Spazio scenico ed extra-scenico tornano a ribaltarsi: l’Olimpo occupa di nuovo lo spazio esterno, e il mondo reale rientra in scena. E il protagonista offre nuovamente coordinate spa- ziali precise, anche questa volta fondate sull’opposizione alto-basso in funzione nel prologo (819-28): Τρ. ὡς χαλεπὸν ἐλθεῖν ἦν ἄρ’ εὐθὺ τῶν θεῶν. ἔγωγέ τοι πεπόνηκα κομιδῇ τὼ σκέλει. μικροὶ δ’ ὁρᾶν ἄνωθεν ἦστ’. ἔμοιγέ τοι ἀπὸ τοὐρανοῦ ’φαίνεσθε κακοήθεις πάνυ, ἐντευθενὶ δὲ πολύ τι κακοηθέστεροι. Οι. ὦ δέσποθ’, ἥκεις; Τρ. ὡς ἐγὼ ’πυθόμην τινός. Οι. τί δ’ ἔπαθες; Τρ. ἤλγουν τὼ σκέλει μακρὰν ὁδὸν διεληλυθώς. Οι. ἴθι νυν, κάτειπέ μοι— Τρ. τὸ τί; Οι. ἄλλον τιν’ εἶδες ἄνδρα κατὰ τὸν ἀέρα πλανώμενον πλὴν σαυτόν;

Improvvisamente, si torna a parlare con una dovizia e una densità sorprendenti del cielo e della terra; e come a 173-6, il nesso di passaggio è un momento di metateatro164

. L’interpretazione oggi prevalente per queste sezioni è di tipo ‘socio-politico’: un richiamo agli spettatori per ricordare la dimensione dell’hic et nunc ateniese che la Pace intenderebbe trasfigurare poeticamente. Ma, mentre per alcune di queste sezioni l’ipotesi è molto convin- cente165

, altre come le due qui in esame fungono soprattutto da cerniere spaziali, per far sì !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

164 Sull’importanza delle sezioni metateatrali nella Pace, cfr. tra gli altri S

LATER 2002.

165 Cfr. e.g. 543-49. I versi immediatamente precedenti (538-42), peraltro, potrebbero essere un’altra allusione

ad una collocazione celeste: per avere una visione d’insieme delle poleis greche servirebbe un’osservazione dall’alto.

che gli spettatori perdano o riguadagnino contatto con un mondo para-reale alluso tramite il gioco metateatrale. Le pericopi rivolte agli spettatori sono come la spia che la commedia si sta letteralmente muovendo: da giù a su, da su a giù. Come che sia, interessante ai nostri fini è il fatto che Trigeo torni a ricordare a tutti che la sua missione si è svolta in cielo: l’opposizione si ricostituisce, e pare non tenere in nessuna considerazione un’eventuale ridi- scesa mondana per il salvataggio.

Tanto più che, poco dopo, interrogato da un servo sulla provenienza di Theoria e Opora, il vignaiolo risponde secco (847-50):

Οι. πόθεν δ’ ἔλαβες ταύτας σύ;

Τρ. πόθεν; ἐκ τοὐρανοῦ.

Οι. οὐκ ἂν ἔτι δοίην τῶν θεῶν τριώβολον,

εἰ πορνοβοσκοῦσ’ ὥσπερ ἡμεῖς οἱ βροτοί.

Τρ. οὔκ, ἀλλὰ κἀκεῖ ζῶσιν ἀπὸ τούτων τινές.

Non solo il ‘qui’ e il ‘lì’ (850 κἀκεῖ) sono ripristinati, ma soprattutto Trigeo spiega di ave- re preso le due fanciulle (rinchiuse nella caverna con Eirene) in cielo. Ancora nessun accen- no ad una ‘catabasi’ per il salvataggio.

Quanto emerge, insomma, è che la prima e l’ultima parte della commedia non soltanto contengono ma enfatizzano una spazialità precisa, fondata su rapporti verticali tra alto e bas- so, terra e cielo. Nella sezione centrale del testo, invece, le coordinate di luogo scompaiono, o si fanno confuse, tanto da avere suggerito uno spostamento non segnalato. Per l’eventuale ridiscesa sulla terra, però, ci sono davvero troppo poche spie: essa andrebbe desunta di fatto dal solo κάτω, che però nel corso della commedia è usato in modo piuttosto generico166

. La discesa rappresenterebbe comunque uno snodo importante per l’azione: se il poeta avesse avuto interesse a segnalarla, si sarebbe dilungato, tanto più alla luce della acribia di cui sa es-

Nel documento <Se un dio lo vuole>: gli dei in Aristofane (pagine 93-109)