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Il banchetto di Polemos: una doppia teodicea

È un fatto ormai pacificamente accertato dalla critica che in una valutazione completa della commedia aristofanea non si possa non prendere in seria considerazione la scrittura pa- ratragica81

. La paratragedia, ci si è accorti, è uno dei caratteri più pervasivi del dettato aristo- faneo, e visti la sua estensione ed il suo peso specifico, è necessario che Aristofane le attri- buisse un ruolo tutt’altro che marginale: essa è senz’altro un elemento indispensabile di co- micità e buffoneria, ma è anche, perlopiù, portrarice di significati intertestuali ed intratestua- li.

Perciò, è quasi impossibile non diffondersi sull’attacco della Pace e sul suo portato para- tragico. Trigeo ha ordinato ai suoi servi di nutrire con focacce di sterco (Pax 1 ss.) uno sca- rabeo stercorario82

, con cui intende volare verso l’Olimpo. Il volo dello scarabeo è voluta- mente connotato da Aristofane con un duplice richiamo letterario ad Euripide e ad Esopo. Per quanto riguarda il primo, la tragedia parodiata è il Bellerofonte, databile tra il 455 e il 425 circa83

. Purtroppo questa ci è stata tramandata in forma gravemente frammentaria e, co- me spesso accade, la sua ricostruzione è un enigma di pressoché impossibile soluzione. Pote- re risalire alla trama con qualche certezza sarebbe un grande aiuto nell’analisi dell’uso fatto da Aristofane della tragedia; oggi ci si trova però nella condizione opposta, il tentativo cioè di dire qualche parola sul testo euripideo a partire dal suo riuso nella Pace84

. Il personaggio di Bellerofonte (ἀμύμων Βελλεροφόντης) compare già nei poemi, nel celebre apologo di Glauco (Il. VI 155-211). Qui si raccontano le imprese dell’eroe, tra cui l’uccisione di Chime- ra, e, sull’ultimo periodo della vita di Bellerofonte si dice (Il. VI 200-205):

Ἀλλ’ ὅτε δὴ καὶ κεῖνος ἀπήχθετο πᾶσι θεοῖσιν, ἤτοι ὁ κὰπ πεδίον τὸ Ἀλήϊον οἶος ἀλᾶτο,

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

81 Il primo grande studio, ancora oggi molto utile, è l’ampia ricognizione di R

AU 1967; la bibliografia in mate- ria è sterminata: cfr. e.g. BONANNO 1987, GOLDHILL 1991, SILK 1993 e 2000, DOBROV 2001, MASTROMARCO

2006.

82 Cfr. D

AVIES –KITHIRITHAMBY 1986, 88-9, BEAVIS 1988, 157-64.

83 Cfr. C

ROPP –FICK 1985, 20, 70, 77 e COLLARD –CROPP –LEE 1995, 101.

84 Per una ricognizione sullo stato delle nostre conoscenze, cfr. C

OLLARD –CROPP –LEE 1995, 98-101 (con bi- bliografia), COLLARD –CROPP 2008, 289-293. Alcune ipotesi ricostruttive anche in RIEDWEG 1990 e DOBROV

2001, 92-97, che dipende perlopiù dai lavori di DI GREGORIO 1983a e 1983b, su cui cfr. infra p. 67. Non sem- pre impeccabile e condivisibile il lavoro di CURNIS 2003.

ὅν θυμὸν κατέδων, πάτον ἀνθρώπων ἀλεείνων· Ἴσανδρον δέ οἱ υἱὸν Ἄρης ἆτος πολέμοιο

αρνάμενον Σολύμοισι κατέκτανε κυδαλίμοισι· τὴν δὲ χολωσαμένη χρυσήνιος Ἄρτεμις ἔκτα.

Viene menzionato un cattivo rapporto con gli dèi, causa dei mali della sua stirpe, ma mancano riferimenti più precisi. Anche in Esiodo si trovano richiami all’impresa principale di Bellerofonte, l’uccisione di Chimera, e per la prima volta l’eroe compare insieme a Pega- so (Hes. Th. 325 τὴν [scil. Χίμαιραν] μὲν Πήγασος εἷλε καὶ ἐσθλὸς Βελλεροφόντης). Ma per un racconto completo della sventura finale capitata occorre aspettare qualche secolo, con l’Istmica settima di Pindaro (P. i. VII 42-8):

θνᾴσκομεν γὰρ ὁμῶς ἅπαντες: δαίμων δ᾽ ἄϊσος: τὰ μακρὰ δ᾽ εἴ τις παπταίνει, βραχὺς ἐξικέσθαι χαλκόπεδον θεῶν ἕδραν: ὅτι πτερόεις ἔρριψε Πάγασος δεσπόταν ἐθέλοντ᾽ ἐς οὐρανοῦ σταθμοὺς ἐλθεῖν μεθ᾽ ὁμάγυριν Βελλεροφόνταν Ζηνός: τὸ δὲ πὰρ δίκαν γλυκὺ πικροτάτα μένει τελευτά.

Per confermare la sua gnome, Pindaro introduce l’exemplum mitico di Bellerofonte, e rac- conta per la prima volta del fallito tentativo di volare sino alla dimora degli dèi nel cielo (ἐς οὐρανοῦ σταθμούς). Che il volo sull’Olimpo dovesse costituire un punto centrale della tra- gedia euripidea ci è noto da alcune fonti, soprattutto Asclepiade e il De astronomia di Igi- no85. Nessuno però fornisce una motivazione univoca per il volo: per alcuni (schol. T ad Il.

VI 202a)86 l’eroe voleva protestare contro gli dèi per la morte dei figli, per altri (Arist. Probl.

953a21 ss.)87

la colpa è della μελαγχολία, per altri ancora, Pindaro incluso, il suo è un gesto di dismisura. Non ci è chiaro perciò quale fosse la causa addotta da Euripide, e non è chiaro !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

85 Hygin. Astron. II 18.1: Unde victor profugiens post fontis inventionem, cum ad caelum contenderet evolare

neque longe iam abesset, despiciens ad terram, timore permotus, decidit ibique perisse dicitur; equus autem subvolasse et inter sidera ab Iove constitutus existimatur.

86 ὃ ν θ υ μ ὸ ν κ α τ έ δ ω ν: οὐχ ὡς οἱ νεώτεροί φασι, μελαγχολάνας, ἀλλ’ ὀδυνώμενος ἐπὶ τῇ τῶν

παίδων ἀπωλείᾳ ἐμόναζεν.

87 … ἔτι δὲ τὰ περὶ Αἴαντα καὶ Βελλεροφόντην, ὧν ὁ μὲν ἐκστατικὸς ἐγένετο παντελῶς, ὁ δὲ τὰς

nemmeno in quale punto della vicenda di Bellerofonte vada collocata la tragedia, e quale rapporto debba essere stabilito – se se ne deve stabilire uno – con la Stenebea: l’uccisione della moglie del re Preto ha qualche conseguenza sulla vicenda del Bellerofonte? Se sì, qua- li? Non si riesce poi a stabilire chi fossero gli altri personaggi della tragedia: per molti è pro- babile che fosse in scena un figlio dell’eroe (forse Glauco)88

, ma questa ipotesi si fonda sullo scambio tra Trigeo e le figlie nella Pace, e va dunque presa con il beneficio dell’inventario. Di difficile valutazione (e di difficile decifrazione, causa una tradizione gravemente corrotta) anche l’apporto che dovrebbe portare, nella ricostruzione generale dell’opera, un epigramma dell’Antologia Palatina (AP III 15), contenente l’ekphrasis di un rilievo del II sec. a.C. in un tempio di Cizico, che forse ritraeva la vicenda di Bellerofonte così come raccontata da Euri- pide alcuni secoli prima89

. La valutazione dell’epigramma, tuttavia, è difficile e tutt’altro che certa.

Qual è dunque l’uso che Aristofane fece del Bellerofonte euripideo? Certamente, quello del 421 non è il primo caso in cui la tragedia viene messa in parodia. Già negli Acarnesi la scena tra Diceopoli ed Euripide prevede un rimando maligno al testo (Ach. 426-9):

Ευ. Ἀλλ ἦ τὰ δυσπινῆ θέλεις πεπλώματα,

ἃ Βελλεροφόντης εἶχ ὁ χωλὸς οὑτοσί;

Δι. Οὐ Βελλεροφόντης· ἀλλὰ κἀκεῖνος μὲν ἦν

χωλός, προσαιτῶν, στωμύλος, δείνος λέγειν.

Altri echi si trovano nei Cavalieri (il v. 1249 è paratragico dal Bellerofonte)90

e nelle Ve- spe (parodia euripidea al v. 757)91. E nelle Rane Bellerofonte è di nuovo citato, direttamente

da Eschilo, come esempio di reprensibile personaggio euripideo, insieme a Stenebea (Ra. 1050-1):

ὅτι γενναίας καὶ γενναίων ἀνδρῶν ἀλόχους ἀνέπεισας

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 88 Così e.g. C

OLLARD –CROPP –LEE 1995, 100: «Whether Megapenthes was there or not, a son of Bellerophon probably was, either an unknown Glaucus or, conceivably, Isander».

89 Grande peso all’epigramma dà, tra gli altri,

DI GREGORIO 1983a. Sugli epigrammi ciziceni si vedrà utilmente

MALTOMINI 2002.

90 Ar. Eq. 1249: κυλίνδετ’ εἴσω τόνδε τὸν δυσδαίμονα. Cfr. sch. vet. ad loc.: κ υ λ ί ν δ ε τ ’ ε ἴ σ ω:

ἑαυτὸν λέγει ὁ Κλέων. ταῦτα δὲ ἐκ Βελλεροφόντου Εὐριπίδου.

91 Ar. Ve. 757: πάρες, ὦ σκιερά. Cfr. sch. vet. ad loc.: π ά ρ ε ς ὦ σ κ ι ε ρ ά: παρὰ τὰ ἐκ Βελλεροφόντου

κώνεια πιεῖν αἰσχυνθείσας διὰ τοὺς σοὺς Βελλεροφόντας.

A pieno diritto perciò Dobrov osserva che «throughout his career, Aristophanes mainte- ned an interest in Bellerophontes» e che questa tragedia doveva far parte di un «rather cir- cumscribed group of Aristophanic favorites»92

. Ciò però non aiuta a definire lo status, la rea- le estensione e l’intenzione poetica della paratragedia euripidea nella Pace. Senz’altro l’intero mechanema del volo con lo scarabeo è un abbassamento comico del volo su Pegaso, e la ripresa euripidea è un caso da manuale di ‘parodia espansa’, in cui cioè l’elemento di pa- rodia testuale è affiancato da una parodia ‘performativa’, che investe tutti gli aspetti della performance e «ne stravolge, a fini comici, sia la lexis che l’opsis»93

. E in effetti, la citazione di porzioni di testo è modesta. Si tratta di pochi versi, perlopiù frustuli testuali (Pax 76):

“ὦ Πηγάσιόν μοι”, φησί, “γενναῖον πτερόν”

Il verso è, come ci informano gli scolî94

, una manipolazione di E. fr. 306 Kannicht (ἄγ’ ὦ φίλον μοι Πηγάσου ταχὺ πτερόν). E anche più avanti, al momento della partenza, Trigeo si rivolge così allo scarabeo (Pax 154-6):

ἀλλ’ ἄγε, Πήγασε, χώρει χαίρων χρυσοχάλινον πάταγον ψαλίων διακινήσας φαιδροῖς ὠσίν.

E i versi paiono un rimaneggiamento di E. fr. 307 Kannicht: ἴθι χρυσοχάλιν’ αἴρων πτέρυγας95. Ma al di là dei punti di contatto testuali, il riuso della scena del volo di Bellero- fonte doveva essere estensivo. Quale deve essere il significato di questa scelta? C’è sicura- mente l’intento da parte di Aristofane di dare all’attacco della commedia un tono tragico, e quindi al suo protagonista una veste eroica: «la parodia dell’impresa di Bellerofonte si spiega !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

92 D

OBROV 2001, 90.

93 M

ASTROMARCO 2012, 117. Su questa importante osservazione metodologica si vedrà già utilmente MA-

STROMARCO 2006. Sulla parodia del Bellerofonte nella Pace utile ed esaustivo è il commento di MASTROMAR-

CO 2012, ancorché non del tutto condivisibile nel tentativo di ricostruzione della parodia musicale, che presup- pone il ricorso alla parakataloghé, una forma ritmica sul cui impiego e la sua tipologia è molto difficile avanza- re ipotesi. Per un’interpretazione più complessa ed elaborata della paratragedia euripidea nell’incipit della Pace cfr. TELÒ 2010.

94 Sch. vet. ad Ar. Pac. 76b. 95 Cfr. sch. vet. ad Ar. Pac. 154d.

con il preciso disegno di Aristofane di dare alla commedia un attacco ‘eroico’»96

. Come un personaggio tragico che si rispetti Trigeo è prima menzionato, poi lo si sente dall’interno97

, e infine alla sua comparsa guida il corrispettivo comico di Pegaso. Ma non basta. Dai pochi frammenti in nostro possesso, pare di poter concludere che la tragedia doveva affrontare di petto la rivalità fra uomini e dèi. Uno dei frammenti più lunghi e celebri in nostro possesso, forse proveniente da una rhesis pronunciata dallo stesso Bellerofonte, è categorico (E. fr. 286 Kannicht): φησίν τις εἶναι δῆτ’ ἐν οὐρανῷ θεούς; οὐκ εἰσίν, οὐκ εἴσ’, εἴ τις ἀνθρώπων θέλει μὴ τῷ παλαιῷ μῶρος ὢν χρῆσθαι λόγῳ. σκέψασθε δ’ αὐτοί, μὴ ἐπὶ τοῖς ἐμοῖς λόγοις γνώμην ἔχοντες. φήμ’ ἐγὼ τυραννίδα κτείνειν τε πλείστους κτημάτων τ’ ἀποστερεῖν ὅρκους τε παραβαίνοντας ἐκπορθεῖν πόλεις· καὶ ταῦτα δρῶντες μᾶλλόν εἰσ’ εὐδαίμονες τῶν εὐσεβούντων ἡσυχῇ καθ’ ἡμέραν. πόλεις τε μικρὰς οἶδα τιμώσας θεούς, αἳ μειζόνων κλύουσι δυσσεβεστέρων λόγχης ἀριθμῷ πλείονος κρατούμεναι. οἶμαι δ’ ἂν ὑμᾶς, εἴ τις ἀργὸς ὢν θεοῖς εὔχοιτο καὶ μὴ χειρὶ συλλέγοι βίον, τὰ θεῖα πυργοῦσιν αἱ κακαί τε συμφοραί.

Il frammento pare entrare nel vivo di una questione di teodicea, e il parere del parlante è chiaro: viste le ripetute infrazioni a qualsivoglia tipo di giustizia, si deve dedurre che gli dèi, che ne dovrebbero essere garanti, non esistono98

. Bellerofonte sembra un interessante para- digma di μισόθεος, e se il tema dei rapporti tra uomini e divinità e delle reciproche respon- sabilità doveva essere come pare centrale nella tragedia (e forse anche una delle motivazioni del viaggio verso l’Olimpo), l’utilità del richiamo a Bellerofonte nella caratterizzazione di Trigeo assume contorni più chiari. Il punto di partenza sarebbe il medesimo: una condizione di difficoltà che offre ragioni di lamentela nei confronti degli dèi, e l’idea eroica di salire in !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

96 C

ASSIO 1985, 51.

97 Così, ad esempio, anche Medea: E. Med. 96-7 (con M

ASTRONARDE 2002 ad loc.).

98 Il concetto è ripreso in un altro frammento, di più problematica interpretazione, E. fr. 292 Kannicht, special-

cielo (E. fr. 286, 1 Kannicht ἐν οὐρανῷ ∼ Ar. Pax 104 etc. εἰς τὸν οὐρανόν) per affrontare direttamente i propri avversari. L’aprosdoketon comico consiste nel fatto che Bellerofonte, partito con la convinzione che gli dèi non abitassero il cielo, scopre che essi esistono e ne paga le conseguenze, mentre Trigeo, convinto di trovare Zeus, scopre che gli dèi hanno tra- slocato.

Una teoria recente vede in questa dialettica, forse non del tutto a torto, un gioco di genere: «At work here is a curious and covert intergeneric, imaginary rivalry […] Mr. Comedy (Trygaios) replaces the tragic protagonist (Bellerophontes-Euripides) to demonstrate the su- perior power of his genre. In Peace as in the other utopian plays considered here, comedy deviously masks its own fictionality in disavowing the tragic imaginary as ineffectual and needing replacement by a “real” and contemporary solution»99

. La consapevolezza di genere in Aristofane doveva essere in effetti molto alta, ma forse non è necessario cercare ragioni così fini nella parodia euripidea. Tanto più che il volo di Trigeo è ad un tempo una vittoria comica sul paradigma tragico, ma anche il suo inveramento: la tentazione di leggere l’arrivo del vignaiolo sull’Olimpo come realizzazione comica della gnome di E. fr. 286, 1-2 è forte. Più probabilmente, l’interesse del commediografo (anche più consono al suo usus) era sem- plicemente fornire una cornice letteraria valida al suo protagonista, e collocare la sua impre- sa in un contesto agonistico. Il riferimento a Bellerofonte non poteva essere neutro per la platea del 421: doveva rimandare con immediatezza ad una tipologia particolare di eroe tra- gico, quella del protagonista che sfida gli dèi; al tempo stesso, rinvia, ancorché in modo sur- rettizio, anche ad un paradigma preciso di divinità, quella non benigna nei confronti dei mor- tali, ma pronta ad ingaggiare con essi una rivalità anche violenta. Anche i riferimenti letterari che Aristofane semina nell’incipit della commedia sono volti a suggerire che il vero nucleo di tensioni, e quindi il polo drammatico, della Pace sta nel conflitto tra mortali e divinità. In tragedia, di solito, tale conflitto si risolve a netto vantaggio dei secondi; la Pace ha bisogno di sviluppare il contrasto, e la sua conclusione sarà invece una pacificazione sorprendente.

Si spiega così anche la necessità di affiancare alla parodia del Bellerofonte un’ulteriore coordinata letteraria, questa più inaspettata: un logos esopico100

. La favola riportata è quella dello scarabeo e dell’aquila, che pare essere stata raccontata dallo stesso Esopo a Delfi per difendersi dall’accusa di avere rubato una φιάλη dorata (Vit. Aesop. 134). La vicenda, che è !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

99 D

OBROV 2001, 89 . 97. Su questa linea anche HALL 2006.

100 Sulla presenza delle favole nelle commedie aristofanee, cfr. Schirru 2009 (99-103 per un’analisi del logos in

tramandata con alcune differenze anche dagli sch. vet. ad Ar. Pac. 129, dalla Vit. Aesop. 135-9, è questa (Aesop. Fab. 3 Perry):

ἀετὸς λαγωὸν ἐδίωκεν. ὁ δὲ ἐν ἐρημίᾳ τῶν βοηθησόντων ὑπάρχων, ὃν μόνον ὁ καιρὸς παρέσχεν, κάνθαρον ἰδὼν τοῦτον ἱκέτευεν, ὁ δὲ παραθαρσύνας αὐτὸν ὡς ἐγγὺς ἐλθόντα τὸν ἀετὸν ἐθεάσατο, παρεκάλει μὴ ἀπάγειν αὐτοῦ τὸν ἱκέτην. κἀκεῖνος ὑπεριδὼν τῆς σμικρότητος ἐν ὄψει τοῦ κανθάρου τὸν λαγωὸν κατεθοινήσατο. ὁ δὲ ἀπ’ ἐκείνου μνησικακῶν διετέλει παρατηρούμενος τοῦ ἀετοῦ τὰς καλιὰς καί, εἴ ποτε ἐκεῖνος ἔτικτε, μετάρσιος αἰρόμενος ἐκύλιε τὰ ὠὰ καὶ κατέασσε, μέχρις οὗ πανταχόθεν ἐλαυνόμενος ὁ ἀετὸς ἐπὶ τὸν Δία κατέφυγεν καὶ αὐτοῦ ἐδεήθη τόποναὐτῷ πρὸς νεοττοποιίαν ἀσφαλῆ παρασχεῖν. τοῦ δὲ Διὸς ἐν τοῖς ἑαυτοῦ κόλποις τίκτειν ἐπιτρέψαντος αὐτῷ ὁ κάνθαρος τοῦτο ἑωρακὼς κόπρου σφαῖραν ποιήσας ἀνέπτη καὶ γενόμενος κατὰ τοὺς τοῦ Διὸς κόλπους ἐνταῦθα καθῆκεν. ὁ δὲ Ζεὺς ἀποσείσασθαι τὴν κόπρον βουλόμενος ὡς διανέστη, ἔλαθεν ἀπορρίψας τὰ ὠά. ἀπ’ ἐκείνου τέ φασιν, περὶ ὃν καιρὸν οἱ κάνθαροι γίνονται, τοὺς ἀετοὺςμὴ νεοττεύειν. ὁ λόγος διδάσκει μηδενὸς καταφρονεῖν λογιζομένους, ὅτι οὐδεὶς οὕτως ἐστὶν ἀδύνατος, ὡς προπηλακισθεὶς μὴδύνασθαι ἑαυτὸν ἐκδικῆσαι.

Interrogato dalla figlia, Trigeo cita esplicitamente questo logos (Pax 127-34):

Πα. τίς δ’ ἡ ’πίνοιά σοὐστὶν ὥστε κάνθαρον ζεύξαντ’ ἐλαύνειν εἰς θεούς, ὦ παππία; Τρ. ἐν τοῖσιν Αἰσώπου λόγοις ἐξηυρέθη μόνος πετηνῶν εἰς θεοὺς ἀφιγμένος. Πα. ἄπιστον εἶπας μῦθον, ὦ πάτερ πάτερ, ὅπως κάκοσμον ζῷον ἦλθεν εἰς θεούς. Τρ. ἦλθεν κατ’ ἔχθραν αἰετοῦ πάλαι ποτέ, ᾤ’ ἐκκυλίνδων κἀντιτιμωρούμενος.

L’uso di Esopo non è stato considerato con grande attenzione dalla critica. Cassio vi ve- deva i prodromi della diminutio della status eroico con cui Trigeo si era presentato in scena (su cui cfr. infra): la risposta ai vv. 129-30 sarebbe un modo di spostare l’interesse «dai fini ai modi, dal perché al come»101

. In realtà, qui il protagonista risponde con precisione ad una domanda precisa: la figlia gli chiede quale ἐπίνοια lo stia spingendo a tentare di volare con uno scarabeo (‘come ti viene in mente…?’) e Trigeo replica dando una spiegazione puntuale !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

101 C

(‘perché lo scarabeo è l’unico che è arrivato dagli dèi’). E anche Olson riduce la portata della citazione: «Trygaeus, however, is merely interested in an easy means of transport to heaven, and he accordingly uses a giant Aitnaian dung-beetle to get him there in place of Bellero- phon’s Pegasos»102

. A me pare che la menzione dello scarabeo nella favola esopica chiarisca, dopo un centinaio di versi, la centralità dell’animale, e che vada dunque fatta rientrare come elemento portante della parodia espansa, e non come semplice riferimento strumentale o pointe comico-letteraria. Il sottotesto del logos di Esopo è piuttosto utile ai fini della costru- zione drammatica ricercata da Aristofane all’inizio della commedia: Zeus, che dovrebbe es- sere garante di giustizia, ancora una volta si schiera invece dalla parte dei prepotenti (l’aquila), ignorando le istanze dei più deboli; è dunque simbolo e causa attiva di ingiustizia e sopraffazione. La condizione di πλεονεξία cui l’aquila sottopone la lepre e lo scarabeo sembra insolubile; eppure, l’essere più umile e disprezzabile trova una mechané dai tratti comici per ribaltare la situazione. E tale mechané presuppone un coinvolgimento agonistico di Zeus, una vera e propria sfida al padre degli dèi. I punti di tangenza rispetto alle circostan- ze in cui si apre la Pace sono dunque ben più che contingenti, ma sono anzi funzionali anche e soprattutto nella definizione del contesto di partenza: una situazione ingiusta (la guerra), favorita dagli dèi, viene ribaltata da una figura umile attraverso una sfida diretta ai garanti di quell’ordine, gli dèi stessi. L’aggiunta del paradigma esopico a quello euripideo rafforza il complesso semantico intertestuale – e quindi in buona misura anche il senso generale dell’incipit – e gli dà uno sbocco positivo: non solo l’arrivo sull’Olimpo ma anche il succes- so finale dell’impresa.

La finissima trama letteraria tessuta da Aristofane nell’incipit della commedia, dunque, contribuisce a confermare la duplice connotazione di dèi e uomini che emerge già dalle paro- le di Trigeo: gli uni responsabili attivi della guerra (58 κατάθου τὸ κόρημα; 63 λήσεις σεαυτὸν τὰς πόλεις ἐκκοκίσας), gli altri pronti ad una sfida diretta, attraverso il loro campio- ne (comico), il vignaiolo di Atmone. Quello che si apre, quindi, è un problema molto diretto di teodicea103

: qual è la responsabilità degli dèi nella guerra? Le parole di Trigeo non lascia- no scampo: essi sono i responsabili unici della continuazione delle ostilità. La percezione del male, in realtà, non porta il vignaiolo alla conclusione dell’inesistenza delle divinità, come !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

102 O

LSON 1998, xxxv.

103 Così C

ORSINI 1986b, 163: «Il problema posto da Aristofane […] non è quindi tanto di teologia quanto di teodicea, in quanto l’esistenza degli dèi non si concilia con la condizione miseranda in cui si trova a essere la Grecia». Per una trattazione della questione degli dèi, cfr. anche PADUANO 20083 (1997).

avveniva per Bellerofonte; anzi, alla commedia serve che essi esistano, e che lo scontro, in qualche sua forma, si verifichi. La teodicea comica non si pone problemi di tenuta filosofica, ma solo di tenuta drammaturgica: il male nel mondo esiste, e così anche gli dèi; questi, anzi, ne sono addirittura i veri responsabili. Per tornare ad utilizzare una formulazione già intro- dotta, essi sono la causa diretta del «Great Problem» che costituisce l’attacco della comme- dia; chi voglia porvi una soluzione deve avere la «Great Idea» di sfidarli direttamente. Quan- to emerge pressoché univocamente dall’inizio della commedia, dunque, è che alla Pace non può applicarsi quanto osserva Given: «Unlike in Euripidean tragedy, gods rarely cause the negative circumstances […] Except in Wealth, then, the causes of the Great Problem are hu- man, not divine»104. Anzi, il richiamo così forte ed insistito alla tragedia euripidea – e ad una

in particolare –, vuole proprio rafforzare la sensazione di un torto subito da parte delle divi- nità, e della necessità di un conflitto tra mortali ed immortali.

La questione però si complica. Arrivato sull’Olimpo dopo un viaggio che ha in sé elemen- ti di spiccato metateatro (specialmente 173-6), di irresistibile comicità e di quasi certa paro- dia scenica del Bellerofonte, Trigeo affronta una delle tipiche scene aristofanee del porti- naio105

. A svolgere il compito, però, è una divinità, Hermes, qui nella sua tradizionale asso- ciazione con le porte di cui tra le altre cose è custode (προπύλαιος)106

. I toni, secondo il to- pos, si fanno accesi fin da subito. Il dio apostrofa il mortale in modo duro (182-5):

ὦ μιαρὲ καὶ τόλμηρε κἀναίσχυντε σὺ καὶ μιαρὲ καὶ παμμίαρε καὶ μιαρώτατε, πῶς δεῦρ’ ἀνῆλθες, ὦ μιαρῶν μιαρώτατε; τί σοί ποτ’ ἔστ’ ὄνομ’; οὐκ ἐρεῖς;

La risposta di Trigeo non si fa attendere, ed è di aperta sfida, come mostra anche il ricorso esasperato alle antilabaì (185-7):

μιαρώτατος. Ερ. πατὴρ δέ σοι τίς ἐστιν; Τρ. ἐμοί; μιαρώτατος. 187 Ερ. ποδαπὸς τὸ γένος δ’ εἶ; φράζε μοι. !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 104 G

IVEN 2009, 109-10. Qui la Pace viene citata come esempio di cause umane; il problema in realtà è più sot- tile: cfr. infra.

105 Cfr. e.g. Ach. 393 ss., Eq. 725 ss., Nub. 131 ss., Av. 54 ss., Ra. 460 ss., Th. 36 ss., Pl. 1097 ss. 106 Cfr. E

Τρ. μιαρώτατος. 186

La scena pare avere un parallelo in Epicarmo107, ma mi pare corretta l’osservazione di Ol-

son: «More likely, these are two independent uses of a single comic idea»108

. Per la verità, infatti, il trucco usato da Trigeo ricorda molto da vicino anche quello celebre di Odisseo con Polifemo (Od. IX 364-7):

Κύκλωψ, εἰρωτᾷς μ’ ὄνομα κλυτόν; αὐτὰρ ἐγώ τοι ἐξερέω· σὺ δέ μοι δὸς ξείνιον, ὥς περ ὑπέστης. Οὖτις ἐμοί γ’ ὄνομα· Οὖτιν δέ με κικλήσκουσι μήτηρ ἠδὲ πατὴρ ἠδ’ ἄλλοι πάντες ἑταῖροι.

Se così fosse, si aggiungerebbe un ulteriore tassello alla trama letteraria con cui Aristofa- ne costruisce il conflitto uomini-dèi: Hermes sarebbe paragonato al Ciclope, antagonista par excellence, di origine divina, e Trigeo allo scaltro Odisseo. La tensione, in ogni caso, è alta; e viene risolta con una delle tipiche pointes aristofanee contro la religione di scambio: Her- mes, come tutti gli dèi in Aristofane109

, è sensibile alla carne che gli viene offerta, e accetta di ammorbidire i toni. Ma quando il vignaiolo chiede che gli venga chiamato Zeus, ecco l’aprosdoketon (195-7):

ἰηῦ ἰηῦ ἰηῦ, ὅτ’ οὐδὲ μέλλεις ἐγγὺς εἶναι τῶν θεῶν· φροῦδοι γάρ· ἐχθές εἰσιν ἐξῳκισμένοι.

Gli dèi hanno abbandonato la loro dimora per raggiungere un luogo del cielo irraggiungi- bile (198-9 πόρρω πάνυ, | ὑπ’ αὐτὸν ἀτεχνῶς τοὐρανοῦ τὸν κύτταρον; cfr. Av. 1000-1

αὐτίκα γὰρ ἀήρ ἐστι τὴν ἰδέαν ὅλος | κατὰ πνιγέα μάλιστα). Questa localizzazione ‘cosmica’ serve ad accrescere, con tipica dismisura comica, il senso di lontananza che gli dèi hanno vo- luto porre tra sé e gli uomini. Il punto saliente per la discussione sulla teodicea aristofanea arriva quando Trigeo chiede spiegazioni (Pax 203-22):

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

107 Epich. f. 125: τίς ἐστι μάτηρ; :: Σακίς. :: ἀλλὰ τίς πατήρ; | Σακίς. :: τίς ἀδελφεὸς δέ; :: Σακίς. 108 O

LSON 1998 ad loc.

109 Cfr. e.g. la scena in Ar. Av. 1565-1693, tutta giocata sulla ghiottoneria di Eracle che ha la meglio sulla ra-

gion di stato di Posidone, o la scena in Ar. Pl. 1099-1170, dove è proprio Hermes a promettere una defezione dal campo degli dèi in cambio di un po’ di cibo.

Τρ. ἐξῳκίσαντο δ’ οἱ θεοὶ τίνος οὕνεκα; Ερ. Ἕλλησιν ὀργισθέντες. εἶτ’ ἐνταῦθα μέν, ἵν’ ἦσαν αὐτοί, τὸν Πόλεμον κατῴκισαν, ὑμᾶς παραδόντες δρᾶν ἀτεχνῶς ὅ τι βούλεται· αὐτοὶ δ’ ἀνῳκίσανθ’ ὅπως ἀνωτάτω, ἵνα μὴ βλέποιεν μαχομένους ὑμᾶς ἔτι μηδ’ ἀντιβολούντων μηδὲν αἰσθανοίατο. Τρ. τοῦ δ’ οὕνεχ’ ἡμᾶς ταῦτ’ ἔδρασαν; εἰπέ μοι. Ερ. ὁτιὴ πολεμεῖν ᾑρεῖσθ’, ἐκείνων πολλάκις σπονδὰς ποιούντων· κεἰ μὲν οἱ Λακωνικοὶ ὑπερβάλοιντο μικρόν, ἔλεγον ἂν ταδί· “ναὶ τὼ σιὼ νῦν Ὡττικίων δωσεῖ δίκαν”. εἰ δ’ αὖ τι πράξαιτ’ ἀγαθόν, Ἀττικωνικοί, κἄλθοιεν οἱ Λάκωνες εἰρήνης πέρι, ἐλέγετ’ ἂν ὑμεῖς εὐθύς· “ἐξαπατώμεθα νὴ τὴν Ἀθηνᾶν”. —“νὴ Δί’, οὐχὶ πειστέον. ἥξουσι καὖθις, ἢν ἔχωμεν τὴν Πύλον”. Τρ. ὁ γοῦν χαρακτὴρ ἡμεδαπὸς τῶν ῥημάτων. Ερ. ὧν οὕνεκ’ οὐκ οἶδ’ εἴ ποτ’ Εἰρήνην ἔτι τὸ λοιπὸν ὄψεσθ’.

Il discorso di Hermes, incalzato da Trigeo, si articola in due punti: dapprima (204-9) il sentimento degli dèi nei confronti degli uomini; poi (211-9) la spiegazione del perché questo sentimento sia maturato. A questa bipartizione corrisponde anche una distinzione di poteri e responsabilità. Gli dèi sono furiosi (204 ὀργισθέντες) nei confronti dei Greci; per questa ra- gione, lasciando le loro antiche sedi (205 ἵν’ ἦσαν αὐτοί), hanno collocato (κατῴκισαν) Po- lemos, dio della guerra. La scelta dei verbi è interessante: Polemos non ha occupato una sede vacante, ma è stato scientemente collocato dagli immortali110

. E questi gli hanno lasciato, con pieno mandato, gli uomini: il verbo scelto, παραδιδόναι, spesso utilizzato nel gergo mi- litare111

, sottolinea la consegna volontaria (come spesso in Aristofane)112

. Da par loro, si sono !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

110 Cfr. LSJ s.v. κατοικίζω; cfr. e.g. E. Hipp. 616-7 ὦ Ζεῦ, τί δὴ κίβδηλον ἀνθρώποις κακὸν | γυναῖκας ἐς

φῶς ἡλίου κατώικισας;

111 Cfr. e.g. Hdt. III 149 Τὴν δὲ Σάμον σαγηνεύσαντες οἱ Πέρσαι παρέδοσαν Συλοσῶντι ἔρημον ἐοῦσαν

ἀνδρῶν, Th. VII 86 κἀκεῖνος οὐχ ἥκιστα διὰ τοῦτο πιστεύσας ἑαυτὸν τῷ Γυλίππῳ παρέδωκεν.

112 E.g. Ar. Ve. 541 ἐψήφισται τοὺς ἀδικοῦντας τοῖσι δικασταῖς παραδοῦναι, Eq. 1388-9 φήσεις γ’,

ἐπειδὰν τὰς τριακοντούτιδας | σπονδὰς παραδῶ σοι, Pax 888 σκέψασθ’ ὅσ’ ὑμῖν ἀγαθὰ παραδώσω φέρων.

allontanati con disinteresse: la lontananza dalle cose degli uomini, più che a renderli irrag- giungibili, serve a non vedere e sentire battaglie o lamentele. Nella seconda parte del discor- so, su richiesta di Trigeo, Hermes approfondisce le ragioni del disgusto, e qui la responsabi- lità umana è massima: nonostante gli dèi avessero offerto ai mortali diverse occasioni di tre- gua, questi, per diffidenza reciproca (una differenza che viene confermata dalla battuta di Trigeo a 220), non le hanno mai sfruttate.

Quello che emerge qui è, come si è spesso osservato, una eziologia prevalentemente umana della guerra, che sembra ribaltare completamente la prospettiva iniziale: «it quickly comes out that the Olympians are not responsible for the continuation of the Peloponnesian