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SCELTE STRATEGICHE E METODOLOGICHE DELLA RICERCA SUL SITO DI LIGNANA

2.2 Il GIS di scavo

La realizzazione di GIS71 di scavo del sito di Lignana servirà per ampliare le possibilità di ricerca che il sito può offrire. L’introduzione della tecnologia GIS ha portato ad un salto di qualità nella fruizione di una serie di strumenti che hanno velocizzato e facilitato operazioni prima molto complesse e dispendiose in termini di tempo, rendendo in generale meglio

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Vedi GIULIANI C. F., Archeologia e documentazione grafica, Roma, 1976; MEDRI M., Manuale di

rilievo archeologico, Roma, 2003; e ancora CARANDINI A., Storie dalla Terra: manuale di scavo archeologico,

Torino, 2000, pp. 99-126.

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COLAVITTI A. M., Pratica del rilievo archeologico e documentazione grafica sullo scavo, in Metodo

e strategie dello scavo archeologico, TRONCHETTI C., Roma, 2003, p. 80.

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MANACORDA D., Lezioni di archeologia, Bari, 2008, p. 235.

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HARRIS E. C., Principi di stratigrafia archeologica, Roma, 2004, pp. 151-170.

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gestibile l’intero ciclo di trattamento dell’informazione archeologica72. Ritengo che sia importante partire dal GIS dello scavo di Lignana per arrivare ad estenderlo in modo che comprenda l’intera Valdinievole.

Il GIS di uno scavo è la riproduzione del dato archeologico stratigrafico integralmente e realisticamente riprodotto, nel quale ogni singolo oggetto individuato assume il ruolo di elemento di indagine e strumento di elaborazione a vari livelli.

L’unico modo per produrre un buon GIS di uno scavo che lo ricostruisca realmente è quello di inserire nel GIS tutte le componenti dello scavo.

Gestire graficamente lo scavo è una cosa difficile ed organizzare la stratigrafia all’interno della piattaforma è problematico e laborioso. E’ necessario creare delle basi vettoriali molto complesse che richiedono tempi di preparazione molto lunghi, ma questa è la condizione imprescindibile per ottenere un buon GIS di scavo73.

Ancor prima di arrivare ad una caratterizzazione interpretativa dei dati è necessario classificare gli elementi inseriti secondo la loro geometria (linee, poligoni, punti). Questa classificazione servirà, prima di tutto, a fornire una struttura ben definita a cui ricondurre i dati da inserire nel GIS di scavo e ad agevolare la diffusione delle informazioni.

Per raggiungere questo scopo sarà necessario impostare un modello, aperto e funzionale ad accogliere qualsiasi oggetto presente nel mondo fisico. Questo modello sarà caratterizzato da un’impalcatura che terrà conto delle caratteristiche intrinseche del dato (coerenza logica ed identità geometrica) e non del significato ad esso attribuito attraverso interpretazioni soggettive.

Nell’organizzazione dei dati di scavo, coniugando distinzione tipologica e geometrica, sarà fondamentale adottare un criterio perfettamente aderente ai principi della strategia archeologica, per esempio, le unità stratigrafiche positive e negative verranno distinte non solo sulla base delle loro differenze concettuali ma anche perché le une, descrivendo superfici, saranno rappresentate come poligoni mentre le altre, essendo superfici in sé prive di consistenza materiale, saranno rappresentate da linee74.

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SALZOTTI F., L’innovazione del GIS e i cambiamenti nelle metodologie di ricerca, in Carta

Archeologica della provincia di Siena, CENNI F., Siena, 2008, pp. 55-59, consultato online nel giugno 2009,

http://www.bibar.unisi.it/sites/www.bibar.unisi.it/files/download/miscellanea/salzotti_buonconvento.pdf (vedi in Sitografia BibAr)

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VALENTI M., NARDINI A., Modello dei dati e trattamento del dato sul GIS di scavo, in Archeologia

e calcolatori, Firenze, 2004, p. 347.

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VALENTI M., NARDINI A., Modello dei dati e trattamento del dato sul GIS di scavo, in Archeologia

Per poter costruire una piattaforma GIS che gestisca i dati archeologici di un territorio sarà necessario costruire un repertorio cartografico di base funzionale alla ricerca75. A ciascun settore e a ciascuna fase della ricerca corrispondono infatti particolari scale del rilievo e tipi o strutture di cartografia più o meno idonei all’uso.

Per la georeferenziazione di ambienti rurali sarà sufficiente una cartografia con scala 1:10.000, mentre, per una adeguata riproduzione degli edifici e degli altri elementi delle aree urbane, servirà un dettaglio maggiore con rilievi in scala 1:1.000 o 1:2.000.

Durante la georeferenziazione si preferiranno le cartografie tecniche (solitamente a queste si associano i fotopiani ma, nel caso di Lignana, vista la copertura boschiva del sito, questi non possono essere usati). Attraverso la cartografia tematica che verrà utilizzata nella fase di lettura e codifica del paesaggio e dei suoi habitat e per l’analisi del dato archeologico rispetto ai caratteri geo-ambientali del territorio.

A livello di struttura del dato, i formati raster (solitamente preferiti per le operazioni di georeferenziazione) e vettoriale (principalmente utilizzati in fase di consultazione degli attributi legati alle spaziali e quindi per l’organizzazione delle banche dati in livelli informatici tematici), estremamente differenti, sono tra loro complementari e quindi possono essere utilizzati in contemporanea, prediligendo ora l’uno e ora l’altro, a seconda delle esigenze.

Il repertorio cartografico che più si avvicina alle esigenze dell’indagine archeologica è la CTR (Carta Tecnica Regionale) che contempla tre differenti produzioni:

• Sezioni 1:10.000: ideali per le indagini a scala territoriale nei contesti rurali; • Elementi 1:5.000: molto simili alle sezioni 1:10.000, garantiscono un dettaglio

non troppo superiore, ma sono necessari quattro elementi per coprire l’area di una sola sezione;

• Fogli 1:2.000 o 1:1.000: questa cartografia non copre la totalità del territorio ma si concentra sulle sole zone urbane, per le quali rappresenta il migliore supporto;

Gli elementi topografici rappresentati in tale repertorio sono suddivisi in dieci categorie (o livelli) di dati che corrispondono ad una loro distinzione operativa a livello teorico- percettivo presenti in forma di codice nelle tabelle interne delle versioni numeriche. Queste dieci categorie, a loro volta soggette a distinzioni interne, riguardano: comunicazione, edifici,

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Per la redazione di questo paragrafo ci siamo largamente ispirati a: SALZOTTI F., L’applicazione del

GIS alla ricerca territoriale: costruzione e gestione della cartografia archeologica, in L’informatica

nell’Archeologia Medievale. L’esperienza senese, Metodi e temi dell’Archeologia Medievale, 2, Firenze, 2009,

pp. 45-70, consultato online nel giugno 2009,

idrografia, infrastruttura, elementi divisori e di sostegno, forme terrestri, vegetazione, orografia, limiti amministrativi e toponomastica.

Gli Uffici Cartografici Regionali e Provinciali producono carte di tipo tematico redatte in scale che variano fra l’1:25.000 e l’1:250.000, con informazioni sugli aspetti fisico- ambientali76.

Il repertorio dell’IGM (Istituto Geografico Militare) può essere usato per le operazioni di inquadramento e di lettura cartografica di porzioni territoriali mediamente estese. L’IGM non produce supporti a scale superiori all’1:25.00077.

Nei casi in cui la cartografia non dovesse risultare sufficiente si potrà ricorre a rilievi del sito. Il tipo di rilievo maggiormente utilizzato è la celerimensura (stazione totale) associata al sistema di posizionamento satellitare (GPS).

Una ulteriore fonte cartografica è quella della rielaborazione dei supporti a disposizione. Questo lavoro si sviluppa in due direzioni: creazione di basi cartografiche mirate e semplificate, e creazione di DTM (Modelli Digitali del Terreno).

Il metodo migliore per la registrazione dei dati archeologici è quello di organizzare catastazioni parallele delle informazioni mediante sistemi di archiviazione alfanumerici (databese) e geografico-spaziale (GIS). Gli attributi grafici corredati di numero limitato di informazioni di natura analitico-sintetica possono essere facilmente gestibili all’interno della piattaforma GIS in forma di tabella. Nel caso in cui le informazioni siano troppo numerose, sarà opportuno ricorrere ai database relazionali, ideali per il tipo di archiviazione e di interpretazione richiesti. Per quanto riguarda le operazioni di rilevamento il modo più veloce di procedere sarà quello di usare i GPS e, per i rilievi particolareggiati, la stazione totale.

Le banche dati catastate si prestano a varie forme di trattamento. Il primo di questi trattamenti è l’interrogazione secondo molteplici combinazioni sulla base dei campi sui quali risultano strutturati gli archivi. Si possono riconoscere due tipi di interrogazione fra loro speculari in quanto producono la stessa selezione di record. Le interrogazioni grafiche partono dalla dimensione spazio-cartografica per generare una selezione di elementi grafici e dei loro relativi attributi. Al contrario, nelle interrogazioni alfanumeriche la ricerca viene effettuata all’interno degli archivi per arrivare a visualizzarli graficamente, connettendo l’informazione sintetico-analitiche della sua componente spazio-dimensionale e soprattutto distributiva.

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Come, per esempio, i DTM o le carte relative agli aspetti idrografici.

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Questo perché a partire dagli anni settanta la produzione di cartografie con scale superiori è stata delegata alle Regioni (CTR).

A partire da queste interrogazioni è possibile organizzare i dati in livelli tematici costruiti attraverso operazioni di estrazione e mosaicatura. L’estrazione consiste nel partire da un tematismo d’origine da cui se ne ricava uno nuovo che dovrà contenere solo alcuni elementi originari. La mosaicatura è invece l’operazione opposta, con la quale si assemblano più tematismi unendone gli oggetti grafici e i corrispondenti attributi. Importante per entrambe le operazioni è una medesima struttura dei dati, tanto dal punto di vista della tipologia grafica (punti con punti, linee con linee, poligoni con poligoni) quanto dell’organizzazione degli attributi all’interno delle tabelle o dei database relazionati.

I tematismi che vengono comunemente usati per l’archeologia territoriale rispondono prevalentemente a criteri diacronici e sincronico-tipologici. La ricerca sul database è quindi mirata alla ricostruzione dell’evoluzione del popolamento e alla sua caratterizzazione dal punto di vista insediativo e strutturale.

L’organizzazione per tematismi delle informazioni, che ci permette di creare carte tematiche, corrisponde ad uno dei livelli più elementari di fruizione della base GIS e non produce modelli descrittivi o spaziali bensì semplici carte di localizzazione dei diversi elementi presenti nello scavo. La composizione di queste carte non avviene attraverso elaborazioni matematiche, statistiche o spaziali ma attraverso semplici combinazioni di identificatori. Utilizzando il database interno al GIS sarà necessario tradurre i dati descrittivi in stringhe di testo, registrate secondo un dizionario standard, e la creazione di campi ex novo, funzionali solo alla visualizzazione. L’aumento della complessità dei tematismi fa aumentare la complessità del database interno, nonché la difficoltà di codifica di linguaggio per consentire una fruizione più sofisticata del dato inserito. Queste sono le uniche difficoltà di questo processo che infatti non richiede all’operatore particolari competenze in merito alle teorie statistiche, alle applicazioni matematiche o ai modelli spaziali78.

Fra le funzioni di analisi è possibile praticare una suddivisione fra quelle di tipo spaziale, numerico-statistico, distributivo e predittivo.

Fra le applicazioni di analisi più comuni possiamo annoverare:

• Operazioni di misurazione, per il calcolo di lunghezze (riferite ad una o più linee o ad una distanza fra due o più punti), di perimetri e di aree (poligoni); • Operazioni di overlay topologico (o sovrapposizione) che si sviluppano dalla

sovrapposizione di due o più layer, con conseguente derivazione di nuova

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VALENTI M., NARDINI A., Modello dei dati e trattamento del dato sul GIS di scavo, in Archeologia

cartografia. Il risultato non e solo visuale (non solo una sovrapposizione fisica) ma prevede anche l’incrocio e la fusione degli attributi;

• Operazioni di buffuring, cioè la creazione grafica di una zona di interesse attorno ad un determinato elemento puntuale, lineare o areale. L’area di buffer è determinata da una misura costante che rappresenta la distanza massima fra l’elemento in questione e il limite della fascia di rispetto delineata;

• Operazioni di network analysis (analisi di rete) effettuabili quando, in una copertura vettoriale, si ha una topologia degli incroci. Comprende una serie di funzioni che permettono di effettuare ricerche sulle attività che prevedono lo spostamento di persone, cose o informazioni mediante sistemi di rete;

• Operazioni di interpolazione, cioè procedure per la stima di valori relativi ad elementi non censiti all’interno di un’area, per la quale sono invece disponibili altri valori. Attraverso questa funzione non vengono forniti dati reali ma stime; • Operazioni sui dati di elevazione e quindi sulle superfici del terreno: partendo dai punti di coordinate x,y,z è possibile generare dei DTM mediante tecniche di interpolazione, a partire da punti quotati e/o curve di livello. I modelli digitali del terreno possono essere restituiti attraverso strutture sia raster grid che vettoriali. Dai DTM sono possibili una serie di operazioni, attuabili su piattaforma GIS, per l’individuazione, oltre che dei valori di altitudine, anche di quelli di pendenza (slope, analisi di acclività) e di esposizione (aspect, analisi dell’esposizione) dei versanti. Un’ultima analisi attuabile è quella di visibilità territoriale (viewshed) che permette il calcolo delle aree visibili da un determinato punto di visuale;

• Operazioni legate a modelli teorici di tipo socio-economico e politico- insediativo;

• Operazioni di cost-surface analysis per il calcolo dei costi di percorrenza individuando le aree maggiormente predisposte agli spostamenti ed ai traffici.

Le analisi numerico-statistiche, che riguardano tutte le fonti numeriche e alfanumeriche, vengo solitamente attuate mediante l’utilizzo di applicativi esterni al software GIS, i quali possono comunque dialogarvi mediante particolari formati di esportazione ed importazione. Attraverso gli strumenti di calcolo statistico è possibile produrre analisi di tipo distributivo che ci permettono di creare carte di distribuzione. Il ricorso a database esterni al GIS è dovuta alla natura stessa della materia di indagine in quanto il parametro di ricerca (il

singolo frammento di ceramica, di osso animale ecc.) non appartiene alla base come informazione grafica autonoma.

I dati relativi al campione di materiale, vengono importati all’interno della piattaforma di scavo, sotto forma di grafi puntiformi, in seguito all’esportazione dei risultati delle quantificazioni in precedenza elaborate dal database; le coordinate del punto che li rappresenta corrispondono al centroide dell’unità stratigrafica che li contiene e sono ottenute attraverso tecniche di geocoding. Il dato quantitativo può essere rappresentato attraverso grafici o cerchi concentrici proporzionali, collocati direttamente nell’unità stratigrafica o nella struttura in esame, oppure tramite l’assegnazione di cromatismi variabili, a seconda della percentuale di presenza, all’unità stratigrafica di rinvenimento. L’interrogazione della quantificazione prodotta dal DBMS con il dato spaziale proprio della base GIS restituisce un valore distributivo in grado di raffinare ulteriormente l’affidabilità dell’elaborazione modellistica79.

Le analisi predittive determinano la costruzione di modelli da proiettare in aree per le quali non è stata prodotta ricerca, partendo da dati noti ed utilizzandoli nelle situazioni per le quali viene riconosciuto un parallelismo di condizioni e di variabili fra il contesto indagato e quello da analizzare. L’applicazione di modelli analitici di tipo spaziale e statistico, sui casi studiati, consente di individuare una tendenza, comunemente chiamata pattern. Successivamente essa viene proiettata sulle aree da indagare per verificare e valutare il suo coinvolgimento rispetto alle variabili riconosciute. Così facendo si ottiene una simulazione che permette di produrre una previsione. L’affidabilità di tali processi è direttamente proporzionale al grado di complessità e d’attendibilità dei dati inseriti nelle basi di lavoro, che ovviamente dovranno essere il più vicino possibile alla realtà.

Attraverso questo tipo di analisi è stato possibile costruire una pianta ipotetica di una delle fasi insediative del villaggio di Poggio Bonizio80. Per ottenere questa pianta sono stati integrati dati di scavo, emergenze di superficie, evidenze di scavo e corp marks, inserendoli dentro una griglia definita dal calcolatore sulla base della media dell’ingombro degli edifici scavati. A questo punto sono stati impostati macro di calcolo affinché la macchina assegnasse cromatismi diversi a ciascuna delle celle definite dalla griglia nello spazio non ancora indagato a seconda del grado maggiore o minore di probabilità (in base alle concomitanze del tipo dei dati) della presenza di edifici ancora nascosti. Per arrivare a questa pianta di ipotesi è stato necessario implementare preventivamente il dato grafico ed assegnare ai diversi elementi

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VALENTI M., NARDINI A., Modello dei dati e trattamento del dato sul GIS di scavo, in Archeologia

e calcolatori, Firenze, 2004, p. 351.

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interessati dei valori numerici (relativi ad esempio al grado di affidabilità) in modo che l’integrazione del dato spaziale e matematico potesse avvenire correttamente81.

Dall’osservazione della distribuzione delle evidenze e dalle loro caratteristiche quantitative e spaziali, si può procedere con l’individuazione dei fattori ambientali, politici, sociali ed economici che hanno caratterizzato il sito e il territorio indagato.

Oltre all’applicazione delle varie tecniche di analisi sopra indicate, la costruzione di informazioni archeologiche passa attraverso due operazioni fondamentali:

• Visualizzazione contemporanea delle variabili spaziali, attraverso la lettura delle quali è possibile cogliere relazioni ed associazioni dei dati (dato soggettivo);

• Redazione di statistiche quantitative attraverso le quali è possibile indagare e verificare i modelli (dato oggettivo).

La visualizzazione delle variabili spaziali e delle analisi quantitative, tra loro complementari, assicura un’analisi integrata basata su osservazioni che sono allo stesso tempo soggettive e oggettive. Incrociando, all’interno di apposite viste tematiche, i vari livelli di informazione (dati ambientali, presenze archeologiche, informazioni storiche, ecc.) riusciremo ad arrivare ad un’interpretazione globale delle forme insediative, delle loro trasformazioni e delle reciproche relazioni. Quindi il GIS, prestandosi ad approcci di tipo strutturale, ci permette di valutare i processi determinati nel tempo dalla presenza umana all’interno di un territorio. Il confronto tra i dati provenienti dall’insediamento e i dati ambientali del territorio circostante ci permette di capire in che modo l’insediamento si sia organizzato anche in funzione delle caratteristiche fisiche del paesaggio che lo circonda.

Dall’interpretazione dei dati storico-archeologoci e dalla loro combinazione con quelli paesaggistici si arriva, attraverso il riconoscimento delle tendenze generali che hanno determinato la costruzione dei paesaggi storici, ad un modello insediativo. A questo punto si può arrivare alla costruzione di viste e di tematismi che sintetizzano visivamente le forme e le strutture riconosciute, con lo scopo di tradurre il modello in una rappresentazione cartografica. In fine, attraverso il confronto fra i modelli elaborati per le singole fasi si potrà a valutare quali siano stati i cambiamenti nei quadri insediativi succedutisi nel tempo, evidenziandone le differenze, queste si potranno utilizzare come punto di partenza per individuare le ragioni alla base dei cambiamenti riconosciuti.

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VALENTI M., NARDINI A., Modello dei dati e trattamento del dato sul GIS di scavo, in Archeologia

In conclusione voglio mettere in evidenza uno dei limiti attuali del GIS e cioè: la riproduzione 3D della stratigrafia archeologica. La piattaforma GIS non consente di riprodurre veri modelli 3D ma solo elaborazioni “2D e 1/2“. Questo è dovuto al fatto che la natura stessa del deposito archeologico, troppo articolato e complesso, richiederebbe un tempo troppo lungo di lavorazione sia sullo scavo che al computer. Infatti sarebbe necessario fornire al software una serie enorme di punti relativo ad ognuno degli strati. Inoltre, i punti, per consentire una sovrapposizione corretta dei livelli e di conseguenza la rappresentazione esatta della stratigrafia, non possono essere registrati casualmente. Per essere funzionali devono rispettare uno schema predefinito e regolare, quindi una griglia a maglia strettissima che permetta di battere centinaia di punti per ogni strato scavato.

Allo stato attuale l’unica opzione che permette una restituzione della stratigrafia in 3D è offerta dall’utilizzo di scanner tridimensionali paesaggistici. Questi scanner, però, oltre ad essere molto costosi devono essere ancora testati in contesti archeologici82.

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VALENTI M., NARDINI A., Modello dei dati e trattamento del dato sul GIS di scavo, in Archeologia

CAPITOLO III

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