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Intervento di scavo archeologico e di valorizzazione del castello di Lignana (PT).

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INDICE

INTRODUZIONE p. 3

CAPITOLO I

LA VALDINIEVOLE NELLA PRIMA META’ DEL XIV SECOLO:

STORIA ED ARCHEOLOGIA p. 5

Premessa p. 5

1.1 Cenni storici p. 5

1.2 Stato della ricerca archeologica in Valdinievole del XIV secolo p. 15

CAPITOLO II

SCELTE STRATEGICHE E METODOLOGICHE DELLA

RICERCA SUL SITO DI LIGNANA p. 34

Premessa p. 34 2.1 Le fasi di lavorazione p. 34 2.2 Il GIS di scavo p. 37 CAPITOLO III IPOTESI DI VALORIZZAZIONE p. 46 Premessa p. 46

3.1 Musealizzazione del sito p. 47

3.2 Parco archeologico in progress p. 64

3.3 Parco archeologico diffuso (la Valdinievole medievale) p. 67

3.4 Archeologia a scuola p. 68

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CAPITOLO IV

PROGETTO DI SCAVO ARCHEOLOGICO E DI

VALORIZZAZIONE DEL SITO DI LIGNANA p. 75

Premessa p. 77

Inquadramento storico archeologico del sito p. 77

Valutazione del deposito archeologico p. 84

Motivazione dell’intervento stratigrafico p. 84

Strategia e metodologia dell’intervento stratigrafico p. 85

Ubicazione delle aree di scavo p. 88

Conservazione delle strutture murarie in elevato p. 95

Valorizzazione p. 99 Piano economico p. 101 CONCLUSIONI p. 105 BIBLIOGRAFIA p. 107 SITOGRAFIA p. 114 RINGRAZIAMENTI p. 116

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INTRODUZIONE

Lo scopo del presente lavoro di tesi è quello di programmare un progetto di ricerca archeologica e di valorizzazione del castello di Lignana, situato sul monte Lignana nel comune di Pescia (PT).

La volontà di effettuare una campagna di ricerca archeologica nel sito di Lignana scaturisce principalmente dalla scarsa conoscenza storica e archeologica che possediamo su questo insediamento posto sul confine medievale che correva tra le città rivali di Lucca e Firenze. Quindi l’importanza dell’intervento stratigrafico risiede non tanto nella comprensione che da esso potrà scaturire sul singolo castello di Lignana ma sul fatto che la ricerca in questo sito permetterà di gettare nuova luce sulla situazione di un’importante area di confine del XIV secolo toscano.

La volontà di redigere un progetto di scavo strutturato in modo che possa essere realmente presentato per la richiesta di un finanziamento, ha dato al lavoro di tesi un forte valore pratico. E’ proprio questo intento di praticità, a mio avviso, che riveste uno degli aspetti più importanti del presente lavoro.

La tesi è strutturata in quattro capitoli. Nel primo si è voluto dare una veloce introduzione sulla storia della Valdinievole nella prima metà del XIV secolo e sullo stato della ricerca archeologica per alcune caratteristiche affini al sito di Lignana.

Il secondo procede con la spiegazione di alcune delle scelte metodologiche e strategiche per l’intervento stratigrafico nel castello. Nel capitolo si tratta, sempre in maniera sintetica, il metodo e l’utilità di trasferire su piattaforma GIS i dati ricavati dall’intervento di scavo archeologico.

Nel terzo viene proposta una ipotesi di valorizzazione del sito di Lignana. Si badi al fatto che il capitolo rappresenta solo una ipotesi poiché, come detto sopra, le conoscenze e le testimonianze archeologiche provenienti dal castello sono pochissime e spesso, per quanto riguarda i reperti, non più collocabili all’interno della stratigrafia del castello. La valorizzazione del sito prevede: la creazione, nel Museo Civico di Scienze Naturali ed Archeologiche di Pescia, di una sezione dedicata sia al castello di Lignana che all’illustrazione del lavoro dell’archeologo; la creazione di un parco archeologico permanente e di un parco archeologico in progress; la creazione di un sistema museale che comprenda i vari siti archeologici medievali della Valdinievole; la progettazione di una serie di lezioni e laboratori

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di archeologia sperimentale tenuti da archeologi in collaborazione con le scuole primarie e secondarie di primo livello; la creazione di un sito internet dello scavo di Lignana, il quale verrà aggiornato periodicamente, durante le fasi di scavo, e permetterà di pubblicare i progressi raggiunti grazie all’indagine archeologica sul sito.

Nel quarto ed ultimo capitolo è proposto il vero e proprio progetto di scavo e di valorizzazione del castello di Lignana che dopo le premesse riportate nel secondo e nel terzo capitolo, va a chiudere il lavoro. Il progetto parte con la storia, e la storia della ricerca, del castello di Lignana. Dopo questa necessaria parte introduttiva si passa a descrivere le strategie e le metodologie che caratterizzano l’intervento stratigrafico. Il progetto prosegue con la descrizione degli interventi di consolidamento delle strutture in elevato e il progetto di valorizzazione del sito archeologico. A conclusione del progetto è inserito il piano economico con le voci di spesa relative all’intervento.

Uno degli scopi della tesi è quello di partire dall’intervento stratigrafico e di valorizzazione del castello di Lignana per allargare, sia la ricerca che la valorizzazione, a tutta la Valdinievole, legando i vari siti con lo scopo di formare un unico e grande sistema museale, con Pescia come suo fulcro, capace di dare nuovo impulso alla ricerca archeologica dell’intera valle.

Il fine ultimo del presente lavoro è quello di una possibile presentazione, alle istituzioni competenti, del progetto di intervento di ricerca e di valorizzazione, con lo scopo di richiedere l’autorizzazione ed i finanziamenti necessari per l’attuazione dell’intero progetto.

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CAPITOLO I

LA VALDINIEVOLE NELLA PRIMA META’ DEL XIV

SECOLO: STORIA ED ARCHEOLOGIA

Premessa

Con il presente capitolo si intende dare una breve introduzione storica sugli eventi che hanno interessato la Valdinievole nella prima metà del XIV secolo, con lo scopo di evidenziare la centralità che assunse questo territorio durante questo periodo pur non comprendendo nessuna grande città. La valle fu teatro di scontri aperti e di intrighi politici messi in atto dalle città rivali di Lucca e Firenze con lo scopo di consolidare ed espandere il loro controllo su quella che era un’estesa area di confine.

Un ulteriore scopo del capitolo è quello di dare una sintetica storia della ricerca che negli ultimi anni ha interessato la valle, infatti, nel secondo paragrafo del capitolo, vengono presentati alcuni siti che per alcuni versi risultano affini al castello di Lignana.

1.1 Cenni storici

La Valdinievole nel XIV secolo si presenta come una zona di campagna, senza città ma posta in mezzo a due città in lotta fra loro: da una parte Lucca, nel cui contado e nella cui diocesi si trovava la Valdinievole, dall’altra Firenze e la sua punta avanzata di Pistoia. Il trovarsi tra queste due potenze in lotta fra loro determinò negli abitanti della valle una coscienza autonomistica, coscienza che si manifesta nelle alleanze che tra il XIII e il XIV secolo si formano tra i principali comuni rurali della zona. Questa coscienza di autonomi ha però anche una radice più antica: infatti nel XII secolo l’imperatore Federico Barbarossa, attraverso una serie di provvedimenti, avocò l’amministrazione dell’intera Valdinievole all’impero, inserendosi così in spazi prima controllati dal Comune di Lucca.

Nonostante la relativa autonomia della Valdinievole fu comunque necessario, per l’intero territorio, il legarsi ad una grande città, prima Lucca e poi Firenze. Questo non aveva solo una motivazione politica, infatti, nei primi decenni del XIV secolo si diffondeva nelle

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campagne il gusto per la vita cittadina. A questo gusto cittadino è da ricollegare lo sviluppo di molti borghi rurali, per esempio Pescia e Montecatini, che in questo periodo cominciano ad assumere caratteri mercantili e cittadini1.

Come visto sopra, la Valdinievole è stata soggetta, nel tempo, a poteri diversi per connotazione ed importanza, come le famiglie signorili locali, l’Impero ed i comuni cittadini di Lucca, in parte di Pistoia e di Firenze.

La Valdinievole è quindi un’area di confine tra due potenze che però mantiene una sua precisa identità storica e territoriale che rimarrà inalterata anche nelle complesse vicende politiche e amministrative del XIII e del XIV secolo: la ritroviamo intesa come un’unica entità, sia nello statuto comunale di Lucca del 1308, come Vicaria Vallis Nebule, che dopo il passaggio sotto Firenze, dove le terre appena acquisite costituiscono il vicariato della provincia Vallisnebule2.

L’autonomia e l’unità storico-territoriale furono salvaguardate sia grazie al forte valore strategico di limes militare, sia grazie al ruolo di filtro che questo territorio ricopriva per le comunicazioni con le principali città della Toscana medievale, sia per i collegamenti che la interessavano ( per la Valdinievole passano le vie Cassia e Francigena, erano anche presenti valichi appenninici verso la pianura emiliana e altrettanto importanti collegamenti lacustri, infatti, attraverso un sistema di canali che attraversano l’Usciana era possibile entrare nel padule di Fucecchio e da qui proseguire verso Pisa e quindi verso il mare)3.

Nonostante la loro autonomia, i centri della Valdinievole, furono costretti, come del resto fecero anche altri comuni rurali dell’Italia centro settentrionale, a confrontarsi e a sottostare a più riprese, e alternativamente, all’impero, al Comune di Lucca e poi a quello di Firenze (processo che partì nel 1329 e concluso nel 1339 con il definitivo assoggettamento alla città gigliata).

La storiografia recente tende a definire lo status dei centri minori e dei loro relativi territori con concetti di “ombra”, di “eclissi” o di “periferia” ma questi termini non si addicono al territorio della Valdinievole sia per la vivacità socio-economica che il territorio riuscì ad

1

SPICCIANI A., Considerazioni introduttive sulla storiografia della Valdinievole nel secolo XIV, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano Castello, 2000, pp. 21-24.

2

FRANCESCONI G., Le comunità della Valdinievole nella prima metà del trecento tra influenza

lucchese e dominio fiorentino: primi appunti, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano

Castello, 2000, p. 72.

3

FRANCESCONI G., Le comunità della Valdinievole nella prima metà del trecento tra influenza

lucchese e dominio fiorentino: primi appunti, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano

Castello, 2000, p. 73; e ancora MORETTI I., La viabilità medievale in Valdinievole, in «Atti del convegno Sulla viabilità della Valdinievole dall’antichità ad oggi», Buggiano Castello, 1982, pp. 50-55; e ancora PINTO G. La

popolazione della Valdinievole dal Medioevo ad oggi. Considerazioni introduttive, in «Atti del convegno La

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esprimere nella tarda età comunale, sia per la centralità strategica politico-geografica che caratterizzava l’area fin dall’alto medioevo.

Dalla morte di Federico II, la presenza di Lucca in Valdinievole, che fino ad allora aveva esercitato una velata influenza sul territorio, si trasforma in un’annessione definitiva e formale di tutte le comunità della valle. Già nel marzo del 1251 è attestata a Fucecchio la presenza di un vicario lucchese e nel 1255 Antelminello di Ubaldo e documentato come vicarius Vallis Nebule pro Lucano Comune4. Queste sono le prime attestazioni di quello che può essere considerato il dominio lucchese sulla valle. A Lucca spettava il controllo legislativo, la gestione del prelievo fiscale e l’organizzazione civile e militare dell’intera Valdinievole. E’ da notare che questa situazione non fu accettata senza resistenze. Questa resistenza è attestata dagli atti di ribellione aperta nei quali furono coinvolti i centri di Pescia, Buggiano e Vellano nel 1281 che portarono alla distruzione dei tre siti da parte di Lucca.

Attraverso lo Statutum Lucani Communis del 1308 siamo in grado di ricostruire la struttura istituzionale e il livello gerarchico dei borghi che la valle assunse sotto il dominio lucchese. La Valdinievole, con 14 Comuni rurali, costituiva una delle vicarie del contado di Lucca. I 14 Comuni rurali erano: Montevettolini, Monsummano, Montecatini, Buggiano, Massa e Cozzile, Uzzano, Pescia, Vivinaia, Veneri, San Pietro in Campo, Pietrabona, Vellano, Castellare Ubaldi e Sorico. E’ possibile stabilire la gerarchia di questi Comuni rurali grazie alla rubrica De luminaria Sancte Crucis fienda che regolava le modalità da seguire per le offerte dei ceri per la festa della Santa Croce, infatti, il valore del cero offerto era in relazione con la consistenza demica ed economica del castello offerente. Da questa rubrica, quindi, deduciamo che Pescia, con le sue 40 libre, era il centro più importante, seguita da Buggiano con 30 libre e da Montecatini, Montevettolini e Massa e Cozzile con 25 libre, di seguito gli altri. Questa stima sembra essere confermata dal fatto che solo i podestà rurali dei centri più importanti dovevano avere la qualifica di miles, qualifica che troviamo riconosciuta a 7 ufficiali su 14, tra i quali risultano proprio quelli delle comunità più importanti che nell’elenco precedente dovevano offrire i ceri più pesanti.

Sempre attraverso lo statuto lucchese del 1308 risulta che il vicario della Valdinievole, che aveva la funzione di tramite tra le magistrature urbane e gli organi periferici, era aiutato nell’esercizio delle sue funzioni giurisdizionali e amministrative da un giudice, da un camerlengo, da quattro notai e da sei berrovieri. Le sue competenze si collocavano al di sopra

4

FRANCESCONI G., Le comunità della Valdinievole nella prima metà del trecento tra influenza

lucchese e dominio fiorentino: primi appunti, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano

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dei podestà rurali, ma soprattutto in materia penale, per reati come l’omicidio, il tradimento, il furto e così via.

La presenza di Lucca dovette essere avvertita dai centri e dai castelli della valle come una presenza ingombrante sia dal punto di vista economico-mercantile e sia per le volontà di potenziamento politico interno, infatti, Lucca, città militarmente e politicamente debole, non poteva sopportare la presenza in Valdinievole di Comuni rurali dotati di forti autonomie.

Nei primi decenni del Trecento la Valdinievole è coinvolta nei contrasti che interessarono le maggiori città della Toscana, da Lucca e Firenze, a Pisa e Pistoia5 le quali si trovarono spesso, per i loro progetti di espansione verso l’esterno, a combattere in e per la Valdinievole.

Nel 1308 Arrigo VII di Lussemburgo appena eletto re dei Romani, decise di pacificare i contrasti in Italia. Ma la sua discesa aveva provocato la ribellione in Lombardia e aveva portato Lucca e Firenze, che da poco avevano terminato le loro spedizioni contro i guelfi bianchi di Pistoia, a riarmarsi e a chiedere l’aiuto di Roberto D’Angiò. Arrigo, però, poco dopo la sua incoronazione, morì improvvisamente a Bonconvento il 24 agosto 1313 portando con sé il suo progetto e le speranze di rientro degli esuli ghibellini6.

Il controllo del limes politico e militare che da sempre separava gli interessi e le potenze in gioco tra Lucca e Pisa da una parte e Firenze e Pistoia dall’altra, quale era la Valdinievole, risultava quindi di vitale importanza7. Nel primo quarto del XIV secolo la Valdinievole fu, quindi, terreno di scontro tra le forze guelfe guidate da Firenze e la rinnovata fazione ghibellina di Uguccione della Faggiola prima e di Castruccio Castracani poi, che riannodarono le fila di Arrigo VII, ma fu anche terreno di prova per quelle città che dovevano capire chi avrebbe assunto il ruolo chiave di dominio a livello sovra cittadino con prospettive di supremazia regionale.

Uguccione della Faggiola era descritto come un avventuriero educato alla guerra e alle congiure, mentre Castruccio Castracani ci è descritto come uomo abile nel maneggio degli affari pubblici, pieno di passioni e pieno di risentimento a causa dell’esilio.

Uguccione, raccolte le truppe di Arrigo, da Arezzo giunge a Pisa dove viene fatto signore della città. Da qui riconquista numerosi castelli della Versilia e della Garfagnana.

5

TABACCO G., Regimi politici e dinamiche sociali, in «Le Italie del tardo Medioevo», GENSINI S. (a cura di), Pisa-San Miniato, 1990, pp. 30-32.

6

CALAMARI G., La lega dei comuni di Valdinievole e la loro pace con Firenze (1328-1329), in «Bullettino storico Pistoiese», XXVIII, Pistoia, 1926, pp. 144-145.

7

LUZZATI M., Firenze e la Toscana nel Medioevo. Seicento anni per la costruzione di uno stato, Torino, 1986, pp. 118-120.

(9)

Roberto D’Angiò cerca di mettere pace tra i comuni guelfi con Pisa, riuscendo a raggiungere un accordo a Napoli il 27 febbraio del 1314, con l’approvazione, pochi giorni dopo, dei fiorentini. Ma la morte di papa Clemente V, francese, avvenuta il 29 aprile 1314 e la conquista di Lucca da parte di Uguccione vanno a minare le speranze di pace di Roberto.

La conquista di Lucca scatenò la reazione dei ghibellini di Pescia. Questi costrinsero all’esilio numerosi guelfi, molti dei quali non poterono rientrare che dopo la pace del 1339, quando l’intera Valdinievole fu sottomessa a Firenze.

I fiorentini, preoccupati che da Lucca e da Pisa Uguccione potesse ampliare il suo dominio concentrarono le loro forze nella bassa Valdarno e in Valdinievole, concentrandosi a Montecatini, chiedendo e ottenendo l’aiuto di Roberto. Nonostante le forze poste in campo, i guelfi furono sconfitti da Uguccione il 29 agosto 1315. Ma Castruccio, che era stato fatto imprigionare da Uguccione, fuggito dal carcere, il 10 aprile 1316 si ribellò togliendo ad Uguccione Lucca e Pisa. La nomina di Castruccio a signore di Lucca diede inizio a numerose battaglie tra Lucca e Firenze che portarono devastazioni in tutta la Valdinievole. I fiorentini, con un numeroso esercito guidato da Raimondo da Cardona, subirono una pesante sconfitta, il 23 settembre 1325, ad opera delle truppe di Castruccio.

Agli inizi del 1327 giunge in Italia Ludovico il Bavaro, il quale era in forte contrasto con la teocrazia papale. Il contrasto aveva origine nel fatto che papa Clemente V nel 1314, a seguito della doppia elezione avventa in Germania, dopo la morte di Arrigo VII, di Ludovico il Bavaro e di Federico d’Austria, aveva reclamato il diritto di reggere l’impero durante il periodo di sede vacante.

Nel 1323 Giovanni XXII, salito al trono papale dopo la morte di Clemente V, non volendo che l’imperatore scendesse in Italia, scaglia contro di lui la sua ira. Da prima afferma che spetta al papa esaminare l’elezione e la persona del re dei romani, e che quindi spetta alla sua persona approvarla o rifiutarla. Quindi impone all’imperatore di deporre il suo governo e ai suoi sudditi di non prestargli ubbidienza. Ludovico rifiuta le condizioni del papa, il quale lancia contro di lui la scomunica, e l’interdetto contro i suoi dipendenti.

Ludovico, quindi, scese in Italia nel 1328 e si fece incoronare, nonostante la scomunica papale, re dei romani da quattro rappresentanti del popolo. Una volta incoronato dichiarò deposto il papa di Avignone, e innalzò sul trono pontificio il francescano Pietro Rainalducci di Corbara che prese il nome di Niccolò V.

Lucca, avendo aderito allo scisma dell’antipapa imperiale, subì l’interdetto, quindi le chiese della diocesi, tra le quali rientra anche la pieve di S. Maria di Pescia, erano ufficialmente “chiuse” (questo implicava il divieto di celebrare ufficiature corali, le

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celebrazioni dei sacramenti delle esequie e tutte le altre funzioni pubbliche). L’interdetto fu revocato il 21 ottobre 1339 da papa Benedetto XII, ma per la parte della Valdinievole controllata da Firenze l’interdetto durò fino al 13418.

Poco dopo l’incoronazione di Niccolò V, Ludovico, fu costretto ad abbandonare Roma a causa di un dissenso popolare. Castruccio, saputo della perdita di Pistoia abbandona Roma, dove si era recato per l’incoronazione di Ludovico, per rientrare in Toscana, dove riconquista Pisa. Ma il 3 settembre del 1328 morì improvvisamente9.

Dopo la morte di Castruccio i comuni della Valdinievole che, essendo sostenitori di Ludovico, il 30 marzo 1328, erano stati interdetti, cercando una loro autonomia, decisero di costituirsi in una lega chiamata La Lega dei Castelli di Valdinievole.

I diversi delegati dei Comuni, si riunirono il 28 settembre 1328 nella chiesa di S. Francesco di Pescia dove costituirono la lega, impegnandosi a fortificare le proprie terre, stabilendo pene pecuniarie ai trasgressori.

La lega aveva un organo centrale, il consiglio, di cui il numero dei membri, che avevano un mandato che durava sei mesi, era in relazione all’importanza dei Comuni, e quindi Pescia e Buggiano avevano quattro membri per Comune; Montecatini tre; Massa, Montevettolini, Uzzano e Vivinaia due; Monsummano, Vellano, Sorico, Pietrabuona, S. Pietro in Campo, Collodi e Veneri uno.

Nel frattempo, nei pressi di Cisterna era scoppiato un dissidio tra i soldati dell’esercito imperiale, a causa del mancato pagamento degli stipendi, che portò ad un ammutinamento di circa ottocento uomini. Gli ammutinati lasciarono l’accampamento nei pressi di Pisa con l’intento di prendere Lucca. Il tentativo di conquistare Lucca fallì e i soldati si spostarono in Valdinievole, ma anche qui non riuscirono ad espugnare nessuna fortezza e quindi si accamparono sul Curruglio. Da qui cominciarono campagne di ventura. Vivendo di rapine, poco a poco, riuscirono a conquistare Lucca nel 1329. Presa la città, decisero di venderla al migliore offerente. Il 2 settembre, al prezzo di 30.000 fiorini, l’acquistò il genovese Gherardino Spignola.

Il 18 giugno del 1329 il consiglio della Lega dei Castelli della Valdinievole riunito nella chiesa di S. Alluccio di Uzzano decise, compreso che con le loro poche risorse non potevano sopravvivere alle potenze che li circondavano, di trattare la pace con Firenze, che aveva già dimostrato di essere disposta a trattarla. Quindi, il 21 giugno ser Francesco di ser

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SPICCIANI A., Scopi politici degli interventi fiorentini nelle istituzioni ecclesiastiche e nella

tradizione liturgica della Valdinievole, in MANNO TOLU R. (a cura di) « Itinerari di ricerca nelle fonti

archivistiche della Valdinievole», Pistoia, 1987, pp. 54-55.

9

CALAMARI G., La lega dei comuni di Valdinievole e la loro pace con Firenze (1328-1329), in «Bullettino storico Pistoiese», XXVIII, Pistoia, 1926, pp. 145-149.

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Lippo per Pescia, ser Vallo di Lao per Buggiano e Bindaccio di Tuccio per Montecatini si recarono a Pistoia, dove nella cattedrale sottoscrissero il trattato di pace.

Le condizioni del trattato erano:

I. L’obbligo dei Comuni della Valdinievole a rimanere obbedienti alla Chiesa romana e al suo pontefice Giovanni XXII, di considerare amici gli amici del papa e rispettare l’interdetto nel loro territorio;

II. L’obbligo del reciproco rispetto nelle persone, nei possessi e negli averi;

III. Il divieto di aiutare chi volesse far guerra, o in qualche modo danneggiare i rispettivi comuni;

IV. Libertà di contrattare e di negoziare scambievolmente;

V. Il divieto per i Comuni della Valdinievole di ospitare coloro che volessero far guerra a Firenze e obbligo per essi di fare in modo che il Comune di Firenze non sia danneggiato;

VI. L’obbligo per la Valdinievole di concedere il libero passaggio ai Fiorentini e ai loro alleati e di fornire loro vettovaglie al giusto prezzo, e per Firenze l’obbligo di risarcire gli eventuali danni causati;

VII. L’obbligo per i Comuni della Valdinievole di riammettere i fuoriusciti e le loro famiglie entro quindici giorni, ma con il divieto di estendere questo beneficio alle persone dichiarate sospette, purché questi non superino un certo numero per Comune: 30 per Pescia, 25 per Motevettolini, 10 per Buggiano, 30 per Uzzano, 10 per il Castellare, 4 per S. Pietro in Campo, 1 per Sorico, 100 per Montecatini (25 dei quali si dovevano però ammettere entro il mese di agosto);

VIII. Il condono di tutte le pene ai fuoriusciti rientrati nei Comuni della provincia;

IX. L’obbligo per Firenze di punire chiunque avesse offeso nel suo territorio qualcuno degli abitanti della Valdinievole e l’obbligo per i comuni della Valdinievole di punire con la stessa pena chiunque avesse offeso un fiorentino;

X. L’obbligo per Firenze di non prestare aiuto a quei Comuni della Valdinievole che non avessero rispettato i capitoli della pace e che turbassero il pacifico stato della provincia; XI. Il divieto per i Comuni della Valdinievole di accogliere i ribelli e i banditi che vengono

loro notificati da Firenze;

XII. L’impegno da parte del Comune di Firenze perché le città e le terre loro amiche facessero pace con la provincia della Valdinievole10.

10

La trascrizione del documento originale si trova in CALAMARI G., La lega dei comuni di

Valdinievole e la loro pace con Firenze (1328-1329), in «Bullettino storico Pistoiese», XXVIII, Pistoia, 1926, pp.

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Questi scontri, che avrebbero deciso le future sorti politiche di città come Lucca, Pisa e Firenze, avrebbero deciso anche le sorti di molte aree minori della Toscana, tra le quali la Valdinievole, per le quali l’allineamento politico con l’una o con l’altra città avrebbe segnato pesantemente il successivo sviluppo economico e sociale.

Come visto sopra, svanita la minaccia del Castracani, Firenze portò avanti una politica di assestamento territoriale sul quale ambiva esercitare la propria giurisdizione, con l’intento di eliminare le sacche di instabilità e di consolidare i nuovi ambiti di egemonia politica. Questo scontro con la fazione filo imperiale portò i fiorentini a rafforzare il loro controllo nelle zone di confine. Questi conquistarono alcuni punti chiave del territorio, con lo scopo di consolidare le strutture difensive del districtus, conquistando alcune parti del contado di Pistoia e di Arezzo, prendendo la custodia delle due città, ed in oltre esercitando il controllo su Colle e Poggibonsi in Valdelsa, in funzione antisenese, e in Valdinievole, in funzione antilucchese11. L’espansione fiorentina andava all’interno del contado e si svolgeva con azioni offensive contro le famiglie signorili, e con azioni difensive nei confronti delle città più bellicose con lo scopo di dare una base stabile al proprio dominio sub regionale.

Firenze, una volta completato l’assoggettamento della valle, si diede al consolidamento delle strutture difensive, come dimostrano i lavori intrapresi a Buggiano nel 1346/1347 e i lavori a Pescia nel 1348.

La città gigliata oltre a combattere con Lucca doveva anche controllare ingerenze esterne, come quella degli Scaligeri, che la potevano coinvolgere in dinamiche politiche di più ampio respiro. Per questo motivo la città gigliata aveva l’interesse di sistemare la situazione in Valdinievole nel modo più rapido possibile. In tale direzzione furono spese tutte le energie militari e diplomatiche con l’obiettivo di annettere i principali castelli della valle, nella convinzione che così facendo i centri minori avrebbero seguito le sorti dei centri economicamente e politicamente più importanti.

Il passaggio delle singole comunità da Lucca a Firenze, dopo il trattato del 21 giugno del 1329, si può sintetizzare in due fasi principali. La prima va dall’agosto del 1330 al novembre del 1331 con il passaggio delle comunità di Monsummano, Montecatini e Montevettolini, la seconda fase si svolse nel corso del 1339 con il passaggio di Buggiano, Pescia, Massa e Cozzile e Uzzano. La formalizzazione del dominio fiorentino della Valdinievole fu accettata nel 1343 con la pace tra Pisa, Lucca e Firenze. Con questa pace,

11

CHITTOLINI G., Ricerche sull’ordinamento territoriale del dominio fiorentino agli inizi del secolo

XIV, in «Egemonia fiorentina ed autonomie locali nella Toscana nord-occidentale del primo Rinascimento: vita,

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Firenze, si vedeva riconosciuti i territori conquistati nelle propaggini più orientali del contado lucchese a condizione di restituire i beni confiscati agli extrinseci ghibellini della Valdinievole e della Valdarno inferiore12.

A Pescia e a Buggiano, la conquista fiorentina fu preparata dai guelfi dei due centri. Questi esiliarono 87 ghibellini appartenenti alle famiglie più nobili e ricche di Pescia e Buggiano, alcune delle quali legate da secoli a vincolo di fedeltà vassallatica alla chiesa di Lucca13.

Lucca pensava che la cessione dei castelli della Valdinievole fosse una cessione temporanea mentre invece Firenze ebbe idee molto chiare sulla sua espansione a danno di Lucca. La fiorentinizzazione, infatti, non si limitò soltanto alle cariche amministrative ma si estese anche alle cariche ecclesiastiche. Nella pieve di S. Maria di Pescia, per esempio, i fiorentini cominciarono ad insediare personaggi appartenenti a famiglie nobili di Firenze, come Lorenzo Corsini, Michele Michi, Angelo Strozzi, Pietro Cavalcanti che ressero la pieve dal 1364 al 1423. Non abbiamo notizie sulle nomine dei canonici del capitolo plebano dell’antica e gloriosa canonica regolare di Pescia, riformata nell’XI secolo e storicamente legata a Lucca. E’ comunque importante rilevare che nel XIV secolo, l’ufficio plebano poteva essere conferito a “non residenti” che ne percepivano i vantaggi economici14.

Le simmetrie del potere, dopo la pace del 1343, sono ricavabili attraverso l’esame dei singoli Capitoli e dalle condizioni ordinate da Firenze in occasione delle diverse sottomissioni delle singole comunità. I documenti che ci permettono di comprendere meglio le dinamiche dei rapporti tra la vallata e Firenze, non sono tanto quelli relativi alle sottomissioni in senso stretto ma piuttosto quelli che sanzionano nel dettaglio gli obblighi e i privilegi tra le due parti contraenti.

In sostanza Firenze assumeva il pieno controllo delle singole comunità, che, però, mantenevano il diritto di nominare un proprio podestà che aveva la facoltà di esercitare le proprie funzioni giurisdizionali ad un livello gerarchico inferiore a quello delle magistrature urbane, con riferimento alla giustizia civile, alla regolamentazione del danno dato ed alla bassa giustizia penale; la possibilità di redigere propri testi statutari da sottoporre, ogni tre anni alla

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FRANCESCONI G., Le comunità della Valdinievole nella prima metà del trecento tra influenza

lucchese e dominio fiorentino: primi appunti, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano

Castello, 2000, pp. 84-85.

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SPICCIANI A., Scopi politici degli interventi fiorentini nelle istituzioni ecclesiastiche e nella

tradizione liturgica della Valdinievole, in MANNO TOLU R. (a cura di) « Itinerari di ricerca nelle fonti

archivistiche della Valdinievole», Pistoia, 1987, p. 52.

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SPICCIANI A., Scopi politici degli interventi fiorentini nelle istituzioni ecclesiastiche e nella

tradizione liturgica della Valdinievole, in MANNO TOLU R. (a cura di) « Itinerari di ricerca nelle fonti

archivistiche della Valdinievole», Pistoia, 1987, pp. 53-54 e ancora COTURRI E., Pistoia, Lucca e la

(14)

revisione degli organi fiorentini, unitamente all’impegno che la popolazione della Valdinievole avrebbe acquisito la condizione di districtuales florentini, con l’obbligo di rispettare e sottostare all’apparato normativo urbano. Seguivano poi una serie di oneri di natura militare, come il servizio nell’esercito di Firenze, e rituali, come l’offerta del cero in occasione della fasta di San Giovanni15, a questi si univano altri vincoli, come quello di rifiutare ospitalità ai banditi del Comune di Firenze e il divieto di vendere o alienare, a qualsiasi titolo, proprietà immobiliari a magnati della città e del distretto fiorentino. Oltre agli obblighi, Firenze concedeva dei privilegi alle comunità appena acquisite, tra questi vi erano delle esenzioni e delle immunità come la remissione dei debiti, personali e collettivi, e la possibilità per gli artigiani ed i professionisti (giudici, medici e notai) di usufruire di particolari vantaggi, per esempio si potevano iscrivere gratuitamente, entro un termine fissato16, alle matricole delle Arti fiorentine. Inoltre veniva riconosciuto un periodo di totale esenzione fiscale, periodo che variava da comunità a comunità17.

Da questi Capitoli si ha l’impressione che Firenze non avesse un preordinato piano di espansione politico nella valle, ma che piuttosto il precipitare degli eventi avesse costretto i fiorentini a scendere in campo, nel corso del terzo decennio del Trecento, con l’intento di consolidare e mantenere le strutture difensive e le capacità di commercio del proprio territorio. Infatti, la città gigliata, mandò in Valdinievole ufficiali con una provata esperienza militare e giuridica, e quindi capaci di gestire situazioni di tensione ed emergenza, come Giovanni della Tosa che fu podestà di Montecatini nel 1330, Berto Frescobaldi podestà di Pescia nel 1339 o i numerosi vicari che furono presi, come visto sopra per la reggenza della pieve di Pescia, dalle maggiori famiglie cittadine come gli Adimari, gli Strozzi, i Medici, gli Aldobrandini, gli Albizzi e così via18 .

15

E’ comunque interessante notare che a Pescia e a Buggiano, a partire dal XIV secolo, si diffuse il culto paraliturgico del crocifisso, che secondo lo Spicciani sarebbe da ricollegare al culto del Volto Santo di Lucca. SPICCIANI A., Scopi politici degli interventi fiorentini nelle istituzioni ecclesiastiche e nella tradizione liturgica

della Valdinievole, in MANNO TOLU R. (a cura di) « Itinerari di ricerca nelle fonti archivistiche della

Valdinievole», Pistoia, 1987, p. 53.

16

Nei capitoli dei primi anni, ed in articolare in quelli tra il 1330 ed il 1331 il termine fissato per l’immatricolazione è di sei mesi, mentre in quelli stipulati alla fine degli anni trenta il termine è dilatato a due anni. Questa dilatazione ci fa capire come Firenze avesse urgenza di chiudere i primi accordi con le comunità della valle.

17

FRANCESCONI G., Le comunità della Valdinievole nella prima metà del trecento tra influenza

lucchese e dominio fiorentino: primi appunti, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano

Castello, 2000, pp. 85-87.

18

FRANCESCONI G., Le comunità della Valdinievole nella prima metà del trecento tra influenza

lucchese e dominio fiorentino: primi appunti, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano

(15)

I fiorentini fecero redigere, immediatamente dopo il passaggio dei centri della Valdinievole da Lucca a Firenze, le carte statutarie locali19. Questa rapidità, che fu probabilmente dettata dalla necessità di fare avvertire alla popolazione della valle la presenza della nuova Dominante, fece sì che a Pescia furono redatte due diverse statuizioni nell’arco di poco più di un anno, nel 1339 e nel 1340, segno evidente che la prima era stata impostata su un preesistente testo lucchese che dovette essere riscritto per allinearsi al quadro normativo fiorentino20 .

Come visto, l’espandersi di Firenze in Valdinievole non fu né una conquista né un passaggio di potere ma si trattò di una sorta di compromesso che sintetizzava le necessità delle due parti in causa nella prospettiva di tutelare al meglio i loro reciproci interessi futuri.

1.2 Stato della ricerca archeologica sulla Valdinievole del XIV secolo

In questo paragrafo si riporteranno sinteticamente le notizie degli scavi e delle ricerche che hanno interessato negli ultimi anni la Valdinievole.

Fig. 1 Situazione di complessa visibilità superficiale dovuta al bosco e all’incolto (Monte Lignana visto da

Pontito).

19

FASANO GUARINI E., Gli statuti delle città soggette a Firenze tra ‘400 e ‘500: riforme locali e

interventi centrali, in Statuti, città, territori in Italia e Germania tra medioevo ed età moderna, CHITTOLINI G.,

WILLOWEIT D. (a cura di), Bologna, 1991, pp. 77-79.

20

FRANCESCONI G., Le comunità della Valdinievole nella prima metà del trecento tra influenza

lucchese e dominio fiorentino: primi appunti, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano

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Il paesaggio attuale della Valdinievole, caratterizzato da una fitta copertura di vegetazione (Fig. 1), rende difficoltoso individuare le tracce archeologiche presenti sul territorio. L’individuazione di queste tracce è stata, in qualche caso, agevolata da fenomeni di erosione, frane, lavori stradali, edili o agricoli.

L’individuazione delle tracce archeologiche risulta altrettanto complessa nelle zone di pianura della valle. Le zone di pianura sono infatti intensamente urbanizzate o caratterizzate da coltri sedimentarie principalmente dovute ad interventi di bonifica. E’ da notare però che gli insediamenti scomparsi si trovano principalmente nella zona collinare della Valdinievole.

Per questi motivi è stata attuata, inizialmente, una strategia di ricerca che prevedeva delle ricognizioni mirate, la verifica delle foto aeree delle sommità e dell’abitato rurale sparso. Questo approccio è stato approfondito, come nel caso di Monsummano, con la scelta e la ricognizione di transetti campione. Così facendo sono stati individuati numerose evidenze archeologiche. Queste sono principalmente microinfrastrutture produttive, come cave, mulini, fornaci, carbonaie, uccelliere, terrazzamenti, metati, edifici sepolti abbandonati o ancora in uso, ma anche di tracce di utilizzo agrario diffuso del suolo, testimoniato da concimazioni agricole realizzate con i rifiuti dei centri vicini, con cronologie risalenti principalmente al XVII-XIX secolo21.

Uno studio a livello storico-topografico che analizza gli aspetti generali delle tendenze, come la riduzione del popolamento e la scomparsa di alcuni importanti centri della precedente rete insediativa sarà il punto principale sul quale verterà buona parte della seguente schedatura dei siti. I siti dei quali si parlerà qui di seguito ci aiuteranno a comprendere meglio la centralità del XIV secolo per la Valdinievole, periodo essenziale per comprendere sia la continuità di vita per alcuni insediamenti e sia l’abbandono di altri. L’utilizzo dell’analisi stratigrafica permetterà di approfondire e confermare i dati ricavati dalle fonti storiche. Se prendiamo ad esempio il sito di Lignana, per il quale le fonti attestano l’abbandono nel 1362, possiamo andare a controllare se questa data è veramente un terminus ante quem. La veridicità di questo dato sarà riscontrabile solo attraverso lo studio delle evidenze materiali, quindi, sarà importante, per Lignana e per gli altri siti da indagare, non voler per forza riconoscere a queste indicazioni cronologiche un valore assoluto.

21

MILANESE M., Fonti archeologiche per una storia dei paesaggi rurali della Valdinievole, in «Atti del convegno Immagini della Valdinievole nel tempo», Buggiano , 2003, p. 37-41.

(17)

Fig. 2 Pianta con le principali località citate nel testo. Da MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia del XIV secolo in Valdinievole, Buggiano, 2000.

Tra i siti distrutti o abbandonati nel corso del XIV secolo troviamo Lignana, di cui parleremo nel capitolo IV, il Castello della Verruca, Terrazzana e Pievaccia (Pieve di Furfalo).

Castello di Verruca

Il castello è situato fin dai tempi antichi nel territorio giurisdizionale di Pistoia, nella parte orientale della valle della Borra. Il primo documento in cui il castello è menzionato risale al 1003. In questo documento è attestata la cessione da parte degli Aldobrandeschi di metà de monte et poio seo castello illo de Verruca cum meditetatem de ecclesia S. Genesi, quae est edificata prope ipso castello, quod est infra comitato pistoriense et est infra territorio de plebe Sancte Marie, sito, Masse in favore di Buggiano, che già deteneva metà del castello22.

22

Archivio Arcivescovile di Lucca, I, 21; e ancora MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia

del XIV secolo in Valdinievole, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano, 2000, p.

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Questo documento testimonia, più che una transazione nata per motivi economici, una esigenza di cementare o semplicemente garantirsi alleanze politiche da parte di due gruppi di potere che nell’XI secolo definirono le loro aree di giurisdizione23.

L’atto ci aiuta a comprendere la situazione politica del castello di Verruca, diviso in un duplice rapporto tra Pistoia e Lucca, situazione che porterà il castello al centro di scontri durante il XIV secolo. La Verruca si trovava sotto il controllo giurisdizionale di Pistoia ma, allo stesso tempo, nella diocesi di Lucca, all’interno della pievania facente capo alla chiesa di S. Maria di Massa Buggianese. Inoltre, dalla fine dell’XI secolo, papa Urbano II aveva riconosciuto alla diocesi di Pistoia la giurisdizione della cappella della Verruca.

Il documento successivo che nomina la Verruca è del 1181. Il Conte Guido del fu Rodolfo degli Alberti è detto signore di Verruca, Serra e Monsummano24, ma il documento non chiarisce come e quando sia avvenuto il passaggio di possesso a questo ramo della potente famiglia toscana. Il dominio degli Alberti sul castello di Verruca dovette rinsaldare i legami con la città di Pistoia, tanto che nel 1255, al momento della costituzione del Comune rurale, esso si può definire sicuramente pistoiese25.

Lucca, che non aveva mai rinunciato al controllo di questo castello, nel 1303, grazie all’aiuto dei massesi e, forse, al tradimento della guarnigione pistoiese, riuscì a conquistare il castello. Parte delle fortificazioni furono distrutte e l’antico torrione di Verruca furono attribuiti al Comune di Massa, insieme alla quale costituì una vicaria, che comprendeva anche il borgo fortificato di Cozzile. Da questo momento in poi le sorti di Verruca sono legate a quelle di Massa, e con questa, nel 1339, entrò a far parte della nuova vicaria fiorentina. Nel XV secolo il castello di Verruca risulta essere già spopolato.

L’incastellamento del villaggio sommitale e il suo abbandono, fanno di Verruca un sito-campione molto interessante. Il villaggio, non più abitato dopo il suo abbandono, si presenta in buona parte intatto e quindi in grado di restituire contesti antichi nella loro integrità.

23

COLLAVINI S., I conti Aldobrandeschi e la Valdinievole: una nota sulla situazione politica della

Tuscia nei primi anni dell’XI secolo, in « Atti del convegno Signori e feudatari nella Valdinievole dal X al XII

secolo», Buggiano, 1992, p. 106.

24

MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia del XIV secolo in Valdinievole, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano, 2000, p. 228.

25

SANTOLI Q., Liber Finium districtus Pistorii (a. 1255), “Fonti per la storia d’Italia” 93, Roma, 1956, I, 32:283.

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Terrazzana

Il sito di Terrazzana (Stiappa) è ubicato ad una quota di 670 m s.l.m., su una terrazza fluviale sulla riva destra della Pescia di Pontito. Il sito è stato evidenziato negli anni settanta dal Gars di Pescia, dopo che i lavori per la nuova strada Stiappa-Pontito hanno tagliato, senza alcun controllo archeologico, il sito in due parti.

Il sito è stato indagato con tre campagne di scavo, realizzate tra il 1992 e il 1994 e dirette da Marco Milanese, volute dalla Sopraintendenza Archeologica della Toscana in collaborazione con l’Università di Sassari.

Il sito è molto più piccolo di quello di Lignana, e anche molto diverso da questo per organizzazione e significati.

Il toponimo di Terrathana è attestato per la prima volta, citato come Villa, in un documento del 1227 nel quale sono elencate una serie di ville lucchesi danneggiate da alcuni attacchi di Pistoia. La definizione di Villa è confermata da un altro documento del 1364, che parlando di censi pro herdibus di Villa Terraçana ne testimonia l’abbandono26.

La mancanza di riferimenti documentari anteriori al XIII secolo si scontra con evidenze archeologiche altomedievali che suggeriscono una datazione di questo centro insediativo ad un’epoca anteriore all’XI secolo27.

Sul sito sono state individuate tracce di capanne altomedievali in legno e di un recinto. Queste strutture possono essere spiegate come evidenze archeologiche della colonizzazione agraria della montagna. La mancanza di questo insediamento nella documentazione altomedievale si può interpretare con la “rifondazione” del sito al momento del suo incastellamento che ha comportato un cambiamento nel toponimo28 e per questo motivo il toponimo altomedievale potrebbe essere stato caratterizzato da una forma differente.

I dati ricavati dalle campagne di scavo hanno fornito elementi per la ricostruzione del paesaggio rurale altomedievale e medievale della zona circostante Terrazzana, infatti, attraverso indagini antracologiche condotte su campioni di sedimento proveniente dalla zona sommitale dell’insediamento, si è visto che il castagno svolgeva un ruolo predominante e in alcuni casi era associato a specie presenti in maniera sporadica come la quercia ed il frassino. Per confermare questi dati sarebbe opportuno effettuare delle analisi palinologiche, questo

26

QUIROS CASTILLO J. A., La Valdinievole nel medioevo. “Incastellamento” e archeologia del

potere nei secoli X-XII, “Quaderni della Biblioteca Capitolare di Pescia”, 5, Pisa, 1999, p. 61.

27

MILANESE M., Fonti archeologiche per una storia dei paesaggi rurali della Valdinievole, in «Atti del convegno Immagini della Valdinievole nel tempo», Buggiano , 2003, p. 60.

28

QUIROS CASTILLO J. A., La Valdinievole nel medioevo. “Incastellamento” e archeologia del

(20)

perché il semplice risultato delle analisi antracologiche può risultare falsato se non si tiene conto delle dinamiche di selezione delle risorse vegetali, dinamiche che hanno determinato la presenza o l’assenza di determinate specie vegetali.

Nonostante la mancanza delle analisi palinilogiche, la predominanza del castagno, risultata dagli esami antracologici, è confermata dai ritrovamenti, nel sito di Terrazzana, di macine rotatorie manuali, utilizzate per la produzione di farina di castagne e di testi ceramici, utilizzati per la cottura delle focacce di castagne29 .

Fig. 3 Pianta del castello di Terrazzana.

Il sito ha restituito anche numerose tracce relative all’uso agro-silvestre avvenuto dopo l’abbandono di Terrazzana. Tra queste evidenze la più interessante è una carbonaia a fossa. Questo tipo di carbonaia, la quale è molto attestata in altre arie appenniniche da fonti orali, etnografiche e letterarie medievali, si differenzia dalle più “recenti” e diffuse carbonaie a piazzola.

Terrazzana, quindi, risulta essere un sito molto importante per approfondire la conoscenza, attraverso lo studio antracologico e archeometrico, del paesaggio agrario dell’area montana della Valdinievole.

29

MILANESE M., Fonti archeologiche per una storia dei paesaggi rurali della Valdinievole, in «Atti del convegno Immagini della Valdinievole nel tempo», Buggiano , 2003, p. 62, e ancora QUIROS CASTILLO J. A., Cambios y trasformaciones en el paisaje del Apenino toscano entre la Antiguedad Tarda y Edad Medai. El

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Pievaccia (Pieve di Furfallo)

Non lontano da Serra Pistoiese si trova la chiesetta detta Pievaccia, da alcuni autori indicata come la Pieve di S. Andrea di Furfallo, attestata già in un diploma di Ottone II del 998.

Allo stato attuale della conoscenza, l’ipotesi che identifica nella Pievaccia la Pieve di Furfallo sembra la più plausibile. I ruderi della Pievaccia mostrano una chiara architettura romanica che, nel caso in cui l’ipotesi di riconoscervi la Pieve di Furfallo fosse giusta, si riferirebbero ad una risistemazione dell’edificio originale.

I documenti tra l’XI e il XIII secolo ci definiscono i confini del plebato della chiesa di S. Andrea, e delle ville ad essa soggette, sempre concentrati nell’alta Nievole.

A partire dal XIV secolo le fonti sulla chiesa di S. Andrea si fanno più numerosi. Nel sinodo del 1311 viene annoverato un tale Pisanus canonico della Pieve di Serra, questo era il nome con cui era chiamata la chiesa al momento in cui gli Alberti consolidarono il potere sul Castello di Serra. Questa menzione ci permette di capire che la chiesa era collegiata ma non ci fornisce altre notizie che ci permettano di comprendere dove fosse la residenza degli altri canonici.

I documenti relativi alla fase di abbandono della pieve ci forniscono descrizioni più dettagliate. La fase di abbandono ebbe inizio durante i primi decenni del XIV secolo, durante il periodo in cui la zona era soggetta ad incursioni da parte delle truppe di Castruccio Castracani e da quelle di Ludovico il Bavaro30 .

Da una visita pastorale del 1373, effettuata dal Vescovo Giovanni Vivenzi, risulta che il pievano di S. Andrea di Serra era assente. Questa notizia sembra escludere il definitivo abbandono dell’edificio come luogo di culto. L’abbandono è invece attesto in una visita pastorale del 1442, effettuata dal vescovo Donato de’ Medici, nella quale viene dichiarato esplicitamente che nella chiesa non si praticano più funzioni. In un’altra visita del 1535 l’edificio risulta già in rovina31.

La pieve di Furfallo è un classico esempio di quegli insediamenti ecclesiastici, nati tra l’Altomedioevo e l’XI secolo, questi svolgevano la funzione di controllare e coordinare l’insediamento sparso caratteristico di questi secoli. La sua funzione venne meno quando, tra l’XI e il XIII secolo, iniziò il processo di incastellamento delle diverse località della valle. Il

30

RAUTY N., La pieve di S. Andrea di Furfallo o di Serra, in «Bullettino storico Pistoiese», Pistoia, 1970, pp. 95-120.

31

MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia del XIV secolo in Valdinievole, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano, 2000, p. 231.

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definitivo colpo di grazia fu dato dalla crisi demografica del XIV che portò all’abbandono della pieve e al passaggio dei suoi diritti plebani alla pieve castrese, della vicina Serra, di S. Leonardo.

I primi interventi di scavo risalgono al 1934/1935 furono diretti da Roberto Pio Gattaschi. Lo scavo si risolse con l’apertura di alcune trincee di sterro a ridosso della muratura meridionale, all’interno della porta di accesso principale, presso il portalino sul lato Ovest e nell’angolo Sud-Ovest all’interno del presbiterio. Durante gli scavi fu ritrovato l’ultimo piano di calpestio e l’imponente fonte battesimale. Il presbiterio fu liberato dai crolli, raggiungendo i livelli dove si impostava l’altare, del quale furono ritrovate alcune parti. Il Gatteschi stava però cercando una cripta, e quindi continuando a scavare trovò un altro basamento in pietra e malta, al di sotto del quale descrisse una certa successione di strati di origine naturale ed antropica che ricoprivano due scheletri. Il Gattaschi non ci descrive i materiali ritrovati, né suggerisce una datazione assoluta per questi resti. L’unica interpretazione che ci dà è che vista la presenza di un livello di terreno combusto i due scheletri sarebbero legati ad un sacrificio umano, a suo giudizio espiato proprio con la fondazione della Pieve di Furfallo32.

Fig. 4 Planimetria dei resti della Pievaccia. Da MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia del XIV secolo in Valdinievole, Buggiano, 2000.

Nel 1998 l’università di Pisa ha realizzato una ricognizione sul sito nella quale sono state studiate le murature rimaste in elevato. Le murature sono state oggetto di rilievo planimetrico e di una dettagliata documentazione grafica e fotografica dei paramenti ancora leggibili.

32

Le notizie sullo scavo del Gattaschi sono riportate in AIAZZI A., Il Castello di Serra Pistoiese, Serra Pistoiese, 1999.

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Ad un’analisi preliminare delle informazioni ricavate dalla lettura stratigrafica dell’elevato, dall’analisi delle tecniche costruttive e dalla struttura architettonica, sembra possibile datare i resti della chiesa ad un periodo compreso tra l’XI e gli inizi del XII secolo. Si tratta di un edificio ad una sola navata monoabsidato in pieno stile romanico, costruito da maestranze molto abili che hanno lavorato con cura i conci, caratterizzati da nastrino e spianatura della faccia a vista a gradina, ed hanno impiegato elementi litici modanati e sagomati per le rifiniture degli zoccoli, in basso, e delle aperture, in alto. La datazione a questo periodo è confermata dal confronto con le altre chiese dell’alta Nievole33.

Qui di seguito si tratterà sinteticamente dei siti che hanno avuto una continuità dopo il XIV secolo, cioè: il castello di Montecatini, il castello di Monsummano e Massa Buggianese.

Il castello di Montecatini

La prima apparizione di Montecatini in un documento scritto risale al 1016. Il documento è una Charta libelli che presenta un elenco di ville appartenenti al territorio di S. Pietro di Neure. La citazione è presente anche in una charta del 1062. Nel 1074, un documento ci presenta Montecatini come un centro già fortificato. Già dal X secolo il castello presenta molti legami con il vescovo di Lucca. Il legame tra il castello e il vescovo di Lucca si rafforza ulteriormente nel corso del XII, periodo nel quale si registra un forte aumento della popolazione, aumento dovuto al processo dell’incastellamento. Montecatini è menzionata per la prima volta come Comune già esistente in un documento del 116734.

Il castello è caratterizzato dalla divisione in due nuclei, il Castello Vecchio e il Castello Nuovo. I due castelli sono collocati su due alture contrapposte, collegate da una depressione mediana. Sui due rilievi sono collocati i due castelli sopra citati, caratterizzati dalla presenza dei resti di numerose case torri35.

All’inizio del Trecento, dopo la conquista di Lucca e l’espansione in Valdinievole da parte di Uguccione della Faggiola, Firenze intervenne stanziando un suo contingente a

33

MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia del XIV secolo in Valdinievole, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano, 2000, p. 235.

34

MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia del XIV secolo in Valdinievole, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano, 2000, p. 237.

35

SPIACCIANI A., I possessi del vescovo di Lucca a Montecatini tra il secolo XI e il XII secolo, in «Atti del convegno Signori e feudatari nella Valdinievole dal X al XII secolo», Buggiano, 1992, p. 185.

(24)

Montecatini, ma, come visto nel paragrafo precedente, i fiorentini furono sconfitti da Uguccione, che si impadronì di Montecatini. Con l’ascesa al potere di Castruccio Castracani si instaurò un regime di guerra permanente che termino solo nel 1328, alla morte di Castruccio. La ribellione di Montecatini a Firenze del 1329 causò l’incendio del borgo e l’assedio del castello. Nel 1330 Montecatini si arrese ai fiorentini, quest’ultimi discussero a lungo sulla possibilità di distruggere definitivamente il castello, ma alla fine decisero di risparmiarlo. La nuova posizione di Montecatini all’interno dello stato fiorentino durò, apparentemente senza problemi fino al 1554. In quell’anno, durante la guerra tra Firenze e Siena, il capitano di ventura Piero Strozzi, intervenuto nel conflitto per aiutare Siena, si stabilì a Montecatini. Questo scatenò la reazione di Cosimo de’Medici che rase al suolo le fortificazioni di Montecatini e ne incendiò l’archivio del Comune36.

Fig. 5 Planimetria della rocca di Montecatini (scavi 1995-1996). Da MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia del XIV secolo in Valdinievole, Buggiano, 2000.

Nel 1994 ha avuto inizio una campagna di valutazione archeologica, attraverso dei carotaggi meccanici del castello di Montecatini. I carotaggi sono stati effettuati all’interno della Rocca pentagonale del Castello Vecchio, all’esterno di questa e nelle vicinanze della limitrofa chiesa di San Michele37, nonché nel contrapposto Castello Nuovo, sulla cui sommità,

36

MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia del XIV secolo in Valdinievole, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano, 2000, p. 238.

37

La chiesa di San Michele è attesta come pieve almeno dal 1173, vedi SPIACCIANI A., I possessi del

vescovo di Lucca a Montecatini tra il secolo XI e il XII secolo, in «Atti del convegno Signori e feudatari nella

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i carotaggi hanno evidenziato una depressione, profonda circa 2 m, sulla superficie rocciosa, alla base della quale sono stati identificati dei limi torbosi forse riconducibili ad acque stagnanti, contenenti reperti ceramici grezzi di epoca medievale.

All’interno della Rocca del Castello Vecchio, nel dicembre del 1994, è stato aperto un saggio (area 100), in prossimità dell’unica torre conservata in elevato in quest’area del castello38. Nelle successive campagne del 1995 e del 1996 sono stati indagati in maniera estensiva i settori meridionali (aree 400-500, 1000) e settentrionali (area 600-700) del sito.

La prima fase di frequentazione della Rocca pentagonale è testimoniata dalla presenza di resti di strutture in legno e pietra a secco localizzate sul versante sommitale Sud. In corrispondenza della torre sono state rinvenute delle buche di palo e delle canalette scavate direttamente nel piano roccioso.

Una seconda fase di vita del sito corrisponde a quando vengono costruite, sulla sommità del colle, le torri. Queste sono realizzate con un paramento di grossi conci di arenaria con la superficie esterna spianata. La torre ancora esistente è a pianta quadrata, con risega di fondazione a gradini tranne che sul lato Nord. Lo scavo di questa torre ha restituito, all’interno di essa, un’articolata sequenza di crolli e riempimenti, un contesto trecentesco, caratterizzato da materiali di pregio, pedine e dadi da gioco in osso.

La torre, caratterizza l’organizzazione dello spazio sommitale anche nel tardo XIII secolo, quando nel Castello Vecchio vengono costruiti due edifici, privi di scopo difensivo, (500 e 700) connotati come edifici privilegiati. I due edifici furono costruiti lungo il versante Est (edificio 500) e lungo il versante Ovest (edificio 700) con pianta rettangolare. La realizzazione dei due edifici ha richiesto il taglio e la regolarizzazione della roccia mediante uno sfruttamento a gradoni, tipico delle aree di pendio.

L’edifico ad Est, che misura m 7,20x6, presenta diverse fasi di ristrutturazione ma in origine era costituito da un grande vano unico con accesso dal versante orientale. Lungo il perimetrale Sud si addossava un pozzo nero in muratura, delle dimensioni di m 1,25x0,80, con fondo a dispersione per lo smaltimento dei liquami.

L’assoggettamento a Firenze del XIV segna, per l’area sommitale un periodo di radicale trasformazione. L’area viene organizzata come vera e propria Rocca, attraverso la costruzione di un perimetro murario di forma pentagonale che ingloba organicamente uno degli edifici e una torre. Questo assetto arriverà con poche modifiche fino alla distruzione operata dai Medici nel 1554.

38

MILANESE M., Campagna di scavo 1994 nel castello di Montecatini Alto, in «Notiziario di Archeologia Medievale», 65, Genova, 1995, pp. 5-6.

(26)

Da questa data, la Rocca di Montecatini, fu un’area in rovina, utilizzata come zona di cava per materiali di costruzione, con momenti di attività e di pausa. In uno di questi momenti di pausa, tra il tardo XVI e gli inizi del XVII secolo, il settore settentrionale venne utilizzato come necropoli39.

Il castello di Monsummano

La più antica menzione del castello di Monsummano viene generalmente indicata in una charta livelli rogata a Lucca nell’agosto del 1005, ma nota da una copia del XII secolo, questa, però, presenta margini di ambiguità. Il documento parla della cessione livellaria di metà di una corte, di un castello, dei beni fondiari e degli uomini del monastero di S. Tommaso40 ma non specifica il nome del castello, anche se i riferimenti topografici, in particolare della chiesa di San Vito portano a riconoscervi il casello di Monsummano, anche se alcuni ipotizzano che il castello sia quello del monastero di S. Tommaso piuttosto che quello di Monsummano41.

La prima attestazione scritta certa del castello di Monsummano risale all’ottobre del 1130, quando il conte Ildebrando III degli Alberti cedette ad Umberto, Vescovo di Lucca, metà del castello di Monsummano e dei diritti signorili42.

Il controllo degli Alberti sul castello di Monsummano dovette essere ancora efficace nell’ultimo quarto del XII secolo, infatti, nel 1181, il conte Guido II Borgognone viene citato come signore di Verruca, Monsummano e Serra43.

La trasformazione di Monsummano in comune è attestata in un documento, del 1216, nel quale il conte Tagliaferro, membro della famiglia degli Alberti, è citato come podestà di Monsummano. Il fatto che uno degli Alberti ricoprisse questa carica ci fa vedere come questa famiglia cercasse di mantenere un residuo di autorità, in un’epoca di declino per le famiglie signorili, ma nel 1218 il castello di Monsummano fu completamente alienato al vescovo di Lucca.

39

MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia del XIV secolo in Valdinievole, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano, 2000, pp. 238-243.

40

S. Amato sul monte Albano SPIACCIANI A., I possessi del vescovo di Lucca a Montecatini tra il

secolo XI e il XII secolo, in «Atti del convegno Signori e feudatari nella Valdinievole dal X al XII secolo»,

Buggiano, 1992, p. 166.

41

COLLAVINI S., I conti Alberti e la Valdinievole: una nota sulla situazione politica della Tuscia nei

primi anni dell’XI secolo, in « Atti del convegno Signori e feudatari nella Valdinievole dal X al XII secolo»,

Buggiano, 1992, pp. 107 e 130-131.

42

CECCARELLI LEMUT M. L., I conti Alberti in Valdinievole, in « Atti del convegno Signori e feudatari nella Valdinievole dal X al XII secolo», Buggiano, 1992, pp. 35-36.

43

CECCARELLI LEMUT M. L., I conti Alberti in Valdinievole, in « Atti del convegno Signori e feudatari nella Valdinievole dal X al XII secolo», Buggiano, 1992, pp. 36-38.

(27)

I lucchesi riconobbero subito il forte valore strategico che assumeva il castello di Monsummano nella loro guerra contro Pistoia.

Monsummano prese parte alla lega formatasi in Valdinievole nel 1328, come visto nel paragrafo precedente, che si sottomise a Firenze tra il 1329 e il 1331. Il nuovo statuto di Monsummano fu approvato da Firenze nel 1331 e nel novembre di quello stesso anno fu nominato il primo podestà fiorentino, con l’obbligo di residenza nel castello.

Nel 1372 è attestato, nelle vicinanze del castello di Monsummano, il castrum Segalarius, forse di proprietà degli Alberti.

Fig. 6 Il castello di Monsummano e il castrum di Segalaris.

Già nei primi decenni della dominazione fiorentina le condizioni del castello non dovevano essere ottimali, infatti, Berengario, Vescovo di Lucca, nel corso di una Visita Pastorale (29 novembre 1354) rinuncia a visitare la chiesa di S. Niccolò, per il cattivo stato della strada. Durante la stessa visita pastorale viene registrata l’assenza del parroco, che, secondo la testimonianza di due operaij dicte ecclesie “[…] ludit cotidie in taberna ad unum brigantis”44.

44

Cfr COTURRI E., Pistoia, Lucca e la Valdinievole nel medioevo. Raccolta di saggi, Pistoia, 1998, p. 262.

(28)

Il degrado continuo del sito è testimoniata anche da altre fonti scritte successive alla Visita Pastorale del 1354. Nel gennaio del 1433 gli abitanti del castello di Monsummano chiedono a Firenze aiuto per il restauro della rocca, che probabilmente non fu mai eseguito. Nel 1466 il Vescovo di Lucca non poté giungere al castello a causa dell’impraticabilità della strada45.Questo isolamento portò gli abitanti, nel tardo XVI, a spostarsi verso la pianura.

L’abbandono non trasformò il castello in una cava per il materiale da costruzione, almeno fino all’apertura dell’attuale via carrozzabile. Per questo motivo il castello di Monsummano è giunto fino a noi con un buon grado di leggibilità complessiva.

Il sito è rientrato nell’interesse di varie istituzioni e ricercatori a vario titolo operanti in questo territorio. Il risultato di questo interessamento è stato un rilievo generale del sito ed uno studio storico-archeologico delle evidenze disponibili, nonché in alcuni recuperi effettuati dal Gruppo Archeologico della Valdinievole e successivi saggi di scavo diretti da G. Uggeri nel 1984-85 e da A. Patera nel 199346.

Attualmente le strutture in elevato visibili nel castello sono la cinta muraria, la torre d’avvistamento pentagonale, ubicata sul vertice occidentale della cinta, la piazza, il complesso ecclesiastico pluristratigrafico della chiesa di San Nicolao con annessa necropoli ed altri edifici non meglio identificati. Le numerose macro e microanomalie del terreno, presenti su tutto il sito, suggeriscono la presenza di altri edifici sepolti.

I reperti rinvenuti sul sito, oltre ad attestare una frequentazione della zona in epoca romana (II-I secolo a. C.), indicano che le stratificazioni archeologiche toccate dai sondaggi sono riferibili alle fasi della più tarda utilizzazione del castello (XV-XVI secolo), mentre i reperti trecenteschi sembrano principalmente residuali, ridepositati in contesti posteriori47.

Massa Buggianese

Massa risulta essere, già a partire della fine del IX secolo, uno dei centri di organizzazione del territorio per la presenza di una delle più antiche pievi menzionate nelle fonti antiche note. A partire dall’898 è ricordata la plebs S. Mariae de Massa prope Burra mentre l’abitato di Massa è menzionato in un elenco di 21 villae alla suddetta pieve, quando la

45

MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia del XIV secolo in Valdinievole, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano, 2000, pp. 248-249.

46

MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia del XIV secolo in Valdinievole, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano, 2000, p. 249.

47

MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia del XIV secolo in Valdinievole, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano, 2000, p. 251.

(29)

metà delle decime ad essa dipendenti sono cedute a Sigfrido e Cunerado del fu Teudegrimo, uno dei rami della famiglia poi detta “da Buggiano”. L’ubicazione della plebs doveva essere dettata non solo dalla presenza di una antica villa romana, ma soprattutto dalla posizione strategica rispetto agli altri centri e alla viabilità 48.

In seguito, nonostante la presenza della pieve, Massa continua ad essere ricordata dalle fonti come villa, anche quando, nell’XI secolo passa sotto il controllo dei Signori da Buggiano. Nel XII secolo Massa doveva essere ancora un villaggio non fortificato e, forse, di relativa importanza nelle politiche di controllo della popolazione e delle rendite del territorio all’interno del districtus dei Da Buggiano.

In un documento della fine del XIII secolo si fa, per la prima volta, riferimento a terreni ubicati nel castellum de Massa, e di beni immobili confinanti con il muro di detto castello. E’ proprio la cronologia piuttosto bassa di questa attestazione che lascia un ampio margine di dubbio circa l’origine signorile di questa trasformazione, attestata per le altre località della Valdinievole fin dai secoli centrali del Medioevo. Una possibilità è che la chiusura dell’abitato sia stata messa in opera dal Comune rurale, le cui istituzioni si erano già consolidate agli inizi del Duecento. Tuttavia, stando alla documentazione archivistica, gli organi del Comune a partire dal 1320 realizzarono il palazzo del Comune con il loggiato, e a partire dal 1330-1331 realizzarono un ampliamento delle mura e forse anche una parte della pieve, che venne inglobata dentro il nuovo circuito difensivo49.

La conquista fiorentina di Massa risale al 1339, anche se più che una conquista fu un’acquisizione pacifica promossa dal Comune ormai in rotta con l’antico gruppo signorile dei Da Buggiano, che ormai erano diventati parte del ceto dirigente cittadino di Lucca. In un primo momento, Firenze racchiuse Massa, Cozzile e l’antico territorio di Verruca in un’unica podesteria, il cui ufficiale di riferimento risiedeva a Cozzile. Nel 1420 si verificò l’unione di questa circoscrizione con quella di Buggiano, sebbene con un ufficiale di giustizia e una corte autonoma. Questo passaggio forse potrebbe spiegare l’abbandono seguito alla distruzione delle fortificazioni avvenuto tra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo50.

Durante una campagna di ricognizione intensiva, di pulizia e di rilievo dei lacerti murari individuati nella zona del Catrio (autunno 1997) sono stati individuati una torre in materiale litico ed alcuni tratti della cinta muraria che dalla torre si dirigevano verso la parte

48

MILANESE M., BALDASSARRI M. (a cura di), Il castello e l’uliveto. Insediamento e

trasformazione del paesaggio dall’indagine archeologica a Massa in Valdinievole, Massa e Cozzile, 2004, p. 30.

49

MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia del XIV secolo in Valdinievole, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano, 2000, p. 252.

50

MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia del XIV secolo in Valdinievole, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano, 2000, p. 254.

(30)

meridionale dell’abitato. Nella malta della torre è stato ritrovato un frammento di boccale di maiolica arcaica risalente alla fine del XIII inizi XIV secolo, di produzione pisana51. Il ritrovamento della maiolica arcaica nella malta della torre ha permesso di collegare queste prime evidenze alle fortificazioni messe in atto dal Comune rurale agli inizi del Trecento, al momento in cui si andava profilando l’aggressione fiorentina ai danni della Repubblica di Lucca, intorno alla quale gravitavano questi territori.

Fig. 7 L’abitato di Massa. Da MILANESE M., BALDASSARRI M. (a cura di), Il castello e l’uliveto. Insediamento e trasformazione del paesaggio dall’indagine archeologica a Massa in Valdinievole, Massa e

Cozzile, 2004.

Sono stati, successivamente, effettuati dei sondaggi stratigrafici nel corso di due campagne, tra il 1998 e il 2000. L’attenzione è stata concentrata nelle aree sommitali

51

MILANESE M., BALDASSARRI M. (a cura di), Il castello e l’uliveto. Insediamento e

trasformazione del paesaggio dall’indagine archeologica a Massa in Valdinievole, Massa e Cozzile, 2004, p.

Figura

Fig. 1 Situazione di complessa visibilità superficiale dovuta al bosco e all’incolto (Monte Lignana visto da
Fig. 2 Pianta con le principali località citate nel testo. Da MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia  del XIV secolo in Valdinievole, Buggiano, 2000
Fig. 3 Pianta del castello di Terrazzana.
Fig. 4 Planimetria dei resti della Pievaccia. Da MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia del XIV  secolo in Valdinievole, Buggiano, 2000
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