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Il giudice nazionale ha il dovere di accertare l'abusività della clausola compromissoria nell'ambito del giudizio di esecuzione

della nullità delle clausole abusive nei contratti con i consumator

4. La Corte di Giustizia amplia la portata dell'obbligo di rilevazione d'ufficio della vessatorietà da parte del giudice

4.1 Il giudice nazionale ha il dovere di accertare l'abusività della clausola compromissoria nell'ambito del giudizio di esecuzione

forzata di un lodo arbitrale definitivo

La Corte di Giustizia, partendo dall'obbligo di rilevazione ufficiosa, si è spinta fino al punto di riconoscere l'esistenza di un dovere per il giudice interno, investito di una domanda per l'esecuzione forzata di un lodo arbitrale divenuto definitivo, di accertare il carattere vessatorio della clausola compromissoria, stipulata tra le parti135. Nello specifico, il fulcro di questo ulteriore passaggio interpretativo si trova nella sentenza Asturcom Telecomunicaciones SL136, emanata appena pochi mesi dopo la pronuncia Pannon GSM.

Nel maggio 2004 la signora Rodríguez Nogueira aveva stipulato un contratto d'abbonamento di telefonia mobile con la società spagnola Asturcom Telecomunicaciones SL, nel quale era contenuta una

135G. LO SCHIAVO, La Corte di Giustizia ridimensiona progressivamente il

principio nazionale di cosa giudicata, in “Rivista italiana di diritto pubblico comunitario”, 2010, 1, pp. 287 ss.

136C. Giust. CE, sentenza 6 ottobre 2009, causa C-40/08, Pres. Jann, Avv. Gen. V. Trstenjak, Asturcom Telecomunicaciones SL c. Cristina Rodríguez Nogueira, in Contratti, 2009, pp. 1176 ss.

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clausola compromissoria che sottoponeva qualsiasi controversia concernente l'esecuzione del negozio all'arbitrato dell'Asociación Europea de Arbitraje de Derecho y Equidad (AEADE), la cui sede, non indicata nel contratto, era a Bilbao. Poiché la signora Rodríguez non aveva saldato alcune fatture ed era receduta dal contratto prima dello scadere della durata minima convenuta, la Asturcom Telecomunicaciones SL aveva avviato nei suoi confronti il procedimento arbitrale dinanzi alla AEADE, il quale si era concluso con un lodo di condanna della contraente al pagamento delle somme dovute. A fronte dell'inadempimento alla decisione di condanna, la società spagnola, nell'autunno del 2007, aveva poi presentato, dinanzi al Juzgado de Primera Instancia de Bilbao, una domanda di esecuzione forzata della pronuncia arbitrale, la quale, nel frattempo e in mancanza di un'azione di annullamento promossa nei suoi confronti, era divenuta definitiva.

Il giudice adito aveva constatato la natura abusiva della clausola compromissoria, la quale incardinava la competenza a decidere la controversia dinanzi ad un ente arbitrale la cui sede, peraltro non indicata nel contratto, era situata ad una distanza considerevole dal domicilio del consumatore, il quale avrebbe, quindi, dovuto sostenere spese ingenti per recarvisi. Tuttavia, le norme spagnole non consentivano di rilevare d'ufficio la nullità delle pattuizioni arbitrali vessatorie né agli arbitri, né al giudice chiamato a statuire sull'esecuzione forzata del lodo. Perciò, il Juzgado de Primera Instancia de Bilbao aveva chiesto alla Corte di Giustizia di accertare se la tutela dei consumatori, garantita dalla Direttiva 1993/13/CE, implicasse per l'autorità giudiziaria nazionale, investita della domanda di esecuzione forzata di un lodo arbitrale definitivo, l'accertamento della nullità della convenzione d'arbitrato, contenente una clausola abusiva, e il conseguente annullamento del lodo, pur in mancanza di una domanda in tal senso del consumatore.

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Nel pronunciarsi sulla questione pregiudiziale, la Corte sottolinea le peculiarità, rispetto alla vicenda che aveva dato luogo alla sentenza

Mostaza Claro, della fattispecie sottoposta alla sua valutazione,

nell'ambito della quale la contraente aveva assunto un atteggiamento totalmente passivo, non proponendo l'azione di annullamento del lodo arbitrale, il quale, di conseguenza, era divenuto definitivo137. Dunque, era necessario stabilire se, anche in una simile situazione e nonostante le norme processuali nazionali sull'autorità della cosa giudicata, il giudice dell'esecuzione avrebbe dovuto comunque garantire una tutela assoluta al consumatore (punti n°34-35).

La Corte di Giustizia, facendo riferimento alla propria giurisprudenza138, afferma che il principio per cui le decisioni giurisdizionali definitive non possono più essere messe in discussione costituisce un pilastro dei sistemi giudiziari nazionali e dello stesso diritto comunitario. Pertanto, l'autorità giudiziaria non può essere obbligata a disapplicare le norme processuali interne relative alla cosa giudicata, nemmeno quando ciò permetterebbe di rimediare ad una violazione, da queste perpetrata, della normativa sovranazionale. Infatti, la mancanza di una disciplina comunitaria uniforme in tema di tutela giurisdizionale delle posizioni giuridiche protette comporta che rientri nell'autonomia degli Stati membri individuare le modalità di attuazione del principio dell'autorità di cosa giudicata.

La Corte, tuttavia, ricorda come sia necessario, in primo luogo, che le vie di ricorso, previste a favore di un diritto di matrice comunitaria,

137Nella vicenda Mostaza Claro, come precisato nei paragrafi precedenti, la consumatrice era comparsa nel giudizio arbitrale, omettendo di eccepire la nullità della convenzione d'arbitrato, e aveva fatto valere le proprie doglianze in sede di impugnazione del lodo. Nel caso che ha originato la pronuncia Asturcom Telecomunicaciones SL, invece, la consumatrice non solo era rimasta contumace dinanzi agli arbitri, ma non aveva neanche impugnato la pronuncia arbitrale nei termini contemplati dall'ordinamento processuale spagnolo.

138In particolare alla sentenza Eco Swiss, 1° giugno 1999, causa C-126/97, punti n° 47 e 48; alla sentenza Kapferer, 16 marzo 2006, causa C-234/04, punto n° 21 e alla sentenza Fallimento Olimpiclub, 3 settembre 2009, causa C-2/08, punto n° 23.

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non siano strutturate in modo da renderne in pratica impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio139. E come, in secondo luogo, sia fondamentale che le garanzie, predisposte in relazione ad un ricorso fondato sulla tutela di un diritto comunitario, non siano inferiori a quelle che l'ordinamento interno prevede per azioni relative alla protezione di analoghi diritti di matrice nazionale.

In virtù di tale disposizione, la quale integra il principio comunitario di equivalenza, l'articolo 6 della Direttiva 1993/13/CE, in quanto norma imperativa, va considerato come “equivalente alle disposizioni

nazionali che occupano, nell'ambito dell'ordinamento giuridico interno, il rango di norme di ordine pubblico” (punto n° 52). Di

conseguenza, nell'ipotesi in cui l'autorità giudiziaria interna, investita di una domanda per l'esecuzione forzata di un lodo arbitrale definitivo, debba valutare d'ufficio la contrarietà della clausola compromissoria alle norme nazionali di ordine pubblico, essa è, allo stesso modo, obbligata ad accertarne il carattere abusivo per contrasto con l'articolo 6 della Direttiva 1993/13/CE. Tale obbligo, secondo la Corte di Giustizia, grava sul giudice dell'esecuzione anche quando questi

“nell'ambito del sistema giurisdizionale interno, dispone di una mera facoltà di valutare d'ufficio la contrarietà di una clausola del genere con le norme nazionali d'ordine pubblico” (punto n° 54).

D'altronde, come sostiene anche l'Avvocato Generale Trstenjak, al

139Si tratta del principio di effettività, che nel caso di specie la Corte di Giustizia ritiene essere stato rispettato. Infatti, il termine di 60 giorni, previsto dalla normativa spagnola in tema di clausole contrattuali abusive per l'impugnazione del lodo arbitrale, non rendeva impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti al consumatore dalla Direttiva 1993/13/CE, in quanto, decorrendo questo dalla notifica della sentenza arbitrale, consentiva comunque al contraente di conoscere gli effetti della clausola compromissoria vessatoria nei suoi confronti. Di conseguenza, il rispetto di tale principio "non può, in circostanze come quelle della causa principale, giungere al punto di esigere che un giudice nazionale debba non solo compensare un'omissione procedurale di un consumatore ignaro dei propri diritti, come nella causa che ha dato luogo alla sentenza Mostaza Claro, ma anche supplire integralmente alla completa passività del consumatore interessato che, come la convenuta nella causa principale, non ha partecipato al procedimento arbitrale e neppure proposto un'azione d'annullamento contro il lodo arbitrale divenuto per tale fatto definitivo" (punto n° 47 della sentenza in esame).

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paragrafo n° 79 delle sue conclusioni140, “l’effetto dissuasivo

perseguito da una siffatta verifica verrebbe considerevolmente ridotto qualora questa fosse rimessa esclusivamente alla discrezionalità del giudice dell’esecuzione. La tutela dei consumatori verrebbe invece assicurata, in conformità dei precetti del diritto comunitario, qualora il giudice dell’esecuzione fosse giuridicamente obbligato a procedere ad una siffatta verifica”.

La Corte conclude, perciò, affermando che “la Direttiva 1993/13/CE

deve essere interpretata nel senso che un giudice nazionale, investito di una domanda per l'esecuzione forzata di un lodo arbitrale che ha acquisito autorità di cosa giudicata, emesso in assenza del consumatore, è tenuto, a partire dal momento in cui dispone degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine, a valutare d'ufficio il carattere abusivo della clausola compromissoria contenuta in un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore, qualora, secondo le norme procedurali nazionali, egli possa procedere a tale valutazione nell'ambito di ricorsi analoghi di natura interna”.

Nell'ambito della sentenza Asturcom Telecomunicaciones SL, quindi, la Corte di Giustizia porta avanti il percorso iniziato con la sentenza

Mostaza Claro e proseguito con la sentenza Pannon GSM, arrivando

ad ammettere che l'autorità giudiziaria interna possa in qualche modo “aggirare" il giudicato per eliminare una pattuizione vessatoria dal regolamento negoziale. E ciò d'ufficio, anche a fronte di un consumatore contumace, il quale, magari consapevole delle conseguenze connesse alla propria inerzia e nella possibilità economica di far valere la doglianza in sede di impugnazione, sia rimasto inerte, in attesa dell'intervento postumo dell'organo

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85 giurisdizionale141.

In questo modo, si conferma come il principio della tutela del consumatore abbia finito per assumere “una valenza primaria

all'interno dell'ordinamento, tanto da assurgere a canone di un ordine pubblico, che […] diviene, attraverso una serie di interventi di «direzione» del mercato e di «protezione» del contraente economicamente debole, «ordine pubblico di protezione» proteso a perseguire, attraverso lo strumento negoziale, una politica dirigistica di ricerca dell'equilibrio giuridico nei rapporti negoziali non conclusi fra imprenditori”142.

4.2 Il giudice nazionale ha il dovere di accertare d'ufficio la

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