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Il giudice nazionale ha il dovere di rilevare d'ufficio l'abusività in sede d'appello

della nullità delle clausole abusive nei contratti con i consumator

4. La Corte di Giustizia amplia la portata dell'obbligo di rilevazione d'ufficio della vessatorietà da parte del giudice

4.3 Il giudice nazionale ha il dovere di rilevare d'ufficio l'abusività in sede d'appello

Per concludere l'analisi del percorso interpretativo compiuto dalla Corte di Giustizia, meritano una menzione le recenti sentenze Jőrös e

Asbeek Brusse, ambedue emanate il 30 maggio 2013, poiché in esse si

arriva ad affermare la sussistenza di un dovere, in capo al giudice nazionale, di rilevazione della nullità della pattuizione abusiva anche nell'ambito di un giudizio di appello.

In entrambe le pronunce, premessa fondamentale è che l'individuazione delle modalità di svolgimento dei procedimenti d'appello, intese a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell'Unione, mancando specifiche disposizioni comunitarie, spetta agli Stati membri, in ragione della loro autonomia processuale. Come precisato più volte nelle proprie decisioni precedenti, il giudice comunitario ricorda che tali normative non devono essere meno favorevoli di quelle che riguardano situazioni analoghe di natura interna, né rendere impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico dell'Unione.

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Dal principio di equivalenza, in particolare, deriva che se il giudice nazionale è competente a valutare d'ufficio, ai sensi delle norme interne, la contrarietà di un atto giuridico rispetto alle regole nazionali di ordine pubblico, questi, allo stesso modo, deve esercitare tale competenza al fine di valutare il carattere abusivo di una pattuizione rientrante nell'ambito di applicazione della Direttiva 1993/13/CE, stante il suo carattere di norma imperativa. E ciò anche nell'ipotesi in cui tale dovere di vaglio della compatibilità rispetto alle norme interne di ordine pubblico grava sull'autorità giudiziaria nazionale che si pronuncia in sede di appello.

Premesso ciò, qualche breve considerazione su ciascuna di queste decisioni si rende opportuna.

Nella sentenza Jőrös147, la questione pregiudiziale era sorta nell'ambito di una controversia instauratasi tra la signora Erika Jőrös e l'istituto ungherese Aegon Magyarország Hitel Zrt., a proposito di somme dovute in esecuzione di un contratto di credito stipulato tra di loro. La disputa si era originata a fronte di un ricorso, presentato dalla contraente dinanzi al tribunale centrale circoscrizionale del centro di Pest, con il quale ella aveva dedotto la parziale invalidità del negozio, dipendente dal carattere usurario e fittizio, nonché contrario alla morale, di alcune sue disposizioni, non facendo valere, però, a fondamento della propria azione, la loro natura abusiva. Tale contratto, in particolare, riconosceva al creditore, alla chiusura di ciascun esercizio economico, la possibilità di modificare non solo l'importo dei costi di gestione per l'esercizio successivo, nonché il tasso di interesse, ma anche di introdurre nuove categorie di commissioni e spese, dinanzi a cambiamenti collegati al finanziamento dell'operazione. Inoltre, qualora fossero emersi nuovi costi a carico dell'istituto,

147C. Giust. UE, sentenza 30 maggio 2013, causa C-397/11, Pres. Tizzano, Avv. Gen. P. Mengozzi, Erika Jőrös c. Aegon Magyarorszag Hitel Zrt., in Foro italiano, 2014, pp. 3 ss.

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impossibili da prevedere al momento della stipulazione del contratto, il debitore avrebbe dovuto pagare, su richiesta, le somme necessarie a sopperirvi. Il tutto, senza la previsione di un diritto di recesso di quest'ultimo con effetto immediato.

Il Fõvárosi Bíróság, appellato dalla signora Jőrös, a seguito della decisione di rigetto del ricorso originario da parte del tribunale di primo grado, aveva chiesto alla Corte di esprimersi in merito alla possibilità del giudice nazionale, che si pronuncia in sede d'appello, di esaminare il carattere abusivo delle condizioni generali di contratto, nell'ipotesi in cui tale questione non sia stata considerata nell'ambito del procedimento di primo grado e nonostante la normativa nazionale escluda la possibilità di prendere in considerazione fatti nuovi o ammettere nuovi elementi probatori in tale grado di giudizio.

La Corte di Giustizia rileva come, nel caso di specie, dal parere 2/2010/VI.28./PK148 delle Sezioni Unite civili della Corte suprema dell'Ungheria, del 28 giugno 2010, è possibile ricavare che il giudice, in sede di appello, è competente a valutare d'ufficio l'esistenza di una causa di nullità di una clausola contrattuale, anche nell'ipotesi in cui la parte, che avrebbe potuto avvalersene, non l'abbia invocata. Pertanto, in virtù del principio di equivalenza, “poiché il giudice nazionale che

si pronuncia in sede di appello dispone di tale competenza nelle situazioni di natura interna, deve esercitarla in una situazione come quella oggetto del procedimento principale, che mette in discussione la salvaguardia dei diritti che il consumatore trae dalla direttiva 93/13”

(punto n° 36).

La questione pregiudiziale, originante la sentenza Asbeek Brusse149,

148Il quale, all'articolo 4, lett. b) stabilisce che “il giudice è obbligato a dichiarare

d'ufficio la nullità in un procedimento di secondo grado se l'esistenza di una causa di nullità risulta chiaramente dalle informazioni disponibili nel procedimento di primo grado (...)”.

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invece, era sorta nell'ambito di una controversia instauratasi tra il signor Asbeek Brusse e la signora de Man Garabito, da un lato, e la Jahani BV, società che si occupava a fini commerciali della locazione di immobili ad uso abitativo, dall'altro. La disputa, in particolare, riguardava il pagamento, da parte dei primi, di canoni arretrati, di interessi contrattuali e di penali dovute in virtù di un contratto di locazione di un locale ad uso abitativo sito ad Alkmaar, nei Paesi Bassi. Avverso la pronuncia del giudice di primo grado, il quale aveva accolto le domande della Jahani BV, ricorrente, i locatari avevano presentato appello al Gerechtshof te Amsterdam, chiedendogli di ridurre gli importi previsti, nelle condizioni generali di contratto, a titolo di penalità per l'inadempimento o la violazione degli derivanti dal contratto, tenuto conto della sproporzione esistente tra questi e il danno subito dalla locatrice150.

In tale contesto, il giudice appellato aveva chiesto alla Corte di Giustizia se “il giudice nazionale, tanto in primo grado quanto in

appello, ha il potere e l'obbligo di esaminare d'ufficio una clausola contrattuale alla luce della normativa nazionale di trasposizione e di dichiararne la nullità se ritiene che la clausola sia abusiva”.

Secondo il giudice comunitario, poiché nell'ordinamento olandese l'autorità giudiziaria che si pronuncia in sede di appello è competente a valutare d'ufficio la validità di un atto giuridico rispetto alle norme nazionali di ordine pubblico, essa “deve parimenti esercitare tale

competenza ai fini di valutare d'ufficio, rispetto ai criteri enunciati dalla direttiva, l'eventuale carattere abusivo di una clausola contrattuale che rientri nell'ambito di applicazione di quest'ultima”

(punto n° 45).

D'altronde, come già precisato con la sentenza Asturcom P. Mengozzi, Dirk Frederik Asbeek Brusse e Katarina de Man Garabito c. Jahani BV, in Foro italiano, 2014, pp. 3 ss.

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Telecomunicaciones SL, tale obbligo incombe sul giudice nazionale

anche quando il sistema giurisdizionale interno attribuisce una mera facoltà e non un vero e proprio dovere di valutazione d'ufficio della contrarietà con le norme interne aventi carattere imperativo.

5. Le sentenze della Corte di Giustizia e il ruolo dei giudici

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