della nullità delle clausole abusive nei contratti con i consumator
2. Dalla facoltà all'obbligo: l'evoluzione della posizione della Corte di Giustizia sul tema della rilevabilità d'ufficio della vessatorietà
2.2 L'introduzione di limiti temporali contrasta con il diritto comunitario: la Corte conferma e precisa la facoltà di rilevazione
d'ufficio
Una volta stabilito che il giudice nazionale ha la facoltà di rilevare d’ufficio le nullità a protezione del consumatore, la Corte di Giustizia ha avuto modo di riconfermare e, allo stesso tempo, sviluppare la propria posizione, definendo, in aggiunta, le condizioni di esercizio di tale potere, anche alla luce degli ordinamenti interni.
Ciò avviene, in particolare, nella successiva pronuncia Cofidis97, la
quale rappresenta la logica conseguenza della sentenza Océano Grupo
Editorial e Salvat Editores e del ragionamento che ne è il fondamento.
Infatti, nell'ambito di tale decisione, si pone l'accento sull'importanza della sussistenza di una prerogativa giudiziale di accertamento al fine di garantire l'effettiva tutela del consumatore, per decidere, nel caso di specie, che un limite temporale, previsto dalle normative nazionali per la contestazione della vessatorietà di una clausola contrattuale, eccessivamente breve, si pone in contrasto con il diritto comunitario98. D'altronde, si sarebbe creata una situazione paradossale qualora, a fronte della possibilità, affermata esplicitamente dalla Corte, delle autorità giudiziarie nazionali di accertare l'abusività di una pattuizione, si fosse poi ammessa una restrizione del suo esercizio in un periodo di tempo limitato.
Vediamo anzitutto i fatti.
La questione pregiudiziale era stata sollevata dal Tribunal d'istance di Vienne, in Francia, nell'ambito di una controversia sorta tra la Cofidis SA, società di diritto francese e il signor Fredout, convenuto per
97C. Giust. CE, sentenza 21 novembre 2002, causa C-473/2000, Pres. Wathelet, Avv. Gen. A. Tizzano, Cofidis SA c. Jean-Louis Fredout, in Foro Italiano, 2003, pp. 16 ss.
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l'adempimento della prestazione di somme dovute in esecuzione di un contratto di credito stipulato con tale società. Nel caso di specie, l'offerta di credito era contenuta in un foglio stampato su entrambe le facciate, nel quale, mentre la menzione “richiesta gratuita di
disponibilità pecuniaria” risultava indicata sulla parte anteriore e con
lettere maiuscole, le disposizioni relative ai tassi di interesse convenzionali ed alla clausola penale figuravano in lettere minuscole, sul retro della pagina. Pertanto, il tribunale francese aveva ritenuto che tali clausole finanziarie potessero essere considerate abusive, in quanto prive di leggibilità e, quindi, in grado di indurre il consumatore in errore99.
Tuttavia, l'autorità giudiziaria nazionale non avrebbe potuto rilevare la nullità di tali pattuizioni vessatorie, secondo quanto stabilito dalla precedente sentenza Océano Grupo Editorial e Salvat Editores, se si fosse ammessa l'applicabilità, in questo contesto, della previsione normativa di cui all'articolo L. 311-37, primo comma, del code de la
consommation, in tema di credito al consumo. Infatti, tale disposizione
prevedeva, per l'avvio delle azioni di nullità, un termine di decadenza di due anni dalla conclusione del contratto, il quale, nel caso di specie, era spirato in epoca antecedente alla proposizione del giudizio.
Il giudice francese, perciò, aveva sollevato una questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia, chiedendo se la Direttiva 1993/13/CE ostasse
“ad una normativa interna che […] vieta al giudice nazionale, alla scadenza di un termine di decadenza, di rilevare, d'ufficio o a seguito di un'eccezione sollevata dal consumatore, il carattere abusivo di una clausola inserita nel suddetto contratto”. Ciò, in particolare, quando
quest'ultimo sia stato stipulato oltre due anni prima dell'instaurazione del giudizio e consenta, in questo modo, al professionista di avvalersi in giudizio di tali clausole, fondando su di esse propria iniziativa
99Infatti, il ricorso, nel modulo contrattuale, a termini di ispirazione pubblicitaria, unita all'utilizzazione di caratteri di dimensioni inferiori a quelli ritenuti minimi per considerarli leggibili, potrebbe indurre a considerare gratuita l'operazione.
57 giudiziaria100.
Una volta ammessa la ricevibilità della domanda pregiudiziale, a fronte del carattere vessatorio delle clausole finanziarie contese, la Corte di Giustizia entra nel merito della questione sollevata dal Tribunal
d'istance.
La Commissione, unitamente al sig. Fredout, aveva sostenuto un'interpretazione estensiva della sentenza Océano Grupo Editorial e
Salvat Editores101, ritenendo che la finalità di protezione del consumatore, propria della Direttiva, non sarebbe potuta essere raggiunta qualora la rilevazione d'ufficio dell'abusività delle clausole contrattuali fosse stata sottoposta ad un termine. Infatti, in tal caso, se il consumatore si fosse astenuto dal dedurre la vessatorietà delle pattuizioni, al professionista sarebbe bastato avviare l'azione di pagamento dopo la scadenza del termine di decadenza, fissato dal legislatore nazionale, per privare la controparte della tutela. Senza tenere conto del fatto che, consentire agli Stati membri di stabilire limiti temporali, eventualmente diversi tra di loro, per far valere l'abusività delle clausole, sarebbe risultato contrario al principio dell'applicazione uniforme del diritto comunitario.
Condividendo queste riflessioni, la Corte ha, pertanto, ritenuto che la questione pregiudiziale sollevata nei suoi confronti debba essere risolta nel senso di riconoscere che la tutela che la direttiva garantisce ai consumatori “osta ad una normativa interna che, in un'azione
promossa da un professionista nei confronti di un consumatore e
100R. CONTI- R. FOGLIA, Credito al consumo, clausole abusive e termine di
decadenza, in “Il Corriere giuridico”, 2003, 2, pp. 254 ss.
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Al contrario della Cofidis e del governo francese, secondo i quali si sarebbe dovuto, piuttosto, distinguere tra la causa principale e quella che aveva dato origine alla sentenza Océano Grupo Editorial e Salvat Editores. Infatti, mentre in quest'ultimo caso, consentendo al giudice nazionale di valutare d'ufficio l'abusività di una clausola attributiva di giurisdizione, la Corte gli aveva semplicemente permesso di rilevare esso stesso la propria incompetenza, nel caso di specie si sarebbe trattato di valutare se il giudice dovesse o meno applicare un termine di decadenza imposto dal legislatore nazionale (punto n° 27 della sentenza in esame).
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basata su un contratto stipulato tra loro, vieta al giudice nazionale, alla scadenza di un termine di decadenza, di rilevare, d'ufficio o a seguito di un'eccezione sollevata dal consumatore, l'abusività di una clausola inserita nel suddetto contratto”.
Questa interpretazione non viene contraddetta neppure dal fatto che, in altri casi, è stata riconosciuta la legittimità di termini di decadenza anche inferiori a quello fissato nell'ordinamento francese, essendo tali decisioni il risultato di valutazioni specifiche, effettuate in considerazione del contesto di fatto e di diritto proprio della singola causa, le quali non potevano essere trasposte automaticamente in settori diversi.
2.3 Prima evoluzione nella posizione della Corte: il giudice “è