posizione della Corte di Cassazione italiana
2. Premessa necessaria al problema originato dalle nullità di protezione: la rilevabilità d'ufficio delle nullità di diritto comune
2.2 Limiti alla rilevabilità d'ufficio
La possibilità, riconosciuta al giudice dalla disposizione di cui all'articolo 1421 c.c., di rilevare la nullità del contratto anche in assenza di un impulso di parte, pur rappresentando una garanzia per la tutela dei valori fondamentali dell'ordinamento, non è, però, configurabile in termini assoluti. La sua operatività, infatti, è condizionata dalla presenza di alcuni limiti, coniati dalla giurisprudenza a fronte dell'esigenza di operare un coordinamento tra la normativa sostanziale e i principi cardine del processo civile italiano167.
Nello specifico, compongono il perimetro del potere giudiziale di rilevazione d'ufficio della nullità di diritto comune le regole processuali del contraddittorio, della disponibilità delle prove e dell'intangibilità della cosa giudicata.
In primo luogo, l'esercizio di tale potere di accertamento ufficioso non può prescindere dall'applicazione dell'articolo 183, quarto comma,
166G. STOLFI, Sopra un caso di modificazione della domanda in corso di giudizio, in “Giurisprudenza italiana”, 1948, 2, cit. p. 151
167
A. PASSARELLA, Rilevabilità d'ufficio della nullità del contratto, in “Contratti”, 2013, 2, pp. 81 ss.
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c.p.c., il quale, stabilendo che il giudice “indica (alle parti) le questioni
rilevabili d'ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione”, è posto
a presidio del principio del contraddittorio.
Questa previsione aveva in passato sollevato un ampio dibattito nella dottrina, la cui parte minoritaria, facendo leva sulla lettera della norma, in particolare sul riferimento all’opportunità della trattazione, riteneva sussistente in capo al giudice una semplice facoltà di informare le parti, piuttosto che un vero e proprio obbligo, come, invece, sostenuto dalla visione prevalente.
La questione non era banale, poiché, solo accogliendo quest'ultima posizione, la cosiddetta sentenza “a sorpresa”, cioè fondata su una questione rilevata d'ufficio, in assenza di un preventivo contraddittorio, sarebbe dovuta essere ritenuta nulla168.
La disputa ha trovato una sua composizione per il tramite della legge n° 69 del 18 giugno 2009, di riforma del processo civile, la quale ha aggiunto all'articolo 101 c.p.c., rubricato “principio del
contraddittorio”, un ulteriore comma, il quale dispone che “se ritiene di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d'ufficio, il giudice riserva la decisione, assegnando alle parti, a pena di nullità, un termine […] per il deposito di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione”. In questo modo, grazie alla menzione
espressa della nullità, quale conseguenza di una decisione “a sorpresa”169
e la previsione di un termine a difesa, il legislatore ha ampliato l'ambito applicativo dell'articolo 183, quarto comma, c.p.c., sancendo espressamente l'obbligo dell'autorità giudiziaria di integrare
168A. PROTO PISANI, Lezioni di diritto processuale civile, Napoli, 2010, p. 99 169A differenza della dottrina più garantista, che conclude sempre e comunque per la
nullità della sentenza “a sorpresa”, R. SENIGAGLIA, op. cit., 2010, ritiene che sia necessario distinguere a seconda del tipo di questione interessata dal rilievo d'ufficio. In particolare, si esclude che la decisione possa ritenersi in ogni caso invalida quando la questione sulla quale essa si basa, rilevata d'ufficio e in assenza del contraddittorio delle parti, si caratterizza per essere di “puro diritto”. Ciò perché soltanto se la questione è di fatto, o mista di fatto e di diritto, la violazione del dovere di integrare il contraddittorio sottrae davvero alle parti la facoltà di chiedere prove o di ottenere la rimessione in termini e quindi, solo in tal caso, si avrebbe nullità della sentenza.
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il contraddittorio delle parti170. Soluzione che si giustifica ancora di più alla luce del secondo comma dell'articolo 111 Cost., introdotto dalla legge costituzionale n° 2 del 23 novembre 1999, il quale prevede specificamente che “ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le
parti”.
In secondo luogo, la previsione di cui all'articolo 1421 c.c. deve essere coordinata con il principio di disponibilità delle prove171, di cui all'articolo 115 c.p.c.172, in virtù del quale al giudice è preclusa la possibilità di rilevare la nullità del contratto nell'ipotesi in cui essa non risulti dagli atti e dai fatti allegati e provati dalle parti. Conseguentemente, l'autorità giudiziaria non ha la possibilità di predisporre autonome indagini di fatto, al fine di valutare la validità del negozio sottoposto alla sua attenzione, essendo limitata, nell'esercizio del proprio potere di accertamento d'ufficio, dal materiale legittimamente acquisito al processo.
D'altra parte, alcuni autori173 sottolineano che se il legislatore codicistico avesse voluto, per converso, consegnare la nullità all'autonoma iniziativa del giudice, svincolandolo dalle deduzioni delle parti, non avrebbe utilizzato il verbo “rilevare”. Essendo, perciò, i poteri officiosi del giudice limitati al “rilievo” della nullità, essi non esonerano la parte dall'onere probatorio, gravante su di essa ai sensi dell'articolo 2697 c.c.174.
170
A. GIORDANO, Contraddittorio e questioni rilevabili d'ufficio. Riflessioni sulle pronunce 'a sorpresa' alla luce del nuovo art. 101 comma 2, cod. proc. civ., in www.teoriaestoriadeldirittoprivato.com, V, 2012, pp. 1 ss.
171Per approfondimenti sul tema, si veda S. PATTI, La disponibilità delle prove, in “Rivista trimestrale di diritto e procedura civile”, 2011, 1, pp. 75 ss.
172Il quale stabilisce che “salvi i casi previsti dalle legge, il giudice deve porre a
fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, nonché i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita. Il giudice può, tuttavia, senza bisogno di prova, porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza”.
173Tra i quali, ad esempio R. SENIGAGLIA, op. cit., 2010
174Il quale, al primo comma, stabilisce che “chi vuol far valere un diritto in giudizio
deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento”, richiamando, in questo modo, l'articolo 115 c.p.c.
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Infine, il potere di rilevazione d'ufficio della nullità è limitato dal principio dell'intangibilità del giudicato, il quale comporta che, qualora il giudice si pronunci in merito alla validità di un contratto e la relativa sentenza non venga impugnata per tale parte, il giudicato interno, così formatosi, impedisce il riesame successivo della stessa questione175.
2.3 Il limite della domanda e della corrispondenza tra chiesto e