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Il giudice nazionale ha il dovere di accertare d'ufficio la vessatorietà all'interno di un procedimento di ingiunzione d

della nullità delle clausole abusive nei contratti con i consumator

4. La Corte di Giustizia amplia la portata dell'obbligo di rilevazione d'ufficio della vessatorietà da parte del giudice

4.2 Il giudice nazionale ha il dovere di accertare d'ufficio la vessatorietà all'interno di un procedimento di ingiunzione d

pagamento

Continuando il suo cammino giurisprudenziale, la Corte di Giustizia arriva a riconoscere, con la sentenza Banco Español de Crédito143, un

dovere di rilevazione del carattere abusivo delle clausole contenute nei contratti stipulati con i consumatori anche in capo al giudice investito di una domanda di ingiunzione di pagamento.

Di fronte alla Corte era stata sollevata una questione pregiudiziale, originatasi nell'ambito di una controversia riguardante un contratto di mutuo, stipulato tra il signor Joaquín Calderón Camino ed il Banco

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E. D'ALESSANDRO, La Corte di Giustizia sancisce il dovere, per il giudice nazionale, di rilevare d'ufficio l'invalidità della clausola compromissoria stipulata tra il professionista ed il consumatore rimasto contumace nel processo arbitrale, in “Rivista dell'arbitrato”, 2009, 4, pp. 667 ss.

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R. CONTI, C'era una volta il...giudicato. Corte di giustizia, sez. I, 6 ottobre 2009, n. C-40/08, in “Corriere giuridico”, 2010, 2, pp. 170 ss.

143C. Giust. UE, sentenza 14 giugno 2012, causa C-618/10, Pres. Tizzano, Avv. Gen. V. Trstenjak, Banco Español de Crédito SA c. Joaquín Calderón Camino, in Foro italiano, 2013, pp. 170 ss.

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Español de Crédito SA, nell'ambito del quale si fissava il tasso di interesse al 7,950%, il tasso annuo effettivo globale all'8,890% e il tasso degli interessi moratori al 29%. Poiché il mutuatario non aveva corrisposto le somme dovute, alle scadenze prefissate, il Banco Español de Crédito aveva presentato, dinanzi al Juzgado de Primera Instancia n°2 di Sabadell, una domanda di ingiunzione di pagamento, per un ammontare pari alle mensilità rimaste insolute, maggiorate degli interessi convenzionali e delle spese. Il giudice adito, tenendo conto del fatto che il contratto controverso non lasciava reali possibilità di trattativa tra le parti e comprendeva condizioni generali imposte, non solo aveva dichiarato d'ufficio la nullità di pieno diritto della clausola relativa al tasso degli interessi moratori, in quanto abusiva, ma aveva anche rideterminato il tasso, riportandolo al livello legale.

L'Audiencia Provincial de Barcelona, alla quale il mutuante aveva proposto appello avverso la decisione del Juzgado de Primera Instancia, aveva constatato, anzitutto, che la legislazione spagnola non autorizzava i giudici, investiti di una domanda di ingiunzione di pagamento, a dichiarare, d'ufficio e in limine litis, la nullità delle clausole abusive contenute nei contratti stipulati con i consumatori, ricadendo tale verifica nell'ambito di un procedimento di diritto comune, instaurabile con la presentazione di un'opposizione da parte del debitore. Allo stesso tempo, però, l'autorità giudiziaria spagnola rilevava come, nella propria giurisprudenza precedente, la Corte di Giustizia era arrivata a riconoscere l'obbligo dei giudici nazionali di sollevare d'ufficio l'invalidità della pattuizione abusiva, anche in assenza di una domanda delle parti a tal fine.

Pertanto, l'Audiencia Provincial de Barcelona, nutrendo dubbi sulla corretta interpretazione del diritto dell'Unione, aveva chiesto alla Corte di esprimersi in merito alla possibilità del giudice nazionale di pronunciarsi, d'ufficio e in limine litis, in qualsiasi fase del

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procedimento, sulla nullità o sull'adeguamento144 di una clausola sugli interessi moratori contenuta in un contratto di credito al consumo, in assenza di opposizione da parte del consumatore.

La Corte di Giustizia risponde positivamente al quesito, asserendo che tale obbligo di rilevazione d'ufficio sussiste anche nell'ambito di un procedimento d'ingiunzione di pagamento, necessariamente antecedente l'opposizione, eventuale, del debitore.

Le motivazioni di tale decisione riprendono il percorso argomentativo già tracciato nella sentenza Asturcom Telecomunicaciones SL, poiché il giudice comunitario torna a fare riferimento ai principi di equivalenza ed effettività, quali parametri per valutare la tenuta della normativa nazionale rispetto alla disciplina introdotta dalla Direttiva.

La Corte, in particolare, ribadisce che, nonostante i meccanismi di recupero dei crediti non contestati, in assenza di una disciplina di armonizzazione, rientrano nell'ambito dell'autonomia procedurale degli Stati membri, essi non devono, comunque, essere meno favorevoli rispetto a quelli relativi a situazioni analoghe assoggettate al diritto interno, né rendere impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio delle prerogative garantite ai consumatori dal diritto dell'Unione. Nella fattispecie, il giudice comunitario, pur non riscontrando una violazione, da parte della normativa processuale spagnola, del principio di equivalenza145, rileva un contrasto con il principio di effettività. Infatti, tenuto conto dello svolgimento complessivo e delle peculiarità del procedimento d'ingiunzione di pagamento, “sussiste un

144Relativamente a tale secondo profilo, considerazioni più approfondite verranno svolte nel quarto capitolo della presente trattazione, dedicato all'analisi del tema dell'integrazione del contratto privato delle clausole abusive.

145La Corte, infatti, ha attestato che il sistema processuale spagnolo, come non consente al giudice nazionale, investito di una domanda d'ingiunzione di pagamento, di esaminare d'ufficio la natura abusiva di una clausola inserita in un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore, in assenza di opposizione proposta da quest'ultimo, allo stesso tempo non ne ammette una valutazione in merito alla contrarietà della stessa alle norme nazionali di ordine pubblico.

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rischio non trascurabile che i consumatori interessati non propongano l'opposizione richiesta” (punto n° 54), o a causa del termine troppo

breve, o per le spese ingenti che un'azione giudiziaria implica, o per ignoranza o, infine, per incompletezza delle informazioni delle quali dispongono, derivante dal contenuto succinto della domanda di ingiunzione presentata dal professionista. Pertanto, secondo la Corte, “sarebbe sufficiente che i professionisti avviassero un procedimento

d'ingiunzione di pagamento invece di un procedimento civile ordinario per privare i consumatori del beneficio della tutela perseguita dalla Direttiva 1993/13/CE” (punto n° 55).

Partendo da tali riflessioni, la Corte di Giustizia giunge ad un esito interpretativo diverso da quello caldeggiato dall'Avvocato Generale Trstenjak.

Questa, nelle sue conclusioni146, afferma che l'imposizione dell'obbligo di deliberare, nell'ambito di un procedimento di ingiunzione, in merito alla nullità di una clausola, relativa agli interessi moratori, contenuta in un contratto di credito al consumo, comporta “una modifica

sostanziale e non auspicabile del funzionamento del suddetto procedimento” (paragrafo n° 49). Infatti, non trattandosi di una

procedura che si svolge nel contraddittorio tra le parti, qualora, nel corso del suo svolgimento, il giudice nazionale dovesse necessariamente esaminare ed, eventualmente, disapplicare le clausole abusive riscontrate nel contratto controverso, non sarebbe sufficientemente garantito quel diritto ad essere sentiti che è annoverabile tra i principi giuridici generali del diritto dell'Unione riconosciuti nella giurisprudenza, non potendo il professionista avere la possibilità di prendere posizione sull'addebito.

La Corte di Giustizia, conclude, invece, che “la Direttiva 1993/13/CE

dev'essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa di

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uno Stato membro, quale quella di cui trattasi nel procedimento principale, che non consente al giudice investito di una domanda d'ingiunzione di pagamento di esaminare d'ufficio, in limine litis né in qualsiasi altra fase del procedimento, anche qualora disponga degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine, la natura abusiva di una clausola sugli interessi moratori inserita in un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore, in assenza di opposizione proposta da quest'ultimo”.

4.3 Il giudice nazionale ha il dovere di rilevare d'ufficio l'abusività

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