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La giurisdizione ordinaria esclusiva per le società quotate a

CAPITOLO III: LA RESPONSABILITA’ PER DANNO ERARIALE

2. L’evoluzione della giurisprudenza. Un primo orientamento restrittivo

2.1. L’orientamento estensivo

2.1.4. La giurisdizione ordinaria esclusiva per le società quotate a

ridimensionata dall’entrata in vigore dell’art. 16-bis del d.l. 31 dicembre 2007 n. 248, inserito dalla legge di conversione 28 febbraio 2008 n. 31, il quale ha previsto la responsabilità civilistica esclusiva in capo agli amministratori ed ai dipendenti di società per azioni quotate in borsa a partecipazione pubblica non maggioritaria, anche se indiretta(237). I presupposti della giurisdizione ordinaria esclusiva sono perciò l’assenza di partecipazione maggioritaria del socio pubblico e la quotazione in borsa: si potrebbe dire quindi che il legislatore abbia inteso riconoscere che le società a partecipazione pubblica minoritaria aperte al pubblico degli investitori, con controllo contendibile, sono soggette alle leggi di mercato anche per quanto attiene alla responsabilità. Si tratta, in altre parole, di soggetti «di pieno diritto privato»(238). Il legislatore sembra privilegiare il carattere della contendibilità del controllo, invece della natura pubblica del socio, superando la dicotomia tra privatizzazione formale e sostanziale: possono definirsi società privatizzate a tutti gli effetti, con ciò assoggettate alle regole economiche e giuridiche del mercato, soltanto le società che presentano i presupposti affinché altri soggetti privati possano entrare nella compagine sociale ed

macchia d’olio – Conta la natura degli obiettivi, non la qualità dei soggetti, in Dir. e

giust. 2006, 15, 88.

(237) Tratta delle problematiche connesse alla norma in parola SANDULLI, L’art.

16 bis del decreto mille proroghe sulla responsabilità degli amministratori e dipendenti delle S.p.a. pubbliche, in www.federalismi.it.

(238) SANTOSUOSSO, op. cit., 54, il quale sottolinea la coerenza della disposizione di che trattasi col sistema codicistico, che attribuisce all’azionista pubblico il medesimo status di quello privato, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 2449 c.c.

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eventualmente ottenere il controllo della società. Proprio il connotato della contendibilità farebbe propendere per l’estensione della sfera di efficacia della norma anche alle società non quotate, purché a partecipazione pubblica minoritaria e con titoli diffusi tra il pubblico in misura rilevante(239). Detta norma in materia di giurisdizione è stata criticata da parte dei fautori delle posizioni «sostanzialistiche»: se è vero che la Corte dei conti deve sanzionare il danno alle finanze pubbliche, la lesione allo Stato o all’ente pubblico prescinde dall’entità della partecipazione posseduta nella società, così come è indifferente al fatto che la società partecipata sia quotata oppure no. La distinzione pare «incomprensibile» e di dubbia costituzionalità, per «evidente irragionevolezza»(240). Ma l’art. 16-bis ha suscitato parecchi dubbi interpretativi anche tra coloro che propendono per l’orientamento «formalistico», non tanto per quello che dice espressamente, quanto piuttosto per ciò che non dice, vale a dire per quanto riguarda le ipotesi non previste. I fautori dell’impostazione restrittiva, infatti, hanno osservato che dalla norma esaminata potrebbe dedursi, a contrario, la regola generale secondo cui tutte le altre società a partecipazione pubblica sarebbero soggette alla giurisdizione contabile in materia di azione di responsabilità. A favore di detta lettura si espone addirittura la Cassazione, la quale obiter dictum afferma che «in ordine alla responsabilità di amministratori e dipendenti di società a partecipazione pubblica, vi sia una naturale area di competenza giurisdizionale diversa

(239) Il ragionamento è sviluppato da SANTOSUOSSO, op. cit., 55.

(240) TENORE, La giurisdizione della Corte dei Conti sulle S.p.a. a

partecipazione pubblica, cit., 97. La norma è ritenuta irragionevole anche dagli Autori aderenti all’impostazione privatistica, come si vedrà sub nota 241.

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da quella ordinaria»(241). Tuttavia, la dottrina ha ritenuto di non attribuire significati impliciti alla disposizione in esame, oltre quanto si desume dal tenore letterale della norma(242), tanto più che la lettura a contrario sopra proposta confliggerebbe in maniera evidentissima con i precetti comunitari, che in passato hanno già portato all’abrogazione dell’art. 2450 ed alla riscrittura dell’art. 2449 cod. civ., in quanto significativamente derogatori della disciplina ordinaria delle società(243).

In realtà, la norma aveva fin dall’origine una sua applicazione ben precisa. Essa era destinata a quattro società pubbliche quotate, Enel, Eni, Finmeccanica e Terna, per cui c’è chi sostiene che, in luogo della portata generale, vada valorizzata l’applicabilità specifica dell’art. 16-bis(244). La tanto criticata disposizione, dunque, sarebbe stata introdotta

(241) Cass., Sez. un., 19 dicembre 2009 n. 26806, in Riv. Corte conti 2009, 6, 218, punto 3.5 dei motivi della decisione.

(242) Per tutti, si vedano IBBA, Le società a partecipazione pubblica: tipologia e

discipline, in IBBA-MALAGUTI-MAZZONI (a cura di), Le società “pubbliche”, 20, D’AURIA, Non esiste (con eccezioni) la responsabilità erariale per i danni cagionati

alle società pubbliche dai loro amministratori, in Foro it. 2010, I, 1498 e SANTOSUOSSO, op. cit., 56. Riferendosi proprio all’art. 16-bis, MAURO, La

responsabilità degli amministratori di S.p.a. “pubblica”, in IBBA-MALAGUTI -MAZZONI (a cura di), Le società “pubbliche”, cit., 317 sostiene che «non è detto che [l’intervento legislativo] risolva più incertezze di quante ne crei». Peraltro, sotto il profilo della ragionevolezza, il criterio di ripartizione della giurisdizione introdotto

ex art. 16-bis è stato fortemente criticato, in quanto parrebbe accomunare sotto la giurisdizione amministrativa i casi di società con una sola azione in mano pubblica, se non quotata, e i casi di partecipazione maggioritaria o totalitaria, se quotata. In questi termini STICCHI DAMIANI, La responsabilità degli amministratori di società pubblica, in IBBA-MALAGUTI-MAZZONI (a cura di), Le società “pubbliche”, cit., 368 e MAURO, op. cit., 321.

(243) Favorevole ad una valutazione sulla giurisdizione da farsi caso per caso, all’esito della verifica sullo stato di privatizzazione sostanziale, è SANTOSUOSSO, op.

cit., 58, nel caso di società non quotate a partecipazione pubblica minoritaria. L’opinione, per quanto condivisibile, è stata superata dalla Cassazione con il filone di sentenze restrittive di cui al paragrafo seguente.

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esclusivamente al fine di sottrarre gli amministratori delle citate società alla responsabilità amministrativa, con l’«effetto collaterale» di generare perplessità tra gli operatori: la confusione interpretativa ne è stata acuita, anziché dissolversi.

In definitiva, secondo la Suprema corte l’evoluzione del contesto giuridico e l’iter di «privatizzazione» della P.A. degli anni ’90 hanno reso sempre più incerto il confine tra enti pubblici economici e non economici. Parallelamente, è risultato via via più difficoltoso distinguere tra funzione amministrativa espletata attraverso poteri autoritativi ed attività amministrativa esercitata mediante gli ordinari strumenti del diritto civile. Praticamente, per i fatti accaduti dopo la riforma del 1994 viene affermata con decisione la giurisdizione della Corte dei conti in materia di responsabilità amministrativa anche nei confronti degli amministratori e dei dipendenti degli enti pubblici economici e delle società di capitali a prevalente partecipazione pubblica. Coerente con questa mutata sensibilità, in ordine alla responsabilità per danni arrecati all’erario, è l’introduzione ad opera dell’art. 7 l. 27 marzo 2001 n. 97 dell’obbligo di comunicazione della sentenza di condanna di dipendenti di amministrazioni o enti pubblici, ovvero di società a prevalente partecipazione pubblica al Procuratore regionale della Corte dei conti competente territorialmente, al fine di promuovere l’eventuale giudizio per responsabilità amministrativa del condannato.

2.1.5. Criticità relative all’orientamento estensivo – Seppure in