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Le obiezioni della magistratura contabile

CAPITOLO III: LA RESPONSABILITA’ PER DANNO ERARIALE

2. L’evoluzione della giurisprudenza. Un primo orientamento restrittivo

2.2. Il nuovo orientamento restrittivo. La sentenza delle Sezioni unite

2.2.3. Le obiezioni della magistratura contabile

società a partecipazione pubblica(304): queste sono state in certi casi impiegate, da parte degli enti locali, come uno strumento per forzare le regole poste a tutela della concorrenza e per eludere i vincoli finanziari imposti.

attività risorse pubbliche (esclusivamente pubbliche) la giurisprudenza ormai da anni riconosce la sua natura pubblica a prescindere dalla circostanza che si tratti di un ente pubblico o di una società per azioni (Cass. civ., SS.UU. ord. 22 dicembre 2003, n. 19667; Cons. Stato, Sez. VI, 23 gennaio 2006, n. 182)».

(302) Si veda Tar Lazio, sez. III, 21 marzo 2008 n. 2514, in

www.giustizia-amministrativa.it.

(303) IBBA, Le società a partecipazione pubblica: tipologia e discipline, in IBBA-MALAGUTI-MAZZONI (a cura di), Le società “pubbliche”, cit., 25.

(304) Deliberazione n. 14/SEZAUT/2010/FRG del 22 giugno 2010, in

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Secondo la magistratura contabile, l’evoluzione della pubblica amministrazione in senso privatistico, che autorevole dottrina ha definito «fuga nel diritto privato»(305), alla luce dell’esperienza maturata nella prassi non può prescindere dal mantenimento del contrappeso dato dal controllo della Corte dei conti. Non bisogna dimenticare, infatti, che la migliore efficienza e la maggiore tempestività dell’azione amministrativa, poste alla base della scelta delle forme privatistiche, mai devono andare a scapito della liceità delle scelte gestionali: laddove dovessero configurarsi condotte dannose per la P.A. sarebbe preferibile demandarne la repressione ad un’azione doverosa e ad iniziativa d’ufficio, piuttosto che ad una ad istanza di parte, spesso inerte(306). Ciò che va definito con chiarezza è la modalità di espressione della giurisdizione contabile in materia di responsabilità.

La vexata questio, tuttavia, affonda le proprie radici in un fenomeno di più ampio respiro. Difatti, la linea di demarcazione tra l’azione amministrativa espletata in forza della potestà pubblica e azione iure privatorum risulta al giorno d’oggi alquanto sfumata. La P.A., chiamata ad intervenire in modo sempre più incisivo nel mondo economico moderno, sceglie spesso di operare mediante strumenti tipici dei soggetti privati, ritenuti, a torto o a ragione, in grado di assolvere alle funzioni richieste in maniera maggiormente efficace, efficiente e trasparente, in altre parole in forma più snella(307). La tendenza alla compenetrazione

(305) NIGRO, La giurisdizione sui pubblici poteri tra sistema normativo e spinte

fattuali, in Scritti giuridici, III, Milano, 1996, 1631.

(306) O «latitante», per dirla con le parole di TENORE, La nuova Corte dei conti, cit., 43.

(307) Di «maggiore snellezza di forme e nuove possibilità realizzatrici» parla, relativamente alla scelta pubblica di agire per mezzo di società per azioni, accettando l’assoggettamento al diritto comune, il Guardasigilli Grandi nella relazione al codice

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tra la sfera del diritto amministrativo e la sfera del diritto privato, qui richiamata, si esplicita o attraverso la costituzione di società per azioni da parte dello Stato o dell’ente pubblico, al fine di perseguire gli scopi istituzionali finora soggetti al diritto pubblico, ovvero affidando direttamente il perseguimento di detti scopi a soggetti privati. Da qui la oggettiva difficoltà di inquadramento delle società operanti: si tratta di soggetti pubblici o privati? Detta difficoltà si riverbera nella difficoltà di individuare la disciplina applicabile alle fattispecie concrete sotto il profilo del regime amministrativo e della responsabilità nei confronti dell’erario.

La gestione di risorse sostanzialmente pubbliche, sebbene mediante forme organizzative di tipo privatistico, non deve vanificare l’esigenza di controllo della Corte dei conti, altrimenti l’adozione della forma societaria rappresenterebbe un modo surrettizio di aggiramento delle regole che presiedono ad una corretta ed efficace gestione delle pubbliche finanze. Va evitato, dunque, che il modello societario venga ridotto «a vuota forma o ad artificioso guscio quando le sue regole, flessibili per consentire una gestione efficiente dell’impresa, vengono, non di rado, strumentalizzate ad un’amministrazione non orientata all’economicità e, di fatto, esonerata da responsabilità»(308). In questa ottica, sebbene sia stato sentenziato che la giurisdizione contabile debba intervenire per supplire alla mancata adozione dei rimedi civilistici da parte del socio pubblico, non si può non rimarcare che la differente struttura della responsabilità degli amministratori verso la società civile del 1942, commentando gli scarni articoli riservati alle società per azioni pubbliche.

(308) Relazione orale del Presidente della Corte dei conti dott. Giampaolino all'inaugurazione dell’anno giudiziario 2012, disponibile su www.corteconti.it.

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rispetto alla responsabilità per danno erariale può comportare l’inadeguatezza del modello di controllo proposto dalla Cassazione. Siffatto modello, infatti, è fondato su presupposti del tutto differenti rispetto all’azione per danno erariale, essendo stato concepito a presidio dell’integrità del patrimonio sociale, piuttosto che del rispetto delle complesse forme tese a garantire la salvaguardia delle finanze pubbliche, mediante l’adozione di modelli volti ad assicurare l’imparzialità, l’efficienza e l’economicità dell’azione amministrativa.

Non ci si può esimere, infine, da considerazioni squisitamente economiche, oltre che giuridiche. Il tema del controllo sulle società partecipate è nodale, infatti attualmente una parte significativa della finanza pubblica viene gestita attraverso lo strumento societario. Più in particolare, le società partecipate assorbono risorse pubbliche con molteplici modalità, tra le quali la sottoscrizione delle quote sociali costituisce solo un modo, il più delle volte nemmeno il più rilevante. Le società a partecipazione pubblica generalmente beneficiano di contributi da parte dell’ente partecipante, sia in conto corrente che in conto capitale. A ciò vanno aggiunti i corrispettivi da contratto di servizio, che costituiscono la porzione di maggior peso nel volume d’affari delle società strumentali. In caso di gestioni in deficit, infine, è tenuto a ripianare le perdite proprio l’ente azionista. Lasciare che le società in questione siano indenni dai controlli della magistratura contabile, assoggettate esclusivamente alle azioni civilistiche, rischia di comportare per la collettività «più un pericolo che un’opportunità»(309). Il controllo, peraltro, non va limitato al lato della spesa, ma deve giocoforza

(309) Così il Procuratore regionale della Corte dei conti del Friuli-Venezia Giulia dott. Zappatori nella Relazione all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2012, pagina 4, disponibile in www.corteconti.it.

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estendersi anche alla qualità dei servizi erogati, visto che le società partecipate devono perseguire non solo dei risparmi di spesa, ma anche garantire servizi di qualità alla collettività. In altre parole, pare inadeguato il modello dell’azione ordinaria di responsabilità in quanto le società a partecipazione pubblica non perseguono puramente e semplicemente il profitto, come le società lucrative del codice civile, ma piuttosto hanno come fine ultimo quello dell’erogazione di servizi pubblici nel rispetto dei principi di efficacia, efficienza ed economicità. Va da sé che il danno non è dato solamente dalla diminuzione patrimoniale, ma altresì dalla gestione inefficiente, che ad esempio fa sì che i servizi dovuti non siano resi, ovvero siano prestati in maniera insufficiente o a un costo esorbitante. Si rileva un danno per le finanze pubbliche, dunque, anche laddove la gestione della società partecipata pubblica avvenga antieconomicamente, ad esempio perseguendo fini occupazionali, elusivi tra l’altro dei vincoli finanziari imposti a livello comunitario(310).

Tale necessità di controllo è corroborata dalla tendenza del legislatore degli ultimi anni a limitare il fenomeno delle società a

(310) Sul punto, si veda C. conti Sez. prima centrale d’appello n. 402 del 2011, in www.corteconti.it. Nel caso di specie, la costituzione di una società a partecipazione pubblica era avvenuta per perseguire scopi di tipo occupazionale, e non per migliorare l’efficienza e l’economicità dei servizi pubblici resi dall’ente locale. La costituzione della società, dunque era scientemente antieconomica, tesa all’assunzione di personale e all’elusione delle norme in materia di evidenza pubblica. In altre parole, la società aveva rappresentato il mezzo per la violazione, da parte dell’ente locale socio, dei vincoli posti dal patto di stabilità e dei principi della sana gestione economica. Vero è che il danno è stato patito direttamente dalla società, e solo in via mediata dall’ente locale, chiamato a sostenere la gestione sociale antieconomica, ma è altrettanto vero che la società medesima, a capitale prevalentemente pubblico, esercente l’attività di prestazione di servizi pubblici locali, vincolata all’ente socio da contratto di servizio, possedeva varie caratteristiche tali da essere assimilata ad una P.A.

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partecipazione pubblica, nel timore che la forma societaria tenda «allo scopo di sottrarsi allo statuto giuridico pubblicistico (soprattutto in tema di assunzioni del personale e di applicazione di procedura ad evidenza pubblica)». In questa ottica va letta l’estensione alle società a partecipazione pubblica totalitaria, che gestiscono servizi pubblici locali, dei principi di trasparenza, pubblicità, imparzialità, oltre che dell’obbligo di assunzione del personale a mezzo concorso. Nello stesso senso vanno interpretati i limiti imposti alle partecipate nell’assunzione di dipendenti(311).

Va rimarcata una differenza essenziale tra società private e società a partecipazione pubblica. Mentre nelle prime il socio è ad un tempo finanziatore e titolare dell’azione di responsabilità in caso di mala gestio, nelle seconde detta coincidenza viene meno: da un lato vi è la collettività, che finanzia la società mediante la contribuzione fiscale, e dall’altro vi è l’ente pubblico, titolare dei diritti connessi alla partecipazione azionaria. La promozione dell’azione responsabilità è infatti di esclusiva competenza del socio, mentre l’azione da parte della Procura presso la Corte dei conti poteva essere sollecitata dall’esposto di qualunque cittadino, ricostituendo l’identità tra soggetto finanziatore e soggetto titolare di diritti in ordine al controllo sulla gestione societaria(312).

Il controllo della magistratura contabile sulle società partecipate da enti pubblici, ancora, funge a dissuadere gli amministratori dal

(311) Si veda CLARICH, op. cit., 9, che richiama la disciplina restrittiva introdotta dal d.l. 112 del 2008, convertito in l. 133 del 2008 e dal d.l. 78 del 2009, convertito in l. 102 del 2009.

(312) In tali termini il Procuratore regionale della Corte dei conti del Friuli-Venezia Giulia dott. Zappatori nella Relazione all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2012, cit., pagina 5.

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discostarsi dai principi della corretta gestione. L’adozione del modello societario è fisiologico se teso a conseguire migliori livelli di efficienza, economicità e tempestività dell’azione, ma privo di controlli in ordine alla correttezza dell’utilizzo delle risorse pubbliche può degenerare in strumento di elusione delle regole ordinarie di finanza pubblica o addirittura in modo di «gestione clientelare del potere politico amministrativo»(313).

Un ultimo elemento di criticità che emerge dagli orientamenti recenti del Supremo collegio è rappresentato dal fatto che gli episodi di mala gestio non necessariamente si ripercuotono immediatamente sul valore delle quote sociali, sicché l’azione civilistica sicuramente non sarebbe esperibile anche a fronte operazioni di depauperamento del patrimonio, se non nel caso di immediato deprezzamento delle quote sociali.

2.3. Le ordinanze del 2011 – Come testé anticipato, la