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La giurisprudenza italiana sul punto

Nel documento Università degli Studi di Torino (pagine 62-67)

Le conclusioni raggiunte nella sentenza “Silhouette”, con riferimento all’interpretazione da attribuire all’art. 7.1 dir. 89/104 sono, peraltro, state ribadite a solo un anno di distanza dalla Corte di Giustizia nel caso “Sebago”157

. Tale caso riguardava l’importazione in Belgio, senza il consenso del titolare del marchio, di scarpe fabbricate nel Salvador e destinate a mercati di Stati non appartenenti al SEE. Una delle questioni158 poste alla Corte in tale occasione, riguardava, appunto, l’interpretazione da attribuire all’art. 7.1 dir. 89/104; pertanto la Corte, dopo aver evidenziato che tale questione era già stata risolta nel caso “Silhouette”, si limita a richiamare tale sentenza e a ribadire quanto in essa statuito159.

Parte della dottrina160 ha comunque rilevato che la sentenza “Silhouette” ha lasciato diverse questioni importanti irrisolte, come, ad esempio, quella riguardante il rapporto tra il principio di esaurimento e le norme sulla concorrenza e quella relativa al consenso del titolare del marchio161.

5. La giurisprudenza italiana sul punto

Anche i giudici italiani sono stati ripetutamente chiamati a pronunciarsi sul problema dell’efficacia territoriale da attribuire al principio dell’esaurimento e, nella maggior parte dei casi, si sono schierati a favore di un regime d’esaurimento che dispieghi la sua efficacia nel solo territorio europeo.

Non sono mancate, tuttavia, pronunce di segno opposto.

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CdG., 1 luglio 1999, c-173/98, (Sebago Inc., Ancienne Maison Dubois et Fils SA v. G-B Unic

SA), in GADI, 1999, 1561; in Riv. dir. ind., 2000, 70 ss., con nota di CALBOLI I.

158 Dell’altra questione, riguardante il tema del consenso del titolare del marchio, si parlerà diffusamente nel capitolo IV del presente lavoro.

159

Puti 13 e 14 della sentenza “Sebago”.

160 Cfr. CORNISH W. R., Trade Marks: Portcullis for the EEA?, cit., 177 e CLARK A., Parallel Imports: A New Job for Customs?, in EIPR, 1999, 1.

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Nel 1985 il Tribunale di Prato, nel caso “Fruit of the Loom” 162

, ha sancito la legittimità delle importazioni parallele da Paesi extraeuropei basandosi sulla funzione di indicazione d’origine del segno. Si legge infatti nella sentenza che il diritto di marchio è tutelato “nei limiti in cui serve alla funzione distintiva” e che tale diritto non legittima il titolare a limitare o controllare la circolazione del prodotto una volta che quest’ultimo è uscito dalla sua sfera di disponibilità. In assenza di un pregiudizio all’originalità del prodotto e, di conseguenza, alla funzione di indicazione d’origine del marchio, dunque, le importazioni parallele dovrebbero essere considerate legittime, anche nel caso in cui il Paese d’esportazione non sia uno Stato membro.

Le motivazioni della sentenza in esame sono state in seguito riprese dal Tribunale di Como nel caso “Lacoste”163

. In tale decisione si legge che non vi è motivo di limitare il principio dell’esaurimento al solo ambito comunitario. Infatti, a parere dei giudici, l’importazione parallela in Italia di prodotti immessi in commercio in Paesi terzi dal titolare del marchio o con il suo consenso non pregiudicherebbe la funzione giuridicamente protetta del marchio, quella, cioè, di indicare la provenienza dei prodotti da una singola impresa o da imprese che usano lo stesso marchio in virtù di vincoli contrattuali o economici. Inoltre, il Tribunale ha sottolineato che, se si attribuisse al titolare del marchio il diritto di impedire sempre e comunque le importazioni parallele da Stati extracomunitari, “gli si conferirebbe un potere eccedente le esigenze di protezione della funzione distintiva” ed incompatibile con un sistema economico ispirato al principio della libertà di mercato164.

Tuttavia, dopo essersi pronunciato a favore dell’esaurimento internazionale, il Tribunale ha ritenuto che, nel caso di specie, le importazioni parallele in Italia di

162 Trib. Prato, 23 settembre 1985, (Fruit of the Loom c. Ditta Ever), in Giur. it., 1987, I, 44 ss., con nota di FERRARI P. Il caso ha ad oggetto l’importazione parallela in Italia di magliette contrassegnate dal marchio “Fruit of the Loom” e commercializzate per la prima volta negli USA dai licenziatari del titolare del marchio in tale Paese.

163 Trib. Como, 8 ottobre 1992, (Chemise Lacoste S.a. c. Centro Tessile S.r.l.), in Riv. dir. ind., 1993, II, 163 ss., con nota di TASSONI G.

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Tale argomentazioni sono state confutate nella sentenza di appello, la quale ha tuttavia confermato la sentenza di primo grado con riferimento al dispositivo. Cfr. Corte d’Appello di Milano, 11 ottobre 1996, (Centro Tessile S.r.l. c. Chemise Lacoste S.a.), in Il di. ind., 1997, 391 ss., con nota di GENNARI S. e PERON S.

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magliette contraddistinte dal marchio “Izod Lacoste - made in USA” dovessero essere considerate illegittime. I giudici hanno infatti riscontrato l’assenza di un potere di controllo del titolare del marchio in Italia sull’attività produttiva e commerciale della licenziataria esclusiva per gli stati Uniti del suo cessionario165. In presenza di tali circostanze non era pertanto individuabile un’origine comune dei prodotti166

.

Il Tribunale, però, come è stato fatto notare da alcuni Autori167, si è spinto oltre e ha ridimensionato la portata innovativa delle sue affermazioni in merito all’esaurimento internazionale introducendo una regola di portata generale che limita in taluni casi l’efficacia di tale principio. Nella sentenza in esame viene infatti affermato che il titolare del marchio dovrebbe in ogni caso essere legittimato ad opporsi all’importazione di prodotti commercializzati all’estero da un suo licenziatario esclusivo, anche nel caso, quindi, in cui esista un potere di controllo, poiché, in caso contrario, nel medesimo mercato circolerebbero prodotti contraddistinti dal medesimo segno, ma appartenenti ad imprese differenti, quella del titolare e quella del licenziatario. In tali circostanze si realizzerebbe, quindi, un pregiudizio della funzione distintiva del marchio.

165 Nel caso di specie, infatti, i marchi statunitensi sono stati ceduti dall’attrice, la “Chemise

Lacoste S.a.”, alla “Lacoste Alligator”, la quale è partecipata sia da un’impresa del gruppo “Chemise Lacoste S.a.” sia dalla “Crystal Brands Inc.”, la società licenziataria esclusiva della “Lacoste Alligator”

negli USA. Quest’ultima società, su cui l’attrice e la sua licenziataria esclusiva per l’Italia non hanno alcun controllo, è proprio l’impresa che ha commercializzato negli USA i prodotti successivamente importati in Italia.

166 La stessa motivazione è stata ripresa da una sentenza del Tribunale di Monza, di poco successiva, riguardante un caso analogo. Si veda Tribunale di Monza, 27 novembre 1992, (Chemise

Lacoste s.p.a. c. Lambro Confezioni s.r.l. e Federighi s.p.a.), in Giur. comm., 1996, II, 145 ss., con nota

di GUARDAVACCARO G. In tale decisione, però, il Tribunale di Monza si schiera apertamente contro l’esaurimento internazionale; nella sentenza si legge, infatti, che, anche qualora si fosse dimostrata l’origine comune dei prodotti, la soluzione sarebbe stata egualmente favorevole all’attrice, poiché il principio di esaurimento non troverebbe applicazione nei casi di importazioni parallele di prodotti da Paesi extracomunitari.

167 Cfr. GUARDAVACCARO G., Esaurimento del diritto di marchio e importazioni da Paese extracomunitario, in Giur. comm., 1996, II, 152 e TAVASSI M., Orientamenti giurisprudenziali in ambito comunitario e nazionale in tema di esaurimento dei diritti di proprietà industriale, cit., 808.

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In dottrina168 è stato fatto notare come, probabilmente, tale affermazione risenta dell’influenza dell’orientamento tenuto dalla Corte di Cassazione in alcune pronunce degli anni ’50. In tali decisioni, infatti, la Suprema Corte operava un distinguo netto tra i casi in cui il titolare del marchio commercializzava direttamente i propri prodotti nei vari Stati e quelli in cui, per fare ciò, si serviva di licenziatari esclusivi. Nella prima ipotesi le importazioni parallele da Paesi terzi erano considerate legittime; nella seconda ipotesi, invece, tali importazioni venivano considerate illegittime, poiché il licenziatario era equiparato ad un autonomo titolare del medesimo marchio in un Paese diverso169.

A favore di un regime d’esaurimento internazionale si è schierato, infine, il Tribunale di Busto Arsizio, nel caso “Ralph Lauren”170, avente ad oggetto l’importazione parallela in Italia di prodotti contraddistinti da tale marchio e commercializzati dal titolare o con il suo consenso negli Stati Uniti. Nell’ordinanza in esame, emessa poco prima dell’emanazione della decisione “Silhouette” ad opera della Corte di Giustizia, il Tribunale ha affermato che l’obiettivo dell’art. 1 bis comma 2 l. m. è quello di confermare il principio della libera circolazione delle merci a livello comunitario e non quello di imporre divieti o restrizioni alla circolazione di beni di provenienza estera all’interno dell’UE. A parere del giudice, pertanto, far discendere da tale norma un divieto di importazioni parallele da Paesi terzi significherebbe sposare un’interpretazione contra legem dell’articolo in esame: tale divieto, infatti, si porrebbe in contrasto con gli artt. da 2595 a 2597 c.c., a tutela della concorrenza, e con l’art. 41 Cost., che sancisce la libertà di iniziativa economica privata171.

168 Cfr. GUARDAVACCARO G., Esaurimento del diritto di marchio e importazioni da Paese extracomunitario, cit., 152.

169 Per un commento (critico) della posizione tenuta dalla Suprema Corte di Cassazione in tali pronunce si vedano ROVERATI F., Importazioni parallele da Paesi extracomunitari, cit., 159 ss. e

GUARDAVACCARO G., Esaurimento del diritto di marchio e importazioni da Paese extracomunitario, cit.,

149 ss. La posizione del licenziatario esclusivo nei confronti delle importazioni parallele verrà comunque approfondita nel capitolo IV del presente lavoro.

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Trib. Busto Arsizio, 3 luglio 1998, (ARIA s.r.l. c. P.R.M. Fashion of Europe e Poloco s.a.), in

Riv. dir. ind., 2000, II, 43 ss., con nota di GUIDETTI B.

171 Il Tribunale ha inoltre evidenziato che l’attrice, ovvero la licenziataria di prodotti con marchio “Ralph Lauren” per l’Italia, non può opporsi alle importazioni parallele da Paesi terzi facendo valere il

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Tra le decisioni favorevoli all’adozione di un principio d’esaurimento territorialmente limitato, invece, merita di essere segnalata quella della Suprema Corte di Cassazione relativa al caso “Colgate”172

. In tale pronuncia, riguardante l’importazione parallela in Italia di dentifrici contraddistinti dal marchio “Colgate” e commercializzati inizialmente in Brasile col consenso del titolare del marchio, la Corte ha affermato che il presupposto dell’esaurimento del marchio si realizza solo in seguito alla legittima immissione in commercio del bene nel mercato europeo. In virtù di tale principio, pertanto, il titolare del marchio sarebbe sempre legittimato ad opporsi alle importazioni parallele di beni contraddistinti dal suo segno e da lui destinati a Paesi terzi, a meno che egli non abbia prestato il proprio consenso all’introduzione di tali prodotti nel territorio europeo. Tale interpretazione sarebbe, a parere della Corte, l’unica compatibile con il dato letterale della normativa che prevede il principio d’esaurimento: l’art. 1 bis l.m. e l’art. 7 dir. 89/104173

.

Anche il Tribunale di Bologna174, nel 2000, è stato chiamato a pronunciarsi su un caso di importazioni parallele in Italia di prodotti originariamente commercializzati negli Stati Uniti dal titolare del marchio, nel caso di specie si trattava di capi di abbigliamento contraddistinti dal noto marchio “Calvin Klein”. Il Tribunale ha aderito all’orientamento maggioritario della giurisprudenza nazionale ed ha escluso l’operare

contratto di licenza, dal momento che quest’ultimo è dotato di efficacia puramente obbligatoria tra le parti contraenti.

172 Cass., 18 novembre 1998, n. 11603, (Jolka s.r.l. c. Colgate Palmolive S.p.a.), in Riv. dir. ind., 2000, II, 34 ss., con nota di GUIDETTI B.; in Giust. civ., 1999, I, 1401 ss., con nota di ALBERTINI L. Tale sentenza ha peraltro confermato la posizione tenuta dai giudici nei precedenti gradi di giudizio: cfr. Trib. Milano, 17 febbraio 1992, (Colgate Palmolive S.p.a. c. Jolka s.r.l.), in GADI, 1992, 2804; App. Milano, 22 luglio 1994, (Jolka s.r.l. c. Colgate Palmolive S.p.a.), in GADI, 1995, 3250.

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In senso conforme a tale sentenza si vedano Trib. Milano, 23 novembre 1998, (Wings Italia

S.p.a. c. Dimensioni s.r.l.), in Riv. dir. ind., 2000, II, 39 ss., con nota di GUIDETTI B., riguardante l’importazione parallela in Italia di prodotti immessi in commercio negli Stati Uniti dal titolare del marchio “Maui and Sons”, e Trib. Milano, 13 settembre 2004, (Epson Italia S.p.a. c. Distribution

company s.r.l.), in Riv. dir. ind., 2005, II, 173 ss., con nota di MARCHISIO E. Quest’ultimo caso ha ad oggetto l’azione proposta dal titolare del marchio “Epson” contro l’importazione parallela in Italia di cartucce per stampanti contrassegnate dal suo marchio e da lui commercializzate in Paesi extraeuropei. Entrambe le decisioni si sono schierate a favore dell’esaurimento solo comunitario ed hanno argomentato tale soluzione basandosi sulla lettera della normativa in tema di esaurimento.

174 Trib. Bologna, 15 aprile 2000, (U.S.A. Import-Export s.a.s. c. Calvin Klein Jeanswear Europe

S.p.a., Calvin Klein Trademark Trust, Calvin Klein Inc. e Zune S.A.), in GADI, 2001, 4221. È interessante

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dell’esaurimento rispetto ai prodotti messi in commercio al di fuori del territorio europeo. La sentenza in esame è tuttavia degna di nota perché la soluzione in essa espressa non viene fondata esclusivamente sul tenore letterale della normativa in materia di esaurimento, ma vengono richiamati anche argomenti attinenti alla funzione del marchio. Secondo il tribunale, infatti, il marchio non deve essere tutelato solo in relazione alla funzione distintiva, ma anche con riferimento alla sua rinomanza, alla qualità assicurata ai prodotti per aree di mercato ed alla politica distributiva attuata dal titolare del segno175.

Nel documento Università degli Studi di Torino (pagine 62-67)