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L’interpretazione della Corte di Giustizia

Nel documento Università degli Studi di Torino (pagine 56-62)

4. L’art. 7.1 dir. 89/104: l’addio all’esaurimento internazionale (o forse no?)

4.3. L’interpretazione della Corte di Giustizia

legittimamente essere importati in Norvegia, ma, essendo stati fabbricati in USA, non potrebbero poi circolare liberamente negli altri Stati SEE poiché, come specificato dalla decisione in esame, in tale area di libero scambio il principio di libera circolazione delle merci si applica solo ai beni che originano dagli Stati appartenenti, appunto, all’area di libero scambio137.

4.3. L’interpretazione della Corte di Giustizia

La Corte di Giustizia fu chiamata a pronunciarsi sulla questione riguardante l’interpretazione da attribuire all’art. 7.1 dir. 89/104 nel caso “Silhouette”138

e giunse a conclusioni diametralmente opposte rispetto a quelle proposte dalla Corte EFTA nel caso “Mag Instrument”, di poco precedente.

Il caso sottoposto alla Corte di Giustizia riguardava l’importazione in Austria di montature di occhiali non più alla moda vendute dal titolare del marchio ad una società bulgara, con l’accordo che quest’ultima non potesse rivenderle se non negli Stati dell’ex Unione sovietica. Tali beni venivano in seguito venduti alla società convenuta, che li importava poi parallelamente in Austria senza il consenso del titolare del marchio139. La società attrice, la “Silhouette”, agiva, quindi, in giudizio per

137 Punto 26 della sentenza.

138 CdG., 16 luglio 1998, c-355/96, (Silhouette International Schmied GmbH & Co. KG v.

Hartlauer Handelsgessellschaft mbH), in Giust. civ., 1998, I, 2681 ss., con nota di ALBERTINI L.; in Giur.

it., 1998, 2323 ss., con nota di PEYRON C.; in Riv. dir. ind., 1999, II, 400 ss. Il testo della sentenza è pubblicato anche in ABBOTT F. M., COTTIER T., GURRY F., The international intellectual property System: Commentary and Materials, cit., 1354 ss.

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Sui fatti oggetto della causa si pongono in realtà diversi dubbi. Dalla sentenza emerge che non sia stato possibile stabilire con esattezza dove la società convenuta, la “Hartlauer”, abbia acquistato le merci. Nella decisione viene inoltre segnalato che non era stato possibile accertare se il rappresentante dell’attrice, la “Silhouette”, avesse effettivamente comunicato alla società bulgara di non poter rivendere la merce al di fuori degli Stati dell’ex Unione sovietica. Non è chiaro, inoltre, se prima della vendita delle montature alla società bulgara ci fosse stata una vendita intermedia a Londra; in quest’ultimo caso il diritto di marchio dell’attrice si sarebbe esaurito. Proprio facendo riferimento a quest’ultima circostanza alcuni Autori ritengono che il caso “Silhouette” abbia ad oggetto non un’importazione parallela, ma una reimportazione. Cfr. HAYS T., HANSEN P., Silhouette is Not the Proper Case Upon Which to Decide the Parallel Importation Question, in EIPR, 1998, 277 ss. Secondo gli Autori tale caso non sarebbe

appropriato per risolvere la questione interpretativa riguardante l’art. 7.1 dir. 89/104, poiché si tratterebbe non di un caso di importazione parallela, ma di reimportazione. Il titolare del marchio, quindi, non si

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contraffazione e concorrenza sleale, sostenendo che il suo diritto di marchio non si fosse esaurito, dal momento che l’immissione in commercio dei prodotti era avvenuta in un Paese estraneo al SEE. La società convenuta, a sua volta, eccepiva l’esaurimento dei diritti di marchio che l’attrice vantava sui beni oggetto della controversia. La domanda dell’attrice veniva rigettata in primo e secondo grado e, infine, la questione giungeva davanti al supremo collegio austriaco.

Il giudice adito, quindi, dopo aver premesso che si trattava di un caso di importazione parallela di prodotti messi in commercio per la prima volta dal titolare in uno Stato terzo ed aver evidenziato che l’Austria, fino a quel momento, aveva sempre adottato il principio dell’esaurimento internazionale, si rivolgeva alla Corte di Giustizia chiedendo se l’art. 7.1 imponesse agli Stati membri l’adozione del principio dell’esaurimento solo comunitario o li lasciasse liberi di adottare o mantenere il principio dell’esaurimento internazionale.

La Corte definì la questione interpretativa stabilendo che l’art. 7.1 dir. 89/104 disciplina interamente la questione dell’esaurimento e pertanto obbliga gli Stati membri a circoscrivere all’ambito comunitario la portata di tale principio.

Nella sentenza140, per argomentare la sua tesi, il collegio giudicante parte dal dato letterale della norma e sottolinea che, secondo il testo stesso della direttiva, l’esaurimento ha luogo solo nel caso in cui i prodotti siano stati immessi in commercio nella Comunità, o nel SEE dopo l’entrata in vigore dell’Accordo SEE141

. La Corte, quindi, rigetta l’interpretazione della direttiva proposta dal convenuto, l’importatore parallelo, e dal governo svedese, i quali ritenevano che l’art. 7.1 costituisse uno

standard minimo di tutela, e sottolinea che gli artt. 5 e 7 della direttiva contengono

un’armonizzazione completa delle norme relative ai diritti conferiti dal marchio d’impresa. A sostegno di tale affermazione, nella sentenza viene fatto notare che,

sarebbe neanche potuto opporre, dal momento che la prima immissione in commercio degli occhiali sarebbe avvenuta all’interno del SEE ed il suo diritto, pertanto, si sarebbe esaurito.

140 Punto 18 della sentenza.

141 Il dato letterale non era, invece, stato ritenuto idoneo a risolvere la questione interpretativa alla Corte EFTA. Cfr. punto 21 della motivazione del caso “Mag Instrument”.

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quando il legislatore comunitario accorda agli Stati la facoltà di mantenere o adottare delle norme, il testo della direttiva lo chiarisce espressamente come, ad esempio, avviene nell’art. 5 dir. 89/104, dove viene esplicitamente consentito agli Stati membri di adottare una tutela più estesa per i marchi che hanno acquisito notorietà142.

A sostegno delle sue conclusioni, la Corte utilizza, poi, oltre all’argomento “letterale” appena enunciato, anche un altro argomento, che potremmo definire di “politica commerciale”.

Secondo i giudici, infatti, un’interpretazione dell’art. 7.1 dir. 89/104 che consenta agli Stati di adottare il principio dell’esaurimento internazionale in modo discrezionale si porrebbe in contrasto non solo con la lettera della norma, ma anche con il sistema e la finalità delle norme della direttiva relative ai diritti conferiti dal marchio al suo titolare143: se alcuni Stati membri prevedessero l’esaurimento internazionale ed altri solo quello comunitario si verrebbero inevitabilmente a creare, a detta della Corte, ostacoli alla libera circolazione delle merci ed alla libera prestazione dei servizi144.

Sulla base di queste considerazioni la Corte stabilisce che l’art. 7.1 dir. 89/104 osta all’adozione del principio dell’esaurimento internazionale ad opera degli Stati membri nei loro ordinamenti145. A riprova di ciò, nella motivazione, i giudici richiamano il considerando numero nove della direttiva, il quale sottolinea che, per agevolare la libera circolazione dei prodotti e la libera prestazione dei servizi, è fondamentale che i marchi registrati abbiano nei diversi ordinamenti giuridici la medesima tutela146.

La Corte lascia comunque agli Stati membri la possibilità di estendere l’efficacia dell’esaurimento ai prodotti posti in commercio al di fuori della Comunità mediante la

142 Punto 25 della sentenza.

143

Punto 22 della sentenza.

144 Punto 27 della sentenza.

145 Punti 26 e 31 della sentenza.

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conclusione di accordi internazionali in materia, come è avvenuto con l’Accordo SEE147.

È interessante notare, tra l’altro, che i giudici, nell’argomentare la loro tesi, non fanno alcun riferimento alle funzioni del marchio; tema, quest’ultimo, che invece è stato tenuto in grande considerazione dalla dottrina148.

Merita poi di essere menzionata la posizione del Governo svedese, il quale sosteneva che la dir. 89/104 non avrebbe potuto regolare le relazioni tra gli Stati membri ed i Paesi terzi poiché era stata adottata sulla base dell’art. 100 A del Trattato CE149. Tale norma, infatti, disciplina l’adozione di direttive volte al ravvicinamento delle disposizioni legislative degli Stati membri, ma solo con riferimento al mercato interno. Da tali premesse il Governo svedese faceva discendere la conclusione che l’art. 7.1 avrebbe dovuto essere interpretato in modo da non influire sui rapporti tra Stati membri e Paesi terzi, ovvero secondo la teoria dello standard minimo. La Corte respinge, però, tale obiezione sostenendo che l’art. 7.1 dir. 89/104 si limita semplicemente a definire i diritti di cui godono i titolari dei marchi all’interno della Comunità senza sconfinare nel campo dei rapporti tra i Paesi membri e gli Stati terzi150. Dalla sentenza esaminata si evince, in conclusione, che gli Stati membri non possono adottare l’esaurimento internazionale sostanzialmente per due ordini di motivi: o gli artt. 5 e 7 dir. 89/104 contengono un’armonizzazione completa delle

norme relative ai diritti del marchio d’impresa (argomento “letterale”); o se alcuni Stati membri prevedessero l’esaurimento internazionale ed altri

solo quello comunitario si verrebbero inevitabilmente a creare ostacoli alla libera circolazione delle merci ed alla libera prestazione dei servizi (argomento di “politica commerciale”).

Per quanto riguarda l’argomento “letterale”, alcuni Autori hanno fatto notare che, se la Commissione ed il Consiglio avessero deciso di imporre l’esaurimento solo

147

Punto 30 della sentenza.

148 Cfr. paragrafo 6 del presente capitolo.

149 Oggi art. 115 TFUE.

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comunitario, avrebbero potuto facilmente raggiungere tale risultato escludendo espressamente l’esaurimento internazionale; l’approccio neutro, adottato, invece, nella redazione dell’art. 7.1 dir. 89/104, avrebbe potuto facilmente condurre a ritenere valida la teoria dello standard minimo151.

L’argomento più importante addotto dalla Corte a sostegno della sua motivazione è, però, certamente, quello di “politica commerciale”, che, invece, è stato condiviso da diversi commentatori152. È innegabile, infatti, che l’esistenza di regimi differenti negli Stati membri, per quanto riguarda il principio dell’esaurimento, creerebbe ostacoli alla libera circolazione delle merci ed alla libera prestazione di servizi. Se, infatti, alcuni Stati adottassero l’esaurimento solo comunitario ed altri quello internazionale, i prodotti importati da Paesi terzi, senza il consenso del titolare del marchio, in uno Stato membro potrebbero circolare liberamente solo negli Stati che adottino l’esaurimento internazionale e non in quelli che limitino l’efficacia dell’esaurimento al solo ambito comunitario: nei Paesi a regime territorialmente limitato, infatti, il titolare potrebbe opporsi, poiché il suo diritto non sarebbe esaurito.

La circostanza che il prodotto, in presenza di regimi di esaurimento diversi nei vari Stati, possa circolare liberamente in alcuni Paesi e non in altri, contrasta evidentemente con una delle finalità principali della Comunità, quella, cioè, della creazione di un mercato unico conseguente all’integrazione dei mercati nazionali.

Queste considerazioni hanno spinto, dunque, la Corte di Giustizia ad interpretare l’art. 7.1 dir. 89/104 in modo che prevedesse un regime d’esaurimento uniforme per gli Stati membri, nello specifico un regime d’esaurimento solo comunitario153

.

151 Cfr. JACOBACCI F., Importazioni parallele ed esaurimento del diritto di marchio: la giurisprudenza della Corte di giustizia tra Silhouette e Davidoff, in Giur. piem., 2000, 386. L’argomento

letterale utilizzato dalla CdG. È stato aspramente criticato anche da ALBERTINI L., Sull’esaurimento internazionale del marchio, in Giust. civ., 1998, I, 2688 ss.

152 Si vedano MANSANI L., La funzione di indicazione d’origine del marchio nell’ordinamento comunitario, cit., 174 ss.; JACOBACCI F., Importazioni parallele ed esaurimento del diritto di marchio,

cit., 388 ss.; RUBINI L., Le stranezze della giurisprudenza della Corte di giustizia tra importazioni parallele da Paesi terzi, esaurimento del marchio e norme sulla concorrenza (i casi Silhouette, Sebago e

Javico), cit., 71.

153 Sul caso “Silhouette” si vedano anche HAYS T., Parallel importation under European Union law, cit., 290 ss.; ALEXANDER W., Exhaustion of Trade Mark Rights in the European Economic Area,

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È interessante notare, peraltro, che le medesime osservazioni hanno condotto la Corte EFTA alla soluzione interpretativa opposta. Infatti, tale Corte ha argomentato la sua scelta di lasciare agli Stati EFTA la possibilità di optare per un regime d’esaurimento internazionale proprio sulla base del fatto che il SEE, essendo semplicemente un’area di libero scambio e non un’unione doganale come l’UE, richiede un’integrazione minore tra i mercati degli Stati contraenti154

. Al di là degli opposti risultati interpretativi raggiunti dalle due Corti si cela, dunque, un’uguale visione del problema, cha ha condotto a soluzioni differenti per la diversità, soprattutto giuridica, dei due contesti in cui l’art. 7.1 dir. 89/104 deve essere applicato.

A questo punto, però, preso atto dei differenti regimi adottati dalle due Corti, è lecito domandarsi che cosa succeda se un prodotto commercializzato dal titolare in un Paese estraneo al SEE venga importato senza il suo consenso in uno Stato EFTA, membro del SEE, in cui vige il principio dell’esaurimento internazionale, e voglia poi essere introdotto in uno Stato dell’UE, che, a seguito della sentenza “Silhouette”, potrà adottare solo il principio dell’esaurimento comunitario.

In questi casi, ai sensi dell’art. 7.1 dir. 89/104, si fa prevalere la volontà del titolare del marchio155: in assenza del suo consenso all’importazione del prodotto nella Comunità, o più in generale nel SEE, il prodotto importato nello Stato EFTA che adotta l’esaurimento internazionale non potrà circolare liberamente negli Stati che non adottano tale principio. Se così non fosse, infatti, gli importatori paralleli potrebbero importare i prodotti in Norvegia o in un altro Stato EFTA che adotti l’esaurimento internazionale e accedere liberamente al mercato della Comunità, aggirando, così, le previsioni della sentenza “Silhouette”156

.

cit., 61 ss.; PAGENBERG J., The Exhaustion Principle and “Silhouette” Case, in IIC, 1999, 20 ss.; MANZO G., The interpretation of article 7 of council directive 89/104 (the trademark directive), cit., 21 ss.;

GUIDETTI B., L’esaurimento internazionale del marchio nella giurisprudenza italiana e comunitaria, in Riv. dir. ind., 2000, II, 46 ss.

154 Punto 25 della sentenza “Mag Instrument”.

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Soluzione, peraltro, auspicata da SARTI D., Diritti esclusivi e circolazione dei beni, cit., 205. 156 Il problema non si porrebbe se, in un caso analogo all’esempio fatto, il bene non originasse da uno Stato SEE, perché, in tal caso non potrebbe circolare liberamente in tale Spazio, come sottolineato dalla sentenza “Mag Instrument”.

Nel documento Università degli Studi di Torino (pagine 56-62)