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Capitolo 4. Il fidanzamento arrale postclassico

7. Giustiniano

Giustiniano non introdusse novità rilevanti al regime delle

arrhae sponsaliciae, imperniato sulle disposizioni di Leone: in C. I.

1, 3, 54 (56), 2-3 egli si limitò ad introdurre una nuova causa di giustificazione per il recesso dagli sponsalia, ovvero l’elezione della vita monastica da parte di uno dei fidanzati.

C. I. 1, 3, 54 (56), 2 - 3, Imperator Justinianus A. Iohanni pp.:

Cognitum etenim nobis est, quod, si quis sponsus vel sponsa post datas aut acceptas arras voluisset se divino deputare servitio et a saeculari conversatione recedere ac sanctimonialem vitam vivere atque in dei timore permanere, compellebatur vir quidem ea quae arrarum nomine dederat amittere, sponsa vero duplum id quod acceperat reddere. quod nostrae mansuetudini satis religioni esse contrarium visum est. Unde per praesentem legem in perpetuum

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C. I. 5, 1, 5, 5. Si discute in dottrina se questa dichiarazione finale sia da attribuirsi a Leone o a Giustiniano: il RICCOBONO, Arra sponsalicia cit., pag. 198 (=Scritti 1, pag. 186), la ritiene di Giustiniano; la ritengono invece di Leone BONFANTE, Corso 1, cit., pag. 309 e nt. 2; CORBETT, Roman Law, cit., pag. 23; VOCI, Storia della patria potestas 2, cit., pag. 12 (=Studi 2, pag. 479); M. BALESTRI FUMAGALLI, s. v. Sponsali cit., pag. 504; ASTOLFI, Fidanzamento3, cit., pag. 193 ss.; 196. Non univoca è la posizione del VOLTERRA: cfr. RISG 4 (1929), pag. 18 (=Scritti 1, pag. 108); Lezioni cit., pag. 452; Osservazioni intorno agli antichi sponsali cit., pag. 655 (=Scritti 2, pag. 491).

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valituram iubemus, ut, si quis sponsus vel sponsa desideraverit saeculi istius vitam contemnens in sanctimonialium conversatione vivere, sponsus quidem omnia, quae arrarum nomine futuri causa coniugii dedisset, sine ulla imminutione recipiat, sponsa autem non duplum, sicut hactenus, sed hoc tantum sponso restituat, quod arrarum acceperat nomine, et nihil amplius reddere compellatur, nisi quod probata fuerit accepisse215.

Nel § 2 della costituzione viene ricordato che in passato, se un fidanzato intendeva prendere i voti dopo aver dato o ricevuto le

arrhae, perdeva quanto aveva dato o doveva restituire il doppio di

quanto ricevuto: Giustiniano qualifica come giusta causa di recesso la vocazione religiosa, con la conseguenza che la parte che intendeva rinunciare “a saeculari conversatione” poteva farlo riavendo tutto ciò che aveva consegnato a titolo di arra o restituendo semplicemente ciò che aveva ricevuto, senza incorrere nella pena del duplum216.

Nel Codice di Giustiniano (C. I. 5, 1, 2) venne riprodotta anche la costituzione di Costantino, riportata in C. Th. 3, 5, 4, che considerava rottura giustificata del fidanzamento la sua durata per oltre due anni; Giustiniano però aggiunse la condizione che entrambi

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(Trad: 2. E’ infatti è a noi noto che, se un fidanzato o una fidanzata, dopo aver dato o ricevuto le arre, avesse voluto consacrarsi al divino servizio e staccarsi dalla vita secolare e vivere la vita del chiostro e perseverare nel timore di Dio, l’uomo era costretto a perdere ciò che aveva dato a titolo d arra, la fidanzata a restituire il doppio di ciò che aveva ricevuto. Il che alla nostra mansuetudine è parso ben contrario alla religione.

3. Per cui, con la presente legge, che varrà in perpetuo, ordiniamo che, se un fidanzato o una fidanzata abbia considerato, disprezzando la vita di questo secolo, vivere in compagnia di religiosi, il fidanzato riprenda, senza nessuna diminuzione, tutto ciò che aveva dato a titolo d’arra in vista del futuro matrimonio, e la fidanzata restituisca al fidanzato non il doppio, come finora, ma soltanto ciò che aveva ricevuto a titolo di arra e niente altro sia costretta a restituire, se non ciò che sia provato abbia ricevuto).

Le medesime disposizioni furono poi confermate dallo stesso Giustiniano nella Novella 123, cap. 39. Cfr. A.S.SCARCELLA, Libertà matrimoniale cit., pag. 163; G.DI RENZO VILLATA, Per un’edizione cit., pag. 300 nt. 1.

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i fidanzati dovevano risiedere nella stessa provincia, premettendo al verbo supersederit l’espressione in eadem provincia degens: quindi, perché vi potesse essere recesso giustificato, il fidanzato, che aveva rimandato le nozze per oltre due anni, per tutto quel tempo doveva aver risieduto nella provincia della fidanzata; se si fosse trasferito in un’altra provincia i due anni non erano più sufficienti per giustificare la rottura del fidanzamento.

Traendo notizie dalle costituzioni di Giustiniano e dalle varie interpolazioni apportate dai compilatori giustinianei ai frammenti del Digesto e alle costituzioni del Codice Teodosiano riprodotte nel Codice di Giustiniano, è possibile tracciare un quadro riassuntivo di come il diritto giustinianeo regolasse l’istituto delle arrhae

sponsaliciae:

- lo scioglimento del fidanzamento arrale era legalmente valido, ma era punito con la perdita delle arrhae consegnate o con il pagamento di esse in duplum;

- in caso di recesso senza giusta causa erano esentati dalla pena del duplum ed obbligati alla semplice restituzione delle arre ricevute:

1) la fidanzata sui iuris minore di 25 anni, anche se vedova, sia che le arrhe fossero state accettate personalmente da lei, sia dal suo tutore pupillare o dal suo curatore o da altra persona (C. I. 5, 1, 5 pr.);

2) i genitori della fidanzata, minori di 25 anni, che insieme o separatamente avevano accettato le arrhae per la figlia217.

- La pena del duplum non si applicava neanche nel caso in cui le nozze fossero proibite per un impedimento previsto dalla legge, oppure se, dopo la consegna delle arrhae, fosse intervenuta una iusta

excusationis causa, come la condotta indegna e licenziosa del futuro

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Così E. VOLTERRA, in RISG. 4 (1929), pag. 27 e nt. 1 (=Scritti 1, pag. 117 e nt. 1), sulla base dei Basilici 28, 2, 8 (Heimb. 3, 158).

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marito; la diversità di religione o di setta, l’impotenza assoluta (C. I. 5, 1, 5, 2-3); la scelta della vita monastica da parte di uno dei fidanzati (C. I. 1, 3, 54 (56) ); la qualità dello sponsus di funzionario della provincia dove risiedeva la fidanzata, oppure le relazioni di parentela o di servizio con il funzionario della provincia da parte dello sponsus (C. Th. 3, 6, 1 = C. I. 5, 2, 1).

- Ad eccezione di quest’ultimo valido motivo, gli altri dovevano verificarsi o essere portati a conoscenza della parte interessata solo dopo la conclusione del fidanzamento.

- Sempre in caso di recesso senza iusta causa, erano tenuti alla restituzione delle arre in duplum:

1) la fidanzata sui iuris che avesse compiuto i 25 anni o avesse ottenuto la venia aetatis;

2) i genitori della fidanzata, maggiori di 25 anni, gli avi paterni che, ricevute le arrhae per le figlie – i genitori insieme o separatamente -, le nipoti o le pronipoti, impedivano poi le nozze (C. I. 5, 1, 5, 1).

- In caso di morte di uno dei due fidanzati, le arrhae andavano restituite, salvo il caso in cui il donatore, quando era ancora in vita, non avesse dato alla controparte motivo di recesso (C. I. 5, 1, 3).

- Era concesso pattuire anche la pena del quadruplo in caso di scioglimento del fidanzamento, purchè vi fosse il reciproco consenso dei contraenti.

- La legislazione di Teodosio, Graziano e Valentiniano relativa al fidanzamento della donna di provincia con un funzionario provinciale fu sostanzialmente mantenuta da Giustiniano (cfr. C. Th. 3, 6, 1).

Alla donna di provincia fidanzata con un funzionario provinciale o con un suo figlio o parente o collaboratore o dipendente era permesso, qualora il funzionario si fosse adoperato

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per concludere il fidanzamento, sciogliere il fidanzamento senza incorrere nella pena del quadruplo e trattenendo per sé le arrhae ricevute.

Giustiniano, nell’accogliere in C. I. 5, 2, 1 la costituzione di Teodosio, vi apportò alcune modifiche, come ad esempio la riduzione dell’ammontare della pena dal quadruplum al duplum.