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Giustiniano o Leone?

Capitolo 4. Il fidanzamento arrale postclassico

6. Giustiniano o Leone?

La costituzione di Leone del 472, che abrogò completamente le disposizioni di Teodosio e dei suoi colleghi del 380, dando un nuovo ordinamento alle arrhae sponsaliciae, è stata ritenuta a lungo in dottrina largamente rimaneggiata dai compilatori giustinianei: a Giustiniano e non a Leone si è attribuita l’introduzione sia della riduzione della pena al duplum che delle iustae causae di recesso, ad

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E. VOLTERRA, in RISG 4 (1929), pag. 19 (=Scritti 1, pag. 109) e R. ASTOLFI, Fidanzamento3 cit., pag. 193 s. ritengono, sulla base del par. 7, che la previsione di una pena convenzionale superiore al quadruplum venisse vietata per rispetto della libertà matrimoniale (“cum in contrahendis nuptiis libera potestas esse debet”). Il par. 7 può essere tuttavia anche interpretato nel senso che alle iustae causae excusationis stabilite dalla costituzione non fossero apponibili delle restrizioni lesive della libertà matrimoniale.

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eccezione delle diversità di religione, ritenuta l’unica iusta causa ammessa da Leone208.

L’idea che la sola causa di recesso ammessa da Leone fosse la diversità di religione, riguardante il fidanzamento fra cristiani e non cristiani, deriva dal fatto che un’altra costituzione di Leone e Antemio, sempre del 472, riprodotta in C. I. 1, 4, 16, menziona come

iusta causa di recesso soltanto la religionis diversitas.

La costituzione C. I. 1, 4, 16 è stata ritenuta originaria; da essa i compilatori giustinianei avrebbero estratto la costituzione C. I. 5, 1, 5 che si presenterebbe come una rielaborazione di vari atti legislativi, in cui le varie iustae causae oltre la diversità di religione, nonché la clausola generale, con cui qualsiasi giusta causa di recesso è riconosciuta, sarebbero state aggiunte da Giustiniano209.

Recenti studi hanno fatto giustizia di molte illazioni avanzate dalla critica interpolazionista, in voga soprattutto nella prima metà del secolo scorso210: pur riconoscendo che la costituzione di Leone presenta in vari punti dei rimaneggiamenti da parte dei compilatori giustinianei, la dottrina più recente ritiene che sia da ascrivere a Leone la riduzione della pena al duplum, così come l’introduzione delle iustae excusationis causae211.

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Così S. RICCOBONO, Arra sponsalicia cit., pag. 192 ss. (=Scritti 1., pag. 180

ss.). La tesi del Riccobono è stata largamente accolta in campo romanistico: per P. BONFANTE, Corso 1 cit., pag. 312 nt. 4, la legge di Leone I sembra interpolata da Giustiniano nella parte in cui riduce la pena al duplum, stabilisce l’esenzione dalla pena per i minori di 25 anni ed in presenza di una iusta causa, mentre Leone avrebbe ammesso soltanto la diversità di religione quale iusta causa excusationis; della stessa idea sono anche E. COSTA, Storia del diritto romano privato cit., pag. 55 nt. 4 e S. PEROZZI, Istituzioni² 1, Milano 1928 (rist. 1947), pag. 360 nt. 3.

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Contro l’opinione del Riccobono, vigorosamente, W. SELB –H. KAUFHOLD, Das Syrisch-Römische Rechtsbuch, vol. III, Wien 2002, sub § 84.

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Cfr.i ricordati S.RICCOBONO, Arra sponsalicia cit., pag. 192 ss. (=Scritti 1, pag. 180 ss.); BONFANTE, Corso 1, pag. 312 nt. 4; S. PEROZZI, Istituzioni di diritto romano2 1 cit., pag. 360 nt. 3; COSTA, Storia del diritto romano privato cit., pag. 55 nt. 4.

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Attribuiscono a Leone la riduzione della pena al duplum, fra gli altri, P. F. GIRARD, Manuel élémentaire de droit romain8, Paris 1929, pag. 164 nt. 2; G. CORNIL, Die Arrha, cit., pag. 63 nt. 2; 64; VOLTERRA, in RISG 4 (1929), pag. 13

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Dai §§ 3-5 di C. I. 5, 1, 5 i compilatori del Codice avrebbero estratto la lex gemina C. I. 1, 4, 16, attribuendo al Vescovo la sola competenza a giudicare sulla diversità di religione212.

L’elencazione delle iustae causae è ritenuta dunque come meramente esemplificativa, potendosi addurre qualsiasi altro motivo lecito e ragionevole.

Ciò è testimoniato dal fatto che Leone, dopo aver indicato le giuste cause di recesso dal fidanzamento ammette con le espressioni

vel ob aliam iustam excusationis causam; vel post arras datas aliqua causa paenitentiae intercesserit una generale causa di recesso, per

cui qualsiasi motivo lecito poteva legittimare lo scioglimento incolpevole del fidanzamento213.

Ad essere punita non era dunque la rottura in sé del fidanzamento, bensì la rottura senza giusta causa. Questa disposizione è stata interpretata come un tentativo da parte di Leone ss. (=Scritti 1, pag. 103 ss.); ID., Il Pap. Oxyrhincus 129 cit., pag. 138 (=Scritti 1, pag. 540); P. E. CORBETT, Roman Law cit., pag. 21 ss.; M. MASSEI, Sulla L. 5 Cod. de spons. 5,1 cit., pag. 295; P. VOCI, Storia della patria potestas 2 cit., pag. 12 (=Studi 2, pag. 479); M. BALESTRI FUMAGALLI, s. v. Sponsali cit., pag. 504 nt. 28 e 30; M. MARRONE, Istituzioni2, Firenze 1994, pag. 224; R. ASTOLFI, Fidanzamento3 cit. pag. 194;P.VOCI, Storia della patria potestas 2 cit., pag. 12 nt. 48 (=Studi 2, pag. 479 nt, 48).

In particolare, il VOLTERRA, in RISG. 4 (1929), pag. 17 (=Scritti 1, pag. 107), fa notare che Giustiniano, nella costituzione C. I. 1, 3, 54 (56), parla della pena del duplum come di una norma esistente già prima di lui.

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L’Astolfi nota come all’inizio del § 4 di C. I. 5, 1, 5: “Sin vero horum ignari sponsalicias arras susceperint…” il genitivo plurale “horum” si riferisca alle diverse cause di recesso elencate nel precedente § 3; la costituzione C. I. 1, 4, 16 ne menziona una sola, la diversità di religione, ma i compilatori giustinianei, copiando letteralmente l’inizio di C. I. 5, 1, 5, 4, avrebbero mantenuto il plurale horum, ora sintatticamente errato. C. FAYER, La familia romana II, Roma, 2005, pag. 133, aggiunge che “con il plurale horum contrasta anche […] l’espressione talis causa poenitentiae intercesserit, ove talis […]si riferisce evidentemente all’unica iusta excusationis causa menzionata in Cod. Iust. 1,4,16, ossia la religionis diversitas; in Cod. Iust. 5, 1, 5, 4 si legge giustamente: aliqua iusta causa poenitentiae intercesserit”.

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Nel senso che ad ammettere una causa generale di recesso non sia stato Leone, ma Giustiniano cfr. S. RICCOBONO, Arra sponsalicia cit., pag. 181 (=Scritti 1, pag. 193); anche il VOLTERRA, in RISG 4 (1929), pag. 27 ss. (=Scritti 1, pag. 117 s.), ritiene le iustae causae tipiche. Contra M. MASSEI, Sulla L. 5 Cod. de spons. 5,1 cit., pag. 151 ss.; P. VOCI, Storia della patria potestas 2 cit., pag. 12 (=Studi 2, pag. 479); R. ASTOLFI, Fidanzamento3 cit., pag. 196.

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di violare il meno possibile il principio classico della libertà matrimonale, ciò che sarebbe suffragato anche dalla frase finale della costituzione: “cum in contrahendis nuptis libera potestas esse

debet”214.

Tuttavia, come già osservato, quest’ultima frase appare come una mera petizione di principio, poiché la rottura del fidanzamento al di fuori delle giuste cause di recesso risultava punita attraverso la disciplina giuridica delle arrhae sponsaliciae.