Capitolo 2. I precedenti semitici delle arrhae
3. Il mohar di diritto ebraico
Come molti altri settori del diritto, anche il diritto matrimoniale ebraico e babilonese presentano significative analogie. Strutturalmente corrispondente alla tirhatum babilonese era l’istituto del mohar nel diritto ebraico89.
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Cfr. É. POPESCO, La function penitenntielle des arrhes dans la vente soun Justinien Rousseau, Paris 1925 con ulteriore bibliografia; G. CORNIL, Die arrha
im justinianischen Recht, in ZSS 48 (1928), pagg. 51-87.
89
Gli istituti del matrimonio e del fidanzamento offrono un parallelo significativo e costituiscono uno dei più evidenti argomenti, spesso richiamato dagli studiosi, per provare che gli Ebrei e i Babilonesi di origine semitica avessero una base giuridica comune e fossero retti da legislazioni assai simili fra loro: cfr. J. JEREMIAS, Moses und Hammurabis, Leipzig 1903; S. A. COOK, The laws of Moses and the Code of Hammurabi, London 1903; F. MARI, Il Codice di Hammurabi e la Bibbia, Roma 1903; W. W. DAVIES, The code of Hammurabi and Moses, Cincinnati 1905; C. EDWARDS, The oldest laws in the world, being an account of the Hammurabi Code and the Sinaitic Legislation, London 1906; A. UNGNAD, Die Gesetze Hammurapis, in H. GRESSMAN, Texte und Bilder zum alten Testament 1, Tübingen 1909, pagg. 140-171; ID., Codex Hammurabi, Roma 1910. Specificamente sul mohar ebraico cfr. M.COHEN e altri, Gli ebrei in Libia. Usi e costumi, Firenze 1994 (ristampa dell’edizione del 1930), pagg. 162 ss.; A.RAVA, Il requisito della rinnovazione del consenso nella convalidazione semplice del matrimonio (can. 1057 § 2). Studio storico-giuridico, Roma 2003, pagg. 10 ss.
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a) L’etimologia del termine mohar
L’ etimologia della parola mohar (dal verbo mur = cambiare, permutare; mhr = acquistare una sposa)90 rivela la sua funzione originaria di prezzo della donna.
Un passo dell’Esodo ne descrive molto bene il regime giuridico:
Ex. 22, 15, 16: … e se alcuno avrà sedotto una vergine, la
quale non sia fidanzata, e avrà giaciuto con lei la prenda in moglie col pagare il mohar, se non vuole il padre di lei darla a lui, paghi denaro per l’ammontare del mohar delle vergini.
Il matrimonio ebraico arcaico consisteva in una
compravendita avente per oggetto la donna, tra la sua famiglia d’origine ed il futuro marito. Questa forma matrimoniale rifletteva la rigida organizzazione patriarcale della società, che prevedeva la poligamia e la potestà assoluta del pater familias su tutti i membri del gruppo familiare: da ciò discendeva il ius vendendi del padre sulla figlia, nonché la facoltà di darla in moglie a suo piacimento, a titolo gratuito o oneroso.
Queste istituzioni subirono tuttavia consistenti mutamenti nel corso dei secoli: già nella legislazione mosaica il concetto del matrimonio per compera, con l’affievolirsi della concezione patriarcale dei rapporti familiari, aveva perduto il suo carattere strettamente commerciale in ragione della peculiarità del suo oggetto.
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Cfr. H. LESETRE, in F. VIGOUROUX, Dictionnaire de la Bible, s. v. « dot ». Contra J. NEUBAUER, Beiträge zur Geschichte des biblisch-talmudischen Eheschließungsrechts: eine rechtsvergleichend-historische Studie, in Mitteilungen der Vorderasiatischen Gesellschaft , Band II (1920), pag. 205 nt. 2.
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Tuttavia, esattamente come nel diritto babilonese, la dazione del mohar, l’antico prezzo della donna, rimase pur sempre come un elemento essenziale e necessario al fidanzamento.
Anche qui si ripetè il medesimo fenomeno per cui i due atti del pagamento del prezzo e della consegna della donna, un tempo contemporanei, vennero distinti e separati fra loro da un intervallo di tempo: il fidanzamento derivò la sua rilevanza giuridica dal pagamento del mohar da parte del fidanzato al padre della donna, per effetto del quale sorgeva un vincolo di semi - parentela ed il fidanzato acquistava dei diritti molto intensi sulla donna.
Un esempio tipico di questo fidanzamento lo troviamo nel matrimonio di Rebecca, narrato nella Genesi e preso a modello successivamente anche negli sponsalia cristiani:
Gen. 47 - 53: E io la interrogai: Di chi sei figlia? Rispose:
Sono figlia di Betuèl, il figlio che Milca ha partorito a Nacor. Allora le posi il pendente alle narici e i braccialetti alle braccia. Poi mi inginocchiai e mi prostrai al Signore e benedissi il Signore, Dio del mio padrone Abramo, il quale mi aveva guidato per la via giusta a prendere per suo figlio la figlia del fratello del mio padrone. “Ora, se intendete usare benevolenza e lealtà verso il mio padrone, fatemelo sapere; se no, fatemelo sapere ugualmente, perché io mi rivolga altrove” .Allora Làbano e Betuèl risposero: “Dal Signore la cosa procede, non possiamo dirti nulla. Ecco Rebecca davanti a te: prendila e va' e sia la moglie del figlio del tuo padrone, come ha parlato il Signore”. Quando il servo di Abramo udì le loro parole, si prostrò a terra davanti al Signore. Poi il servo tirò fuori oggetti d'argento e oggetti d'oro e vesti e li diede a Rebecca; doni preziosi diede anche al fratello e alla madre di lei.
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Il servo di Abramo, inviato per cercare la moglie ad Isacco, trovata la fanciulla, le pone dei monili addosso, quindi la chiede in moglie, per il figlio del suo signore, alla madre e al fratello di essa. Ottenuto da questi il consenso e avuta in consegna la fanciulla perché la porti al futuro marito, egli dà a lei vasellame e vesti, ed alla madre e al fratello degli oggetti preziosi, i quali rappresentano il mohar.
b) Oggetto del mohar
L’ammontare del mohar per le vergini era fissato in una cifra unica e non valutato ad personam, ciò che dimostra come esso avesse assunto la figura di una dazione più che altro formale, allontanandosi dall’originaria funzione di prezzo della donna.
La cifra del mohar sembrerebbe essere fissato nel caso della vergine a 50 sicli, secondo un passo del Deuteronomio91:
Dt. 22, 28 – 29: Se alcuno troverà una fanciulla vergine la
quale non (sia) fidanzata, e la prenderà e giacerà con lei e saranno trovati, dia l’uomo che ha giaciuto con la fanciulla 50 (sicli) d’argento al padre di lei, ed (ella) sia sua moglie, perché (egli) le ha tolto la verginità; né deve ripudiarla durante la sua vita.
In numerosi passi della Bibbia il mohar sembra tuttavia di valore variabile92.
Nel Levitico si distingue a seconda della qualità e l’età della persone: 30 sicli per donne in età da 20 a 60 anni, a 10 sicli per donne da 5 a 20 anni.
91
Per le varie somme dichiarate nel Talmud cfr. soprattutto J. NEUBAUER, Beiträge zur Geschichte cit., pag. 221 ss.
92
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Anche il seguente passo di Osea si discosta dalla somma di 50 cicli:
Os. 3, 1 - 2: Il Signore mi disse ancora: "Và, ama una donna
che è amata da un altro ed è adultera; come il Signore ama gli Israeliti ed essi si rivolgono ad altri dei e amano le schiacciate d`uva". Io me l`acquistai per quindici pezzi d`argento e una misura e mezza d`orzo.
Osea, per riscattare i peccati del popolo, aveva sposato una cortigiana, pagandola 15 pezzi d’argento (sicli): il basso valore del
mohar è qui probabilmente dovuto allo status di cortigiana della
donna93.
Oggetto del mohar potevano essere anche prestazioni diverse dal pagamento di una somma di denaro:
I Sam. 18, 23-25: I ministri di Saul sussurrarono all`orecchio
di Davide queste parole e Davide rispose: "Vi pare piccola cosa divenir genero del re? Io sono povero e uomo di bassa condizione". 24 I ministri di Saul gli riferirono: "Davide ha risposto in questo modo". Allora Saul disse: "Riferite a Davide: Il re non pretende il prezzo nuziale, ma solo cento prepuzi di Filistei, perchè sia fatta vendetta dei nemici del re"
Di fronte all’impossibilità di David di pagare il mohar per sposare la principessa Mical, Saul gli fa sapere che richiede l’uccisione di 100 filistei (un facere al posto di un dare) come mohar della figlia.
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Nei documenti aramaici del V secolo il mohar apparirà sempre come una dazione simbolica, indipendentemente o quasi dalla qualità della donna.
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Esempi analoghi sono nella Bibbia il fidanzamento di Giacobbe, il quale servì il re Labano sette anni per ottenere la figlia in moglie, e quello di Caleb, che promise in moglie sua figlia Acsa a chi avesse conquistato la città di Kiriat-Sefer:
Gen. 15, 16-17: Disse allora Caleb: "A chi colpirà Kiriat-
Sefer e se ne impadronirà, io darò in moglie Acsa, mia figlia". Se ne impadronì Otniel, figlio di Kenaz, fratello di Caleb; a lui diede in moglie sua figlia Acsa.
c) Lo status dei fidanzati
Nel periodo di tempo intercorrente tra il versamento del
mohar e la traditio puellae si instaurava uno status speciale tra i due
nubendi, analogamente al diritto babilonese.
La terminologia è molto significativa: la donna veniva chiamata orasah (dal verbo ‘rs = sposare)94 od isah95, lo sposo ba al (signore – padrone). Il verbo ’ērastîk (ti destinerò a mia sposa)96, che non ha un corrispondente nelle nostre culture, descriveva l’inizio di detto status: non indicava il fidanzamento, in quanto questo avveniva in una fase precedente, ma non significava nemmeno «sposarsi» come lo intendiamo noi oggi, in quanto solo in una ulteriore fase il matrimonio israelitico trovava la sua conclusione giuridica con la coabitazione degli sposi. Il termine indicava una prima fase del matrimonio, in cui l'uomo si presentava nella casa della donna che desidera sposare, la chiedeva in moglie, e, ottenuto il consenso, concludeva l'accordo matrimoniale, versando il mohar come dote97.
94
Cfr. Ex. 22, 16, 16, Dt. 22, 23.
95
Dt. 22, 24; cfr. P. KOSCHAKER, Rechtsvegleichende Studien cit., pag. 144 nt. 45.
96
In Os. 2,21-22.
97
Solo in una seconda fase, giunto il tempo stabilito, la sposa passava dalla casa paterna a quella dello “sposo” e avrà inizio, con la coabitazione, quel rapporto
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La violazione della donna unita in fidanzamento era considerata come una figura criminosa assai simile all’adulterio e punita con la morte del seduttore e della sua complice (Dt. 22, 23- 27), mentre le due norme di Ex. 22, 15-16 e Dt. 22, 28-29 comminavano una semplice multa per il seduttore di una fanciulla vergine non fidanzata:
Dt. 22, 23-27: Quando una fanciulla vergine è fidanzata e un
uomo, trovandola in città, pecca con lei, condurrete tutti e due alla porta di quella città e li lapiderete così che muoiano: la fanciulla, perché essendo in città non ha gridato, e l'uomo perché ha disonorato la donna del suo prossimo. Così toglierai il male da te. Ma se l'uomo trova per i campi la fanciulla fidanzata e facendole violenza pecca con lei, allora dovrà morire soltanto l'uomo che ha peccato con lei; ma non farai nulla alla fanciulla. Nella fanciulla non c'è colpa degna di morte: come quando un uomo assale il suo prossimo e l'uccide, così è in questo caso, perché egli l'ha incontrata per i campi: la fanciulla fidanzata ha potuto gridare, ma non c'era nessuno per venirle in aiuto.
Ex. 22, 15-16: Quando un uomo seduce una vergine non
ancora fidanzata e pecca con lei, ne pagherà la dote nuziale ed essa diverrà sua moglie. Se il padre di lei si rifiuta di dargliela, egli
particolare, quella comunione di vita che esiste fra un uomo e una donna in seguito al matrimonio. Tuttavia, la stipulazione del contratto matrimoniale era l'atto essenziale del procedimento matrimoniale. A partire da questo momento un uomo sposava una donna nel vero senso della parola e venivano in essere per gli «sposi» alcuni dei fondamentali diritti e doveri matrimoniali: come già visto l’uomo è ba‘al (= padrone) della donna e dovrà difenderla, proteggerla, nutrirla, vestirla; questa donna viene già chiamata sua “moglie” (anche se ancora non ha inizio la coabitazione), gli è consacrata. Inizia da questo momento per la “sposa” il dovere di essere fedele al suo uomo. Contravvenendo, incorrerebbe già nel crimine di adulterio (vedi Mt. 1,18 per Maria e Giuseppe).
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dovrà versare una somma di denaro pari alla dote nuziale delle vergini.
Dt. 22, 28-29: Se un uomo trova una fanciulla vergine che
non sia fidanzata, l'afferra e pecca con lei e sono colti in flagrante, l'uomo che ha peccato con lei darà al padre della fanciulla cinquanta sicli d'argento; essa sarà sua moglie, per il fatto che egli l'ha disonorata, e non potrà ripudiarla per tutto il tempo della sua vita.
d) Considerazioni
Emerge prima facie come la casistica presa in considerazione in Dt. 22, 23-27 fosse molto dettagliata:
- si distingueva se il fatto fosse avvenuto in luogo abitato o in campagna e se la fanciulla avesse o no gridato allo scopo di opporre resistenza (Dt. 23, 25);
- la donna doveva essere condannata solo quando avesse acconsentito al reato, mentre se fosse risultata la violenza da parte dell’uomo, solo quest’ultimo avrebbe subito la lapidazione, mentre la vittima sarebbe stata assolta;
- le norme contenute in Dt. 22, 23-27, Ex. 22, 15-16 e Dt. 22, 28-29 erano indirizzate alle “fanciulle vergini fidanzate ad un uomo”, cioè donne per le quali era stato già versato il mohar da parte dello sposo e che erano ancora nella casa paterna in attesa del compimento dell’atto definitivo del matrimonio, la consegna della donna allo sposo.
Anche altri aspetti portano a considerare il versamento del
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Dt. 20, 7: C`è qualcuno che si sia fidanzato con una donna e
non l`abbia ancora sposata? Vada, torni a casa, perché non muoia in battaglia e altri la sposi.
Veniva esentato dal servizio militare l’uomo fidanzato con una donna; la fidanzata acquisiva la medesima posizione sociale del fidanzato e dal fidanzamento sorgerevano ipso iure i divieti del matrimonio tra i parenti dei fidanzati98.
Gli sponsali venivano sciolti attraverso una cerimonia molto simile a quella prevista in caso di divorzio e, nel caso di scioglimento, la donna aveva diritto alla somma prescritta per le vedove e le divorziate.
Nella Thora ebraica manca una previsione esplicita dell’obbligo alla restituzione del mohar nel caso di rottura del fidanzamento o di divorzio, ma la dottrina ritiene che tale obbligo fosse vigente99.
e) Il fidanzamento nel Talmud
Anche nell’epoca post - biblica, che ha come testo normativo di riferimento il Talmud100, il mohar continuò a comparire per lungo tempo come elemento essenziale del fidanzamento: la sua dazione
98
Cfr. J. NEUBAUER, Beiträge zur Geschichte cit., pagg. 186, 187.
99
L’assenza di una previsione esplicita in tal senso viene spiegata col fatto che la Thora, a differenza del codice di Hammurabi, costituisce una raccolta alluvionale, non sistematica, di norme. Si ritiene che nel diritto ebraico questa restituzione fosse obbligatoria, argomentando per analogia con la tirhatum babilonese del codice di Hammurabi, e citando un documento nuziale aramaico del V secolo a. C. , in cui era stabilito, tra le varie clausule per lo scioglimento di matrimonio, che in caso di divorzio, la donna doveva restituire all’uomo la somma consegnatale a titolo di mohar al momento del fidanzamento.
100
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doveva essere menzionata nel documento nuziale da redigersi ad
substantiam in occasione del matrimonio101.
Secondo il Talmund l’unione matrimoniale sorge in tre modi: col denaro (mohar), con la convenzione scritta (shetar) –di cui è parte integrante la scrittura economica- o con la consumazione (Bìah)102.
Rifacendosi a II Sam. 3, 14 e Dt. 22, 4, in cui la fidanzata era chiamata col titolo di moglie, il Talmud dichiarava l’equiparazione tra fidanzamento e matrimonio, e l’indissolubilità del primo senza un formale divorzio; tra la stipula del fidanzamento e la celebrazione del matrimonio dovevano intercorrere 12 mesi, ridotti a 30 giorni nel caso in cui i fidanzati fossero vedovi.
Era sempre richiesto il consenso dei fidanzati; in un secondo momento l’atto del fidanzamento o quello del matrimonio, ossia la
traditio puellae (nissu – in, letteral. “il condurre la sposa nella casa
maritale”) vennero unificati in un’unica cerimonia nuziale, pur rimanendo i due atti distinti: dapprima aveva luogo il fidanzamento, consistente in un atto formale, con cui i due sposi si legavano formalmente fra loro in vista del matrimonio e stabilivano una penalità nel caso di scioglimento degli sponsali, poi veniva celebrato il matrimonio.
Dopo la benedizione fatta dal rabbino o da chi altri presiedeva la cerimonia, lo sposo prendeva il mohar, consistente solitamente in un anello od in un oggetto di valore, dicendo: “sia tu
benedetta a me con questo anello (o con questo oggetto) secondo la legge di Mosè ed Israele”.
101
Anche nel Talmud il documento nuziale appare come elemento indispensabile per il matrimonio (cfr. Khetuboth, 5, 7). Vi sono molte analogie con il codice di Hammurabi (§§ 137 – 142) e con la Bibbia, (Dt. 24, 19); cfr. J. NEUBAUER, Beiträge zur Geschichte cit., pagg. 237 ss.
102
Cfr. A. SEGRE, Il matrimonio nel diritto ebraico, in Atti del colloquio romanistico-canonistico 1978, Roma 1979, pag. 22; A. RAVA, Il requisito cit., pag. 11 con ulteriore bibliografia.
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Seguiva quindi la lettura e la firma del documento nuziale e quindi l’ingresso della sposa nella casa maritale, atto che rappresentava l’atto conclusivo del matrimonio.
Come successivamente nel Cristianesimo, il modello di fidanzamento tenuto presente era quello tra Rebecca ed Isacco, sopra riportato103.
103
Al momento del fidanzamento venivano fatte anche altre donazioni dal futuro sposo alla fidanzata oltre al mohar (i cosiddeti mattan = “doni”), corrispondenti ad altrettanti istituti di diritto babilonese (biblum, seriqtum, nundunnum) e che compariranno poi negli sponsali cristiani.
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