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La seconda fase del medioevo

Capitolo 7. Il medioevo

3. La seconda fase del medioevo

a) Da una forma ibrida di conclusione del matrimonio ad una forma nuova: la caduta del mundio

Le progressive, sempre maggiori limitazioni alla assoluta potestà originaria del mundoaldo e del marito si ponevano in chiaro contrasto con la struttura originaria del matrimonio germanico, basato, come si è visto, sullo schema della compravendita o della donazione avente per oggetto la donna.

La figura ibrida della traditio matrimonii contrahendi

causa fu espressione di una Übergangsphase, destinata a

traghettare lo status quo ante verso una nuova forma di conclusione del matrimonio, meglio rispondente al mutato quadro dei valori sociali.

L’ulteriore progressivo riconoscimento della personalità muliebre condusse alla caduta del mundio sulla donna ed ebbe l’importante conseguenza, per quanto riguarda la promessa di matrimonio, che questa iniziasse a prendervi parte quale soggetto attivo, da oggetto che prima ne era stata.

Contemporaneamente si verificò una svolta nella

conclusione del matrimonio: questo divenne da atto prettamente familiare atto ecclesiale.

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Cfr. R. SCHROEDER, Lehrbuch der deutschen Rechtsgeschichte, cit., pag. 305 ss.; A. ESMEIN, Le mariage en droit canonique I, Paris 1891, pagg. 185 s.

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L’evoluzione della struttura del negozio matrimoniale è ben evidente nelle formule del formulario di Rolandino, preso a modello anche nel periodo successivo:

ROLANDINI RUDULPHINI ,Summa Totius Artis Notariae, fol.

80 v. ss.321: Instrumentum sponsaliorum et matrimonii contrahentium. “Antonius contraxit, concessit et destinavit Corrado Jacobinam eius filiam in futuram sponsam et uxorem Joannis filii ipsius Corradi, promittens.... se facturum et curaturum,... quod dicta d. Jacobina contrahet sponsalia et matrimonium cum dicto Joanne tempore legittimo...., et se soluturum et daturum eidem Corrado dotis nomine et pro dote ipsius d. Jacobinae, tempore contracti matrimonii, […] denarios et

convenientem mobiliam. Versa vice dictus Corradus contraxit, concessit et destinavit dicto Antonio praedictum Joannem eius filium in futurum sponsum et virum dictae Jacobinae fìliae eiusdem Antonii; promittens...., se facturum et curaturum,.... quod d. Jo. eius filius contrahet sponsalia et matrimonium cum d. Jacob. tempore legittimo... ; et quod ipse Corr., tempore dicti matrimonii contrahendi, […] faciet d. Antonio instrumentum dotale....»322

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Venetiis, apud Juntas, 1546 (ristampato in edizione anastatica Bologna, 1977). Cfr. anche fol. 76 v. : instrumentum donationis propter nuptias (documento della donazione in occasione delle nozze)

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(Antonio contrattò, concesse e destinò a Corrado sua figlia Giacobina quale futura sposa e moglie di Giovanni, figlio dello stesso Corrado, promettendo che avrebbe fatto e curato… che la suddetta Giacobina contrarrà gli sponsali e il matrimonio con detto Giovanni a tempo debito …, e che egli pagherà e darà a Corrado a titolo di dote e per la dote della stessa Giacobina, al tempo del matrimonio contratto, denari e un mobilio adeguato. Al contrario detto Corrado contrattò, concesse e destinò a detto Antonio il suddetto figlio Giovanni quale futuro sposo e marito della predetta Giacobina figlia dello stesso Antonio; promettendo… che avrebbe fatto e curato… che detto Giovanni contrasse gli sponsali e il matrimonio con detta Giacobina a tempo debito…; e che lo stesso Corrado, al tempo di

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ID., fol. 83: forma insirumenti matrimonii per verbale

praesenti contracti: «.... Petrus... accepit B. in suam legitimam uxorem, et in eam consensit; nam interrogatus per discretum et sapientem virum d. M., utrum placeret sibi habere praed. B. in suam uxorem, respondit protinus quod sibi placebat et in eam consentiebat tamquam in suam legitimam uxorem. Et e contra praedicta d. B eodem modo interrogata per d. sapientem virum d. M., utrum placeret sibi accipere praed. d. p. in suum maritum, respondit protinus quod sibi placebat, et in eum tamquam in legitimum maritum consentiebat... »323.

Analizzando queste formule, possiamo osservare che anche ora la conclusione del matrimonio risultava da due atti, i quali però differivano dai due atti del periodo antecedente sia per il rispettivo contenuto e per il rapporto intercedente fra il primo ed il secondo, sia per le persone dalle quali erano compiuti.

Nel primo atto il mundoaldo della donna prometteva allo sposo, che la donna si sarebbe lasciata sposare, e stabiliva l’ammontare della dote, mentre, a sua volta, lo sposo prometteva al mundoaldo che avrebbe sposato la donna, e indicava l'assegno che le avrebbe conferito.

Nel secondo atto seguiva la desponsatio promessa nell'atto antecedente: essa aveva luogo fra gli sposi e, nella sua sostanza, consisteva nell'esplicita e reciproca dichiarazione di prendersi come marito e moglie.

contrarre detto matrimonio, […] farà a detto Antonio il documento dotale…).

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(Pietro prese B come sua legittima moglie, e diede il consenso su di lei; infatti interrogato dal discreto e saggio uomo d. M., se volesse avere la predetta B quale sua moglie, rispose immediatamente che lo voleva e che acconsentiva a lei quale sua legittima sposa. E al contrario la suddetta d. B., interrogata allo stesso modo dal saggio d. M., se volesse prendere come suo marito il predetto Pietro, rispose immediatamente che lo voleva, e che lo voleva altresì come legittimo marito…).

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La nuova struttura del negozio matrimoniale è

inscindibilmente connessa alla caduta del mundio sulla donna: precedentemente, infatti, la desponsatio compiuta del mundoaldo consisteva, in virtù del mundio, nella disposizione di cosa propria e nella promessa del fatto proprio, di cui la traditio della donna costituiva l’esecuzione.

b) I nuovi ruoli della donna e del mundoaldo

La scomparsa del mundio e il contestuale riconoscimento della personalità della donna non comportarono tuttavia la partecipazione della donna quale soggetto in entrambe le fasi del nuovo negozio matrimoniale.

Fino all’inizio del secolo XVIII, i formulari non attestano la partecipazione della donna alla conclusione della promessa di matrimonio; il fidanzamento continua a presentare la struttura analizzata324.

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Cfr. l’estratto del documento con cui veniva concluso il fidanzamento contenuto nel Formulario fiorentino del secolo XV (edito in Pesaro nel 1510), carta 49 ss.: …: « Iohannes.... de Florentia ex parte una promisit et solemni stipulatione convenit Antonio...civi fiorentino...., se facturum et procuraturum ita et taliter,... quod d. Margarita filia d. Iohannis consentiet in dictum Antonium tanquam in eius sponsum et virum legitimum et ab eo uxorali affectu in signum veri et legitimi matrimonii annulum recipiet et cum eo matrimonium legitime contrahet et denique eidem dabit illam dotem....Et ex adverso d. Antonius ex parte alia promisit dicto Iohanni...consentire in dictam Margaritam tanquam in eius sponsam uxorem legitimam..; a dictaque domina, seu alio pro ea, recipere et confiteri illam dotem... In N. et B. dicti Ioh. et Antonius compromiserunt tanquam in eorum arbitros, dantes eisdem licentiam dotem et fideiussores pro dote et donatione propter nuptias declarandi et costituendi,..». (Giovanni..di Firenze da una parte promise e contrattò con una solenne stipulazione con Antonio.. cittadino di Firenze…, che egli avrebbe fatto e si sarebbe adoperato in ogni modo.. affinchè Margherita figlia di Giovanni acconsentisse al detto Antonio e lo prendesse quale sposo e legittimo marito e da questi prendesse con affetto muliebre in segno di matrimonio vero e legittimo un anello e con quello contraesse un matrimonio legittimo e che inoltre gli desse quella dote… E dall’altra parte il suddetto Antonio promise al detto Giovanni… di acconsentire a detta Margherita e di prenderla quale sposa legittima…; da detta signora, o da altri

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Ciò è spiegabile con la circostanza che alla conclusione era connessa anche la conclusione di accordi a contenuto patrimoniale, i quali richiedevano la presenza del mundoaldo (ad esempio per quanto riguarda la costituzione della dote).

Gli sponsali erano inoltre contratti fra giovani di tenera età, privi della capacità di agire: da qui la necessità di rappresentanti muniti della capacità di agire325.

Si verificò tuttavia un mutamento giuridicamente molto importante: la promessa del mundoaldo, che la donna si lascerà sposare nel termine previsto e che egli la doterà come da accordi, non aveva più per oggetto la disposizione di cosa propria né la promessa del proprio fatto, bensì essa costituiva ora una promessa del fatto altrui, ossia della donna: l'esecuzione di questa promessa da parte della donna costituiva il secondo atto, la vera e propria conclusione del matrimonio, sicché questo non era più il risultato dei due atti, come era stato in precedenza.

c) La pubblicità dei matrimoni e nuove forme di conclusione

Nell’alto medioevo la celebrazione del matrimonio era stata considerata un atto privato, che coinvolgeva solamente gli interessi delle parti in causa.

Già nella seconda fase della dominazione longobarda, tuttavia, la conclusione del matrimonio venne progressivamente considerata rilevante non solo per i diretti interessati, ma anche per per lei, di ricevere ed accettare quella dote… Giovanni e Antonio compromisero in N. e B. e nei loro arbitri, dando loro licenza di dichiarare e costituire una dote e dei fideiussori per la dote e la donazione in vista delle nozze…).

325

Sul Formulario fiorentino cfr. R. STINTZING, Geschichte der populären Literatur, Leipzig 1867, pag. 313 s.

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la collettività: di qui la necessità della celebrazione alla presenza del popolo radunato, usanza che sopravvisse alla caduta del regno longobardo.

Questa partecipazione pubblica alla conclusione del matrimonio era stata inizialmente di semplice assistenza: gli atti venivano compiuti e ricevevano sanzione dalla presenza di un pubblico ufficiale.

In seguito, quando la conclusione del matrimonio fu identificata con la dichiarazione del consenso degli sposi, l’intervento della collettività assunse forme più attive: il pubblico ufficiale rivolgeva agli sposi la domanda se intendessero prendersi come marito e moglie, e le risposte affermative dei nubendi sancivano la conclusione del matrimonio.

Questa forma di manifestazione del consenso matrimoniale si diffuse inizialmente nel diritto germanico, ed in base al principio della personalità del diritto vincolò inizialmente i soli sudditi al diritto longobardo; successivamente essa si diffuse in Italia anche tra i cittadini di origine romana, ai quali era permesso seguire il diritto romano: questi ultimi tuttavia, pur celebrando i loro matrimoni in pubblico al pari degli altri, sostituirono al pubblico ufficiale una persona qualsiasi, detta oratore.

La sua presenza non era necessaria ad substantiam per la conclusione del matrimonio: in sua assenza gli sposi, per rendere pubblico il consenso scambiatosi, si rivolgevano reciprocamente le domande di voler essere marito e moglie326.

In nessun caso, dunque, data la rilevanza pubblica dell’atto della conclusione del matrimonio, era considerato valido il semplice consenso comunque manifestato: il consenso doveva

326

Cfr. F. PATETTA, Contributi alla storia delle orazioni nuziali e della celebrazione del matrimonio, Torino 1896, pagg. 50 s.

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essere espresso in pubblico con parole, verbis, mediante le risposte alle interrogazioni.

Questa nuova forma di manifestazione del consenso non venne applicata esclusivamente alle nuptiae, ma anche alla promessa di matrimonio, che veniva pronunciata in pubblico e redatta in iscritto da parte di un notaio.