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Capitolo secondo

2.1. Gli illeciti disciplinar

A tutela dei diritti dei detenuti e degli internati e per scongiurare possibili decisioni arbitrarie del potere amministrativo, nell’ambito del regime disciplinare, vengono previsti i principi di legalità e di tassatività dei fatti costituenti infrazioni. I detenuti e gli internati, difatti, <<non possono essere puniti per un fatto che non sia espressamente previsto come infrazione dal regolamento>>.

Ma ambedue i principi risultano depotenziati nella loro portata garantistica. Il rinvio al regolamento di esecuzione quale sede di individuazione dei fatti espressamente previsti come infrazioni, comporta che il principio di legalità si risolva in riserva di regolamento, anziché di legge, con tutte le minori garanzie che discendono da tale fonte secondaria. Potremmo pensare, ad esempio,

alla possibilità di ampliare il numero delle fattispecie, benché per sua natura clausus, tramite qualsiasi esercizio di potestà regolamentare. 48

Si configura come illecito disciplinare, qualsiasi azione, dolosa o colposa, contraria ai doveri ed alle prescrizione imposte ai detenuti e agli internati. Sono elementi costitutivi dell’illecito disciplinare, al pari dell’illecito penale, i seguenti:

1) fatto tipico, dato dalla corrispondenza del fatto storico al modello contenuto nella fattispecie; l’azione può consistere in un atto positivo o in un atto negativo ovvero in una semplice omissione (quando il detenuto avrebbe avuto il dovere agire );

2) l’antigiuridicità: il comportamento viene definito antigiuridico, allorché viola una legge, un regolamento, un ordine di servizio. Antigiuridico è anche il comportamento che sia contrario ad un dovere o a norme di correttezza. Le cause di giustificazione che fanno venir meno la responsabilità penale escludono altresì la responsabilità disciplinare;

3) colpevolezza: la responsabilità disciplinare presuppone la volontà e la coscienza dell’autore dell’infrazione; ai fini della punibilità di

cfr. BELLOMIA, Ordinamento penitenziario, Enc. D., pag. 123; in termini analoghi 48

FERRAIOLI, in GREVI 1981, pag. 232; nonché LOI-MAZZACUVA, in BRICIOLA , Il carcere <<riformato>>, Bologna, 1977, pag. 96.

Nello stesso senso anche GREVI, in GREVI, Diritti dei detenuti e trattamento penitenziario, Bologna, 1981, pag. 31, il quale, tuttavia, sottolinea che tale caduta garantistica è presente anche nell’art. 29 reg. min.eu. Pure il più recente art. 52, II comma, reg. penit. eur., sfruttando il riferimento anche ai <<regolamenti>> contenuto nell’art. 35 reg. penti. eur. 1987, si accontenta di affermare che le infrazioni disciplinari debbono essere determinate dal diritto interno.

certi illeciti, si può prescindere dell’accertamento della colpa e del dolo. L’elemento psicologico per le infrazioni disciplinari presenta una forte analogia con l’elemento psicologico per le contravvenzioni, mentre l’elemento del dolo o della colpa va influire ai fini della graduazione della sanzione.

Nel dettaglio le singole infrazioni sono previste dall’art 77, comma I, reg. esec. e possono essere suddivise in due gruppi.

Nel primo gruppo (previsti nei numeri da 1 a 8) rientrano quelle considerate di minore gravità e, di conseguenza, non può essere applicata la sanzione più afflittiva, ossia quella dell’esclusione delle attività in comune, salvo che le infrazioni non siano state commesse nel termine di tre mesi dalla commissione di una precedente infrazione della stessa natura. In altri termini, il divieto dell’applicazione tra le più gravi delle sanzioni disciplinari viene meno nelle ipotesi di recidiva infratrimestrale e specifica. 49

Rientrano, in questo primo gruppo:

1) negligenza nella pulizia e nell'ordine della persona o della camera;

2) abbandono ingiustificato del posto assegnato; 3) volontario inadempimento di obblighi lavorativi;

4) atteggiamenti e comportamenti molesti nei confronti della comunità;

Art 77, comma III, reg. esec. 49

5) giochi o altre attività non consentite dal regolamento interno;

6) simulazione di malattia;

7) traffico di beni di cui e' consentito il possesso;

8) possesso o traffico di oggetti non consentiti o di denaro;

Nel secondo gruppo, rientrano le infrazioni più gravi, punibili con la più grave delle sanzioni disciplinari (l’esclusione dalle attività in comune). Vi rientrano:

9) comunicazioni fraudolente con l'esterno o all'interno, nei casi indicati nei numeri 2) e 3) del primo comma dell'articolo 33 della legge;

10) atti osceni o contrari alla pubblica decenza;

11) intimidazione di compagni o sopraffazioni nei confronti dei medesimi;

12) falsificazione di documenti provenienti dall'amministrazione affidati alla custodia del detenuto o dell'internato;

13) appropriazione o danneggiamento di beni dell'amministrazione; 14) possesso o traffico di strumenti atti ad offendere;

15) atteggiamento offensivo nei confronti degli operatori penitenziari o di altre persone che accedono nell'istituto per ragioni del loro ufficio o per visita;

16) inosservanza di ordini o prescrizioni o ingiustificato ritardo nell'esecuzione di essi;

17) ritardi ingiustificati nel rientro previsti dagli articoli 30, 30-ter, 51, 52 e 53 della legge;

18) partecipazione a disordini o a sommosse; 19) promozione di disordini o di sommosse; 20) evasione;

21) fatti previsti dalla legge come reato, commessi in danno di compagni, di operatori penitenziari o di visitatori.

Per via della genericità di contorni e dell’ampiezza delle suddette infrazioni anche la garanzia della tipizzazione risulta pregiudicata, dal momento che ad ogni fattispecie possono attribuirsi innumerevoli condotte. Tale fattispecie viene annoverata tra quelle che maggiormente accusano di possedere un difetto di determinatezza, anche a seguito dei modesti ritocchi operati dall’odierno reg. esec. Il numero dei comportamenti vietati è diminuito rispetto al regolamento carcerario del 1931 (passando da un numero iniziale di 47 a 22 nel regolamento del 1976, e a 21 in quello attuale, che ha abolito l’arcaica infrazione consistente in <<schiamazzi e linguaggio blasfemo>>), ma questo solo in maniera astratta, visto che le singole infrazioni sono sanzionabili anche nell’ipotesi del tentativo. Assumeranno, pertanto, anche gli atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere uno dei fatti elencati nel comma I, dell' art. 77, reg. esec.

La previsione del tentativo viene criticata, non solo perché di fatto va a raddoppiare il numero dei comportamenti punibili, ma soprattutto

perché rende più sottile la linea di demarcazione tra lecito ed illecito . Inoltre non possono sottovalutarsi le difficoltà 50

interpretative create da tale disposizione. Infatti, risulta alquanto difficile ipotizzare, ad esempio, il tentativo di <<negligenza>> nella pulizia personale o di <<atteggiamento molesto>> nell’esecuzione di ordine o prescrizione . 51

Queste infrazioni disciplinari costituendo tutte condotte che turbano l’ordine interno dell’istituzione carceraria, sono indicative dello stato di sofferenza del detenuto derivante dalla segregazione. La loro scarsa significatività “sul piano della rispondenza alle offerte di trattamento” rappresenta una conferma che le punizioni a differenza delle ricompense, “svolgono un ruolo strumentale alle esigenze del carcere, solo ad esse inerendo la funzione di orientare, allineandoli ai bisogni di stabilità dell’istituzione, i comportamenti del detenuto” . 52

L’art. 77, comma I, reg. esec., fra l’elenco delle infrazioni annovera anche fatti costituenti reato, ad esempio <<atti osceni o contrari alla pubblica decenza>> (n.10), falsificazione di documenti provenienti dall’amministrazione >> (n.12), <<possesso o traffico di strumenti

In tal senso FASSONE, La pena detentiva in Italia dall’ 800 alla riforma penitenziaria, 50

Bologna, 1982, pag. 177 ed anche LOI-MAZZACUVA, op.cit, pag. 96; BRUNETTI-ZICCONE, Manuale di diritto penitenziario, Piacenza, 2004, pag. 275, secondo i quali ulteriore fattore di indeterminatezza deriva dalla difficoltà di stabilire quando l’atto sia idoneo ed univoco ex art. 56 c.p.

BORSINI, Leg. giust., 1988, pag. 120; contra NAPOLI, Il regime penitenziario, 51

Milano, 2012, pag. 291, il quale ritiene tuttavia esclusa la configurabilità del tentativo nell’ambito delle infrazioni meno gravi.

PRESUTTI, Profili premiali dell’ordinamento penitenziario, Milano, 1986, pag. 27. 52

atti ad offendere>> (n.14), <<evasione>> (n.20), e più in generale <<fatti previsti dalle legge come reato, commessi in danno di compagni, operatori penitenziari o visitatori>>, e più in generale <<fatti previsti dalla legge come reato, commessi in danno di compagni, operatori penitenziari o visitatori>> (art.21).

Di conseguenza, non viene sottoposto a sanzione disciplinare ogni illecito penale commesso dal detenuto, ma solo quelli che comportano un pregiudizio al normale svolgimento della vita carceraria. Per tale motivo, non vengono sanzionati disciplinarmente quei comportamenti dei detenuti e internati configurabili come reati, anche gravi, che sono portati a manifestare i propri effetti fuori dalle mura del carcere o che sono posti in essere <<ai danni di persone esterne all’organizzazione penitenziaria, ancorché l’azione sia iniziata all’interno dell’istituto di prevenzione o di pena>> . 53

L’ art. 79 del reg. esec. attribuisce al consiglio di disciplina la facoltà di sospendere il giudizio disciplinare <<allorché, per lo stesso fatto, vi è informativa di reato all’autorità giudiziaria>>. Tale fattispecie sembra non avere una rilevanza determinante nell’ambito dei rapporti tra i provvedimenti disciplinari e il procedimento penale, regolati dall’art. 331 c.p.p. In base a tale fattispecie, quando l’autorità competente per il giudizio disciplinare ravvisa nel fatto oggetto del

BORSINI, Leg. giust., 1988, pag. 121. 53

suo esame, gli estremi di un reato perseguibile di ufficio, deve farne denuncia per iscritto, e a trasmetterla, senza ritardo, al pubblico ministero, ovvero ad un ufficiale di polizia giudiziaria . 54

L’influenza sulla decisione disciplinare della sentenza di non luogo a procedere o della richiesta di rinvio a giudizio è evidente, se non fosse per l’improbabilità di ottenere un qualsiasi provvedimento dell’autorità giudiziaria anticipato rispetto alla chiusura del procedimento disciplinare. Tuttavia, l’art. 79 del reg. esec. ha assunto un valore, riscontrabile nell’obbligo del direttore di denunciare tutti i reati commessi dai detenuti, anche quelli di modesta entità, e la facoltà di sospendere il procedimento disciplinare continua ad essere fondamentale, al fine di non rendere vano il contenuto dell’art 653 c.p.p., il quale permette che all’interno del procedimento disciplinare esercitino efficacia di giudicato, limitatamente agli accertamenti indicati dalla stessa norma, le sentenze di condanna e assoluzione emesse a seguito di dibattimento o di giudizio abbreviato.

Nel caso in cui il consiglio di disciplina decida di procedere con la sospensione del procedimento disciplinare, consegue il dovere della direzione penitenziaria di informarsi periodicamente sull’esito del procedimento penale, che può anche concludersi nella fase predibattimentale, e l’obbligo del consiglio di disciplina di procedere

Art. 331, comma I e II, c.p.p. 54

con la revoca della misura cautelare eventualmente applicata dal direttore e, con l’applicazione delle sanzioni disciplinare soltanto una volta terminato il processo penale . 55

PARTE PRIMA: Il procedimento