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Procedura di reclamo dopo la legge Gozzin

Il reclamo al magistrato di sorveglianza

3.1. Il reclamo nell’ambito disciplinare

3.1.2. Procedura di reclamo dopo la legge Gozzin

Grazie alle modifiche introdotte dalla legge 663/1986, la materia dei reclami in tema di disciplina risultavano regolati dal VI comma (anziché del V comma), lett. b, dell’art. 69 ord. penit., era andata incontro a due cambiamenti di diversa portata: mentre risultava modesta la modifica concernente i profili suscettibili di reclamo, andava dato atto delle notevoli innovazioni sul versante procedurale. Si era previsto infatti che tali reclami venissero decisi con ordinanza, previa adozione del procedimento (contestualmente introdotto dal legislatore del penitenziario del 1986) disciplinato dall’ art. 14-ter ord. penit.. Di conseguenza, aspetto al quanto positivo, si passava da una procedura de plano ad una procedura giurisnizionalizzata, che si concludeva con un’ordinanza ricorribile in cassazione, anche se non si può non sottolineare che ci trovavamo ugualmente in presenza di una giursdizionalizzazione imperfetta. Questo nuovo strumento procedimentale, infatti, è posizionato a un livello inferiore rispetto

Ord. Cost. 78/1987 e sent. Cost. 84/103. 141

all’archetipo procedimentale utilizzato dalla magistratura di sorveglianza, la quale nelle materie considerate di maggiore importanza (dal legislatore) fa uso del procedimento di sorveglianza previsto dagli artt. 666 e 678 c.p.p. La peculiarità delle disposizioni contenute contenute nell’art. 14-ter ord. penit., che delinea l’archetipo del reclamo giurisdizionale, induce a ricomprendere lo strumento in esame nell’ambito dei c.d procedimenti di sorveglianza atipici o speciali . 142

La specialità dipendeva dalle esplicite o implicite previsioni derogatorie ricavabili dai primi tre commi dell’art. 14-ter: dalla evidente maggiore snellezza del procedimento, che comportava tempi più rapidi di proposizione e di decisione del reclamo, e del ruolo marginale rivestito dall’interessato. L’atipicità del reclamo si evinceva proprio dal diverso atteggiarsi del contraddittorio rispetto al modello ordinario. Nel “normale” procedimento di sorveglianza, infatti, è prevista la necessaria presenza del publico ministero e del difensore e, anche in misura eventuale e limitata, è pur sempre possibile quella dell’interessato. Nella procedura dell’art. in esame, viceversa, la presenza dell’interessato veniva esclusa: a quest’ultimo veniva semplicemente riconosciuta una mera facoltà di presentare

Con questa espressione si fa riferimento a quei procedimenti che presentano 142

significative diversità strutturali rispetto al meccanismo delineato dalla normativa generale, originariamente dettata negli artt. 71 ss. ord. penit e, successivamente collocata nel codice di procedura penale.

memorie scritte per l’udienza camerale. Il mancato riconoscimento al reclamante del diritto di partecipare personalmente all’udienza rappresentava sul piano del contraddittorio un grosso limite. Per 143

quanto concerne l’iniziativa del reclamo, si è ritenuto che la relativa legittimazione spettava, al detenuto ed anche al suo difensore, mentre veniva esclusa la legittimazione dei prossimi congiunti e quella del consiglio di disciplina ; ugualmente da escludere l’iniziativa del 144

pubblico ministero e l’attivazione ex officio. Il detenuto o il suo difensore potevano, quindi, proporre reclamo al magistrato di sorveglianza entro dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento e la sua presentazione non aveva effetto sospensivo. Per quanto riguarda la tipologia delle ordinanze che concludevano il procedimento di reclamo, sembrava accettare la conclusione secondo cui il magistrato di sorveglianza non poteva andare oltre una pronuncia di annullamento.

Il magistrato di sorveglianza decideva sui reclami dei detenuti e degli internati concernenti l’osservanza delle norme riguardanti, le <<condizioni di esercizio del potere disciplinare>>, <<la

Diverse critiche sono state mosse su tale esclusione: il divieto di partecipare 143

all’udienza camerale stride con il principio del contraddittorio previsto dall’art. 111, comma II, della Costituzione. FILIPPI-SPANGHER, pag. 162.

Più sfumato il giudizio Di GIOSTRA, in GREVI 1988, pag. 392, che pur esprimendo in generale forti perplessità sulla scelta del legislatore, tende a considerarla adeguata rispetto alla materia di cui ci si sta occupando.

In tal senso BORSINI, Leg. giust., 1988, pag. 129. 144

costituzione e la competenza dell’organo disciplinare >>, <<la contestazioni degli addebiti>> e <<la facoltà di discolpa>>.

Di difficile interpretazione risultava l’inciso iniziale previsto alla lett.

b, del comma in esame, il quale grazie all’intervento correttivo subito

dalla stessa ad opera sempre della legge n. 663/1986 nella versione attuale fa riferimento alle <<condizioni di esercizio>> del potere disciplinare e non più al semplice <<esercizio del potere disciplinare>>. Risultava fondamentale l’interpretazione data alla formula, visto che a seconda della portata attribuitagli era configurabile il riconoscimento al magistrato di sorveglianza del potere di sindacare anche il merito della sanzione posta in essere dall’amministrazione penitenziaria oppure ci si limitava a conferire a tale organo un controllo circoscritto ai profili di legittimità. La giurisprudenza della suprema Corte è stata sempre orientata a sposare quest’ultima soluzione, quindi di permettere al magistrato di sorveglianza solo un controllo di legittimità sul reclamo avente ad oggetto un provvedimento disciplinare. L’esclusione di qualsiasi sindacato di merito sulle sanzioni disciplinari inflitte nei confronti dei detenuti comportava una forte limitazione della tutela giurisdizionale: non si garantisce, in tal modo, una protezione completa ed effettiva dei diritti dei detenuti in tale ambito. Da sottolineare che la Giurisprudenza non si farà carico di precisare il

significato da attribuire all’inciso iniziale dell’art. 69, comma VI, lett. b. Diversamente la dottrina era favorevole ad consentire un controllo di merito, anche se tale controllo veniva circoscritto all’accertamento, da parte del magistrato di sorveglianza, che la condotta posta in essere dal detenuto andava ad integrare effettivamente gli estremi di una delle infrazioni disciplinari previste dall’art. 77 reg. esec . 145