Il reclamo al magistrato di sorveglianza
3.1. Il reclamo nell’ambito disciplinare
3.1.3. La normativa vigente
Con le modifiche introdotte dall’art. 3, comma I, lett. i , n. 2 d.l. 146/2013 convertita dalla l. 10/2014, i reclami in ambito disciplinare, ai quali era stata riservata una posizione secondaria nella gerarchia di cui al VI comma, dell’art. 69 ord. penit., vengono ora posizionati alla lett. a. La ratio della disposizione in esame è quella di individuare le questioni che il detenuto può sottoporre, tramite apposito reclamo, alla valutazione del magistrato di sorveglianza. Ma il dato più importante da evidenziare, grazie alla nuova riforma, è il seguente: come si evince anche dai primi tre comma del nuovo art. 35-bis ord. penit. , questi reclami (al pari di quelli previsti dalla lett.b) non 146
Mag. sorv. Brescia 14-4-1988, BORTONE, Rassegna penti. crim. 1988, pag. 285; 145
Mag. sorv. Alessandria 15-9-1995, CARTA, Cassazione pen. 1996, n. 1635.
L’ Art. 35-bis è stato introdotto dall’art. 3 d.l. 23 dicembre 2013 n. 146 146
vengono più trattati con il procedimento di cui all’art. 14-ter ord. penit, ma con il procedimento di sorveglianza. La norma, dunque, individua la tipologia del procedimento giurisdizionale attivabile per riesaminare il provvedimento disciplinare (che è un atto sostanzialmente e oggettivamente amministrativo) ed elenca i casi in cui è possibile fare ricorso in cassazione . Uno dei punti critici è 147
quello dell’eccessiva comprensione dei profili sindacabili al magistrato di sorveglianza (punti rispetto al quale il miglioramento derivante dalla riforma del 2014 può definirsi solo parziale). Il comma VI dell’art. in esame, come risultante dall’intervento novellatore, ha previsto un’ulteriore ed importantissima novità che ha portato alla riformulazione del c.d. “reclamo disciplinare” (già previsto nel vecchio testo con il richiamo alla procedura dell’art 14-
ter ord. penit.) estendendo la tutela giurisdizionale, fino a ieri
prevista solo per i profili di legittimità, anche nel merito della decisione disciplinare, assicurando in tal modo la più piena protezione ai diritti dei detenuti e degli internati in questa materia, seppur limitato tale sindacato alle sanzioni disciplinari più gravi, e cioè a quelle previste ai nn. 4 e 5, art. 39, comma I (si tratta
Raccomandazione R (2006)2 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulle 147
Regole penitenziarie europee:
Art. 61 Ogni detenuto ritenuto colpevole di un’infrazione disciplinare deve essere in grado di fare appello ad un’autorità competente superiore e indipendente.
dell’isolamento durante la permanenza all’aria aperta e della reclusione dalle attività in comune). Uno dei primi limiti, che si evince dalla normativa, deriva dalla constatazione che all’interno dell’ordinamento penitenziario vengono previsti interventi da parte dell’amministrazione penitenziaria i quali, pur avendo sostanzialmente carattere sanzionatorio, non vengono qualificati formalmente come possibili sanzioni . Il più significativo esempio 148
di sanzione non istituzionalizzata è rappresentato dall’istituto del trasferimento , in considerazione del costante impiego, effettuato 149
da parte dell’amministrazione penitenziaria, in chiave sanzionatorio, agevolato dall’elasticità dei presupposti fissati dal legislatore nell’art. 42, comma I, dell’ord. penit. . Rientra anche nel novero delle 150
sanzioni non istituzionalizzata: il potere riconosciuto alla direzione dell’istituto di prelevare, una somma dal peculio del detenuto a titolo
In tal senso si ricorda il potere riconosciuto alla direzione dell’istituto di 148
prelevare, senza una pronuncia giudiziale una somma dal peculio del detenuto a titolo di risarcimento del danno causato alle cose immobili o mobili appartenenti all’amministrazione ( Art. 72, comma II, reg. esec.) BORSINI, Leg. giust. 1988, pag 122. Si può aggiungere anche l’ipotesi in cui il detenuto venga spostato dalla sezione nella quale lo stesso fruisce della c.d detenzione a porte aperte, la quale si caratterizza per la più ampia libertà di movimento all’interno della sezione di appartenenza rispetto alla detenzione nella sezione ordinaria.
Art. 42 l .354/1975 149
I trasferimenti sono disposti per gravi e comprovati motivi di sicurezza, per esigenze dell'istituto, per motivi di giustizia, di salute, di studio e familiari. Nel disporre i trasferimenti deve essere favorito il criterio di destinare i soggetti in istituti prossimi alla residenza delle famiglie. I detenuti e gli internati debbono essere trasferiti con il bagaglio personale e con almeno parte del loro peculio.
In questo senso , GREVI, in Grevi, 1981, pag. 32; DELLA CASA, in Grevi 150
1994, pag. 503, nt. 102. BELLANTONI, in CORSO, 1983, il quale tuttavia , pur dando atto di abusi, li colloca in un <<passato non molto lontano>>.
di risarcimento del danno causato ai beni immobili e immobile dell’amministrazione . Per quanto riguarda i motivi che permettono 151
di presentare reclamo, il legislatore non elenca, dettagliatamente, le norme la cui inosservanza può fondare il reclamo al magistrato di sorveglianza, bensì, individua con formule generiche, una classe di norme la cui violazione, incidendo sulla regolarità formale del procedimento disciplinare e sulle garanzie difensive, merita un riesame in sede giurisdizionale. Così facendo, si evita il rischio di lasciare senza tutela gravi violazioni della legge e del regolamento, soltanto perché il legislatore non le ha espressamente inserite tra quelle che consentono il reclamo . Il legislatore elenca, nel primo 152
periodo dell’art. 69, comma VI, lett. a, tali motivi, possiamo constatare che il reclamo può essere proposto quando si lamenta la violazione di norme riguardanti:
<< La costituzione e la competenza dell’organo disciplinare>> in
questo gruppo di ipotesi rientrano in maniera chiara quelle relative alla composizioni degli organi disciplinari e ai poteri ad essi attribuiti . Così si può far valere: l’errata costituzione del consiglio 153
Art. 72, comma II, reg. esec. 151
In tal senso, seppure con riferimento al regime delle nullità generali degli atti 152
processuali: D. SIRACUSANO, A. GALATI, G. TRANCHINA, E. ZAPPALA’; Diritto processuale penale, Milano, 2001.
Contengono norme relative alla composizione e alla competenza dell’organo 153
di disciplina; l’illegittimità della sanzione del richiamo e dell’ammonizione, applicato da un soggetto che non riveste la qualifica di dipendente; l’illegittimità della misura cautelare dell’esclusione dell’attività in comune, disposta dal personale di polizia penitenziaria, in assenza del provvedimento motivato del direttore. In secondo luogo, come difetto di competenza, si può impugnare il provvedimento posto in essere dal direttore che prevede l’applicazione di una sanzione che la legge rimette al potere del consiglio di disciplina . 154
<< La contestazione degli addebiti e la facoltà di discolpa>> si
tratta di un gruppo di norme eterogenee, la cui inosservanza determina il venir meno delle garanzie previste dall’art. 38, comma II, ord. penit. e dell’art. 81, comma II, reg. esec., garanzie legate al diritto di difesa del detenuto e dell’internato. In tal caso, tuttavia, come ha precisato la giurisprudenza di legittimità, “ l’omissione della previa contestazione dell’addebito al detenuto nelle forme previste dalla normativa regolamentare ha effetti sulla validità del provvedimento adottato solo quando sia stata pregiudicata la conoscenza del fatto addebitato o l’esplicazione dei diritti difensivi,
Non siamo di fronte al un difetto di competenza nel caso in cui l’accusato sia 154
giudicato da un organo disciplinare operante in un istituto penitenziario differente rispetto a quello in cui l’infrazione è stata commessa e nel quale, nel mentre, il soggetto sanzionato è stato trasferito. Infatti, nel ripartire, le competenze, il legislatore ha fatto riferimento, in modo esclusivo, alla gravità della sanzione da applicare e non ai criteri territoriali.
mentre resta assorbita dalle comunicazioni eventualmente date a proposito in limine dell’udienza disciplinare dal consiglio di disciplina dinnanzi al quale la convocazione può avvenire in qualsiasi momento, anche ad horas; il che esclude che la preventiva informazione valga ad assicurare un termine per predisporre le difese ”. Per quanto concerne il diritto del detenuto a discolparsi, 155
“il provvedimento di irrogazione di una sanzione disciplinare nei confronti del detenuto, dovrà essere adottato, a pena di illegittimità, entro il termine perentorio di dieci giorni dalla contestazione degli addebiti, previsto per la convocazione e la decisione da parte del direttore o del consiglio di disciplina” . Di conseguenza tutti i 156
termini (sia quelli dell’art. 81, comma II, reg. esec., sia quelli del IV comma dello stesso art.) hanno una natura perentoria e non ordinaria, in quanto sono finalizzati alla sollecita definizione del procedimento, in relazione all’interesse del detenuto di vedersi definito celermente il fatto contestatogli con conseguente rapido accertamento degli addebiti mossigli . Inoltre, in sede di reclamo, può rilevarsi 157
Corte di Cassazione Sez. 1^ con la sent. n. 41700 del 21/11/2001. 155
C. 19-5-2010, Maltese, C. pen. 11, 2263. In tal senso: C 18-11-2003, CORSO, 156
226630, dove si è precisato che i presupposti per la instaurazione della procedura disciplinare nei confronti dei detenuti e i termini per l’eventuale irrogazione delle sanzioni costituiscono l’indefettibile strumento attraverso cui vengono tutelati i diritti del detenuto con particolare riguardo sia alla tempestiva contestazione dell’illecito addebitatogli e dell’accertamento della sua sussistenza, sia alla rapida conclusione del procedimento.
In tal senso NAPOLI, Il regime penitenziario, Milano, 2012, pag. 357: afferma che 157
la tutela del diritto di discolpa è più un frutto di mere enunciazioni di principio che non di reali strumenti messi a disposizione dell’accusato.
l’omessa convocazione dell’accusato in udienza, ovvero, in caso di avvenuta convocazione, l’impossibilità di esporre le proprie discolpe . 158
<<Le condizioni di esercizio del potere disciplinare>>
differentemente dalle precedenti, tale voce risulta di difficile interpretazione, anche dopo l’intervento correttivo discendente dalla legge 663/1986: infatti, mentre in passato si parlava semplicemente di <<esercizio del potere disciplinare>>, nella formula attuale vengono evocate <<le condizioni di esercizio>> del suddetto potere . Nonostante l’ambiguità della formula legislativa, la 159
giurisprudenza escludeva che, attraverso tale motivo di reclamo, si potesse giungere ad un controllo di merito della pronuncia dell’amministrazione penitenziaria, stabilendo che “il magistrato di sorveglianza può esercitare solo il controllo di legittimità del provvedimento disciplinare” . Quindi, se ci si limita a considerare 160
l’uniforme orientamento della Suprema Corte: l’espressione in esame è come se non fosse scritta, visto che di essa non è mai stata chiarita la portata; infatti, la stessa viene considerata un semplice pleonasmo, e serve, al pari delle altre ipotesi, a supportare la conclusione
Art. 81, comma V, reg. esec. 158
Vi è un opinione secondo cui la modifica intervenuta è da considerarsi 159
contenutisticamente irrilevante (PEPINO, L. p., pag. 218; BORSINI, op. cit., pag. 126.
Cassazione, sez. I, n. 1968, 20 marzo 1995; nello stesso senso, Cassazione, sez. I, 160
secondo cui viene assolutamente precluso al magistrato di sorveglianza ogni sindacato sul merito della sanzione applicata al reclamante . Più nello specifico, è stato specificato, con tale motivo 161
d’impugnazione, si può far valere l’uso non corretto del potere disciplinare, facendo riferimento “alla procedura di legge per la contestazione dell’addebito e alla successiva applicazione della punizione disciplinare” . Contrariamente, una parte della 162
giurisprudenza dei magistrati di sorveglianza e della dottrina , 163
facendo riferimento alla locuzione della norma in esame, si sono espresse favorevoli ad ammettere un controllo di merito, anche se quest’ultimo è stato circoscritto all’accertamento, da parte del magistrato di sorveglianza, che la condotta da parte del detenuto integri effettivamente gli estremi delle infrazioni previste dall’art. 77 reg. esec. Bisogna riconoscere, oramai, che dopo la modifica introdotta dalla legge 2014, questa tesi non ha più motivo di essere avanzata, visto che risulta difficilmente sostenibile: il legislatore, infatti, ha espressamente precisato che, seppure facendo riferimento esclusivamente alle due sanzioni più gravi (isolamento durante la 164
In tal senso: C 17-10-88, ADAMO, C. pen. 90, I,155; C 2-6-92, BALDI, cit; C 161
20-3-95, MOLINARI, C. pen. 96,1477; C 3-6-96, ARMENIO, R. pen. 96, 1385. In tal senso il Magistrato di Sorveglianza di Vercelli, ordinanza del 17 aprile 162
2003.
DELLA CASA, in GREVI, 1994, pag. 505; confermato dal Magistrato di 163
Sorveglianza di Brescia 14-4-1988; Magistrato di Sorveglianza di Alessandria 15-9-1995.
Art. 38, comma I, ord. penit. 164
permanenza all’aria aperta ed esclusione dell’attività in comune), il reclamo al magistrato di sorveglianza consente a quest’ultimo di valutare <<anche il merito dei provvedimenti adottati>> . Sembra 165
corretto giungere, applicando un semplice criterio ermeneutico, alla seguente conclusione nel senso che per quanto concerne le altre sanzioni disciplinari, considerate di minore gravità, il controllo posto in essere dal magistrato di sorveglianza sarà circoscritto solo ai profili di legittimità, escludendo ogni valutazione inerente al merito del provvedimento adottato da parte dell’amministrazione penitenziaria.
Si possono individuare una serie di casi in cui il provvedimento sanzionatorio rivelerebbe il vizio dell’“eccesso di potere” da parte 166
dall’amministrazione penitenziaria, tale vizio sarebbe rilevabile dal magistrato di sorveglianza nell’ambito del suo sindacato di legittimità. Quindi il provvedimento che infligge una sanzione, o quello che la applica in via cautelare può essere impugnato per 167
eccesso di potere, intendo con quest’ultima espressione l’ipotesi in cui l’amministrazione penitenziaria esercita il potere disciplinare per un fine diverso da quello previsto dal legislatore con le norme
Art. 69, comma VI, lett a , ord. penit. 165
In tal senso NAPOLI, Il regime penitenziario, Milano, 2012. 166
Art. 78 reg. esec. 167
attributive del potere . Rappresentano un sicuro sintomo di 168
sviamento di potere, purché il magistrato di sorveglianza possa riscontrarli esclusivamente sulla base della sola motivazione del provvedimento disciplinare impugnato: a) la non riconducibilità della condotta sanzionata a quelle previste dall’art. 77 reg. esec; b) l’applicazione di una sanzione non prevista o non consentita dalla legge; c) l’assenza dei presupposti di assoluta urgenza, necessari per un intervento sanzionatorio in via cautelare.
Per quanto concerne la recente modifica per via della quale, come è stato detto, il magistrato di sorveglianza può entrare nel merito dei provvedimenti che irroghino una delle due sanzioni più gravi, nell’insieme il giudizio non può che essere positivo, se è vero che è lecito parlare di “denegata giustizia” quando viene precluso al 169
magistrato di sorveglianza un esame nel merito della vicenda disciplinare. Difficilmente si riesce, tuttavia, a giustificare la logica compromissoria che ha spinto il legislatore ad effettuare questo salto
Lo sviamento di potere da parte dell’amministrazione penitenziaria può essere 168
provato tramite alcuni indici rivelatori, tra i quali rientra anche la violazione delle norme procedurali. La prova, ad esempio, che una sanzione è stata applicata a seguito di una violazione di una regola di condotta che il sanzionato non conosceva e non poteva conoscere, in quanto l’amministrazione penitenziaria era venuta meno ai sui obblighi di informazione ( Art. 32, comma I, ord. penit), potrebbe essere prova dello sviamento del potere disciplinare.
In questi termini BORTOLATO, pag. 575, il quale afferma che al magistrato di 169
sorveglianza era consentito scendere nel merito della sanzione disciplinare esclusivamente in via incidentale, cioè qualora la sanzione disciplinare venisse in rilievo in un procedimento volto, ad esempio, alla concessione di un permesso premio, il cui presupposto si identifica con una regolare condotta all’interno dell’istituto di pena.
di qualità esclusivamente per i reclami aventi ad oggetto le due sanzioni più gravi . Bisogna riconoscere, dato per indiscutibile che 170
la carica punitiva di tali sanzioni si ha soprattutto in relazione agli effetti riflessivi negativi ricadenti sull’eventuale concessione di altri benefici, che la differenziazione effettuata dal legislatore, anche se non arbitraria, è però poco soddisfacente. Per quanto concerne l’aspetto procedurale, come ho gia riportato precedentemente, il legislatore con l’attuale modifica ha previsto un nuovo reclamo giurisdizionale disciplinato dall’art 35-bis ord. penit.; tale reclamo presenta le seguenti caratteristiche (mi limiterò ad elencare i tratti più significativi):
1) deve essere presentato nel temine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento disciplinare;
2) il reclamo viene trattato tramite il procedimento di sorveglianza;
Contra FIORENTINI 2014, pag. 64, sottolinea che il rischio di una forte 170
ingerenza del magistrato di sorveglianza nell’esercizio del potere disciplinare ed un possibile utilizzo strumentale della facoltà di reclamo, potrebbe delegittimare e paralizzare l’amministrazione penitenziaria.
Diversamente BORTOLATO (nella sua veste di componente della giunta dell’Associazione nazionale magistrati, all’audizione da parte della Commissione giustizia della Camera, in Atti Camera XVII leg. Indag. conosc. Comm. II, sed. 9-1-2014) sostiene che sarebbe stato auspicabile prevedere il controllo giudiziale nel merito anche in relazione alla esclusione delle attività ricreative e sportive previste dall’art. 39, comma I, lett. c , ord. penit., visto che anche quest’ultima comporta un’esclusione dalle attività comuni.
3) se il reclamo del sanzionato viene accolto, il magistrato di sorveglianza dispone l’annullamento del provvedimento di irrogazione della sanzione disciplinare ; 171
4) contro il provvedimento del magistrato di sorveglianza è possibile proporre un ulteriore reclamo al tribunale di sorveglianza, quest’ultima decisione è ricopribile in cassazione, ma il ricorrente potrà denunziare solo un’eventuale violazione di legge.
Quando i reclami in questione venivano trattati tramite il procedimento previsto dall’art. 14-ter ord. penit. non vi erano dubbi sulla esclusione circa un effetto sospensivo del reclamo riguardo all’esecuzione della sanzione disciplinare, visto che il I comma, di tale art., prevede che << il reclamo non sospende l’esecuzione del provvedimento>>, oggidì, con l’introduzione dell’art. 35-bis ord. penit. risulta lecito dubitare della veridicità di tale conclusione . 172
Diversamente dagli altri due artt. della legge penitenziaria ( gli artt. 14-ter, comma I, e l’art. 41-bis, comma II ord. penit.) risulta evidente l’esclusione dell’effetto sospensivo del reclamo, visto che viene disciplinato da una clausola ad hoc, di quest’ultima clausola non vi è
L’ annullamento del provvedimento disciplinare non esclude un successiva 171
azione disciplinare per lo stesso fatto, fermo restando che l’amministrazione penitenziaria è tenuta a valutare “le ragioni dell’annullamento disposto in via giudiziaria” DELLA BELLA, Emergenza carceri e sistema penale, Torino, 2014, pag. 136.
Contra DELLA BELLA, Emergenza carceri e sistema penale, Torino, 2014,pag. 137; 172
FIORENTIN, Decreto svuotacarceri, Milano, 2014, pag. 64, sostengono che con la nuova normativa nulla è cambiato.
traccia all’interno dell’art. 35-bis ord. penit., il quale, pur trattando dei reclami previsti alla lett. b dell’art. 69, comma VI, contiene alcune previsioni dedicate in maniera specifica ai reclami in maniera disciplinare, nelle quali sarebbe stato semplice aggiungere una precisazione dell’effetto sospensivo. Di conseguenza, alcuni sostengono la tesi dello status quo ante, quindi per attribuire effetto sospensivo al reclamo in esame, sarebbe stata necessaria un’esplicita previsione all’interno della legge. Questa opinione sembrerebbe 173
avere conferma nell’art. 30-bis, comma VII, ord. penit. (reclami in materia di permessi) dove si afferma che l’esecuzione del permesso è sospesa fino alla scadenza del termine per proporre reclamo, nonché durante il procedimento previsto per la sua disamina davanti al tribunale di sorveglianza. Da un esame dettagliato, tuttavia, si evince che la vera ragione per cui il legislatore ha previsto l’effetto sospensivo è quella di potenziare il reclamo del pubblico ministero, la cui proposizione va a ostacolare la fruizione del permesso. Esaminando altri artt. previsti dall’ordinamento penitenziario, ad esempio art. 14-ter, comma I, e 41-bis, comma II, risulta facile riscontare che l’esplicita negazione dell’effetto sospensivo, ha come
cfr. nella dichiarazione del dott. Bartolato, (sentito in sede di Commissione 173
giustizia della Camera, nella veste di componente della giunta dell’Associazione nazionale magistrati) ha sostenuto che “nel momento in cui non si prevede che il reclamo sospende l’esecuzione del provvedimento , la normativa di nuovo conio garantisce al detenuto , una tutela che lascia il tempo che trova”, in Atti Camera . XVII leg. Indag. conosc. Comm. II, sed. 9-1-14, pag. 6.
scopo quello di rendere immediatamente esecutivi i provvedimenti amministrativi, questi provvedimenti hanno in comune il fine di neutralizzare la pericolosità penitenziaria o la pericolosità sociale del detenuto sottoposto al regime del carcere duro. In conclusione, esaminando congiuntamente le tre ipotesi si evince che le stesse sono accumunate da una stessa intentio legis: il legislatore ha utilizzato l’effetto sospensivo per scongiurare il rischio che si potessero verificare ripercussioni negative sul versante della sicurezza del carcere o sulla difesa sociale. Quindi, partendo da questa considerazione, quando all’interno della legge penitenziaria nulla si dice in merito all’effetto sospensivo del reclamo ex art. 35-bis, questo silenzio intende esplicitamente significare che il reclamo può essere trattato e deciso senza temere ripercussioni negativi e di