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PARTE SECONDA: Le sanzion

2.5. Le sanzioni disciplinar

2.6.1. Isolamento disciplinare

L’isolamento continuo è disposto durante l’esecuzione della più grave tra le sanzione disciplinare, che è l’<<esclusione dalle attività

Magistrato di sorveglianza di Viterbo, 12 gennaio 2006, Attanasio, Diritto e 111

in comune per non più di quindici giorni>> , può essere applicato, 112

nei confronti dei detenuti e degli internati, da un’autorità amministrativa (il consiglio di disciplina), a seguito dell’accertamento di un fatto riconducibile ad una delle fattispecie astratte d’infrazione, previste dal regolamento d’esecuzione nell’art. 77, comma I, numeri da 9 a 21, o, nei soli casi di recidiva infratrimestrale e specifica, numeri da 1 a 8 (articoli 33, comma I, n. 2; 39, comma I, n. 5; 40, comma II, ord. penit.).

L’applicazione di tale misura presenta sia carattere affittivo sia punitivo.

Il sistema normativo, infatti, non appare conforme al principio costituzionale, che vieta qualsiasi forma di restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge . Invero, l’isolamento continuo, 113

quale sanzione disciplinare, è riconducibile nell’alveo dell’art. 13 Cost., visto che la sua applicazione determina <<una degradazione giuridica dell’individuo>>, che è <<l’elemento qualificante della restrizione della libertà personale>> . Difatti, <<per aversi 114

degradazione giuridica, occorre che il provvedimento provochi una menomazione o mortificazione della dignità e del prestigio della

Art. 39 ord. penit. 112

Art. 13, comma II, Costituzione. 113

Corte Costituzionale, sentenza n. 419, 24 novembre – 7 dicembre 1994. 114

persona, tale da poter essere equiparata a quell’assoggettamento all’altrui potere, in cui si concreta la violazione del principio dell’habeas corpus>> , e questo attraverso tutta una serie di 115

obblighi di fare e non fare, tra i quali, quello di permanere in una camera individuale, senza potere comunicare con gli altri detenuti o internati (art. 73, comma II, reg. esec.). Posto, dunque, che l’applicazione dell’isolamento comporta la restrizione della libertà, risulta necessario verificare se la misura ecceda <<il sacrificio della libertà personale già potenzialmente imposto al detenuto con la sentenza di condanna>> , oppure rientri tra le modalità concrete di 116

attuazione del regime carcerario, in quanto tale, e quindi già potenzialmente ricomprese nel quantum di privazione della libertà personale conseguente allo stato di detenzione e rimesse alla competenza dell’Amministrazione penitenziaria, per far fronte alle ordinarie esigenze di sicurezza. Questa questione trova facile soluzione nel momento stesso in cui consideriamo che la misura dell’isolamento è eseguita dopo una valutazione negativa della condotta e della personalità del detenuto o dell’internato, e comporta l’applicazione di un regime <<derogatorio rispetto al normale

Corte Costituzionale, sentenza n. 68, 20 giugno 1964 (nello stesso senso, Corte 115

Costituzionale, sentenze n. 2, 14 giugno 1956; n. 11, 19 giugno 1956). Corte costituzionale, sentenza n. 349, 24 giugno – 28 luglio 1993. 116

trattamento penitenziari>> . Ne discende che, in ossequio al 117

principio della riserva di giurisdizione, questa ulteriore limitazione alla libertà personale avrebbe dovuto essere applicata solo per atto motivato dell’autorità giudiziaria e non da un’autorità amministrativa (inoltre, priva del necessario requisito dell’imparzialità ). In senso 118

contrario, non vale osservare che il provvedimento restrittivo può essere oggetto di un controllo giurisdizionale successivo, attraverso il reclamo al magistrato di sorveglianza, potendosi ribattere che si tratta, comunque, di un sindacato solo eventuale (condizionato dalla proposizione del reclamo). Il legislatore, consapevole degli effetti deterioranti di un isolamento troppo duro, come questo disciplinare, ha previsto specifiche cautele (disciplinate dalla legge e non dal regolamento), per evitare che tale sanzione venga applicata ad un soggetto non in grado di tollerarla e per garantire che l’esecuzione della stessa possa danneggiare la salute. A tale scopo viene prevista la prescrizione secondo la quale la sanzione non può essere eseguita senza il certificato sanitario attestante che il detenuto può sopportarla

In tal senso, A. PENNISI, Diritti del detenuto e tutela giurisdizionale, Torino, 2002, 117

pag. 64: “Tale valutazione, infatti, modificando, in peius, il livello di degradazione giuridica del condannato (vale a dire di un elemento costitutivo della restrizione della libertà personale) e, conseguentemente, di afflittività del regime detentivo, perde ogni collegamento logico causale con la sentenza di condanna e necessita di un autonomo titolo giurisdizionale”.

Ibidem, pag. 236: “La competenza a decidere viene attribuita al direttore 118

dell’istituto o al consiglio di disciplina, i quali facendo parte della stessa amministrazione, non si trovano in posizione di terzietà rispetto agli interessi che entrano in conflitto al momento della contestazione dell’infrazione disciplinare. Con la conseguenza che il detenuto finisce per essere legittimato a discolparsi non già di fronte a chi deve giudicarlo, bensì a chi lo accusa per punirlo”.

e, la fissazione di una durata massima della misura che non può essere superiore a quindici giorni, durante la quale il detenuto <<è sottoposto a costante controllo sanitario>> . Il regolamento 119

esecutivo, inoltre, prevede disposizioni volte a ridurre o ad eliminare talune limitazioni che avrebbero potuto trovare una giustificazione nel carattere afflittivo dell’isolamento disciplinare.

L’art. 73, comma V, reg. esec., infatti, prevede << sono assicurati il vitto ordinario e la normale disponibilità di acqua >>, inoltre, il II comma del medesimo art., prevede che l’isolamento si esegue <<in una camera ordinaria>>, ossia << in locali con le caratteristiche di cui all’art. 6 della legge>> anche nel caso di comportamenti del detenuto pregiudizievoli per la sicurezza e per l’ordine.

Possiamo dedurre che il nuovo sistema penitenziario si rifiuta di attribuire all’istituto dell’isolamento punitivo le tradizionali <<afflizioni del c.d. pancaccio e delle riduzioni vittuarie>> , ma 120

garantisce, in maniera più pregnante rispetto al regolamento esecutivo del 1976, i diritti di vitto e alloggio propri di tutti i detenuti a prescindere dalla sanzione. Il legislatore con la previsione dell’art. 73, comma II, reg. esec., ha voluto evitare che l’esecuzione della sanzione dell’isolamento divenisse più afflittiva rispetto al contenuto

Art. 39 comma I e II ord. penit. 119

DI GENNARO-BREDA- LA GRECA, Ordinamento penitenziario e misure alternative 120

della sanzione stessa, quest’ultima già fortemente punitiva per il soggetto. Allo scopo di ridimensionare il rigore di tale sanzione il legislatore, ancora una volta, procede eliminando i rigori imposti dal regolamento esecutivo del 1976 cui erano informati i rapporti del detenuto in isolamento con l’ambiente esterno, al quale non veniva consentito di comunicare con i compagni né avere corrispondenza telefonica o colloqui, salvo i colloqui con i familiari ed i conviventi ammessi soltanto in <<circostanze eccezionali>> . Dalla 121

abrogazione di tali divieti si deduce che sono ammessi i colloqui e le comunicazioni telefoniche del soggetto isolato con i familiari. L’isolato può istaurare, si deduce dal silenzio della legge, anche, la corrispondenza epistolare e possedere un apparecchio radio o ricevere la stampa in libero commercio all’esterno.

I soggetti passivi della sanzione dell’isolamento sono i condannati , gli internati e anche le persone sottoposte a misura cautelare, visto che anche nei confronti di queste ultime è possibile (come abbiamo già detto) è possibile irrogare le sanzioni disciplinari.

Il provvedimento che irroga la sanzione dell’isolamento non può prevedere limitazioni al diritto di conferire con il difensore nei confronti né dei soggetti sottoposti a custodia cautelare, né dei detenuti condannati in via definitiva. Rispetto agli inquisiti in

Art. 68 ,comma III e IV, reg. esec. del 1976. 121

custodia, eventuali dilazioni del colloquio in esame possono essere disposte soltanto dal g.i.p. a norma dell’art. 104 c.p.p. Mentre rispetto ai detenuti condannati il diritto di conferire con il difensore è stato riconosciuto dalla Corte Costituzionale con la sent. 97/212 , la 122

quale ha affermato la competenza dell’autorità carceraria in ordine alle modalità pratiche di svolgimento del colloquio. Da questo possiamo dedurre che a prescindere da determinate situazioni di fatto, nessun limite può essere posto al diritto del condannato a usufruire del colloquio con il difensore fin dall’inizio dell’esecuzione della pena, <<neppure facendo leva sulla sua sottoposizione a misura restrittiva di carattere penitenziario, quale l’isolamento continuo a seguito della sanzione dell’esclusione dell’attività comune>> . 123

Non vi sono dubbi in merito all’ammissibilità del colloquio investigativo con il soggetto sottoposto all’isolamento . 124

Competente ad irrogare questa sanzione disciplinare è il consiglio di disciplina, attraverso lo specifico procedimento previsto e dettagliatamente descritto dall’art. 81 del reg. esec.: il procedimento disciplinare (esaminato precedentemente).

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 212 del 1997, ha dichiarato 122

l’illegittimità costituzionale dell’art 18 ord. penit., nella parte in cui non prevede che il detenuto condannato in via definitiva ha diritto di conferire con il difensore fin dall’inizio dell’esecuzione della pena.

Si esprime in tal senso DELLA CASA, Diritto pen. proc,. pag. 213. 123

Tale diritto si deduce dall’articolata disciplina contenuta nell’art. 18-bis ord. 124

Dall’applicazione di tale sanzione deve essere informata l’autorità giudiziaria . Da questa comunicazione non si può dedurre che 125

l’autorità giudiziaria possa disporre particolari limitazioni all’esecuzioni della sanzione . Il legislatore non prevede nessun 126

strumento di controllo giudiziario autonomo contro l’isolamento disciplinare. Tuttavia, il d. l. del 23 dicembre 2013 n.146 convertito dalla legge 21 febbraio 2014 n.14, procedendo alla integrale sostituzione del VI comma dell’art. 69 ord. penit., offre la possibilità di presentare reclamo e, quindi, azionare davanti al magistrato di sorveglianza la procedura prevista dall’art. 35-bis ord. penit., anche per questioni di merito.

2.7. Conseguenze derivanti dall’irrogazione di una