• Non ci sono risultati.

Gli strumenti di pianificazione ordinaria sul territorio

APPLICAZIONE AD UN CASO CONCRETO: IL MAR PICCOLO

4.2 Gli strumenti di pianificazione ordinaria sul territorio

Il presente lavoro focalizza la sua riflessione proprio su uno dei programmi di matrice europea, riveniente dall’applicazione del noto art.10 del FESR, destinato alle regioni Obiettivo 1, denominato “Terra”. Verranno quindi introdotti lo scopo e il contesto fisico-ambientale e socioeconomico di tale programma in relazione all’area di riferimento, nonché le questioni relative alla scelta del processo analitico-conoscitivo utilizzato.

Le prime norme specifiche sugli aspetti ambientali del Mar Piccolo risalgono al 1998 con l’emanazione del Decreto del presidente della Repubblica n.196 del 23 aprile 1998 “Approvazione del piano di disinquinamento per il risanamento del territorio della provincia di Taranto”. In tale dettato normativo erano previste due schede obiettivo la 1/d e la 2/d miranti al recupero e all’analisi del Mar Piccolo di Taranto.

La scheda 1/d “ Progetto di Recupero e Valorizzazione paesaggistica delle sponde del bacino di Mar Piccolo.

L’origine del Mar Piccolo sembra essere legata a fenomeni carsici, l’ipotesi fatta consiste nel ritenere il bacino del Mar Piccolo , così come tutti i bacini chiusi presenti tutt’intorno (la Salina Grande, la Salinella, Palude Erbara, la fossa di S. Brunone), degli avvallamenti prodotti dalle acque sorgive.

Nel 1996 il Comune di Taranto, insieme ad altri partner europei, presentò alla Comunità Europea un progetto nell’ambito del programma pilota “Terra”, intitolato PROGETTO POSIDONIA. Tale progetto( che prende il nome da una pianta acquatica protetta, molto diffusa nel Mediterraneo, dalla cui tutela dipende largamente la salvezza dell’ecosistema del bacino) riveste una importanza particolare per l’area di Taranto, ed in particolare per l’area del Mar Piccolo, una laguna salata ricca di emergenze naturali e storiche.

Esso mira alla evidenziazione di una metodologia basata sull’analisi comparativa dei contesti locali per tutte le città partner coinvolte, con l’obiettivo di mostrare il vantaggio economico della conservazione di assetti naturali unici e non riproducibili.

Nel caso dell’area del Mar Piccolo di Taranto, in particolar, questo programma si è posto come obiettivo specifico soprattutto la scoperta di nuove strategie e soluzioni per ovviare alla vulnerabilità intrinseca del sito. Inoltre, in secondo luogo, esso ha mirato alla ricerca e l’implementazione di metodologie sperimentali innovative da utilizzare nell’ambito dei processi propri della pianificazione territoriale. Va subito detto, in realtà, che il programma costituisce un ennesimo tentativo di tutelare e valorizzare un area storicamente oggetto di sistematica, multiforme e contemporanea aggressione da parte di una vera congerie di elementi (la pressione urbana, l’inquinamento industriale, lo sfruttamento peschiero indiscriminato e abusivo, la pesante cantieristica navale, la portualità e retroportualità militare, pervasiva e diffusa praticamente su tutta l’area).

Moltissimi sono stati al riguardo gli studi e le ricerche, finanziati a vario titolo dalle amministrazioni pubbliche locali e sovralocali, e succedutesi spesso con l’unico risultato apparente di evidenziare nuovi gravi problemi sociali e ambientali dell’area, frustando in tal modo le aspirazioni legittime della comunità reale.

Quest’ultimo programma, tuttavia, si distingue sostanzialmente dai suoi predecessori soprattutto in termini di articolazione e complessità del processo pianificatorio e gestionale complessivo.

Fondamentalmente, il “Posidonia” propone un approccio globale, multidisciplinare e attento alla in interdipendenza delle diverse politiche settoriali e al loro impatto territoriale all’interno di una strategia integrata. Tale approccio, ritenuto dalla UE un possibile modello formale di pianificazione e gestione del territorio, consente di cogliere anche le necessarie interazioni in termini sia di partecipazione della comunità al processo, sia di relazionabilità con le aree adiacenti, per innescare a valle sinergie vitali per il recupero insediativo dell’intero imbuto tarantino- il vero punctum dolens locale.

Da questo punto di vista, l’approccio ritrova nell’area del Mar Piccolo una fortissima giustificazione sostanziale, intermini di complessità insediativa, socioeconomica e ambientale.

Dal punto di vista geografico, il bacino del Mar Piccolo è suddiviso in due piccoli bacini comunicanti (seni), con un area totale di 20.488 kmq ed una linea di costa lunga circa 30 km. Il territorio, relativamente al rapporto fra aree costiere e spazi urbanizzati, evidenzia due tipologie di sviluppo distinte e quasi del tutto antitetiche. Una prima parte della costa del bacino del Mar Piccolo è caratterizzata da totale assenza d’urbanizzazione; una seconda è invece sede di strutture civili e militari, che cingono completamente la costa stessa. In particolare, l’area del primo seno ad ovest è densamente contornata da insediamenti urbani, nei quali risiede oggi poco meno di 1/3 dell’intera popolazione cittadina. Sia il centro antico sull’isola, sia il borgo ottocentesco si sviluppano per intero a brevissima distanza dal Mar Piccolo, separati dal bacino interno dalla presenza di importanti installazioni militari. Queste ultime sono così diffuse su tutta la costa, da limitare fortemente la fruizione cittadina dell’intera fascia litoranea.

Dal punto di vista naturalistico-paesaggistico la costa del seno di ponente si presenta piuttosto alterata, a causa della presenza antropica urbana, militare, industriale. È invece in buono stato di conservazione la costa del secondo seno, ed anzi talora risulta pressoché integra, pur se soggetta ad una lenta erosione costiera indotta. Vi insiste, infatti un’area naturalistica di rilevante valore,costituita da una pineta storica ( pineta Cimino) e da una zona umida molto importante ( palude la Vela),riconosciuta Sito di Interesse Comunitario dalla direttiva UE n. 92/43 relativa alla conservazione degli Habitat naturali. Va detto che nel Mar Piccolo si immettono degli affluenti estremamente inquinanti, che sono la causa del grave stato di eutrofizzazione esistente nello specchio d’acqua, accentuato dalla particolare morfologia del bacino stesso. Le sostanze inquinanti convogliate provengono principalmente dai 14 depuratori mal funzionanti dello hinterland provinciale, ma anche dalle attività che si svolgono sulle rive: una importante base navale della Marina Militare, con relativo pontile carburanti, un idroscalo dell’Aviazione Militare, le industrie medio-piccole coi loro scarichi e l’enorme idrovora di raffreddamento del centro siderurgico Ilva.

La contropartita di tale condizione di degrado ambientale si è purtroppo, come ormai tristemente notorio, affievolita pesantemente nel corso dei decenni del secolo scorso.

L’indotto occupazionale militare e industriale, grande miraggio del dopoguerra, è passato dai circa 50000 addetti degli anni ’60-’70 ai 20000 scarsi dell’attualità, con un tasso di disoccupazione di circa il 22%, doppio della media nazionale (fonte Istat, 1999). L’area del Mar Piccolo, su cui gravita più della metà demografico- amministrativa del territorio comunale, costituisce in pratica il cuore di questa decadenza, ed è depositaria delle situazioni socioeconomiche più problematiche.

Quartieri centrali e periferici (come il borgo e il PaoloVI) vi convivono pur con caratteri sociali e insediativi diversissimi, scaricandovi di fatto da un lato inquinamento, congestioni infrastrutturali e mancanza assoluta di spazi di scambio sociale, e dall’altro degrado fisico-sociale tipico dei quartieri dormitorio, sistematicamente dimenticati dal managment pubblico.

A ciò va peraltro aggiunto la totale estraneità del Mar Piccolo rispetto ai nuovissimi scenari di rilancio del porto collegati allo sviluppo del terminal container Evergreen, ben lungi dall’essere corroborato da strategie politiche pubbliche territorialmente diffuse da parte dell’amministrazione locale (Camarda,1999).

Facile dunque comprendere come soprattutto quest’area abbia sempre reclamato spazi funzionali e relazionali, servizi, infrastrutture, comunicazioni. Ed in realtà, come detto, una rilevante percentuale delle aree costiere è anche teoricamente disponibile, essendo vincolata dal demanio civile e militare dello Stato. Pur tuttavia, ad oggi, resiste ancora l’inutilizzabilità pubblica di tali aree, almeno relativamente alla fascia di territorio immediatamente prossima al Mar Piccolo, e qualunque ipotesi di iniziativa socio-economica ha dovuto finora fare i conti con tale pesante limitazione. Il già prospettato scenario di dismissione da parte di Marina ed Aviazione Militari delle aree di loro pertinenza configura oggi una situazione del tutto nuova nella quale la comunità potrebbe rinvenire nuove e importanti prospettive di sviluppo socioeconomico, legate al grande patrimonio ambientale posto ad effettiva disposizione di Taranto.

Proprio partendo dal dischiudersi di queste nuove prospettive si dipana il programma del progetto Posidonia, che ha cercato di raccogliere una base conoscitiva solida e partecipata, con lo scopo di prefigurare possibili scenari pianificatori orientati ad uno sviluppo del territorio realistico e sostenibile.

Metodi e strumenti:

4.3 La scelta e la costruzione del processo: il recupero del