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Governatori regi: le nuove carriere

LE CONSULTE DELLA CAMERA DI S CHIARA

6. Governatori regi: le nuove carriere

La riforma del 1756 non investì solamente la definizione dello status nobiliare, strettamente correlato con il rinnovamento dell’esercito, ma fu di contenuti molto più ampi.

Il titolo nobiliare, infatti, non permetteva solamente l’accesso ai reggimenti nazionali, ma come accadeva ormai da tempo, costituiva criterio fondamentale per ricevere un determinato privilegio reale, o incarichi amministrativi di una certa importanza.

Le nomine degli amministratori, infatti, avvenivano tenuto conto del titolo nobiliare. Ragion per cui ogni “proposta di nomina” veniva accuratamente vagliata, prendendo in esame i requisiti nobiliari. Tutto ciò accadeva già prima del

175629.

Successivamente al 1756, nel riordino dell’identificazione delle cariche nobiliari, furono definiti con maggiore chiarezza anche i requisiti per ottenere un governatorato laico.

Tale carica politica, come per le altre, aveva diritto di esistere come espressione esclusiva della nobiltà, dal momento che essa costituiva per il sovrano, il quale era il solo che potesse identificarla, garanzia per un corretto svolgimento del compito politico di cui era investita. Era, infatti, un iter definito, come per la nobiltà generosa, una supplica, attraverso la Reai Camera di Santa Chiara con la quale venivano esposti i requisiti di nobiltà posseduti: età, abilità, costumi. Proponiamo la supplica di un tale Paolo Gallotti per ottenere un “governo di spada e cappa”, del 1773. Egli scrive:

“D. Paolo Gallotti dei baroni di Battaglia e Casaletto coll’annessa supplica, 26 Ibidem, busta 398 ine. 11.

27 A.M. RAO, Esercito e società a Napoli nelle riforme del secondo settecento, in Eserciti

e carriere militari, pag. 640.

28ASN, Reai Camera di Santa Chiara, Bozze delle consulte (serie XV), busta 391 ine. 1. 29 Ibidem, Voi. 42 n. 31; Voi. 27 n. 4; Consulte di Stato (serie XVII) Voi. 215 ce 1-6.

Città e patriziati nel regno di Napoli attraverso le consulte della Camera di S. Chiara

avendo chiesto un Regio Governo di Dottore, ... si è degnata la M.V. con Sovrano Dispaccio rimettendo alla R.C. informata dell’età, abilità, e costume riferisse con parere.

In ubbidienza del Sovrano comando avendone chiesto di tal soggetto informo al Consigliere D. Giuseppe Crisconio, costui con sua Relazione ha riferito in questa R. Camera che nel medesimo concorrono tutti li requisiti che possan mai desiderarsi da chi in somiglianti cariche voglia impiegarsi: che sia in età sopra gli anni 30, e ch’abbia fatto i suoi studi con molto profitto, essendo in esso stato istituito dal suo zio D. Gio. Batt(ist)a Gallotti Avvocato ben noto nel foro per la sua abilità, probità, e sapere. Egli il D. Paolo è altresì fornito di ottimi costumi, ed essendo nato da nobil Prosapia di antichi Feudatari la stima perciò degno della chiesta grazia.

Attenti adunque tali requisiti non incontra questa R.C. nessun riparo che possa la M.V. degnarsi di accordargli nelle vacanze con Regio Governo di Spada e Cappa, che sarà per vacare.” [19 agosto 1773].

Richieste di tale sorta furono molto comuni, com’è possibile notare dalla frequenza con cui si incontrano scorrendo le Bozze delle Consulte. Appena un mese dopo, infatti, perviene alla Reai Camera una richiesta simile, datata 20 settembre 1773, da parte di un tale Domenico Pascale di Cosenza, appunto per ottenere un governo regio. Espone anch’egli tutti i requisiti:

“(il Giudice) Vincenzo Avitabile ha riferito che D. Pascale sia in età di circa anni 45, di ottimi costumi, e di tutta l’abiltà necessaria per simili cariche avendo nella città di Cosenza sua Patria esercitato varie cariche, come di Sindico, e di Eletto di quel Comune con lode ad applauso, e di esser di una delle famiglie più distinte di quella nobiltà”.

L’importanza di tale carriera è dimostrata dalla costanza e determinazione con cui tali richieste pervenivano. Ad esempio un documento datato 22 aprile 1774 reca il medesimo oggetto: il Marchese Genuino di Cava supplica di essere impiegatoi in un governo di cappa e spada. Mostra anch’egli i requisiti:

“con sua Relazione ha rappresentato che il D. Andrea Genuino sia di assai distinta condizione, dell’età di cinquanta anni, di ottimi costumi e di onorati sentimenti, e di concorrere in lui tutta l’abilità opportuna e corrispondente all’impiego che ha domandato di Regio Governo a cui si è mosso di aspirare per le compassionevoli circostanze nelle quali si trova per li danni notabilissimi che ha sofferto”.

È possibile comprendere, dalle parole precedenti, i motivi per cui il Marchese Genuino ha deciso di intraprendere tale carriera:

per la nota alluvione succeduta in detta città nel passato anno 1773 è rimasto in angustie ritrovandosi carico di numerosa famiglia. Perciò ha supplicato V.M. volersi degnare d’impiegarlo in qualche Regio Governo.

Tale supplica lascia trapelare l’importanza che il perseguimento di tale incarico politico costituiva da un punto di vista economico. Perseguire tale

carriera, infatti, permetteva di avere entrate ben più che sufficienti per il sostentamento, le quali potevano permettere alla famiglia che ne beneficiava di mantenere uno status economico abbastanza alto, adeguato al titolo nobiliare posseduto. Il 9 ottobre 1773, infatti, perviene un ricorso recante il medesimo oggetto: Carlo Salinero implora grazia di governo regio di spade e cappe avendo i requisiti di nobiltà:

“Carlo sia in età di anni ventisei compiuti, di buona condotta e vive in grande strettezza per non esserci nulla rimasto dell’asse paterno, tanto vero che una di lui sorella vive colle limosine de’ Monti in un Conservatorio e conchiudono che stante la distinta nascita col i suoi servizi potrebbe la M.V. aggraziarlo della domandata grazia.

Attenti tali requisiti non incontra questa R. Camera nessun ostacolo che possa il ricorrente meritare nelle vacanze un Regio Governo di Spada e Cappa, grazia che in tutto dipende dal Sovrano Nostro Arbitrio raccordarcela.

Anche in questo caso, perseguire tale carriera politica costituiva per il richiedente un porto sicuro dalle problematiche economiche della situazione in cui si era venuto a trovare. Fattore da non trascurare, inoltre, è la formula “grazia che in tutto dipende dal Sovrano Nostro Arbitrio raccordarcela”, che ricorre anche in altri documenti, la quale rimarca notevolmente la facoltà esclusiva che il sovrano aveva, di accordare le grazie, di questo o di altro genere. La ritroviamo, ad esempio, in un documento del 2 dicembre 1773, il cui richiedente è un tale Antonio Bellacosa, dopo aver esposto i requisiti per ottenere il governo, come segue:

“Nicola Bellacosa, ... dopo aver fatto presente la diuturna applicazione nei studi legali e la professione disimpegnata nel foro del patrocinar cause con onestà, ha chiesto di esser impiegato in un Regio Governo. In ubbidienza del Sovran Comando, questa R. Camera per aver certezza del pretensore ne domandò l’informo a Giuseppe Mauri da cui che il Ricorrente è nativo e di famiglia nobile di Giovenazzo in età di anni 31, di ottimo costume, di buona opinione, versato, ed assiduo nel Foro e fornito ancora di buone cognizioni, oltre della scienza del diritto.”

Analizzati i requisiti, la Reai Camera accorda la richiesta, specificando ancora una volta che il diritto di farlo viene esclusivamente dal Sovrano:

“non incontra la Reai Camera riparo alcuno che possa il medesimo meritare dalla Sovrana clemenza di V[ostra] M[aestà] la richiesta grazia dipendendo in tutto e per tutto dal Reai Arbitrio raccordarcela.”

Requisito fondamentale, inoltre, che il richiedente pensa bene di rimarcare, è la sua fidatezza morale, infatti dice: “di buona opinione”. Ritroviamo un’espressione simile anche in un altro documento datato 29 novembre 1773. L’oggetto riguarda un tale D. Nicola Panaro, il quale risponde alla richiesta di informo dei requisiti, e li mostra come segue:

Città e patriziati nel regno di Napoli attraverso le consulte della Camera di S. Chiara

“V[ostra] M[aestà] ha chiesto alla R. Camera di informarsi su: età, abilità, e costume del ricorrente. E stato riferito che il ricorrente oltre ad essere di assai distinta famiglia, e per decorosi Parentati Contratti da suoi Maggiori e per gloriose cariche da essi loro esercitate essendo stato il suo trisavolo pres.te della R.Camera e il fratello dello stesso Capitano dei Cavalli, inoltre sia un giovane di anni 30 circa, di ottimi costumi, e di soda morale e con abilità da disimpegnare con aggiustatezza, probità ed esattezza la carica che ha richiesta.”

La “soda morale”, dunque, costituiva un elemento da non trascurare, anzi additato a garanzia di affidabilità per l’incarico che si voleva svolgere. Ricordiamo che per tale classe sociale, che affidava all’onore grande importanza, la solidità dei principi morali valeva addirittura di più del possedimento di molti ducati.

In un’epoca di confusione politica e in cui non esisteva alcun criterio per l’identificazione della nobiltà, Carlo III pensò bene di porre riparo al problema attuando una riforma che avrebbe condizionato la storia immediatamente successiva.

“La nuova legge, infatti, con l’introduzione di una formale distinzione tra nobili e cittadini e la più rigorosa definizione dei criteri di ammissione ai ranghi del patriziato rispondeva alla volontà politica di sostituire all’incerto un assetto costituzionalmente monarchico”30. Il nuovo regolamento, infatti, serviva a riunire nel sovrano solo il diritto di dare nobiltà.

Sono state individuate, per l’appunto, tra Sette e Ottocento, due linee: “la ridefinizione del rapporto nobiltà-stato in cui è determinante l’azione legislativa del sovrano che classifica giuridicamente la condizione nobiliare, e l’individuazione di coordinate ideologiche e culturali più idonee a giustificare il nuovo ruolo della nobiltà”.31

Patriziati e nobiltà cittadine sono, tuttavia, ancora una questione aperta.

30 M. VERGA, “Per levare ogni dubbio circa allo stato delle persone”. La legislazione

sulla nobiltà nella toscana lorenese (1750-1792), in Signori, patrizi, cavalieri nell’età

moderna, a cura di Maria A. Visceglia, Biblioteca di Cultura moderna Laterza, 1992. 31 Signori, patrizi, cavalieri nell'età moderna, a cura di Maria A. Visceglia, Biblioteca di Cultura moderna Laterza, Bari, 1992.