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SESTIERI 1952 13 Politica, V, 2, 10.

AGROPOLI: IL TERRITORIO, LE FONTI E LA RICERCA ARCHEOLOGICA

12 SESTIERI 1952 13 Politica, V, 2, 10.

14 II filosofo di Stagira afferma che i Trezeni, dopo la fondazione di Sibari, vennero allontanati dalla città achea e per questo costretti a rifugiarsi nell’Italia meridionale fin quando non si stanziarono nell’odierna Campania. Secondo Raoul Rochette (ROCHETTE 1815, p. 224.) queste genti non solo avrebbero trovato rifugio nella seconda metà del VII sec. a.C. nella Piana del Seie, ma avrebbero anche fondato Poseidonia, conferendo ad essa il nome della principale divinità di culto trezenia. Per il Pugliese Caratelli i Sibariti pagarono l’atto di hybris nei riguardi dei Trezeni o con la distruzione della città di Sibari da parte di Crotone, o con l ’allontanamento forzato dalla stessa. (PUGLIESE CARRATELLI, 1987, pp. 14-15.)

poi, essendo diventati la maggioranza, espulsero i Trezeni, per questo avvenne l’espiazione dei Sibariti.”

Da Stefano di Bisanzio e da Carace si deduce che oltre all’originaria Trezene in Argolide, esisteva una Trezene d ’Italia ubicata, per la precisione, nella regione massaliota15. Sulla base, quindi, della plausibile esistenza di una Trezene italiana,

15 Dal momento che il termine massaliota rimandava a Massalia, la moderna Marsiglia, che nell’antichità non era mai stata inclusa nei territori italici, di conseguenza si è pensato che la regione massaliota corrispondesse alla chora eleate, giacché sia Elea sia Massalia erano poleis di fondazione Focea (PSEUDO-SCIMNO vv. 247-249). J. Brunel commentando in un saggio i due passi, riflette sul lemma “marsigliese”, mettendo in evidenza la chiarezza del riferimento di Eustazio e l ’incomprensibilità delle parole del lessicografo Stefano di Bisanzio. Secondo lo studioso francese la parola “marsigliese” nel secondo testo, andrebbe inquadrata come elemento di origine coloniale, oppure come elemento di sudditanza politica e militare (BRUNEL 1974, pp. 29-35). Inoltre la poca chiarezza del primo testo si evince anche dall’uso dell’infelice espressione Tpoi£qvi5a x®pav; è possibile, dunque, che Carace chiami la città di Trezene regione trezeniese? E probabile allora che Stefano di Bisanzio abbia voluto dire, in modo assai maldestro, che Carace parlasse di una regione trezeniese e non di una città di nome Trezene. Di conseguenza la Tpoi£r|vi5a x®Pav rimanderebbe al territorio della Trezene del Peloponneso o ad una regione popolata da coloni trezeni. In ogni modo, avvalorano queste supposizioni, le considerazioni sui possedimenti di “Massalia”, il cui spazio di controllo comprendeva solo una stretta fascia costiera che mai avrebbe potuto ospitare un centro di colonizzazione sufficientemente importante, tale da gestire una parte della chora massaliota. E. Pais riprendendo la tesi, già enunciata, della fuga dei Trezeni da Sibari e del loro conseguente stanziamento a Poseidonia, afferma che la presenza di questi ultimi poteva far considerare la città come la nuova Trezene, ipotesi, tra l ’altro, seguita anche da J. Bérard, il quale giudicava Trezene un appellativo di Poseidonia (BERARD 1964, p. 209). Inoltre, E. Pais sosteneva l’idea di un possibile legame fra i centri di Poseidonia ed Elea, per cui le due

poleis risultavano facenti parte di uno stesso ambito territoriale; e proprio questo spazio

territoriale doveva considerarsi, di conseguenza, come legato agli interessi marsigliesi (PAIS 1894, pp. 583-539). Ma fino a che punto sono veritiere le ipotesi di E. Pais? Se risultano essere vere la colonizzazione trezenia a Poseidonia, il predominio di Elea sulla stessa e l’egemonia a distanza di Marsiglia, come si spiega la presenza di Poseidonia nell’orbita di Marsiglia? In aggiunta, è possibile che Elea abbia incorporato nella sua chora Poseidonia? Sembrerebbe da smentire un possibile dominio di Marsiglia, nel VI sec. a.C., sulle due poleis campane. Infatti, il dinamismo espansivo attribuito al centro foceo, non andrebbe collocato in Magna Grecia bensì in regioni più distanti come la Linguadoca, la Spagna e la Gallia, non dimenticando, poi, il tracollo espansionistico subito da Massalia dopo la battaglia di Alalia. Solo nel periodo ellenistico, dopo i tempi diffìcili del V sec. a.C., Marsiglia assunse le caratteristiche di metropoli nei riguardi di Elea, ma oramai i rapporti tra Poseidonia ed Elea si erano già deteriorati. In sostanza Brunel sostiene che: “//

est autre Trézène en pays marseillais et, en Italie, la région que Charax nomme la Trézénide” (BRUNEL 1974, p. 35).

Agropoli: il territorio, le fonti e la ricerca archeologica

il Sestieri, nell’agosto del 1951, effettuò una ricognizione archeologica nell’area a sud di Agropoli denominata Tresino, nome attribuito sia ad un’altura sia ad un tratto di costa. Nello specifico, però, le ricerche dello studioso si incentrarono nella zona denominata Saúco16. Lo studioso identificò una costruzione muraria (opera trapezoidale), all’epoca visibile anche da mare, che interpretò come basamento di un edificio di culto del IV sec. a.C., errore nel quale cadde anche Mario Napoli.17 A 100 metri di distanza dalla suddetta struttura, lo studioso rinvenne un grande masso di arenaria locale, caratterizzato dalla presenza di due cavità parallele artificiali identificate come vasca da bagno, pertinente, forse, ad un edificio termale18. Nello stesso saggio di studio il Sestieri espresse una seconda interpretazione relativa al masso di arenaria. L’archeologo ipotizzò, e forse non a torto, che questo elemento avesse svolto la funzione di tomba bisoma senza, però, essere mai stata utilizzata. Questi così scarsi elementi interpretativi tuttavia indussero il Sestieri ad identificare, in questi resti, la città di Trezene19 20. Tale ipotesi fu però smentita a seguito delle campagne di scavo francesi condotte nel triennio 1978/80. L’obiettivo principale delle ricerche fu di indagare, con maggiore rigore e scientificità, il sito del Saúco. Le tre campagne di scavo dell’École Française de Rome condotte sulla terrazza del Saúco non solo riuscirono ad attribuire una nuova tipologia costruttiva del muro di terrazzamento, che quindi veniva classificato come opera di IV maniera del Lugli, ma anche a posticipare la datazione del Sestieri spostata, ora, al III sec. a.C. Inoltre gli archeologi ebbero modo di far riaffiorare nell’area i resti di un grande edificio del quale il Sestieri non aveva accennato. La struttura - il cui scavo, tra l’altro, non è stato completato - fu identificata come villa litoranea romana cronologicamente ascrivibile alla stessa epoca del muro di terrazzamento che, quindi, fu ritenuto congiunto all’edificio romano .

Fondamentale, per lo sviluppo degli studi di archeologia su Agropoli, fu il contributo di Paola Zancani Montuoro. La studiosa aveva già avuto modo di indagare nel 1934, insieme ad Umberto Zanotti Bianco, la chora poseidoniate scoprendo YHeraion di Foce Seie, il santuario noto dalle fonti letterarie che marcava a nord l’estremo limite della città. I metodi di studio e di ricerca applicati per il sito di Agropoli, furono gli stessi utilizzati con Umberto Zanotti Bianco per l’individuazione dt\Y Heraion di Foce Seie. Anche per gli studi su Agropoli, quindi, la Zancani Montuoro seguì criteri interpretativi ottocenteschi affidandosi, completamente, alle notizie presenti nelle fonti letterarie antiche. Se per la scoperta de\V He raion di Foce Seie il riferimento letterario principale era stato

16 Corrisponde al termine Sambuco che in Campania indica la pianta di anice. 17 NAPOLI 1969.

18 SESTIERI 1952, p. 249. 19 SESTIERI 1952, p. 249.