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PAESTUM E IL SUO TERRITORIO NELLA CARTOGRAFIA STORICA MEDIOEVALE E MODERNA

Premessa

La storia degli studi sulla città di Poseidonia-Paestum, a partire dalla metà del Settecento, ossia dall’epoca della “riscoperta”, si è giovata sia delle numerose relazioni dei viaggiatori, italiani ed europei, che ne hanno visitato le vestigia, sia dei risultati degli scavi archeologici, all’inizio fortunosi ed in seguito sempre più sistematici ed accurati.

Tuttavia quasi niente si conosce dei secoli anteriori alla “riscoperta”, quando Paestum sembrava scomparsa nell’oblio; solo pochi studiosi hanno affrontato questo argomento. Vanno citati i lavori meritori di Mustilli, Laveglia e Mello1, che hanno dimostrato come il sito di Paestum e le sue rovine in realtà non siano mai state dimenticate, perché sempre presenti con la loro imponenza sotto gli occhi di tutti. La presunta “riscoperta” fu soprattutto una presa di coscienza, interiore ma anche collettiva, della società illuministica e neoclassica del tempo, che acquisì consapevolezza del valore di quei monumenti quali “beni culturali”2.

Per una migliore conoscenza e comprensione della città antica, si sente oggi l’esigenza di approfondire queste ricerche, indagando in modo sistematico, con l’ausilio di riproduzioni, le fonti cartografiche medioevali e rinascimentali che fanno riferimento alla città di Paestum ed al suo territorio. Le antiche carte possono fornirci preziose informazioni sui centri abitati, sulla viabilità, sull’orografia, l’idrografia, le coste, e in generale su tanti elementi che, inquadrati in un più ampio contesto storico-sociale, possono far luce sul passato. Queste carte inoltre, esaminate nel contesto della loro epoca insieme ai documenti ed alle opere di storici, geografi ed eruditi, costituiscono una testimonianza preziosa sulla sopravvivenza del mondo antico.

1 D. MUSTILLI, Prime memorie delle rovine di Paestum, in AA. VV., Studi in onore di R.

Filangieri, Arte Tipografica, Napoli, 1959, voi. Ili, pp. 105-121; P. LaVEGLIA, Paestum

dalla decadenza alla riscoperta fino al 1860. Primi studi, primi provvedimenti di tutela, in

AA. VV., Scritti in memoria di Leopoldo Cassese, Libreria Scientifica Editrice, Napoli, 1971, voi. II, pp. 181-276; M . Me l l o, Dall’oblio alla riscoperta, in AA.VV., Paestum. La

città e il territorio, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma, 1990, pp. 5-38, ora in M .

MELLO, Paestum. Ricerche di storia antica (dagli scritti 1962-2011), Arte Tipografica,

Napoli, 2012, pp. 359-373.

2 V d. an ch e M . Me l l o, Alle radici della civiltà occidentale. Discorsi sull’eredità del

La cartografia storica è comunemente ritenuta una fonte importante nell’indagine storico-geografica su un determinato territorio, in quanto fornisce informazioni a molteplici livelli. Ciò a maggior ragione risalendo indietro nel tempo, ed alle prime carte corografiche del XIV e del XV secolo, di grande interesse, cui fecero seguito carte più o meno perfezionate, fino a giungere alla cartografia geodetica moderna.

E tuttavia si tratta di una fonte poco utilizzata, sia perché richiede competenze multidisciplinari (peraltro, in ogni campo, non è possibile, anzi è controproducente, rinchiudersi nel proprio “orticello” specialistico), sia perché molto spesso bisogna lavorare di pazienza negli archivi alla ricerca di nuovi documenti. Infatti la cartografia solitamente più utile ed interessante non è quella conosciuta da sempre, ma proprio quella nascosta e poi riscoperta negli archivi, con mappe allegate a contratti, processi, successioni, documenti insomma con riferimenti concreti al territorio.

In questo campo, non sono mancate le sorprese. Mi riferisco alle cosiddette “Mappe Aragonesi”, riscoperte solo una ventina di anni fa dal prof. Vladimiro Valerio, infaticabile studioso della cartografia storica del Napoletano. Ne parleremo più avanti3, ma va però subito detto che si tratta di carte straordinarie per precisione e ricchezza di elementi, anche classici o eruditi, realizzate nel contesto deH’umanesimo napoletano, alla corte dei sovrani aragonesi, verso la fine del XV secolo.

La distanza abissale con le opere della cartografìa coeva induce a pensare che, in qualche modo, negli anni dell’umanesimo e della prima “riscoperta” del mondo classico, a tutti i livelli, esse abbiano avuto, come modello, carte corografiche risalenti all’antichità greco-romana, oppure siano state realizzate seguendo fedelmente le indicazioni di qualche perduto trattato sulla corografìa romana4. D’altra parte, la cartografia, specie quella relativa al Regno di Napoli, è ricca di storie di sparizioni e di ritrovamenti, in quanto, per sua natura, collegata alla committenza governativa, che ne faceva uso a fini militari e di sicurezza, ed era quindi interessata a mantenere la segretezza sui lavori di realizzazione e sulle opere

3 Vd. per un approfondimento V. Valerio, Società uomini e istituzioni cartografiche nel

Mezzogiorno d'Italia, Istituto Geografico Militare, Firenze, 1993; F. La Greca, V.

VALERIO, Paesaggio antico e medioevale nelle mappe aragonesi di Giovanni Pontano. Le

terre del Principato Citra, Centro di Promozione Culturale per il Cilento, Acciaroli, 2008.

4 Cfr., per la riscoperta dei testi antichi alla base della scienza moderna, L. Russo, La rivoluzione dimenticata. Il pensiero scientifico greco e la scienza moderna, 3a ed.,

Feltrinelli, Milano, 2004; F. Russo, Leonardo inventore? L ’equivoco di un testimone del passato scambiato per un profeta del futuro, Edizioni Scientifiche ed Artistiche, Napoli,

Paestum e il suo territorio nella cartografia storica medioevale e moderna

finite, a volte in unico esemplare5. Le carte, insomma, non sono mai neutre, ma riflettono una società ed una cultura che interpreta il territorio in funzione delle sue esigenze politiche, economiche, militari, religiose, e così via. Questo ne segna anche la fortuna e il destino.

La necessità di rinnovare gli strumenti di indagine e i metodi di studio, ponendo maggior interesse ai documenti cartografici, per lungo tempo monopolio dei geografi, ma ricchi di informazioni per la storia dei paesi e del territorio, si scontra con la notevole dispersione di tali documenti, di non facile reperibilità. Il presente lavoro, focalizzato specificamente su Paestum e sul suo territorio, parte dalle carte geografiche quali documenti storici da interrogare e interpretare, non per fare una storia della cartografia, ma una storia con la cartografia. Anche per quanto riguarda lo studio dell’antichità, la cartografia e la vedutistica permettono di ampliare il quadro delle cosiddette fonti visive6, e, benché non dirette espressioni del mondo antico, possono conservarne molti elementi “nascosti”.

Detto questo, ricordiamo che, per quanto riguarda il Salernitano ed il Cilento, l’antica Lucania tirrenica, nel 1994 fu pubblicato il volume dal titolo Tra il

Castello e il mare. L ’immagine di Salerno capoluogo del Principato, una prima

rassegna delle principali carte riguardanti il territorio7, accompagnate da una serie di vedute. Ma a questa raccolta non fu dato seguito, nonostante uno degli scopi del volume fosse proprio quello di suscitare curiosità ed interesse ad approfondire gli studi, visto che molte carte ivi riprodotte, pur non essendo neppure leggibili, facevano intravedere una ricca messe di informazioni.

Insomma, era necessario almeno mettere a disposizione degli studiosi una raccolta di carte quali fonti di immediata fruizione in tutti i campi di ricerca, storico, geografico, paesaggistico, architettonico, geologico, urbanistico, e così via: carte innanzitutto leggibili, consultabili, a colori, affiancate da note “anagrafiche” e critiche, ovvero osservazioni di massima sul loro contenuto e sugli elementi di novità rispetto alle carte precedenti.

In parte questo lavoro è stato fatto dallo scrivente, insieme a Vladimiro Valerio, per le “Carte Aragonesi” riguardanti il territorio salernitano: esse, viste da vicino, hanno rivelato una straordinaria messe di toponimi, elementi geografici, insediamenti antichi, oltre a costituire esse stesse un unicum cartografico8.

Ha dato un notevole contributo all’opera di pubblicazione di carte storiche “leggibili” del Cilento, quali fonti per le ricerche in tutte le discipline che si

5 Vd. G. BRANCACCIO, Geografìa, cartografìa e storia del Mezzogiorno, Guida, Napoli, 1991.

h Vd. ad es. P. Burke, Testimoni oculari. Il significato storico delle immagini, Carocci, Roma, 2002.

7 AA.VV., Tra il Castello e il mare. L ’immagine di Salerno capoluogo del Principato, Fausto Fiorentino, Napoli, 1994.

occupano del territorio, il recentissimo volume9 curato da Vincenzo Aversano, Il

territorio del Cilento nella Cartografìa e nella Vedutistica. Secoli XVI-XIX. Il

volume riporta moltissime fonti cartografiche dal Seicento in poi, tutte stampate pregevolmente a colori e con f aggiunta di ingrandimenti, in grado di soddisfare gli studiosi più esigenti.

Il presente studio si sofferma, in particolare, sulla cartografia anteriore al Seicento riguardante il territorio pestano e salernitano in generale, rimandando, per il periodo successivo, allo studio citato di Aversano e coll., ed alle più generali opere di storia della cartografia dell’Italia e del Mezzogiorno10.