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Ricordo di Piero Cantalupo

“Commemorare Piero Cantalupo è per me un onore ed una emozione.

Un onore perché per un appassionato di storia quale io sono non esiste gratificazione pili grande che il poter rievocare un maestro che occupa un posto

preminente negli annali della letteratura storica del Cilento, al pari del Mazziotti, dell'Antonini, dell'Ebner.

Una emozione perché a lui mi ha legato una sincera amicizia fatta di reciproca stima e rispetto. Dal fatidico giorno della sua scomparsa sono passati sette anni, eppure la sua presenza fra noi è avvertita in modo totale, quasi il buio non fosse mai sceso a spegnere la luce di quel giorno. Vero è che più passano gli anni, più la sua figura di uomo e di studioso emerge e si impone all'attenzione degli studiosi e di coloro che avvertono forte il senso dell'appartenenza a questa nostra terra. La musica del tempo non ha fermato le sue note, che anzi risuonano più forti e possenti a ricordare colui che è stato "anima e coscienza critica del Cilento".

Fu anima del Cilento perché ne seppe cogliere i palpiti più intimi e reconditi, le profonde atmosfere esistenziali, le immagini spesso sfuggenti e degradanti nell'oblio del tempo. Fu anima del Cilento perché seppe ascoltare le voci portate da un eco plurimillenario, il fragore di gesta cruenti, gli arcani silenzi stanchi di secolari delusioni ma carichi di speranze. Fu anima del Cilento perché, avendo nel sangue la ricerca archeologica, seppe parlare alle pietre e le pietre gli svelarono quanto di immensamente grande hanno custodito nel corso dei secoli. Ma fu anche coscienza critica del Cilento giacché impegnò tutte le sue energie vitali su due fronti. La lotta contro coloro che con azioni indiscriminate stavano snaturando il territorio e l'educazione delle giovani generazioni alla conoscenza della storia, unica fonte dalla quale può scaturire l'amore e il rispetto della propria terra.

Quell'anima e quella coscienza critica oggi sopravvivono all'uomo e si pongono quale suo testamento spirituale che per contenuti e finalità sono chiaramente destinati al popolo cilentano in genere, agli studiosi e agli uomini di cultura in particolare. Inequivocabilmente chiaro e perentorio è l'ammonimento al popolo al quale vuoi far capire che il giorno in cui i cilentani avranno perduto definitivamente la consapevolezza del valore delle proprie memorie storiche, distruggeranno per sempre e inesorabilmente la loro stessa identità etnoculturale. Quella identità che egli faceva risalire - senza ombra di dubbio - alla civiltà greco - romana, agli splendori di Poseidonia-Paestum e a quelli di Elea-Velia, il cui pensiero ha costituito faro di civiltà per tutta l'area del Mediterraneo. Era per altro sua ferma convinzione che quella identità non venne minimamente scalfita dagli eventi che si sono succeduti nel tempo, per quanto sconvolgenti siano stati: le devastanti incursioni dei Vandali che hanno letteralmente spazzato via tanti villaggi costieri; le scorrerie barbaresche, secolari seminatrici di morte, distruzione, riduzione in schiavitù di gente inerme ed indifesa; la guerra del Vespro, che aveva creato un'autentica desertificazione umana fra le contrade; gli stessi eventi catastrofici, dalle epidemie di peste e di colera, alle grandi carestie, ognuna delle quali fiaccava l'animo di chi riusciva a sopravvivere.

Quella identità non venne intaccata neppure dalla venuta di tante gente straniera, che certamente imponevano la cultura, la spiritualità, gli usi e i costumi di civiltà diverse e lontane da quella cilentana. A fronte tale scenario Piero si è

Premio Letterario Agropoli per la storia locale "Piero Cantalupo

chiesto come sia stato possibile che quella identità abbia resistito così a lungo nel tempo trovandone la motivazione in un dato di fatto inoppugnabile, ovvero i cilentani avevano piena consapevolezza della loro identità, ed erano orgogliosi delle proprie radici. Consapevolezza e orgoglio erano i pilastri che reggevano lo spirito dei cilentani. Finché avessero retto all'urto dei tempi, nulla avrebbe minacciato la loro identità. Quando nella metà del XX secolo, un'epocale trasformazione coinvolse la società con imprevedibili trasformazioni umane, socio­ politiche, tecnologiche e scientifiche, i cilentani avrebbero dovuto difendere quei pilastri per salvaguardare la propria identità. Ed ecco la forte e appassionata denuncia di Piero: il Cilento non ha saputo adeguarsi con razionalità ed equilibrio alle incalzanti, sconvolgenti e spesso caotiche mutazioni del tempo. Alcuni hanno ritenuto che il futuro andava costruito distruggendo il passato, per la qualcosa hanno snaturato i centri storici, i castelli, le torri costiere, le dimore gentilizie, le case rurali. Hanno violentato il paesaggio, deturpato le coste, ovunque innalzando mostri di cemento freddi, anonimi ed antiestetici, segni di una speculazione degradante e disumanizzante. Verso costoro, Piero ha assunto un atteggiamento inflessibile, bollandoli col termine dispregiativo di "nuovi barbari" e accusandoli di aver arrecato al Cilento danni irreparabili, di gran lunga più devastanti di quelli prodotti dalle orde degli antichi barbari.

Solo per inciso, voglio ricordare quante volte è intervenuto, proprio in Agropoli, a fermare personalmente le ruspe che stavano cancellando i segni del nostro passato, salvando in tal modo dei reperti che oggi costituiscono il fiore all'occhiello del museo recentemente inaugurato che senza la sua poderosa azione di ricerca col gruppo archeologico oggi non esisterebbe. Altri invece - da identificarsi con la gran massa del popolo - hanno tenuto un comportamento passivo, inerte, accettando lo scempio che avveniva attorno a loro senza minimamente reagire per salvare quel grande patrimonio spirituale fatto di usi, costumi, tradizioni, linguaggio e comportamenti mentali consoni alla propria eticità. Pertanto gli uni e gli altri, i primi dolosamente e i secondi con colpevole indifferenza, non solo hanno determinato la distruzione della propria identità, quanto hanno privato il territorio di quella grande capacità evocativa del passato che fino a quel tempo l'aveva distinto. Le memorie storiche, un giorno vive e palpitanti sapevano parlare alle genti, oggi sono testimonianze fredde e mute, prive di ogni forza rievocativa.

E qui che il discorso di Piero coinvolge gli studiosi e gli uomini di cultura in genere, il cui dovere è quello di attuare sempre e comunque una azione educativa: insegnare alle nuove generazioni la conoscenza del territorio e della sua storia. Solo così sarà possibile ricreare la consapevolezza del valore delle proprie memorie storiche, ridare al territorio e alle sue testimonianze del passato la perduta capacità evocativa e consentire alla gente di riappropriarsi della sua vera originaria identità.

Questo il testamento di Piero Cantalupo che fra tutti gli storici della nostra terra è quello che maggiormente attira l'attenzione degli studiosi per la complessità dei suoi studi; per la ricchezza degli aspetti che ha trattato dallo storico al socio­ antropologico, daH'economico al geografico, dall'epigrafico al numismatico, dal toponomastico all'archeologico; per la scientificità della ricerca sempre condotta sul filo della più rigida e ortodossa razionalità. Innumerevole la sua produzione di studi storici, ma dire quale fra essi sia stato il capolavoro in assoluto è impossibile perché il vero capolavoro era lui stesso, il suo pensiero, la forte vis polemica che lo animava, la ferrea volontà che non lo rendeva mai pago delle scoperte ma lo spingeva ad ulteriori azioni, la tenacia nel perseguire ogni suo assunto, al fine la sconfinata passionalità con cui in ogni istante della sua vita abbracciava la sua terra. Quella terra che lo ha visto nascere e nella quale oggi riposa”.

Annali Storici di Principato Citra X, 1, 2 0 1 2 , pp. 1 7 9 -180

AUTORI IN RV

Fabio ASTONE

Laureato in Archeologia, pone al centro della sua ricerca l’Italia antica. Ha scritto e pubblicato articoli che argomentano aspetti della vita quotidiana in epoca classica. Lo studio dei temi relativi ai contatti tra le diverse popolazioni nella pianura del Seie gli ha permesso la realizzazione di “Greci e non Greci nel territorio di Poseidonia in età arcaica”, lavoro che, nel 2009, ha vinto il Premio internazionale Rotary colonie Magna Grecia

“Arialdo Tarsitano”.

Carlo BELLOTTA

Laureato in Lettere e Filosofia, è dottorando in Storia presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Salerno.

Antonio CAPANO

E archeologo direttore coordinatore del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Già responsabile del Museo Archeologico Nazionale dell’Alta Val d’Angri di Grumento Nova (PZ) e del settore archeologico del Centro Operativo Misto di Maratea, fa parte del Direttivo della Deputazione di Storia Patria per la Lucania, del comitato scientifico della rivista culturale “Leukanikà” e del comitato di redazione della rivista “Bollettino Storico della Basilicata”. Si occupa di saggistica archeologica e storica sulla Basilicata e sulla Provincia di Salerno; ha pubblicando tra l’altro saggi sui tratturi, sulla viabilità, sulla toponomastica, sul vedutismo, sulla storia dell’alimentazione e della medicina ed ha curato in opere specialistiche voci relative a località archeologiche (capano.a@tiscali.it).

Giovanni GUARDIA

È funzionario della Soprintendenza BSAE di Salerno e Avellino, quale restauratore-conservatore-coordinatore dei laboratori di Restauro. Ha curato il restauro della Cassetta di Farfa, partecipando alla realizzazione della mostra su “Gli avori salernitani”. Scrive di conservazione, restauro e tecniche di esecuzione di manufatti artistici (con circa 120 tra articoli e saggi relativi).

Fernando LA GRECA

È ricercatore di Storia Romana presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Salerno. Fra gli altri lavori, ha al suo attivo diversi volumi (sul dialetto cilentano, sulle fonti letterarie greche e latine per la storia della Lucania tirrenica, sulla cartografia aragonese del Principato Citra,

Mariasilvia RINALDI

Simona VILLANO

sull’area di punta Licosa nell’antichità) e numerosi saggi sul periodo dei Gracchi e sulla storia del territorio salernitano nell’antichità, con particolare attenzione alle risorse economiche e alle vicende di Poseidonia-Paestum. Sito web: http://www. unisa.it/docenti/lagreca/index.

Ha conseguito nel 2009 la Laurea in Scienze dei Beni Culturali, presentando una tesi in Archeologia e storia dell’arte greca e romana. A partire dall’a.a. 2006/2007 ha partecipato annualmente alle campagne di scavo presso il sito dell’area archeologica di Fratte (SA), dove, nel 2007/2008, ha svolto anche attività di tirocinio. Nel 2010 ha partecipato ad una attività di scavo archeologico medievale operando a Curteri (SA) nel sito di S. Maria a Rota. Nel 2011 ha conseguito la Laurea Magistrale in Archeologia e Culture antiche laureandosi con una tesi in Iconografia ed Iconologia del Mondo Classico dal titolo: “Europa e il toro. Tradizioni letterarie ed iconografiche dall’età arcaica al IV sec. a.C.”. E socio fondatore dell’associazione “Glaux”, la prima associazione di studenti universitari di archeologia in Italia nata nel 2008. Nel gennaio 2012 ha vinto il premio Agropoli per la storia locale "Piero

Cantalupo". Attualmente è caporale nel reggimento “Savoia

Cavalleria (3°)” a Grosseto.

Dottore di Ricerca in Lettere Moderne conseguito presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Salerno.

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