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GOVERNO CLINICO E QUALITA’ DEI SERVIZI

Al fine di garantire la partecipazione di tutti gli operatori al governo delle Aziende Sanitarie, la L.R. 29/2004 ha da un lato introdotto il principio della partecipazione organizzativa e, dall’altro, istituito il Collegio di direzione (composto dai direttore di dipartimento e da rappresentanti dei medici di medicina generale e dagli specialisti convenzionati) come organo dell’Azienda, al pari del direttore generale (che mantiene tuttavia tutti i poteri di gestione) e del Collegio dei revisori.

In questo modo la funzione di governo clinico (la traduzione imperfetta, ma ormai entrata nell’uso, di clinical governance) è stata istituzionalizzata nel sistema di governo delle Aziende sanitarie, con l’obiettivo di riaffermare la loro funzione primaria di migliorare le condizioni di salute della loro popolazione di riferimento e di soddisfare le necessità di assistenza delle persone presenti nel loro ambito territoriale e di valorizzare adeguatamente a questo scopo, il contributo della componente clinico-professionale.

Peraltro la strategia della clinical governance è stata assunta dalla Regione a livello di sistema: infatti le relazioni disegnate dalla L.R. 29/2004 delineano un sistema compiuto di clinical governance, che va dalla proprietà istituzionale del sistema (il complesso ruolo giocato dalla Regione e dagli Enti locali cui spetta l’orientamento strategico del sistema regionale e, in quel quadro, dei sistemi provinciali o comunque aziendali), all’esercizio delle funzioni di governo aziendale (tipiche del management e sintetizzate ai rispettivi livelli della direzione generale e di Distretto) e alla partecipazione dei professionisti ai processi decisionali di disegno, implementazione e orientamento strategico della produzione, sono omogenee a una visione che non limita la prospettiva della clinical governance all’adeguamento degli strumenti classici dell’assicurazione della qualità all’ambiente sanitario, ma, appunto ne fa una modalità di funzionamento del sistema che va oltre il settore dei servizi sanitari e lo integra coi processi decisionali di orientamento dei diversi servizi pubblici e col governo complessivo locale.

La Regione riconferma quindi il processo di aziendalizzazione nell’organizzazione sanitaria, delineandone tuttavia un profilo profondamente diverso da quello emerso dall’applicazione della riforma Amato - De Lorenzo e per alcuni aspetti evolutivo anche rispetto alla riforma Bindi, istituzionalizzando la collaborazione fra direzione aziendale ed operatori nella definizione delle strategie aziendali e nella organizzazione dei servizi.

Strumenti per l’esercizio della nuova funzione attribuita al Collegio di direzione sono la responsabilità nell’elaborazione del sistema di audit clinico, del programma aziendale di gestione del rischio e della programmazione della formazione permanente, assieme all’esercizio delle nuove attività di ricerca e di formazione attribuite alle Aziende sanitarie.

I nuovi Dipartimenti aziendali a valenza gestionale indicati dall’indirizzo regionale per la stesura degli Atti aziendali rappresentano il luogo ottimale per l’esercizio di tali attività, realizzate attraverso la combinazione delle competenza cliniche e di quelle gestionali dei direttori di dipartimento ed i cui risultati costituiscono criteri di verifica per la valutazione dell’attività dei direttori di dipartimento e della dirigenza aziendale.

Il Collegio di direzione non rappresenta quindi un semplice organismo di supporto tecnico al governo delle organizzazioni sanitarie, ma un organo aziendale attraverso cui si sviluppa la collaborazione sistematica e continuativa fra alta dirigenza professionale e direzione aziendale su temi di sviluppo organizzativo e professionale.

Tali temi si incentrano prevalentemente sul “come” fare le cose. È infatti patrimonio delle professioni sanitarie il controllo sulla finalizzazione e le modalità di impiego degli atti professionali. Tuttavia la partecipazione dei professionisti all’orientamento generale dell’assistenza, allo sviluppo preferenziale di alcune linee di servizio rispetto ad altre, specie nei campi in cui non siano disponibili strumenti collaudati di valutazione delle opportunità alternative di impiego delle risorse, può svilupparsi appunto a partire dalle competenze sulle tecniche diagnostico-terapeutiche, sulla loro redditività teorica e sul differenziale effettivamente riscontrato nell’applicazione locale, sulle loro prospettive di sviluppo così come giudicabile dall’andamento della ricerca, in modo da fornire un punto di vista professionale, necessariamente contestabile ed indicativo, ma che rende le scelte di sviluppo più trasparenti e più facilmente correggibili a seguito di valutazione esplicita del successo o meno delle decisioni assunte.

Le funzioni attribuite al Collegio di direzione richiedono il potenziamento e la riorganizzazione delle attività di formazione di ricerca e di gestione del rischio già svolte dalle Aziende sanitarie secondo le modalità previste dagli indirizzi regionali per la stesura degli Atti aziendali da parte delle Aziende sanitarie.

In particolare, tali attività dovranno rientrare fra le competenze operative dei dipartimenti, in base agli indirizzi elaborati dal Collegio di direzione. Rinviando agli specifici capitoli del Piano per quanto riguarda la formazione e la ricerca, particolare attenzione dovrà essere rivolta alla ricomposizione unitaria, a livello aziendale e regionale, delle numerose attività sviluppate dalle Aziende sanitarie riconducibili alla gestione del rischio clinico, una delle componenti essenziali della funzione di governo clinico. Le priorità fondamentali riguardano in particolare lo sviluppo del programma aziendale di gestione del rischio, elaborato dal Collegio di direzione, posto sotto la responsabilità del direttore sanitario ed attuato nell’ambito dei Dipartimenti aziendali.

Sul piano operativo sono già stati elaborati strumenti specifici per facilitare la individuazione e la valutazione del rischio (incident reporting, analisi delle modalità di errore, analisi delle cause “profonde”, etc.), la sua gestione e prevenzione (valutazione e adozione di buone pratiche clinico-assistenziali e organizzative). Oggetti prioritari di intervento sono stati in particolare il rischio biologico e la sorveglianza e controllo delle infezioni ospedaliere (vedi oltre); il rischio farmacologico (prescrizione e somministrazione delle terapie) ed il buon uso del sangue.

Obiettivo del Piano è di estendere queste attività a tutte le Aziende sanitarie, rendendole attività sistematiche e continuative sotto la responsabilità operativa del Direttore Sanitario.

A questo scopo dovranno essere completati a livello aziendale e sviluppati a livello interaziendale e regionale, sistemi informatizzati per la rilevazione degli eventi di interesse già in sperimentazione (segnalazioni dei cittadini, occorrenza di errori e quasi-errori, sinistri, ecc.).

Nell’ambito del più generale sviluppo di una effettiva partnership col paziente nella valutazione congiunta di rischi e vantaggi dei trattamenti e delle collaborazione con organizzazioni collettive quali il Tribunale dei diritti del malato e di organismi aziendali come i Comitati Consultivi Misti (CCM), ha inoltre carattere prioritario lo sviluppo da parte delle Aziende della funzione di mediazione, inclusa la capacità di condurre attività di conciliazione precoce del contenzioso.

1.1 Valorizzazione del personale infermieristico e tecnico

Le modificazioni intervenute a livello legislativo – L. 26 febbraio 1999, n. 42 (Disposizioni in materia di professioni sanitarie) e L. 10 agosto 2000, n. 251 (Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica)-, in parte accompagnate da modificazioni organizzative, aprono nuove possibilità allo sviluppo dei servizi sanitari attraverso la valorizzazione del personale infermieristico e tecnico. Tale valorizzazione consiste in un allargamento delle competenze che sfrutti pienamente il carattere professionale del personale infermieristico.

I servizi infermieristici e tecnici delle aziende devono supportare quei cambiamenti organizzativi che vanno nella direzione dell’elaborazione di obiettivi assistenziali basati sul patrimonio culturale professionale, individuando le modalità di rapporto, comunicazione, negoziazione, condivisione con gli obiettivi clinici formulati dai medici. In questa direzione molti processi clinici possono essere ridisegnati, attribuendo responsabilità adeguate ai livelli decisionali esercitati, pur nell’ambito di un sistema di responsabilità che deve vedere le diverse componenti professionali che accentuano gli scambi informativi sui singoli casi e sul piano di assistenza.

L’allargamento delle competenze del personale infermieristico e tecnico non è semplice sostituzione professionale, anche se la comprende quando i processi assistenziali che sono oggetto di modifiche non utilizzavano le nuove competenze acquisite, e si basa sulle seguenti caratteristiche:

1) tiene conto delle evidenze presenti in letteratura. Lo sviluppo dell’evidence based nursing e i riferimenti espliciti alle buone pratiche comprovate costituiscono un indispensabile fondamento per la valorizzazione delle professioni infermieristiche e tecniche;

2) utilizza strumenti di pianificazione dell’assistenza come la progettazione di percorsi clinico-assistenziali concordati con il personale medico sulla base delle evidenze disponibili e comunque in un ambiente organizzativo orientato alla centralità del beneficiario dei servizi in cui gli apporti delle diverse professioni, e gli orientamenti alternativi espressi vengono valutati alla luce di questo criterio;

3) all’interno dei percorsi individuati identifica le aree di esercizio della professionalità infermieristica e le relazioni con le altre professionalità, utilizzando gli strumenti del case management e del disease management;

4) sistematizza le esperienze positive messe a punto nelle varie aree assistenziali utilizzando l’attività dell’osservatorio sull’innovazione istituito presso l’Agenzia Sanitaria regionale, e finalizza la formazione continua alle innovazioni organizzative individuate.

E' in ogni caso fatto salvo quanto previsto dal Decreto Legislativo 165/2001.

1.2 Prevenzione e controllo delle infezioni correlate all’assistenza

La prevenzione delle complicanze infettive correlate alle pratiche assistenziali si inserisce nell’ambito generale delle attività di gestione del rischio nelle organizzazioni sanitarie. Le organizzazioni sanitarie hanno affrontato da molti anni il tema del controllo delle infezioni correlate all’assistenza e questo tema ha rappresentato, in ordine di tempo, il primo programma mirato alla sicurezza del paziente in ospedale. Questo fenomeno presenta, però, specifiche caratteristiche (complessità dei determinanti e delle misure di prevenzione e controllo, varietà degli esiti clinici) che richiedono interventi

specifici e professionalità particolari nell’ambito delle Aziende sanitarie.

Questo fenomeno sta, inoltre, progressivamente acquisendo caratteristiche epidemiologiche di maggiore complessità e impatto crescente per fattori quali l’aumento di pazienti profondamente immunodepressi, le nuove tecnologie terapeutiche i cui rischi infettivi non sono ancora completamente noti, la selezione e diffusione di microrganismi resistenti agli antibiotici e l’ampliamento della rete dei servizi, che rende necessario estendere i programmi di intervento anche alle strutture residenziali territoriali e all’assistenza domiciliare.

Negli ultimi anni sono stati di conseguenza sviluppati strumenti e metodologie per la individuazione e la valutazione dei rischi (sorveglianza sulla base dei dati di laboratorio, sorveglianza delle epidemie ed eventi sentinella, sorveglianza regionale delle infezioni del sito chirurgico, sorveglianza delle infezioni in terapia intensiva) e per promuovere l’adozione di misure assistenziali dimostrate efficaci a ridurre il rischio (definizione, diffusione ed implementazione di linee guida, programmi di audit nelle aree maggiormente a rischio), con l’obiettivo di migliorare la capacità di prevenzione e controllo delle organizzazioni sanitarie.

Obiettivi specifici del Piano sono:

— estendere alle strutture residenziali ed all’assistenza domiciliare i programmi di controllo delle infezioni, orientati sia ai pazienti che al personale;

— estendere e consolidare i sistemi di sorveglianza regionali, con l’obiettivo di identificare e controllare tempestivamente i rischi evidenziati e promuovere il miglioramento continuo della qualità dell’assistenza, anche attraverso la valutazione comparativa dei risultati e dei relativi processi organizzativi e assistenziali, al fine di individuare le pratiche migliori presenti nei diversi servizi e nelle varie Aziende ed analizzare le condizioni della loro trasferibilità;

— consolidare la diffusione di procedure cliniche ed assistenziali di buona qualità tecnico-scientifica attraverso la diffusione delle conoscenze, attraverso Linee guida o la diffusione delle evidenze scientifiche comunque disponibili, per facilitare la elaborazione locale di pratiche “ottimali” di comportamento organizzativo e clinico-assistenziale;

— consolidare ed estendere i programmi di formazione degli operatori addetti ai programmi di controllo delle infezioni e degli altri operatori di aree ospedaliere e di servizi territoriali a rischio elevato di infezioni;

— sviluppare indicatori per la valutazione dei programmi di controllo aziendali.

Le aree di intervento prioritarie sono rappresentate da:

— sorveglianza e controllo delle epidemie ed eventi sentinella, attraverso l’attivazione in tutte le Aziende di sistemi di laboratorio di ricerca attiva di epidemie ed eventi sentinella e la definizione di piani di intervento;

— diffusione e adozione si procedure di buona pratica professionale per la prevenzione delle infezioni, con particolare riguardo all’ambito chirurgico ed alle Unità di terapia intensiva.

— Prevenzione della selezione e diffusione di microrganismi e multiresistenti agli antibiotici, attraverso:

◦ programmi di uso appropriato degli antibiotici per la profilassi chirurgica e per la terapia empirica delle infezioni;

◦ programmi mirati a ridurre il rischio di trasmissione crociata dei microrganismi resistenti;

◦ elaborazione e sviluppo di programmi di sorveglianza e controllo delle infezioni nelle strutture residenziali territoriali e nella assistenza domiciliare.

La prevenzione e controllo delle infezioni correlate all’assistenza, sia in ambito ospedaliero che nei servizi sanitari e socio-sanitari territoriali e nell’assistenza domiciliare, rappresenta un mandato specifico delle Aziende sanitarie, che svilupperanno un piano-programma che individui obiettivi di breve e medio periodo, strumenti efficaci a raggiungerli, risorse specificamente dedicate.

Delle attività svolte, dei risultati ottenuti e delle risorse dedicate dovrà essere dato conto nel Bilancio di missione che ogni Azienda sanitaria è tenuta a predisporre ai sensi della L.R. 29/2004, anche in base agli specifici indicatori che saranno predisposti a livello regionale.

CAPITOLO 2