• Non ci sono risultati.

IL FONDO REGIONALE PER LA NON AUTOSUFFICIENZA

Nell’ambito degli obiettivi generali della nuova programmazione regionale integrata il

“Fondo regionale per la non autosufficienza” (FRNA) rappresenta, contemporaneamente, una necessità ed una sfida.

Una necessità perché la Regione Emilia-Romagna è la regione italiana con la maggiore frequenza di popolazione anziana, dopo la Liguria. I livelli attuali e l’aumento atteso della popolazione anziana pongono pertanto con particolare urgenza il problema della programmazione della risposta assistenziale, in quanto l’universo della non autosufficienza trascende i confini della età anziana per ricomprendere gravi disabilità cronicizzate o progressivamente degenerative e tali, dunque, da richiedere trattamenti di lungo periodo particolarmente complessi, necessariamente integrati e assai onerosi;

l’assistenza multiforme ad una popolazione sempre più anziana e sempre più abbisognevole di peculiari modalità di presa in carico e di trattamenti sanitari e sociali integrati, richiede un finanziamento specificamente dedicato, sottratto, in parte, alle permanenti fluttuazioni e sottostime del Fondo sanitario nazionale, alle endemiche difficoltà di auto-finanziamento degli Enti locali nonché una spinta ai processi di integrazione sociale e sanitaria.

Una sfida, poiché l’alimentazione del Fondo, per la sua dimensione e funzione, necessariamente è demandata ad un maggiore e mirato prelievo fiscale nazionale e/o regionale ed è quindi indispensabile dimostrare come il FRNA sia capace di indurre concretamente processi che garantiscano, da un lato, maggiore equità nello sviluppo della rete dei servizi mediante una assegnazione più equilibrata delle risorse a livello locale, e, dall’altro, migliori condizioni di eguaglianza assistenziale promuovendo livelli omogenei di opportunità di accesso, di qualità nei trattamenti, di costi e di contribuzione a carico dei cittadini.

4.1 Il processo costitutivo e lo sviluppo futuro

Date queste premesse la costituzione e l’utilizzo del FRNA nella Regione Emilia-Romagna si connotano come andamenti di natura processuale, caratterizzati da un punto di arrivo tendenziale (l’innesto della esperienza regionale all’interno di un Fondo nazionale, per la cui costituzione si registra un primo impegno del Governo) e da una serie di fasi implementative che via, via qualificano sia i meccanismi di alimentazione del Fondo sia le sue modalità di impiego.

La esperienza emiliano-romagnola si è andata sostanziando, fino ad ora, di due fasi che segnano una evoluzione coerente dei principi e delle finalità sopra enunciate.

La prima fase ha concentrato il proprio interesse sulla necessità di enucleare una quota di Fondo sanitario regionale, considerando principalmente gli “oneri a rilievo sanitario”

sostenuti per le strutture residenziali e semiresidenziali e per gli altri servizi dedicati alla popolazione anziana non autosufficiente e le risorse del Fondo sanitario già destinate agli assegni di cura sia per gli anziani, sia per i soggetti colpiti da gravissime disabilità acquisite. Obiettivo della programmazione è stato di orientare prioritariamente l’impiego delle risorse verso obiettivi di natura sia assistenziale, - assegnando priorità allo sviluppo della domiciliarità e della rete dei servizi residenziali e semiresidenziali per la popolazione anziana nelle realtà territoriali in cui non era ancora stato raggiunto l’offerta attesa) sia perequativa (ridurre o eliminare l’impatto della crescita degli oneri di retta sociale a carico del cittadino/utente).

La seconda fase, quella in corso nel 2007, ha riconfermato il consolidato storico del Fondo sanitario regionale arricchendolo di ulteriori 100 milioni di euro, provenienti dall’imposizione regionale di addizionali IRPEF ed IRAP.

Il finanziamento di parte del FRNA attraverso la fiscalità generale (regionale) rinforza, nell’area dei servizi e delle attività socio-sanitarie e sociali, un principio equitativo solidaristico, in chiave ridistribuiva e universalistica. La gestione del Fondo è affidata al Comitato di Distretto che “definisce le priorità di utilizzo del Fondo tra i diversi servizi in relazione alla specificità del territorio” (art. 51 L.R. 27/2004) e garantisce il coerente, successivo raggiungimento di tali priorità. Il Comitato di Distretto provvede alla programmazione, destinazione e monitoraggio delle risorse del Fondo attraverso l’Ufficio di piano.

Tali premesse permettono l’allargamento dei destinatari e l’ampliamento dei servizi e rafforzano il “processo di riequilibrio territoriale nell’utilizzo delle risorse” che vede, in prima istanza, assegnare il FRNA, su base distrettuale, assumendo principalmente come riferimento la numerosità della popolazione anziana ultrasettantacinquenne, ma anche in relazione ad alcune caratteristiche quali la presenza, al loro interno, di tipologie di cittadini non autosufficienti che non appartengono all’area della popolazione anziana.

Mentre l’articolazione dei servizi terrà conto, anche in modo innovativo, delle caratteristiche proprie, socio economiche, geografiche, demografiche ed epidemiologiche di ciascun territorio.

In particolare:

a) il Fondo non è destinato a coprire oneri di natura prettamente sanitaria ma fa, quindi, riferimento alle “spese sociali ed agli oneri sociali a rilievo sanitario”.

Il Fondo realizza il proprio impatto positivo in una duplice direzione in quanto da un lato, incide sullo sviluppo quantitativo e sul miglioramento qualitativo dei servizi che erogano prestazioni socio-sanitarie e socio assistenziali) e dall’altro, riduce il peso finanziario degli oneri che il singolo utente e/o la sua famiglia devono sostenere per ricevere le prestazioni di cui hanno bisogno.

b) l’espansione quantitativa dei servizi e dei loro destinatari inseriti nelle reti che connotano l’offerta socio-sanitaria e socio assistenziale, è definita nell’ambito della programmazione locale (così come precisato nel successivo Capitolo 5) e costituisce premessa per il successivo accreditamento dei servizi stessi o per la revisione del corrispondente “contratto di servizio”.

Il Fondo per la non autosufficienza contribuisce, inoltre, alla espansione di alcune nuove forme di servizio destinate alla popolazione non autosufficiente. Si pensi, ad esempio, all’ampia serie delle strutture residenziali (gruppi appartamenti, comunità alloggio; etc...) che rappresentano una diversa domiciliarità comune e i cui costi di produzione, afferenti alle “prestazioni sanitarie a rilevanza sociale” possono essere coperti da risorse attingibili dal FRNA.

Il Fondo può concorrere inoltre all’offerta di interventi che, pur non realizzando direttamente processi assistenziali, favoriscono, però, le dinamiche della integrazione socio sanitaria; riducono il disagio dei non autosufficienti (e delle loro famiglie) nell’accedere ai servizi e supportano le reti di solidarietà sociale per contrastare forme di solitudine e isolamento.

c) il miglioramento qualitativo dei servizi e delle prestazioni il FRNA comprende:

— l’attivazione di nuove condizioni di offerta assistenziale più centrate sul supporto alle famiglie, per ridurre il loro carico di fatica e di disagio nell’accudimento a

domicilio della persona non autosufficiente, che sull’intervento diretto nei confronti dell’utente. Vi rientrano a buon titolo le dimissioni protette quanto i ricoveri temporanei e di sollievo;

la qualificazione di alcuni standard assistenziali socio sanitari e di talune condizioni di confort e sicurezza richieste ai servizi per poter concedere loro l’accreditamento;

la sperimentazione di modalità di sostegno, di aiuto e di intervento in caso di emergenza – per un’ampia fascia di popolazione non autosufficiente che non abbisogna solo, o non ancora, di assistenze strutturate, fra cui annoverare:

¬ promozione delle reti informali di solidarietà sociale (dal “portierato” al

“custode” sociale, ad esempio) qualificabili come servizi di prossimità;

¬ sostegno all’associazionismo volontario disponibile a favorire assetti aggregativi di auto-mutuo aiuto;

¬ consolidamento di alcuni servizi di e-care (in particolare, telesoccorso e teleassistenza), anche gestiti con il concorso dell’associazionismo volontario, volti a rendere più ampia e immediatamente fruibile la rete degli aiuti tutelari e dei sostegni al care-giver;

¬ allestimento di ausili tecnologici e di soluzioni strutturali che rendano le abitazioni, in cui vivono persone non autosufficienti, idonee a garantirne la migliore qualità di vita possibile;

¬ realizzazione di interventi per sviluppare una rete di “punti di ascolto” e di consulenza per le assistenti familiari e a favorire la crescita di forme di tutoring per piccoli gruppi di tali operatori;

d) il FRNA riduce gli oneri a carico degli utenti e delle famiglie mediante due meccanismi:

— concorrendo a ridurre il peso economico determinato dalle così dette “rette sociali” e/o dalle altre forme di contribuzione collegate a servizi non residenziali o semiresidenziali;

— aumentando la disponibilità di risorse finanziarie utilizzabili dall’utente o, in misura assai maggiore, dalla sua famiglia, attraverso la concessione di “assegni di cura”.

La misura quantitativa della applicazione dei due meccanismi sopra indicati deriva sia da indicazioni di ordine generale formulate dalla Regione (il “quantum” complessivo massimo destinabile per gli assegni di cura, ad esempio) sia dalla specificazione – articolata servizio per servizio – dell’importo dell’abbattimento degli oneri di contribuzione a carico dell’utente, sia dalla distribuzione distrettuale del numero degli

“assegni di cura”; decisioni, queste, che attengono alle scelte della programmazione locale.

In conclusione, il FRNA agisce nei confronti sia di servizi socio sanitari e socio assistenziali fortemente strutturati (e appartenenti alle Reti storiche della “offerta”

assistenziale a favore della non autosufficienza) sia di servizi e attività ancora poco formalizzate, in fase sperimentale, innovativi, frutto – assai spesso – della creatività del Terzo settore e delle stesse famiglie.

Inoltre, il Fondo realizza lo sviluppo di una tale, duplice serie di fattispecie di “offerta”, tanto sostenendo l’ampliamento delle reti attraverso la copertura diretta degli oneri di produzione (in tutto o in parte e, soprattutto, a favore dei servizi più marcatamente

formalizzati) quanto promuovendo - in modo particolare mediante la stimolazione finanziaria della capacità di scelta del cittadino/utente – risposte assistenziali in fase ancora germinale.

Sono queste ultime, peraltro, che meritano la massima tutela poiché rappresentano la frontiera avanzata delle nuove prospettive di aiuto tutelare e di assistenza “leggera” a favore dell’universo, così vario e in espansione, della non autosufficienza.

Se l’impiego del Fondo si concentrasse, infatti, solo sui servizi tradizionalmente codificati all’interno delle reti lasciando tutta l’area della innovazione e della sperimentazione alla totale, diretta responsabilità economica dei singoli utenti e delle loro famiglie, se ne sancirebbe, verosimilmente, il rischio di una graduale marginalizzazione.

CAPITOLO 5

QUALITA’ DEI SERVIZI E RAPPORTO TRA PRIVATI E ISTITUZIONI PUBBLICHE: IL