L’integrazione tra servizi sociali e sanitari è una necessità per organizzare risposte e interventi fondati sul riconoscimento delle persone nella loro globalità ed in rapporto ai loro contesti di vita. Per rendere concretamente praticabile qualsiasi forma di integrazione, occorre ribadire che il concetto di salute deve comprendere e valorizzare anche aspetti di benessere legati alle condizioni economiche dei cittadini, alle relazioni, al grado complessivo di coesione sociale, alle azioni di contrasto delle disuguaglianze.
Con ciò si intende sottolineare la necessità di approcci e strategie che, all’interno di un’ottica di sostanziale valorizzazione del ruolo e delle competenze degli Enti locali, siano in grado di elevare la capacità di lettura e risposta ai bisogni, garantendo un approccio integrato tra i diversi livelli e strumenti di governo del sistema, così da innalzare il livello complessivo della qualità del welfare regionale.
Questo approccio spinge ad un passaggio decisivo tra un sistema di offerta prevalentemente basato sulle professionalità specialistiche ad un sistema di offerta caratterizzato dall’accompagnamento e la presa in cura in continuità della persona.
Il primo modello assicura singole prestazioni sociali e sanitarie che si basano su una elevata qualità professionale ma che non sempre producono qualità nel loro esplicarsi, in quanto non sono concepite e orientate ad integrarsi nel quadro personale e delle relazioni a cui partecipano le persone. Il secondo approccio promuove l’autonomia, la consapevolezza e la responsabilità attraverso la partecipazione; si propone di valorizzare le professionalità specialistiche portandole ad interagire e a confrontarsi con l’unitarietà del soggetto/utente, rispetto alla quale possono trovare una ragione ancora più elevata e profonda circa il valore del proprio lavoro specifico.
L’attuazione dell’integrazione è voluta soprattutto in quanto funzionale al migliore soddisfacimento dei bisogni sociali e sanitari delle persone e delle famiglie, ma anche in quanto ritenuta capace di elevare il riconoscimento del valore del lavoro E degli apporti professionali, che vengono necessariamente coinvolti alla definizione di un quadro organizzativo e di connessioni più ampio.
Sul versante degli indirizzi politico-amministrativi, l’integrazione socio sanitaria costituisce, a partire dalla L. 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), dal D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229 (Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell'articolo 1 della L. 30 novembre 1998, n. 419) e dal Piano Sanitario Nazionale 1998-2000, approvato con D.P.R. 23 luglio 1998, un tema fondamentale della normativa nazionale ed oggetto specifico delle strategie di “politica della salute” e di sviluppo del Sistema sanitario e sociale della Regione Emilia-Romagna.
Le normative regionali di programmazione sanitaria (Piano Sanitario Regionale 1999-2001, approvato con DCR 22 settembre 1999, n. 1235) e in applicazione del Titolo V della Costituzione riformato nonché la L.R. 2/2003 in riferimento alla L. 328/2000 hanno già dedicato una significativa attenzione al tema della integrazione sociosanitaria.
La stessa L.R. 2/2003 individua in sede locale un unico contesto di programmazione
integrata, il “Piano sociale di zona” per “la localizzazione dei servizi e degli interventi socio sanitari ed i livelli di integrazione tra risorse sanitarie e sociali”.
La L.R. 29/2004 e la successiva direttiva sull’Atto aziendale (DGR 86/2006) ribadiscono, poi, come la “integrazione fra gli interventi di natura sociale e le attività di assistenza sanitaria” costituiscano uno dei “principi fondamentali di organizzazione e di funzionamento del S.S.R.”, da realizzarsi “principalmente a livello distrettuale e per i servizi ad elevata integrazione sanitaria”.
Quest’ultima formulazione viene ripresa e specificata dalla direttiva sull’Atto aziendale che sottolinea come “la qualificazione del Distretto quale articolazione fondamentale del governo aziendale è funzionale allo sviluppo delle nuove e più incisive forme di collaborazione fra Aziende sanitarie ed Enti locali (art. 5, L.R. 29/2004) e rappresenta la sede ottimale per lo sviluppo della assistenza territoriale e della integrazione fra servizi sanitari e sociali (…)”.
Parallelamente, in ambito sociale, la L.R. 2/2003 prevede che i Comuni e le Aziende USL realizzino accordi per l’integrazione socio-sanitaria costituendo i modelli organizzativi e gestionali, fondati sull’integrazione professionale e precisi rapporti finanziari, in coerenza con le direttive emanate dall’Assemblea Legislativa regionale.
L’attenzione dedicata alla integrazione socio-sanitaria non è tuttavia soltanto effetto del dettato normativo nazionale e regionale quanto la conseguenza del maturare del convincimento che la integrazione rappresenta un fattore fondamentale di qualificazione della offerta dei servizi e prestazioni socio sanitarie, per un triplice ordine di motivi:
a) L’integrazione genera maggiore efficacia di cura e di sostegno.
b) L’integrazione favorisce un uso più efficiente delle risorse.
c) L’integrazione riduce il disagio dei cittadini nel rapporto con i servizi.
Per perseguire l’integrazione è necessario che le persone e le famiglie abbiano un unico interlocutore di riferimento (il responsabile del caso), che opera nell’ambito di un gruppo multiprofessionale in una logica di erogazione unitaria e coordinata.
1.1 Le forme della integrazione socio-sanitaria
L’integrazione socio-sanitaria qualificata come un valore primario e, al contempo, obiettivo strategico del sistema regionale di welfare, deve essere perseguita a livello istituzionale, comunitario, gestionale e professionale, secondo specifiche modalità di promozione, attuazione e sviluppo. Tali modalità sono in parte già individuate dal Piano e saranno previste dalle disposizioni regionali che ne accompagneranno la realizzazione.
a) L’integrazione istituzionale
Identifica, nell’ambito di una visione condivisa di forte cooperazione, le responsabilità coordinate o unitarie dei vari soggetti istituzionali presenti sul territorio: Comuni, Provincia, AUSL, esprimendosi attraverso le forme tipiche del provvedimento amministrativo (accordi di programma, atti di delega, etc.).
L’integrazione istituzionale non realizza di per sé, attività ed interventi assistenziali integrati, ma ne costituisce la premessa, in termini di volontà politica e ne formalizza le condizioni attuative attraverso la codificazione degli impegni che devono essere assunti
dalle amministrazioni coinvolte sia nella elaborazione e approvazione dei contenuti programmatori sia nella loro successiva realizzazione.
b) L’integrazione comunitaria
Una delle fondamentali ragioni della necessità di costruire un welfare locale e di comunità è la stretta e peculiare combinazione fra politiche generali che incidono sulla qualità della vita quotidiana e condizionano la effettiva fruibilità dei servizi, quali ad esempio l’integrazione fra politiche sanitarie e sociali, di inserimento scolastico e lavorativo, urbanistiche e della casa, dei trasporti, ecc. Tali politiche hanno livelli diversi di determinazione i cui effetti finali convergono comunque a livello locale. Questo comporta la necessità di realizzare la attivazione della intera comunità locale (soggetti istituzionali, economici e sociali, a partire dal terzo settore) attorno alle politiche sociali e sanitarie, assumendo più puntuali e distinte responsabilità nelle specifiche fasi della programmazione, nella organizzazione e nella produzione di servizi.
c) L’integrazione gestionale
Si realizza attraverso l’interazione dei soggetti istituzionali presenti in ambito distrettuale che si coordinano per realizzare la unicità gestionale dei fattori organizzativi e delle risorse, e che assicurano la costituzione e la regolazione del funzionamento delle reti dei servizi sanitari, socio sanitari e sociali.
In fase attuativa del Piano, sarà necessario:
— Realizzare l’unicità gestionale dei fattori organizzativi e delle risorse finanziarie tramite la programmazione annuale. I problemi da considerare dal punto di vista del finanziamento si collocano su due versanti principali: quello della raccolta dei mezzi finanziari e quello della loro distribuzione. Su entrambi, la costruzione di un sistema regionale di assistenza, ha bisogno che i soggetti titolari di tali funzioni (Regione, Province e Comuni) raggiungano un forte grado di coordinamento. Tale esigenza vale in particolare con riferimento alle risorse destinate ad alimentare principalmente quei servizi che devono essere garantiti su base universale e solidaristica; inoltre, le politiche di finanziamento devono garantire una distribuzione delle risorse a livello territoriale, sulla base di criteri di ripartizione equi e consolidati, al fine di renderne prevedibile il flusso e programmabile l’impiego.
— Stabilire la specificazione delle prestazioni sanitarie, delle prestazioni “sanitarie a rilevanza sociale” (per alcune delle quali l’allegato 1c del D.P.C.M. 29 novembre 2001 (Definizione dei livelli essenziali di assistenza) propone una percentuale dei costi a carico dell’utente) e delle “prestazioni sociali a rilevanza sanitaria” i cui oneri sono totalmente a carico del Fondo sociale (dei Comuni e/o dei cittadini). Le caratteristiche quantitative e qualitative dei servizi e degli interventi che costituiscono i livelli essenziali delle prestazioni sociali, ai sensi dell’art. 6 della L.R. 2/2003, saranno definite a seguito dell’individuazione da parte dello Stato dei livelli essenziali e uniformi delle prestazioni sociali, e del relativo finanziamento.
— Sviluppare, nella elaborazione dei contenuti della programmazione locale, la costituzione e regolazione delle reti dei servizi sanitari, socio-sanitari e sociali.
Compete invece alla Regione stabilire i nodi di ciascuna rete e la corrispondente utenza elettiva di riferimento. Tale impegno è la premessa per promuovere lo sviluppo delle reti che afferiscono alle varie aree di assistenza in cui si declinano “le prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria” di cui all’art. 3-septies
del D.Lgs. 502/1992 (anziani non autosufficienti; disabili adulti; minori problematici;
alcool-tossicodipendenti; malati di mente; etc).
Obiettivo del PSSR è di assicurare, nell’arco del triennio, a tutti i cittadini della regione:
— il diritto all’accesso alla rete dei servizi e delle prestazioni sociali e socio-sanitarie;
— il diritto all’informazione e alla presa in carico;
— il diritto, nell’ambito della regolazione del sistema integrato e delle risorse finanziarie che lo sostengono, ad un piano assistenziale individuale appropriato.
Per il perseguimento di tale obiettivo è essenziale:
1) la definizione di un sistema unificato di accesso ai servizi ed agli interventi, che preveda criteri e modalità comuni. Questo richiede in particolare:
a) la connessione tra gli sportelli sociali e gli sportelli distrettuali al fine di assicurare ai cittadini adeguata informazione ed orientamento ai servizi sociali e sanitari da entrambi gli accessi; la predisposizione, su base distrettuale, di percorsi integrati ed unificati per usufruire dei vari servizi di rete, anche tramite la definizione condivisa di procedure specifiche;
b) la costituzione di strutture professionali integrate tra AUSL e Comuni, per la definizione dei progetti assistenziali a partire dalla valutazione dei bisogni e della domanda. Tali strutture operano su base distrettuale, ed assumono i caratteri di una equipe interprofessionale (unità di valutazione multiprofessionale) la cui composizione può variare in ragione delle competenze professionali richieste dalle caratteristiche dell’area assistenziale cui la rete afferisce. La funzione di valutazione e di progettazione svolta dall’equipe viene esercitata avvalendosi di strumenti di valutazione multimodale periodicamente rivisti e corretti in rapporto alla evoluzione scientifica delle metodologie valutative e della esperienza maturata a seguito della loro applicazione.
2) La strutturazione del processo che, garantendo modalità di scambio di informazioni fra servizi renda più facilmente realizzabile la “continuità assistenziale”.
3) La ri-programmazione periodica (annuale e poliennale) all’interno dei vari processi della pianificazione sanitaria, sociosanitaria e sociale. Questo comporta l’allestimento di un sistema informativo che fornisca a tutti gli attori che operano nelle reti (Conferenze territoriali sociali e sanitarie (CTSS); Comitato di Distretto;
Direzione AUSL; direttori di Distretto; Uffici di piano; organismi di gestione; etc.) e che devono assumere decisioni in riferimento ad esse, un quadro organico di elementi conoscitivi afferenti alle attività e alle dinamiche di costo. Il funzionamento e la manutenzione delle reti richiede quindi una precisa responsabilità tecnica di gestione, identificabile in una struttura integrata (Ufficio di piano), unitariamente individuata da Comuni e Distretto AUSL, capace di monitorare, presidiare, stimolare tutti i processi operativi.
d) L’integrazione professionale
Realizza condizioni operative unitarie fra figure professionali diverse (sanitarie e sociali) sia attraverso la costituzione di equipe multiprofessionali, sia mediante l’erogazione
congiunta di attività assistenziali ordinariamente afferenti a servizi sanitari, socio-sanitari e sociali.
La integrazione professionale realizza le condizioni che garantiscono il massimo di efficacia nell’affrontare bisogni di natura multiproblematica la cui complessità richiede la predisposizione di una risposta altrettanto complessa, frutto della coordinata strutturazione di uno o più approcci assistenziali secondo un processo che si compone di tre fasi fondamentali:
— la fase della presa in carico;
— la fase della progettazione individualizzata;
— La fase della valutazione.
L’integrazione professionale rappresenta anche l’opportunità per una partecipazione più motivata, consentendo agli operatori di rilevare il valore di ogni specifico apporto ed offrendo maggiore consapevolezza circa i processi di attività.
L’integrazione professionale richiede tre condizioni di supporto:
— la partecipazione delle figure professionali alla definizione delle linee organizzative e programmatiche dei servizi, in relazione alla specifica competenza ed in funzione della realizzazione di processi di intervento condivisi, coerenti e qualificati. Infatti, un clima organizzativo che facilita il confronto interprofessionale e interpersonale, centrato sul miglioramento continuo della qualità dei servizi in relazione ai bisogni delle persone che vi ricorrono, consente di incrementare le interconnessioni e la possibilità di gestione condivisa delle responsabilità.
— La predisposizione di un sistema informativo per la raccolta dei dati di attività e la registrazione delle variazioni nello status del bisogno, indispensabili per progettare e valutare i singoli processi assistenziali.
— La realizzazione di moduli formativi comuni cui partecipino operatori sanitari e sociali, appartenenti sia ai servizi dell’AUSL che a quelli degli Enti locali e che coinvolgano tanto il sistema dei produttori pubblici che quello dei produttori privati, profit e non profit.
La Regione sostiene iniziative di formazione dedicate a tutte le componenti della governance locale. L’obiettivo è di sviluppare l’esercizio delle funzioni programmatorie e lo sviluppo delle forme della integrazione socio-sanitaria nonché di formare sui temi della gestione i futuri dirigenti delle Aziende pubbliche di servizi alla persona (ASP). Tali obiettivi saranno perseguiti promuovendo un confronto fra linguaggi, esperienze, culture e referenze concettuali, premessa e, al contempo, collante prezioso per favorire tutte le successive dinamiche della integrazione.
CAPITOLO 2