- Graffiti figurativi - Graffiti geometrici
La tabella sottostante riporta i valori assoluti delle tre categorie:
GRAFFITI ALFABETICI
La categoria dei graffiti alfabetici comprende tutte quelle testimonianze che contengono al loro interno lettere dell’alfabeto. La scrittura alfabetica è quella a noi più familiare ma è anche quella che richiede un maggior sforzo nel processo di decifrazione. Il pensiero, infatti, per poter essere espresso da un testo alfabetico ha bisogno di essere organizzato secondo gli schemi della lingua, rispettando le regole che permettono di esprimere al
meglio ciò che si è pensato574. In secondo luogo la lingua deve essere codificata e messa per iscritto da una serie di segni, le lettere dell’alfabeto. Il lettore che riceve il messaggio deve svolgere il processo inverso. Deve, cioè, decifrare il codice alfabetico, che di per sé non trasmette un contenuto, in quanto non lo contiene, essendo la scrittura alfabetica un insieme di segni convenzionali e allo stesso tempo astratti, che riproduce solamente i suoni della lingua, permettendo al lettore di recuperare il pensiero dell’autore grazie al passaggio linguistico, necessario e inevitabile. E in questo sta la grandezza e la limitatezza, al contempo, del sistema alfabetico. Dalla combinazione delle 21 lettere si ha la possibilità di esprimere qualsiasi pensiero, sia esso reale o astratto, ma allo stesso tempo il sistema appare limitato da due punti di vista. Il primo sta nel fatto che la codificazione alfabetica deve passare necessariamente attraverso la lingua, che non è unica, anzi, anche all’interno di aree culturalmente omogenee può variare. Il secondo limite è costituito dalla conoscenza del sistema alfabetico, requisito fondamentale perché avvenga lo scambio di informazioni. Il sistema alfabetico, infatti, è un sistema astratto, che per chi non lo conosce può funzionare, nella fase di lettura, secondo il meccanismo di riconoscimento grafico del sistema astratto. Ogni parola, infatti, può essere considerata come blocco grafico da chi non conosce la corrispondenza tra singola lettera e suono. In questo modo tutto il blocco corrisponde ad una parola. Avviene, cioè, lo stesso meccanismo che vedremo nell’apposita parte, per i graffiti figurativi e geometrici: una composizione astratta, non figurativa, è associata qui ad una parola che trasmette un significato preciso. Questo sistema di riconoscimento permetteva a molti analfabeti una sorta di lettura, che avveniva tramite il riconoscimento di singole parole, considerate, appunto, come composizioni astratte, le quali erano legate ad un significato convenzionale. In questo processo si salta, dunque, un passaggio. La decifrazione del codice avviene non a livello di singola lettera ma a livello di parola, di insieme di lettere. In questo modo, dunque, si aggira il passaggio linguistico. Chi legge, non essendo in grado di associare ad ogni singola lettera il suono corrispondente, associa l’insieme di caratteri, la parola, non ad un suono ma ad un concetto. Questa operazione può essere meglio compresa considerando un esempio molto diffuso nel medioevo: i nomina sacra575. Si tratta dei nomi di Cristo, del Signore, del Padre e altri espressi in forma abbreviata. Parole abbreviate come DNS (dominus) e SCS (sanctus) da chi possedeva la conoscenza del sistema alfabetico erano lette come la contrazione delle corrispondenti parole, mentre da chi non possedeva questo sistema l’insieme di lettere era percepito come insieme di segni corrispondenti al concetto-idea del Signore o di un santo, senza, però, che il passaggio avvenisse attraverso la lingua. Più efficace come esempio, può essere, infine, il nomensacrum XPS (Χριστός). Poiché le tre lettere appartenevano ad un altro sistema alfabetico, chi possedeva solamente la conoscenza dell’alfabeto latino nella lettura, ma questa volta anche nella scrittura, leggeva e riproduceva le tre lettere senza affrontare il passaggio linguistico ma associando al segno direttamente un significato576.
574
Cardona 1986, p. 48
575 Salvati 1971, pp. 106 e segg;
576 A questo proposito si riportano le parole di Pratesi: (nei nomina sacra) figurano lettere che in realtà non sono costitutive del vocabolo accorciato, ma hanno conseguito, in virtù della loro peculiare
Queste considerazioni permettono di meglio collocare e comprendere le testimonianze alfabetiche all’interno del panorama del materiale raccolto. La netta inferiorità, infatti, di questo tipo di testimonianze rispetto alle altre due categorie non può essere giustificato solamente dalla scarsa alfabetizzazione dei secoli considerati nell’intervallo qui scelto. Non si tratta solamente di questo, ma, a mio avviso, si possono individuare diverse concause. Come, in parte già visto qui sopra, il sistema alfabetico è quello che impone una serie maggiore di passaggi mentali e richiede una forma mentis impostata nell’organizzazione del pensiero secondo gli schemi linguistici che permettono, poi, la codificazione scritta alfabetica. La sola conoscenza della corrispondenza tra lettera e suono, dunque, non basta. Inoltre la scrittura alfabetica, seguendo la prassi descrittiva del linguaggio, ha bisogno di una forma articolata più il concetto diviene complesso e astratto, basti pensare all’esempio di Leonardo citato sopra577. Per scrivere, dunque, non basta conoscere l’alfabeto e il suo utilizzo. Sempre legato alla scarsa alfabetizzazione si pone, poi, anche il problema della comunicazione: quanti erano in grado di leggere un messaggio alfabetico? Probabilmente non molti. Le iscrizioni rilevate, infatti, solamente in pochi casi riportano elementi grafici che avrebbero potuto aiutare il fruitore analfabeta almeno nell’individuazione della tipologia di messaggio. Per i nomi propri era d’aiuto, probabilmente, la presenza del signum crucis posto prima del nome o il titolo religioso dello scrivente, scritto in forma abbreviata e, dunque, più simile ad un segno unico, che potevano, graficamente essere associate alle forme di sottoscrizione documentaria, permettendo almeno l’individuazione della tipologia di iscrizione. Più efficaci potevano risultare le iscrizioni didascaliche che accompagnavano un graffito figurativo o astratto. La scrittura, magari, non era comprensibile ma il significato poteva essere ricavato da un’altra fonte. Più riconoscibili, ma non per questo esattamente leggibili, dovevano risultare le sigle, i segni identificativi e i monogrammi. Queste tipologie, infatti, pur contenendo una parte alfabetica, hanno una organizzazione grafica che permette di individuarne la tipologia pur senza comprenderne lo scioglimento. Queste testimonianze, dunque, funzionano più come immagini che come scrittura alfabetica. Trasmettono, cioè, non un contenuto preciso e univoco, in grado di essere espresso dal passaggio linguistico, ma un contenuto generico associato a quella tipologia di immagini. La loro struttura formale, la composizione delle lettere e la loro disposizione, la ricorrenza di elementi, quali croci o altre forme riconoscibili, permettono di collocare questi graffiti all’interno di tipologie individuabili proprio in base alla ricorrenza formale degli elementi, quali appunto, monogrammi, sigle e segni identificativi. I monogrammi, come i segni identificativi, infatti, pur contenendo lettere difficilmente sono scioglibili a livello linguistico, a livello visivo, però, sono immediatamente percepiti come segno distintivo di persona o famiglia. In questi casi non è sempre possibile risalire all’identificazione della persona o gruppo familiare, ma è chiaro che il graffito si colloca all’interno di queste tipologie.
Pur non instaurando un legame di perfetta rispondenza tra scrittura e linguaggio, si è comunque scelto di collocare queste testimonianze all’interno della categoria dei graffiti
formazione, valore di segni convenzionali. Pratesi 1957, p. 317.per il più diffuso monogramma
bernardiniano, anche se di formazione più tarda (fine XIV secolo) si rimanda a Tognetti 1982, pp. 38-39
alfabetici in quanto utilizzano un sistema visivamente riconoscibile, quello alfabetico, che definisce in maniera forte la natura della testimonianza stessa. Un simbolo identificativo senza lettere, infatti, non sarebbe, probabilmente, così immediatamente riconoscibile in quanto potrebbe essere confuso con altre categorie astratte. La presenza di lettere, invece, fornisce un chiaro modello di riferimento grafico all’interno del quale collocare queste iscrizioni.
Di seguito i gruppi individuati all’interno delle iscrizioni alfabetiche.
Testi contenenti nomi propri578
Si tratta di testi che contengono un nome proprio di persona, in alcuni casi, per gli ecclesiastici, è specificato anche il titolo religioso, mentre per i laici è solitamente indicato solo il nome proprio e non il patronimico, indice, probabilmente, anche dell’età dell’iscrizione. Il patronimico, infatti, inizia ad essere attestato nella penisola italiana a partire dal XII-XIII secolo in alcune aree di preferenza, quali Venezia, per poi diffondersi capillarmente nei secoli successivi579. Gli esempi più antichi e meglio conservati si trovano alla chiusa di San Michele, nei pressi di Torino, sull’intonaco di finitura che ricopre la cripta, probabile resto dell’edificio precedente all’attuale580. Si tratta soprattutto di nomi isolati, probabilmente di laici in quanto non accompagnati da tιtolo religioso, mentre in un paio di casi, nonostante la frammentarietà dei graffiti, sembra possibile individuare tracce dell’abbreviazione PBR che accompagna il nome. I casi meglio conservati contenenti nomi singoli sono quelli di Ugo581, Adalbertus582,
578
Treffort 2003, pp. 147-150, 157-160
579
Folena 1970-1971, pp. 450 e segg.
580 Per una descrizione più approfondita del contesto e dei graffiti si veda l’apposita scheda in appendice 581CSM 14
Albericus583 e Nicholaus584. Sempre alla chiusa di San Michele si possono osservare in un’iscrizione frammentaria585 le lettere PBR con tratto abbreviativo semplice sovrapposto. Anche il nome pare abbreviato, ma non è ben leggibile. Una seconda indicazione chiara, contenente il titolo di presbitero, si trova in un graffito586 situato sulla facciata della chiesa di San Donnino a Fidenza. Qui il nome è solo parzialmente leggibile, abbreviato con tratto semplice che si sovrappone ad alcuni caratteri, mentre un secondo tratto semplice taglia l’asta della B nel gruppo di lettere PBR. Oltre a questi esempi gli altri graffiti contenenti nomi sono di incerta lettura, a volte anche attribuzione, in quanto molto frammentari. I casi nei quali si riscontra la presenza di un titolo religioso, tenuto presente il cattivo stato di conservazione delle testimonianze, è, almeno in apparenza, inferiore rispetto a quelle che non lo riportano. Questo dato potrebbe indicare una generale prevalenza di nomi di laici. L’indicazione onomastica, infatti, così come presente nei graffiti raccolti, sembra rifarsi al modello delle sottoscrizioni documentarie. Questa ipotesi potrebbe essere avvalorata dalla presenza, in alcuni casi di un signum crucis che precede il nome587 e dalla presenza del titolo religioso che segue il nome degli ordinati, come d’uso nelle sottoscrizioni documentarie. Dal materiale raccolto non si è, dunque, in grado di stabilire con certezza l’attribuzione di un graffito ad un personaggio laico o ecclesiastico e la disparità di testimonianze, solamente tre certamente attribuibili a ecclesiastici, non deve essere presa come valore assoluto ma contestualizzata tenendo conto, soprattutto, della frammentarietà che solitamente caratterizza queste testimonianze, principale causa della cattiva leggibilità. Non è da escludere, infatti, che le testimonianze di religiosi fossero più numerose ma lo stato di conservazione della maggior parte delle iscrizioni graffite non permette di verificarne l’appartenenza o meno a questa categoria.
Nella categoria dei testi contenenti nomi propri rientrano anche iscrizioni precedute dalla formula HIC FUIT, in alcuni casi preceduta, a sua volta, da un signum crucis. Queste testimonianze non sono molto ricorrenti, sono accostabili alle precedenti in quanto anch’esse contengono all’interno un’indicazione onomastica. Tra i graffiti raccolti di questo tipo il più leggibile è rappresentato da un graffito di Genova588. Si tratta di un’iscrizione frammentaria dove è però ben visibile l’“hic fuit” iniziale, seguito dall’indicazione onomastica dell’autore e dal titolo religioso di presbitero. A metà dell’iscrizione dal testo emerge la testa di un rapace che, per le caratteristiche del solco e per l’impaginazione, può essere attribuito all’iscrizione stessa.
583 CSM 23 584CSM 46 585 CSM 1 586 SDF 27
587 Come ad esempio i graffiti SDF 23 a San Donnino, Fidenza e SAV 45 a Sant’Andrea a Vercelli 588 SLG 6, tracciato su una delle colonne della navata della chiesa di San Lorenzo. Il testo è eseguito con
solco sottile ma preciso, mano sicura e una buona impaginazione, allineata. La scrittura è una gotica minuscola con accenti corsivi che si notano, ad esempio, nel legamento della HI di HIC. La scrittura è particolarmente curata, lo si nota dall’occhiello spezzato della H e dal tratto inferiore discendente oltre il rigo con un’elegante curva, o dalla tendenza ad allungare le aste, che conferisce slancio ed equilibrio alla scrittura
Queste testimonianze, dunque, sono molto simili alle precedenti, alle quali aggiungono il rafforzativo “hic fuit” proprio per sottolineare il passaggio dell’autore in maniera ancora più marcata. Questo tipo di iscrizioni sono attestate in pochi esempi per il periodo considerato589, mentre aumentano di numero nei secoli successivi, quando compaiono sempre più di frequente associate all’indicazione onomastica. Esempi di questa diffusione si possono riscontrare, ad esempio, ad Aquileia nei graffiti della cripta e dell’ingresso al battistero, databili tra XV e XVII secolo.
La sottolineatura dell’“hic fuit” compare nel momento in cui il pellegrinaggio penitenziale si diffonde, cioè a partire dall’XI secolo590, e si consolida sempre più con il diffondersi della percezione del pellegrinaggio come serie di tappe da percorrere, tappe importanti e rilevanti di per sé, non più funzionali al raggiungimento di una meta finale. Con l’aumentare di importanza dei luoghi di culto lungo le vie di pellegrinaggio, grazie alla presenza di reliquie rilevanti o alla concessione di particolari indulgenze ai visitatori, il fedele-pellegrino percepisce ogni tappa come una piccola meta. Anche le certificazioni richieste ai pellegrini per verificare il loro status, che concedeva loro benefici e immunità, o i certificati richiesti nei casi dei pellegrinaggi penitenziali rafforzano nella mente del viaggiatore la scansione spaziale del viaggio secondo tappe definite e, in alcuni casi, necessarie. Da qui il bisogno di sottolineare il passaggio non solamente con l’apposizione del nome ma anche con la formula rafforzativa “hic fuit”. La maggior parte dei graffiti contenenti nomi si trova all’esterno degli edifici, ma questo è probabilmente dovuto alle osservazioni già effettuate poco sopra riguardo alla più alta conservazione di materiale all’esterno che non all’interno dell’edificio.
Testi contenenti iscrizioni didascaliche
Esempi di questo tipo non sono frequenti all’interno del materiale raccolto. Si tratta di iscrizioni che accompagnano solitamente elementi figurativi per meglio esplicitarne il senso o permetterne l’identificazione. Compare, dunque, il disegno accanto alla scrittura, in una forma di vicendevole completamento. Gli esempi più diffusi sembrano collegati all’identificazione di personaggi. Si va dall’elementare graffito della Chiusa di San Michele591 che raffigura una sagoma umana molto stilizzata, formata da un triangolo allungato che definisce il corpo e da un tondo per il capo. All’interno del triangolo, nella parte bassa, con lettere incerte sono tracciati due nomi, il primo, IACOBUS, abbreviato con tratto semplice e il secondo, UGO, scritto per esteso592. La grafia e il solco potrebbero indicare la presenza di una sola mano di scrittura. In questo caso saremmo di fronte ad un unico scrivente che lascia il nome di due distinte persone, potrebbe, dunque, essere di fronte al caso di scrittura su commissione. La scelta di rafforzare la scrittura con la realizzazione della sagoma umana potrebbe indicare la
589 Se ne sono individuate solamente due esempi, uno a San Lorenzo a Genova (SLG 6) e uno a San
Martino a Lucca (SMr 22)
590
Si rimanda a II.1 Il pellegrinaggio nel Medioevo: sintesi introduttiva
591 CSM 48
592 Il solco della figura umana e delle due iscrizioni appare uniforme. Anche l’impaginazione dei due
volontà di sottolineare la presenza fisica dell’autore e, forse, di una seconda persona, nella cripta della Chiusa di San Michele.
Un altro esempio di questo tipo ben conservato si trova a Lucca, in un graffito posto sulla facciata della chiesa di San Cristoforo593. Si tratta di un’iscrizione che accompagna la raffigurazione di un viso piuttosto elementare ma particolareggiato. Si tratta di un volto quadrato, con grandi occhi, naso e bocca, con, sulla testa, una sorta di corona con tre croci, due laterali e una centrale. L’iscrizione soprastante recita “pabaGregorius”. Dai caratteri paleografici, soprattutto dal segno cocleare finale per la terminazione in – US, qui particolarmente curato e sagomato quasi a ricordo del pastorale, sembra possibile associare la rafigurazione con papa Gregorio X594. L’ipotesi possa trattarsi di un autoritratto è inverosimile, nonostante vi sia la possibilità che il pontefice sia passato da Lucca durante i suoi numerosi viaggi oltralpe sia prima che dopo l’elezione pontificia.
Un ultimo esempio di scrittura didascalica, anche se non ben leggibile a causa della frammentarietà, è il graffito conservato nel chiostro della chiesa di Sant’Andrea a Vercelli595. Si tratta di un’iscrizione posta ai piedi di una raffigurazione umana che può essere identificata con san Giovanni evangelista, per la tunica e la croce che regge con la mano sinistra. L’iscrizione è, purtroppo molto frammentaria, ma non pare far riferimento al nome del personaggio. Si potrebbe trattare, dunque, di un’iscrizione votiva, ma il pessimo stato di conservazione non consente di avanzare altre ipotesi. Anche in altri casi, molto meno ben conservati, è possibile osservare l’abbinamento di testo alfabetico e disegno in una associazione che rafforza la comunicatività dei due sistemi così come avviene anche nelle decorazioni a fresco o scultoree delle chiese stesse.
Iscrizioni commemorative
Le scritture commemorative sono quelle che contengono al loro interno la registrazione di un evento, quale la consacrazione dell’edificio o l’annotazione della data di una ricorrenza religiosa. Tra i graffiti individuati e meglio conservati si possono citare i casi di San Valeriano a Robbio e di Sant’Andrea a Vercelli.
Il primo graffito596 contiene un’iscrizione commemorativa di un evento che ha coinvolto l’edificio nel quale si trova: il monastero cistercense di San Valeriano a Robbio, nei pressi di Vercelli, lungo la Francigena. Si tratta di un graffito di due righe tracciato all’interno dei laterizi che formano le colonne della navata. L’iscrizione contiene la data 1216 in numeri romani, seguita dall’indicazione del giorno (1 settembre), mentre la seconda riga è occupata dalla registrazione del fatto. A causa della frammentarietà del
593
SCL 1
594Gregorio X: 1/9/ 1271-27/3/1272. Gatto 2002, DBI, 59, pp. 179-186 595SAV 13
testo non è possibile ricostruire con certezza che cosa accadde al monastero (constructo- destructo?)597.
Un secondo esempio si trova a Vercelli, ben leggibile per la parte conservata ma lacunoso. Si tratta di un’iscrizione598 tracciata su uno dei conci in tufo che definiscono le finestre del chiostro della chiesa di Sant’Andrea. Il graffito è stato perfettamente impaginato, almeno per la parte conservatasi, all’interno di questo concio. Il testo occupa tre righe ma purtroppo, oltre all’inizio dell’indicazione dell’anno (Anno / Domini millesimo ducentesimo [---] / tercioq+no +++[-]+[---]), non è possibile recuperare nessun’altra informazione nè riguardo alla data completa, nè riguardo all’avvenimento registrato. La scrittura denota, in questo caso in particolar modo, un’elevata conoscenza e abilità grafica da parte dello scrivente.
La registrazione di eventi che riguardassero la chiesa o una particolare celebrazione servivano da un lato a mantenerne la memoria e dall’altro a suscitare la devozione o la preghiera in colui che leggeva. Questa tipologia di graffiti non è ricorrente all’interno delle testimonianze raccolte, e si riscontra soprattutto all’interno dell’edificio, in luoghi non rilevanti dal punto di vista sacro, quali la navata o il chiostro, ma più accessibili alla vista del pubblico, al quale erano diretti.
Iscrizioni obituarie
Un’altra tipologia di iscrizioni che registrano eventi sono quelle contenenti indicazioni obituarie. Si tratta di iscrizioni che solitamente riportano la data, indicata con mese e giorno, di frequente secondo il sistema romano, il nome del defunto e l’indicazione dell’obito.
Casi di questo tipo non sono numerosi all’interno del materiale raccolto. Si sono individuati alcuni esempi, tra i quali un graffito situato sull’affresco che decora l’abside della chiesa di San Giovanni di Tubre599, in Val Venosta, lungo la Claudia Augusta. Si tratta di un’iscrizione frammentaria nella quale è possibile individuare un nome e alcune