Quella che nel Medioevo sarà meglio conosciuta come via Romea, unisce tratti della viabilità romana476, che, a sua volta, riutilizzava le vie commerciali che raggiungevano la Pianura Padana da est attraverso le vie costiere477. Il percorso entrava toccando la città di Trieste478, centro di fondazione romana, in epoca paleocristiana le strutture della città vengono trasformate, prima tra tutte la basilica civile, sul colle di San Giusto, attorno alla quale viene costruita la prima chiesa paleocristiana di Trieste. Questa si svilupperà e sarà ricostruita nel IX secolo. Nell’XI secolo accanto a San Giusto viene edificato un secondo edificio di culto: la chiesa dell’Assunta. I due edifici saranno fusi assieme nel XIV secolo, dando origine al nucleo dell’edificio attuale, rimaneggiato nel corso del XVII secolo.
476 Brizzi 2001, pp. 117-122 477 Calzolari 2000, pp. 18-42
Il percorso prosegue e raggiunge Aquileia479. Al IV secolo risale la costruzione della basilica paleocristiana, voluta dal vescovo Teodoro, della quale si conservano i pavimenti a mosaico che oggi occupano la navata centrale e quella sud. Successivamente, su questo impianto, fu costruito un secondo edificio, voluto dal vescovo Massenzio, nel corso del IX secolo, mentre l’aspetto attuale della basilica deriva dalla sovrapposizione di un terzo impianto ai due precedenti, voluto dal patriarca Poppone e realizzato tra il 1021 e il 1031.
Quest’ultimo intervento ampliò la navata, dotò l’edificio di affreschi nell’abside, e risistemò lo spazio della cripta che accoglieva le spoglie di Fortunato.
Nel complesso di Aquileia si concentra un elevato numero di testimonianze graffite480. Nonostante i graffiti si collochino al di fuori dell’intervallo considerato in questa sede, si è ritenuto di darne, comunque, una descrizione proprio per la ricchezza di attestazioni e la prevalenza di scrittura alfabetica sul resto delle testimonianze. Questo dato, che costituisce un unicum all’interno delle situazioni presenti in altri siti, è principalmente dovuto alla cronologia delle iscrizioni collocabili prevalentemente oltre il XIV secolo. Le testimonianze graffite sono distribuite su tre aree: la cripta, l’ingresso al battistero e l’abside della chiesa.
In tutte e tre le aree le testimonianze sono tracciate sull’intonaco. È questo elemento, dunque, a costituire il termine post quem per la realizzazione dei graffiti.
Gli affreschi che decorano la cripta furono realizzati tra XII e XIII secolo. Gli affreschi che si trovano nel corridoio di accesso al battistero appartengono a due fasi, sovrapposte tra loro. I graffiti rilevati si trovano tutti sullo strato di intonaco più antico, datato alla seconda metà del XIII secolo, mentre lo strato superiore appartiene alla fine XIV- inizio XV secolo. C’è da precisare, però, che la stesura del secondo strato può non aver coperto interamente gli affreschi della prima fase. Questo spiegherebbe la presenza di graffiti di XV e XVI secolo anche sul primo strato, quello più antico. I graffiti che si trovano nell’area absidale, invece, insistono sulla decorazione pittorica risalente alla
479Mambella, Sanesi Mastrocinque 1988, pp. 278-297. La città si sviluppò alla confluenza dei fiumi
Natisone e Torre, in un’area protetta, fertile, affacciata sul mare. Il primo insediamento è attestato già a partire dal XII-XI secolo a.C., quando Aquileia divenne una tappa fondamentale lungo la via dell’ambra che partiva dal Baltico. Qui, infatti, la preziosa resina giungeva dopo un lungo viaggio e veniva distribuita in tutta Europa, via terra e via mare. Con l’avvento dell’Impero Romano la città divenne, nuovamente grazie alla sua posizione, un importante baluardo contro gli attacchi delle tribù il liriche e galliche. Nel 181 a.C. divenne colonia e continuò a prosperare grazie ai suoi fiorenti commerci e grazie all’artigianato legato all’ambra, che in questo periodo conoscerà uno dei suoi apici. Accanto alla via dell’ambra sorge, in età romana, la via Egnatia, arteria principale per i collegamenti con la Grecia e con le isole Ionie, territori con i quali i mercanti aquileiesi a partire da quest’epoca, commerceranno generi di lusso quali stoffe, vetri e marmi pregiati. Il centro, soprattutto a partire dall’età augustea, si specializza sull’artigianato di lusso fino a divenire uno dei centri propulsori dell’arte romana, caratterizzata qui dalla koinè culturale favorita dalla posizione geografica e dai contatti commerciali della città. Questa favorevole situazione è bruscamente interrotta nel 238 d.C. con l’assedio, durato 5 anni, da parte di Massimino il Trace. Questo evento segna l’inizio di un periodo caratterizzato dalle scorrerie e dagli attacchi delle popolazioni barbariche. Sin da quest’epoca è attestata ad Aquileia una attiva e numerosa comunità cristiana che ha lasciato traccia di se, oltre che nella basilica attuale, anche nelle epigrafi del museo paleocristiano.
480 Una prima lettura e analisi delle testimonianze graffite di Aquileia si trova in Giovè Marchioli 2000,
ricostruzione dell’edificio voluta dal patriarca Poppone tra il secondo e il terzo decennio dell’XI secolo. Il termine cronologico superiore dell’intervallo, per questo come per altri siti, si spinge ben oltre quello considerato dalla presente ricerca. I graffiti, infatti, giungono fino al XVIII secolo. Il sito di Aquileia emerge all’interno del panorama considerato per la sua predominanza di scrittura alfabetica (circa l’80% dei graffiti sul totale sono alfabetici) e per una buona conoscenza generale degli scriventi di questo mezzo comunicativo. Un altro elemento che emerge è l’articolazione dei testi, che sono composti da una o più righe e raramente da una sola parola. Se si considera questo dato in rapporto agli altri siti indagati, bisogna ammettere che tutti gli scriventi documentati nei graffiti di Aquileia avessero una conoscenza della scrittura che consentiva loro di trasmettere qualsiasi contenuto.
Oltre alle ricorrenti formule di HIC FUIT, infatti, si trovano testi, frammentari, ma che dimostrano un’articolazione del contenuto in una o più righe. Come sottolineato già in diversi casi, la difficoltà di incidere l’intonaco spesso spingeva, anche persone capaci nello scrivere, ad esprimere un concetto mediante una forma più sintetica e semplice da incidere, quale il disegno. Questa considerazione sembra non valere per gli autori intervenuti in questo sito. Nonostante la frammentarietà, infatti, si può cogliere, nella quasi totalità delle iscrizioni, una buona ed equilibrata impaginazione, un modulo uniforme e una scrittura curata anche nell’apicatura e, in alcuni casi, negli elementi decorativi.
A causa della frammentarietà delle testimonianze non è possibile stabilire, se non per un ridotto numero di casi, l’appartenenza o meno degli autori al mondo laico o ecclesiastico. Tra questi ultimi si individuano almeno tre presbiteri e un vescovo.
Oltre alle informazioni riguardo agli autori, alla loro provenienza e formazione, un dato importante emerge anche dal contenuto dei graffiti. Nonostante le lacune, la maggior parte delle scritture testimoniano un contenuto commemorativo, o della visita o di un evento che spesso non si è in grado di identificare. Anche l’alta presenza di iscrizioni commemorative è una peculiarità di questo contesto.
Osservando, inoltre, la distribuzione, si nota una scelta, da parte degli autori, di aree di facile accesso, come l’ingresso al battistero, e aree connotate da una maggiore sacralità, quali la cripta, che conserva le reliquie di Fortunato, e l’abside. La distribuzione sembra indicare la volontà di unire il contenuto commemorativo del graffito ad un’area rilevante, dal punto di vista spirituale, dell’edificio. Anche questo accostamento è inconsueto. Solitamente, infatti, i graffiti commemorativi tendono ad occupare spazi non rilevanti all’interno dell’edificio, quali le colonne, il portale, la facciata. Le spiegazioni che si possono dare per il caso di Aquileia, a mio avviso, sono duplici. La prima spiega la presenza di iscrizioni commemorative in spazi rilevanti come un tentativo dell’autore di assicurarsi protezione o beneficio, o di affidare l’evento ricordato alla divinità, sia in caso questo fosse stato positivo sia fosse stato negativo. La seconda spiegazione, forse più probabile, è che gli autori di Aquileia abbiano scelto dove posizionare i loro graffiti senza considerare caratterizzante la religiosità dello spazio. Avrebbero, cioè, scelto un luogo facilmente raggiungibile, dove, magari il loro
graffito sarebbe stato letto da altri, senza affidare alla scrittura il mantenimento della loro presenza in prossimità delle reliquie o dell’altare per riceverne beneficio, come era per la prima ipotesi, ma solamente il compito di testimoniare una visita.
Considerando ancora il contenuto, non pare vi siano graffiti che facciano riferimento a pellegrini in viaggio. L’unico segno che rimanda a quest’ambito è un nodo di Salomone non finito. D’altra parte è attestato, grazie all’evangelario di Cividale481, il passaggio di pellegrini provenienti dall’Est Europa, e anche la presenza della ricostruzione del tempio dell’Anastasis nel duomo Aquileiense rafforza ulteriormente i legami con il mondo dei pellegrini. Questi, però, non testimoniano una presenza numericamente importante all’interno dei graffiti di questo sito.
L’unico dato che non trova una spiegazione, e che in parte può essere ricollegato al dato appena esposto, è l’assenza di graffiti figurativi o, comunque, non contenenti scrittura alfabetica. Guardando la totalità delle testimonianze si ha l’impressione che si sia operata una sorta di selezione tra gli scriventi. Anche supponendo che per i secoli considerati l’accesso alla cripta e all’abside fosse limitato esclusivamente a persone con un elevato grado di istruzione, il fatto non spiegherebbe, comunque, l’assenza di uno dei simboli più diffusi da tutti i livelli sociali, cioè la croce. Assieme alla croce mancano, poi, tutti quei simboli e disegni che connotano il passaggio dei pellegrini, quali i labirinti, le scale, i reticoli etc. Se la progressiva assenza di disegni per i secoli più tardi sarebbe comprensiva, all’interno dell’intervallo considerato appare del tutto inconsueta e priva di una spiegazione. Analisi più approfondite sui singoli graffiti e sul contesto saranno sicuramente in grado di rispondere a queste e altre domande, chiarendo meglio la posizione e il ruolo della basilica nell’ambito della devozione e dei pellegrinaggi, soprattutto di epoca moderna.
Prossima ad Aquileia vi è la cittadina di Grado482. All’interno del castrumgradense sin dal V secolo vennero edificate la basilica di Sant’Eufemia e la chiesa di Santa Maria delle Grazie. la costruzione della basilica risale al V secolo per volere di Niceta, vescovo di Aquileia, ma la struttura attuale è opera del vescovo Elia e fu realizzata attorno al 568. Per quanto riguarda, invece, la chiesa di Santa Maria delle Grazie, scavi degli ultimi decenni hanno messo in luce un pavimento risalente alla prima fase dell’edificio che risale all’epoca della fondazione del castrum. Un incendio nel VI secolo avrebbe causato il rifacimento della chiesa secondo l’aspetto che sostanzialmente conserva ancora oggi.
Oltre Grado, tornando lungo la costa, si incontra l’abitato di Cervignano del Friuli483. L’insediamento, probabilmente già frequentato in epoca romana, vede il suo sviluppo nel corso dell’Alto Medioevo grazie alla presenza del monastero longobardo di San Michele. Del complesso non rimangono resti, ma ritrovamenti archeologici hanno messo in luce un pavimento musivo attribuito al complesso e risalente al VII secolo.
481 Uwe Ludwig 2000, pp. 219-221
482 Mambella, Sanesi Mastrocinque 1988, pp. 307-314 483 Mambella, Sanesi Mastrocinque 1988, p. 277
Si prosegue, poi, per Concordia Sagittaria484. Fu fondata come colonia romana tra il 42 e il 40 a.C. su un precedente insediamento. L’abitato nasce tra il Livenza e il Tagliamento nei pressi della via Annia e della via Postumia, elementi che ne favoriranno lo sviluppo urbano e l’economia. I commerci, inoltre, erano favoriti dalla vicinanza delle via Annia e Postumia, da un collegamento con la via Claudia Augusta, diretta al Norico, e da un facile accesso al porto di Caorle. Dal IV secolo si trovano notizie di una prima comunità cristiana cittadina che si riuniva nella basilica paleocristiana messa in luce dagli scavi degli anni ’50 del Novecento nell’area della attuale parrocchiale, in stile gotico, dedicata a Santo Stefano. Il complesso, si ampliò nel secolo successivo e fu, probabilmente, definitivamente abbandonato a seguito dell’alluvione del 589 della quale ci da notizia Paolo Diacono. Anche gli strati che immediatamente coprono i pavimenti a mosaico portano tracce di terreno alluvionale, elemento che confermerebbe il momento di abbandono. Il territorio, la cui sussistenza era ormai basata sull’agricoltura, entrò a far parte dei domini bizantini e resistette anche alla discesa dei Longobardi, rimanendo bizantina fino alla formazione del Ducato del Friuli all’interno del quale sarà inserita a distanza di pochi anni. Concordia passerà, in seguito alla Marca friulana, in periodo Carolingio. Un nuovo edificio sarà ricostruito in età romanica sul luogo della precedente basilica, e sarà rimaneggiato attorno al Trecento.
Allontanandoci di poco dalla direttrice principale, come spesso accade nelle aree di strada, è possibile raggiungere Sesto al Reghena485. L’abitato ha origini pre romane, ma con i Romani diviene un insediamento stabile, sede di una Statio, come indica anche il nome, sulla strada che da Concordia portava al Norico. Nell’Alto Medioevo l’abitato si concentra attorno all’Abbazia di Santa Maria in Sylvis, fondata nell’VIII secolo. L’abbazia iniziò a crescere di importanza grazie a generose donazioni ma le incursioni degli Ungari della fine del IX secolo la distrussero. Fu ricostruita nella seconda metà del secolo seguente, caratterizzata da una nuova struttura fortificata, alla base di quella attualmente visibile. Alla fine del secolo Ottone I la donò al patriarcato di Aquileia, sotto il controllo del quale rimase fino alla conquista veneziana della metà del Quattrocento. La chiesa è ben conservata e presenta diversi cicli di affreschi, i primi risalgono all’XI secolo.
Segue Noventa di Piave486. Il centro, di origine romana, fu sede di diverse ville riportate in luce negli scavi della metà del secolo scorso. Questi edifici si trovano nell’area della chiesa di San Mauro, di probabile origine paleocristiana, che subì una prima ricostruzione romanica e fu rimaneggiata nel Rinascimento. L’edificio è scomparso a seguito dei bombardamenti della II Guerra Mondiale.
La cittadina di Jesolo487 era già sede di un abitato romano dipendente da Altino. Nell’Alto Medioevo diviene un importante centro della Venetia Marittima ed è in questo periodo che si sviluppa la prima delle due chiese del centro, chiamato Equilum.
484
Mambella, Sanesi Mastrocinque 1988, pp. 83-94
485 La via dei romei 1998, p. 40
486 In assenza di bibliografia specifica si riportano i dati raccolti durante il sopralluogo 487 Mambella, Sanesi Mastrocinque 1988, p. 83
Tra VII e VIII secolo si sviluppa la chiesa di San Mauro, vicino alla quale, nel secolo IX, sorgerà la chiesa di Santa Maria. I due edifici sono stati riportati alla luce grazie agli scavi degli anni ’60 del Novecento. Conservano importanti mosaici pavimentali che riprendono i temi decorativi della basilica di Grado. Il piccolo centro continuò a sopravvivere nel corso del Medioevo grazie all’attività agricola. Fu successivamente abbandonato e l’insediamento si concentrò lungo la costa, nell’attuale Jesolo.
Da Jesolo, attraverso vie d’acqua, si raggiunge Torcello488. L’isola di Torcello, nonostante si siano affermate origini romane, viene abitata solamente a partire dall’Alto Medioevo. A partire dal V secolo, come già visto per Aquileia e Concordia, le popolazioni dei centri costieri si spostano verso l’area lagunare per cercare protezione dalle incursioni delle popolazioni barbariche provenienti dall’est Europa. Così, da Aquileia nasce Grado, da Concordia si popola il porto di Caorle, e dalla città romana di Altino ha origine l’insediamento di Torcello. Il vescovo di Altino vi si trasferisce nel 638. L’anno successivo per volere dell’imperatore Eraclio, come riportato da un’epigrafe frammentaria e discussa, fu costruita la cattedrale di Santa Maria Assunta con annesso battistero. Il primitivo edificio subì radicali modifiche nel IX secolo e nel 1008. All’interno sono conservati gli arredi della primitiva chiesa. Si segnala la presenza di graffiti figurativi, principalmente contenenti scudi e stemmi familiari, sulle colonne che dividono le navate dell’edificio. Accanto alla cattedrale si trova la chiesa di Santa Fosca, costruita tra XI e XII secolo. nel portico antecedente l’ingresso e su alcune colonne interne sono visibili graffiti basso medievali, sia figurativi che alfabetici.
Da Torcello si giungeva a Venezia489. La città seppe sfruttare la sua posizione favorevole sia per la confluenza di vie di terra, che per la possibilità di raggiungere il centro via mare. Questo favorì i suoi commerci ma anche le attività assistenziali, attestate, soprattutto, a partire dal Basso Medioevo, quando Venezia organizza convogli speciali per la Terra Santa. I pellegrini erano anche attirati in città dall’ingente numero di reliquie e dalla fama delle chiese cittadine. Per quanto riguarda lo specifico della nostra ricerca, le chiese presenti in città sono state tutte rimaneggiate a partire dal periodo rinascimentale, cancellando le tracce delle origini medievali, o mascherandole pesantemente. È possibile, ancora oggi, individuare, per periodi più tardi, contesti particolarmente ricchi di graffiti, quale è, ad esempio, la Basilica di San Marco. Al suo interno si contano, quasi del tutto cancellati dai continui restauri dei marmi, centinaia di iscrizioni moderne e contemporanee lasciate da visitatori e pellegrini.
Dopo la tappa nella città lagunare la strada proseguiva per Padova490. Il duomo, di origine paleocristiana, fu ricostruito nel 1075 dal vescovo Ulderico. Pesantemente danneggiato dal terremoto del 1117, fu successivamente ricostruito tra XVI e XVII secolo. Anche la chiesa di Santa Giustina è di origine paleocristiana, fu fondata attorno al V secolo sul cimitero paleocristiano che conservava il corpo della martire Giustina, morta nel IV secolo. inizialmente dovette funzionare come prima cattedrale cittadina.
488 Mambella, Sanesi Mastrocinque 1988, p. 73 489 Mambella, Sanesi Mastrocinque 1988, pp. 45-47
Alla chiesa, dopo la costruzione del duomo, fu affiancato un monastero benedettino che crebbe di importanza e si arricchì di preziose reliquie, tra le quali, il corpo di San Luca. Anche Santa Giustina fu danneggiata dal terremoto del 1117, ma la demolizione e la completa ricostruzione del complesso sono della metà del XVI secolo. Le vicende cittadine seguono quelle dei principali centri italiani. Anche a Padova c’è il passaggio al comune, caratterizzato da lotte interne tra le famiglie cittadine, e la partecipazione della città alla Lega Lombarda. Passa però in seguito, con Marsilio da Padova e con i Da Romano, dalla parte dell’imperatore. È comunque questo il periodo in cui la città inizia a fiorire e ad assumere la forma urbana ancora ben leggibile oggi. Si costruisce il palazzo della Ragione, la Basilica di Sant’Antonio, si fonda l’Università. Nonostante la vivacità culturale e commerciale del centro, le chiese non conservano graffiti. Questo dato può essere giustificato principalmente considerando l’alto numero di interventi di ricostruzione, modifica e restauro avvenuti nel corso dei secoli, con un’incidenza maggiore rispetto a quella di altri centri, che possono aver cancellato queste testimonianze.
Via costiera
La via costiera inizia da Adria491, città di origine pre-romana. Tra VIII e IX secolo il centro diviene feudo vescovile. Grazie alla presenza del vescovo, sin dall’Alto Medioevo, Adria fu dotata di due luoghi di culto: la chiesa di Santa Maria Assunta e il duomo. La chiesa dedicata alla Madonna si presenta nelle forme del rifacimento settecentesco. Al suo interno, però, conserva il battistero ottagonale di VII-VIII secolo che testimonia la sua antica fondazione. Il duomo, dedicato ai Santi Pietro e Paolo, è stato anch’esso ricostruito nel XVI secolo su una più antica fondazione risalente, pare, al IX secolo.
Il percorso procede in direzione di Pomposa492, sede dell’abbazia fondata tra VI e VII secolo dai Benedettini che trovarono tra le paludi un luogo dove costruire il loro
491
Mambella, Sanesi Mastrocinque 1988, pp. 136-141
492Stocchi 1984, pp. 351-370. Le prime notizie scritte si hanno a partire dall’874, quando l’abbazia
compare in una bolla di Giovanni VIII che rivendica la giurisdizione dell’abbazia contesa con Ravenna. Già in questo periodo, infatti, l’abbazia era cresciuta sia nelle ricchezze che nei possessi territoriali. Godeva di un’ottima posizione topografica, protetta e allo stesso tempo favorita dai rami del Po che la