Ilcollegamento tra le valli alpine e la pianura Padana, nello specifico con Milano, si possono ricostruire a partire dalla viabilità romana, costituita in quest’area da strade consolari365. La principale direttrice d’oltralpe giungeva a Chiavenna passando per il lago di Costanza e Coira, attraversando i passi alpini del Giulio e della Majola, più agevoli, o quello del Settimo, dal percorso più breve ma impegnativo. Giunta a Chiavenna la via scendeva a valle fino a Samòlaco, dividendosi qui in due direttrici, occidentale e orientale, che percorrono le due rive del lago. La direttrice occidentale termina a Como, mentre la orientale a Lecco. Como e Lecco erano unite da una strada consolare pedemontana che giungeva fino a Varese, passando per Erba-Incino. La discesa fino a Milano era poi garantita da tre vie consolari. La prima partiva da Como, la seconda da Erba-Incino e la terza da Lecco.
Di questi percorsi solamente quelli della pianura compaiono in alcuni resoconti di pellegrini366, mentre per la parte che sale alle alpi non vi sono testimonianze di questo tipo. Molto attestata è invece la frequentazione della strada che dalle alpi scendeva a Chiavenna proseguendo poi verso valle da parte degli imperatori germanici durante le loro discese in Italia.
La parte alta del percorso, già nota nella tarda antichità, non ricalca le vie consolari romane, come accade invece per la parte in pianura, ma si tratta di una via di penetrazione che, attraverso passi e valli alpine, consentiva di mettere in contatto la parte centrale della Pianura Padana con il centro Europa. Una delle prime testimonianze che parlano di questo itinerario ci è fornita da Paolo Diacono che nell’HistoriaLangobardorumtramanda che Ausprando passò per Chiavenna percorrendo la via per la Baviera nel tentativo di sfuggire ad Ariperto367. Chiavenna, la cui importanza topografica è sottolineata dal toponimo stesso368, costituisce una strettoia ben controllabile lungo questa direttrice. In quest’area, inoltre, confluiscono altri percorsi alpini che partono dal lago di Costanza e attraverso le valli occidentali raggiungono l’ingresso nella penisola. È su Chiavenna che si concentrano le attenzioni degli imperatori tedeschi i quali mantennero sempre un forte controllo non tanto sui passi alpini al di sopra dell’abitato, ma sull’abitato stesso e sui suoi territori, in modo fosse loro garantito il facile e sicuro passaggio durante le frequenti discese in Italia della corte369. L’abitato, come pure questo primo tratto della strada, non sembrano portare evidenti segni del passaggio di pellegrini o di strutture per la loro accoglienza, né a livello toponomastico né da fonti materiali. La chiesa di Chiavenna, dedicata a San Lorenzo370, presenta un impianto rinascimentale, forse innestato su di un precedente edificio. Tutta la struttura è stata successivamente rimaneggiata in epoca moderna. Nel territorio di Chiavenna si trova anche la piccola chiesa di San Martino in Aurugo, situata lungo la strada che sale al passo della Majola. L’origine medievale dell’edificio è attualmente testimoniata dal campanile romanico, mentre il resto del complesso è stato
365 Per le strade consolari in uscita da Milano tra epoca romana e tarda antichità si veda Palestra 1984 366 Si veda il par. II.2
367
H.L., VI, 21
368 Szabò 1992, p. 94
369 Szabò 1992, pp. 91 e segg.
rimaneggiato in epoca moderna. La titolazione della chiesa a San Martino, santo di strada, può indicare il flusso di viaggiatori e mercanti in transito su quella via.
Da Chiavenna la strada scende a valle toccando l’abitato di Samòlaco. Qui è presente una piccola chiesa risalente al X-XI secolo, contenente affreschi del secolo successivo371. Probabilmente l’abitato si sviluppò in relazione all’edificio di culto. Samòlaco, come pare indicare il toponimo, è situato nella parte alta del lago e da qui la via si divideva in due rami, a seconda si scegliesse di percorrere la sponda occidentale o quella orientale.
Tutta l’area perilacustre conosce un’antichissima frequentazione, sin dal periodo Neolitico, grazie alla presenza del lago e alle vie naturali di comunicazione tra le valli alpine e la pianura. Questa favorevole collocazione geografica favorirà l’insediamento romano, con la creazione di importanti municipia quali Como e Lecco che creeranno un sostrato all’insediamento medievale. Il territorio sarà uno degli scenari principali della guerra greco-gotica che qui si protrarrà fino alla caduta dell’isola Comacina, ultima roccaforte bizantina conquistata da Autari nel 588. Numerose saranno le opere di difesa intraprese dai Longobardi per proteggere soprattutto la sponda orientale, con siti come Monte Barro, Lecco e Lavello che garantivano il controllo su questa direttrice.
Il territorio è altresì caratterizzato da una cristianizzazione operata dalla sede milanese e, a partire dal IV secolo, da quella comasca, divenuta indipendente. A partire dall’alto medioevo numerose sono le chiese e i monasteri che si insedieranno lungo le rive del lago. Seguendo la direttrice che segue la sponda occidentale del lago si incontra Gravedona, dove è presente la chiesa di Santa Maria del Tiglio372, costruita nel corso del XII secolo sul sito dell’antico battistero di V secolo. Nonostante i rimaneggiamenti seicenteschi l’edificio conserva ancora traccia dello stile romanico dell’area caratterizzato dalla presenza dei maestri comacini. Lo stesso stile si riscontra nella chiesa di Santa Maria in Martinicio di Dongo, risalente allo stesso periodo. Procedendo verso valle si incontra l’abitato di Menaggio con la pieve di Santo Stefano dotata di battistero. La fondazione risale al V secolo circa ma la struttura medievale è stata sostituita in epoca moderna dalla parrocchiale attualmente visibile. Proseguendo si incontra l’abitato di Lenno, sede dell’omonima abbazia cistercense. Sorta come filiazione di Morimondo nel 1142, l’abbazia dedicata alla Madonna e ai santi Pietro e Agrippino si sviluppò e crebbe grazie proprio alla presenza della strada. Oltre a godere della protezione del papa e degli imperatori germanici la fondazione si arricchì notevolmente grazie a donazioni e ai proventi delle strutture di accoglienza per i pellegrini che la stessa abbazia aveva fondato lungo la via Francigena. Delle strutture originarie attualmente nulla si conserva a causa dei rifacimenti seicenteschi che hanno interessato l’intero complesso373. Più a valle l’Isola Comacina conserva i resti della chiesa di Sant’Eufemia374, voluta da Agrippino, vescovo di Como. L’edificio fu distrutto nel 1169, dopo la conquista comasca dell’ isola. Attualmente restano visibili le
371
In assenza di bibliografia specifica si presentano i dati raccolti durante il sopralluogo
372Chierici 1978, pp 197-220
373http://www.lombardiabeniculturali.it/istituzioni/schede/11500657/ ultimo controllo 18/2/2011 374 Chierici 1978, pp. 331-333
strutture messe in luce da scavi archeologici, la pianta e parte dei basamenti delle colonne.
Scesa a valle la strada raggiunge Como, la cui sede vescovile divenne indipendente da Milano nel IV secolo e fu caratterizzata dalla presenza del vescovo Abbondio. A lui è dedicata la chiesa la cui fondazione risale al V secolo, ma il cui aspetto attuale risale alla ricostruzione di fine XI secolo375. L’edificio è costruito in stile romanico lombardo e le colonne che separano le tre navate conservano tracce di graffiti, molto rovinati e frammentari. Nel centro vi sono altre due chiese romaniche: la chiesa di San Fedele e quella di San Carpoforo. La prima376, pesantemente rimaneggiata nel corso dei secoli, fu fondata, probabilmente, nel VII secolo e conserva una peculiare pianta centrale. Nel corso dei secoli restauri e rimaneggiamenti hanno modificato l’aspetto dell’edificio che ha, però mantenuto la struttura originale, in parte ancora visibile. La seconda chiesa, dedicata a San Carpoforo377, risale all’XI-XII secolo.
Se da Samòlaco si sceglie, invece, di percorrere la sponda orientale del lago, nella discesa a valle si incontrano alcuni piccoli abitati, come Novate e Sant’Agata, prima di arrivare all’abbazia del Piona378. La fondazione risale al VII secolo e un’epigrafe ricollocata all’ingresso odierno del chiostro ne commemora la memoria. La primitiva chiesa, dedicata a Santa Giustina venne sostituita tra XI e XII secolo dall’attuale edificio, dedicato a San Nicola, accanto al quale alla metà del XIII secolo venne costruito il chiostro, tutt’ora conservato. Questa struttura è decorata da lacerti di affresco raffiguranti scene dell’apocalisse e i mesi dell’anno secondo gli schemi iconografici tardo duecenteschi. Sulle colonnine del chiostro si sono rilevati numerosi graffiti379 legati in maniera più o meno evidente a temi religiosi, che testimoniano una attiva frequentazione del chiostro, forse non solamente da parte dei monaci.
Proseguendo verso valle si incontra l’abitato di Dervio, sorto in prossimità di uno dei siti fortificati a controllo del passaggio alpino, ancora oggi attestato dal toponimo Castelvedro. Nell’abitato era anche presente il monastero degli Umiliati, sorto alla fine del XII secolo, del quale non restano tracce. Più a valle si incontra il villaggio di Abbadia Lariana sorto attorno all’abbazia benedettina che qui fu fondata nel IX secolo. Del complesso, rimasto attivo fino al secolo XVIII, oggi non restano tracce. La strada giunge poi a Lecco, all’estremo sud-orientale del lago. Il sito ebbe particolare importanza nel corso dell’alto medioevo in quanto inserito nel sistema di fortificazioni del lato orientale del lago che da Monte Barro scendevano fino a Lavello.
Considerando il percorso pedemontano individuato da Ambrogio Palestra380 tra Como e Olginate, oltre Lecco, si nota che spesso in corrispondenza dei miliari romani identificati o proposti dall’autore si trovano toponimi che potrebbero essere indicativi del passaggio di pellegrini o della presenza di strutture romane o medievali di
375Chierici 1978, pp. 145-154 376Chierici 1978, pp. 115-125 377 Chierici 1978, pp. 327-329 378Chierici 1978, p. 340
379 Per l’analisi si rimanda all’apposita scheda negli apparati 380 Palestra 1984
accoglienza per viandanti. Il primo miliario è posto presso San Martino di Como, titolazione frequente lungo le vie di comunicazione. Il IV miliario è posto in località Sirtolo di Tavernerio, che, come suggerisce l’autore, può indicare la presenza di una Taberna di epoca romana. Il percorso prosegue toccando Incino all’VIII miliario, già ricordato per la chiesa e battistero di V secolo, e Civate, abitato sorto ai piedi del rilievo che ospita il complesso altomedievale di San Pietro al Monte381. Nel battistero dedicato a San Benedetto sono presenti alcuni graffiti a lato dei santi raffigurati sui quattro lati dell’altare. La strada tocca al XVI miliario il territorio di Sala al Barro, abitato posto ai piedi del sito fortificato di Monte Barro. Tocca poi Garlate, dove si trova la chiesa di Santo Stefano, che ha rivelato una continuità d’utilizzo del sito dall’epoca romana in poi382.
Le tre direttrici che, invece, dalla pedemontana scendono a Milano partono da Como, Lecco e Olginate secondo diversi tracciati.
La strada Como-Milano, attestata dall’Itinerarium Antonini383, era di grande importanza non solo perché permetteva la comunicazione tra due importanti centri romani prima, e due attive diocesi poi, ma anche perché, grazie alla presenza del porto lacustre di Como, risultava essere la via più agevole nel trasporto di merci e uomini dalla pianura alle valli alpine. La strada, dopo essere uscita da Como si dirigeva nel territorio di Cantù, dove nei pressi del XXI miliario romano era sorto nel corso del medioevo l’ospedale di Sant’Antonio. La titolazione può indicare la presenza di un luogo di accoglienza per viandanti e pellegrini che si specializzò nella cura dell’Ergotismo (fuoco di Sant’Antonio). Una fondazione di questo tipo è quella di Sant’Antonio di Ranverso, nel tratto piemontese della Francigena, in prossimità di Avigliana384. Proseguendo verso Milano il XX miliare è posto in località Cascine Pilastrello. Il toponimo indica un gruppo di abitazioni sorte in prossimità di un pilastrello, probabilmente costituito dal miliare romano. Questo agglomerato e la vicinanza della strada potrebbero aver favorito la nascita dell’abitato di Galliano, sorto attorno alla pieve di V secolo della quale si conservano ancora parte delle strutture e il battistero di XI secolo385. Nella chiesa, inoltre, oggi adibita a ricovero rurale per gli attrezzi, si sono osservati alcuni graffiti obituari, pubblicati da Petoletti, e attribuiti al secolo XI386. Il VII miliare ricade oggi in località Santa Maria del Pilastrello, presso Paderno Milanese e, anche in questo caso, il toponimo pilastrello sembra far riferimento al miliare romano, accanto al quale sarebbe sorta la chiesa medievale dedicata alla Madonna. Il VI miliare era collocato nell’attuale località Ospitaletto, il cui toponimo rimanda ad una struttura medievale per l’accoglienza dei pellegrini della quale si è persa la memoria. La strada raggiunge poi Milano passando nei pressi della chiesa di San Simpliciano, fatta costruire da Ambrogio alla fine del IV secolo.
381Chierici 1978, pp. 155-196
382 Brogiolo, Bellosi, Doratiotto, Possenti 2000 383
Si rimanda all’apposita sezione in apparato
384 Si rimanda a II.2 La via Francigena 385 Chierici 1978, pp. 2390-246; 386Petoletti 2007, pp.123-155
La seconda direttrice che dalla via pedemontana scende a Milano è quella che tocca la pedemontana a Incino, nota con il nome di Valassina. Questa via non tocca centri particolarmente rilevanti ma è la più ricca di riferimenti toponimici alla presenza dei miliari romani. Molte sono, infatti, le chiese di Santa Maria del pilastrello, su una delle quali il Palestra si sofferma per una descrizione. Si tratta della chiesa di Santa Maria in Strata di Bresso, in prossimità della quale è attestato il toponimo Pilastrello. L’autore riporta la descrizione di fine XVI secolo di una visita pastorale che descrive le strutture in disuso dell’edificio preceduto da un portico. Il complesso, aperto sia di giorno che di notte, era divenuto un covo di ladri e il parroco riferisce che in un’occasione si era ritrovato addirittura un cadavere387. Nonostante la testimonianza sia tarda rispetto all’intervallo preso in considerazione da questa ricerca, è utile osservare come da un lato il toponimo sia rimasto ad indicare il legame dell’edificio con una via romana e, dall’altro, come, probabilmente la frequentazione della via, aveva reso necessario creare uno spazio dove i viandanti potessero trovare riparo. Una simile struttura è stata suggerita anche per la Cascina del Pilastrello, posta lungo la stessa via ma al II miliario. La cascina si trovava in prossimità della chiesa di Santa Maria della Fontana e, dalle indicazioni topografiche attestate sin dal 1600, pare fosse composta da tre corpi (chiesa, cascina e un terzo stabile), uno dei quali destinato all’accoglienza dei viandanti diretti a Milano.
La terza via partiva dall’Olginate e, attraversando Monza, giungeva a Milano. Il percorso si sviluppa quasi interamente in aperta campagna. Anche in questo caso i riferimenti alla posizione dei miliari è facilmente reperibile nella toponomastica. Si nota, anche in questo caso, come spesso ai miliari corrispondano insediamenti o agglomerati che si sviluppano lungo la strada ma in rapporto a questi forti riferimenti. Oltre alle chiese, come già visto nei casi precedenti, anche lungo questa via è attestato un ospedale, almeno a livello toponomastico. In corrispondenza del XXVII miliario si trova oggi la località Ospedaletto di Valgreghentino, mentre al VII miliario corrisponde il toponimo Osteria delle 4 vie. Anche all’incontro della strada con l’abitato di Monza è attestata la chiesa di Santa Maria in Strada. Nonostante l’edificio risalga alla metà del XIV secolo costituisce comunque una testimonianza della frequentazione della via. Monza stessa, a partire dal periodo romano, costituiva una tappa importante, forse sede di una mansio o mutatio, crescendo di importanza nel corso dell’alto medioevo a seguito dell’innalzamento della città a rango di capitale, seppur per brevi periodi.
387 Palestra 1984, pp.34 e segg.