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La ‘grande rinuncia’: perché è (o per chi è stato) importante parlarne?

Moti di fuga nell’episodio dell’abbandono della casa del Buddha

5.1 La ‘grande rinuncia’: perché è (o per chi è stato) importante parlarne?

Fra gli episodi più importanti della parabola biografica del Buddha figura sicuramente l'‘abbandono’ della casa (sans.: abhinis kraman a; pāli: abhinikkhamana), ovvero l'evento che narra e ricorda l'atto di ‘rinuncia’ (sans.: pravrajyā; pāli: pabbajjā; cin.: chujia出家) alla famiglia e alla vita ordinaria compiuto da Gautama all'inizio del suo personale percorso di realizzazione. Si tratta di una circostanza, questa, che ha goduto di innumerevoli e diffuse rappresentazioni sia testuali, sia artistiche, tanto da farla risultare come una delle tappe principali e più conosciute della vita del Buddha accanto alle Press, Berkeley, 1991, p. 5.

vicende che ne delineano la nascita, l'‘illuminazione’ e la morte. Non è un caso, perciò, che l'intera vicenda abbia assunto, tanto nel passato quanto nel presente, tratti enfatici e magniloquenti tali da assegnarle le definizioni di ‘grande rinuncia’ o ‘grande dipartita’ (sans.: mahābhinis kraman a; pāli: mahābhinikkhamana).

Di fatto, le poche parole appena lette riassumono alcune delle posizioni e dei giudizi rintracciabili nei manuali sul buddhismo e sul pensiero buddhista in merito all'episodio qui preso in oggetto. A ben vedere, però, in molti di questi lavori è chiaro che la biografia del Buddha e gli avvenimenti della ‘grande dipartita’ abbiano la sola funzione di preambolo alla spiegazione di quelli che sono ritenuti i ben più importanti concetti espressi dalla dottrina buddhista. Qui, l'abbandono operato dal Buddha, sebbene spesso convocato per la sua importanza e rilevanza, è di rado approfondito e lo si riporta unicamente come l'eccezionale e iniziale scelta compiuta dal fondatore. Nulla più che un fugace richiamo all'esperienza storica del Buddha utile a convalidare le proposte teoriche e pratiche insegnate dal buddhismo. In altri casi, invece, l'episodio viene di fatto esposto con più accortezza, descrivendo le varie attività compiute dal giovane Gautama prima del ‘risveglio’, sino a pensarlo entro un più ampio contesto storico che valuta le condizioni culturali e socio- religiose entro le quali si è originato. Alla meglio, si arriva a proporlo come l'atto esemplare a cui i monaci si rifanno al fine di legittimare la loro scelta iniziale a lasciare la famiglia e accedere così alla vita monastica. Tuttavia, oltre a queste ricostruzioni e alle questioni che si legano alle esperienze ordinarie dei praticanti, poco altro viene aggiunto alla descrizione di quanto successo.280

280 Per una rassegna minima di alcuni manuali sul pensiero buddhista che non indagano l'evento

suddetto e offrono una ragione descrittiva della biografia del Buddha si veda: G. Pasqualotto, Dieci lezioni sul buddhismo, Marsilio, Venezia, 2008, pp. 11-12; R.F. Gombrich, hera ā a his A ia is ry From Ancient Benares to Modern Colombo (Second Edition), Routledge, London/New York, 2006 (ed. or. 1988), pp. 21, 32, 49; R. Gethin, The Foundations of Buddhism, Oxford University Press, Oxford, 1998, pp. 7- 27. Anche gli studi specialistici relativi alla biografia del Buddha si rivelano piuttosto apodittici sulla ‘rinuncia’ del Buddha: H. Nakamura, Gotama Buddha (Vol. 1), op. cit., pp. 87-116; M. Carrithers, Buddha: A Very Short Introduction, Oxford University Press, Oxford, 2001 (ed. or. 1983), pp. 13-27; A. Foucher, The Life of the Buddha According to the Ancient Texts and Monuments of India, Munshiram Manoharlal ublishers, New Delhi, 2 3 (ed. or. 19 7); B. āṇamoli, The Life of the Buddha, Buddhist Publication Society, Kandy, 1972, pp. 10-29; E.J. Thomas, The Life of the Buddha as Legend and History, Kegan Paul, London, 1927, pp. 38- 60.

Per queste ragioni, si capisce bene che l'importanza attribuita a tale vicenda venga di fatto solo dichiarata, assegnata, se non addirittura ostentata, ma non venga mai messa a scrutinio, non venga cioè indagata nelle sue più nodali e reali implicazioni, nei presenti e continui rimandi concettuali e normativi che le soggiacciono, nelle discontinuità attorno alle quale essa è mutata. E dunque, poco si dice delle complessa e variegata serie di ragioni inclusive, ordinanti e disciplinanti che l'hanno davvero resa importante per i suoi produttori e per quei destinatari che ne hanno poi usufruito.

A proposito di questa scarsa attenzione al vagliare le reali logiche celate dietro la ‘rinuncia’ del Buddha è emblematica la posizione assunta da Jacob Kinnard in un suo recente libro introduttivo sul buddhismo.281 In questo testo l'autore presenta e rende nota la complessità delle fonti che riguardano la biografia del Buddha e, soprattutto, egli fa cenno alle importanti ragioni che hanno guidato la stesura delle stesse. Si legge:

«This complexity reflects the variety of sources for his biography: doctrinal texts, dialogues recorded after his death by his followers, mythic deeds, and simple parables. Whether these various accounts of his life are fact or fiction is not really a concern for us here; rather, what is most important is to consider these sources as revealing essential points in the ongoing development of the Buddhist tradition».282

Tuttavia, quello che si riscontra nel seguito è un'analisi del tutto descrittiva degli episodi biografici. Ciò che viene mostrato, nonostante le premesse lette, è una dimensione essenzialista e triviale dei principali eventi che guidano al ‘risveglio’, la quale non offre alcuna riflessione in grado di andare oltre quanto già detto dalle fonti agiografiche.283 Ma vi è altro. Alla fine del capitolo, l'autore propone al lettore un piccolo apparato di domande utili per testare quanto compreso. Sorprendentemente la prima di queste domande recita proprio: «Why is the Buddha's life story so important to Buddhism?».284 Chiaro che, a fronte delle spiegazioni offerte, la risposta non possa che essere tautologica, un rimandare a ‘un'importanza dell'importanza’ che nulla spiega.

281 J.N. Kinnard, The Emergence of Buddhism: Classical Traditions in Contemporary Perspective, Fortress

Press, Minneapolis, 2011.

282 Ibidem, pp. 13-14. Mio il corsivo. 283 Cfr. Ibidem, pp. 14-34.

Giunti a questo punto, proprio per risolvere questa evidente lacuna e rispondere in modo esauriente alla domanda posta da Jacob Kinnard, si rende necessario ripensare all'importanza della ‘grande rinuncia’ così che essa non venga solo asserita o peggio attribuita, ma venga analizzata alla luce delle strategie e delle modalità narrative che l'hanno prodotta. Sono queste, infatti, che davvero ‘portano dentro’ – da qui il termine ‘im-portante’ –, e che guidano ad abbracciare i precisi intenti organizzati dagli autori e redattori delle vicende. Perciò, quello che diviene necessario fare è rintracciare e scoprire per chi e per quali ragioni era importante che questo episodio fosse importante. Un gioco di parole, questo, che vuole sondare le volontà istituenti presenti nei testi e che rimanda a un lavoro di scavo nelle varie narrazioni affinché se ne evidenzino le motivazioni di fondo, le istanze soggiacenti che dopotutto sono immediatamente pubbliche e pratiche visto l'uso collettivo e comune che delle vicende si è fatto. Tutto ciò, insomma, al fine di rivelare cosa era importante fare attraverso il racconto di un tale episodio e cosa era importante istituire attraverso la diffusione dello stesso.

Ecco dunque che, al fine di emanciparsi da un'importanza de jure dell'episodio, vale a dire un'importanza conferita dall'autorità dei testi o peggio attribuita acriticamente dall'autorità dello studioso, si propone di risalire all'importanza de facto di questa precisa vicenda. Per fare ciò serve risalire agli scopi epistemici e pratici, conoscitivi e regolativi, che la ‘rinuncia’ racchiude e ai quali essa rimanda, e che tutti insieme vengono generati, come si diceva, dall'inscenamento della trama che di fatto formula e rende fruibile l'intero avvenimento.

Ebbene, in apertura si faceva appello al dato quantitativo delle rappresentazioni narrative e artistiche che rimandano al tema della ‘grande dipartita’ del Buddha.285 Questo elemento ineludibile, che certo mostra la considerazione costante goduta da un certo fenomeno, mostra però tutta la sua rilevanza solo se letto alla luce della varietà e delle mutevoli caratteristiche che esso presenta. In tal senso, l'importanza e l'autorevolezza della ‘grande rinuncia’ fanno tutt'uno con le differenti evoluzioni che tale evento ha accumulato

285 Per quanto riguarda le rappresentazioni artistiche è sufficiente segnalare che l'episodio

dell'abbandono, insieme a uello della nascita, è il pi raffigurato nell'arte del Gandhāra. Cfr. J. ons, “The Figure with a Bow in Gandhāran Great Departure Scenes: Some New Readings”, in Entangled Religions», Vol. 1, 2014, pp. 15-94, in part. p. 17. Cfr. anche H. Nakamura, Gotama Buddha (Vol. 1), op. cit., pp. 420-421, nota 72.

nel tempo e che sono da considerare come le trasformazioni funzionali ad assolvere precisi scopi e propositi perseguiti da autori e redattori. Per questo motivo enucleare l'importanza della ‘rinuncia’ non più prescindere dal disporre una accanto all'altra le versioni narrate della vicenda e sottoporle a un'attenta disamina volta a evidenziarne continuità e rotture, prestiti e innovazioni. Solo in questo modo, insomma, l'importanza può essere non solo vagliata fino in fondo, ma inserita entro le complesse e difformi logiche d'uso che dell'evento biografico si è fatto nel corso del tempo ed entro differenti contesti culturali.

A questo punto la domanda da porsi è: quali sono le ragioni dell'‘abbandono’ che ignoriamo?