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CAPITOLO 2 – CONSEGUENZE ECONOMICHE DELLA BOARD DIVERSITY

2.2 Il Board ha un impatto sulle politiche implementate dall’impresa

2.2.2 Human e Social Capital

Si è compreso dalla teoria dell’Upper Echelons di come le caratteristiche dei componenti del Board impattino sulle scelte strategiche adottate dall’impresa e di conseguenza sulla sopravvivenza della stessa.

All’interno delle caratteristiche osservabili individuate da Hambrick e Mason (1984) rientrano delle dimensioni riguardanti le esperienze lavorative e educative degli amministratori, si fa quindi riferimento al concetto di Human Capital.

Definizione di Human Capital

La definizione di Human Capital comunemente accettata è la seguente: per Capitale Umano si intende l’insieme di conoscenze e di abilità possedute da un soggetto accumulate attraverso l’esperienza (Becker, 1964). L’apprendimento di queste competenze richiede un investimento. Ad esempio, può avvenire attraverso l’istruzione oppure mediante esperienze lavorative (Schultz, 1961).

Il concetto di Human Capital è stato molto discusso in letteratura soprattutto nella sua dimensione etica. Quando si parla di capitale si fa riferimento ad un qualcosa su cui è possibile investire oggi per ottenere un guadagno nel futuro.

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Esempi di investimenti in capitale possono essere l’acquisto di un immobile, di asset finanziari oppure di impianti e macchinari di una società. I tre esempi riportati, in un futuro, se gestiti correttamente, possono garantire dei guadagni al proprietario.

Come discusso nel precedente capitolo anche gli investimenti in Capitale Umano forniscono un beneficio futuro (Becker, 1993). Ma si parla di investimenti. Come argomentato da Schultz nel 1961 vi sono alcune visioni che considerano l’investimento in Human Capital immorale in quanto l’uomo verrebbe considerato come un oggetto e non una persona.

L’autore argomenta che in realtà questi investimenti sono utili per migliorare la condizione futura degli individui, non minano la libertà e la dignità di una persona, consentono invece a un soggetto di trascorrere un futuro più roseo.

Gli investimenti in Capitale Umano hanno però una differenza rispetto a quelli indirizzati in altre tipologie di asset: non sono scindibili da chi ne è in possesso. In altre parole, quando si investe in azioni quest’ultime possono essere vendute qualora non si ritenesse più redditizio l’investimento. Quando invece l’investimento viene effettuato in conoscenze e in abilità non è più possibile dismettere il capitale investito.

Per meglio comprendere questo concetto si riporta l’esempio proposto da Becker nel 1993 nella terza edizione del suo libro “Human Capital: A Theoretical and Empirical Analysis, with Special Reference to Education”56.

L’autore fa riferimento alla reazione avuta dagli abitanti di Hong Kong nel momento in cui la città è passata sotto la supervisione della Cina. Gli abitanti dell’isola per proteggersi dalle politiche cinesi hanno iniziato a vendere i propri asset, sia materiali che finanziari, acquistando titoli e proprietà straniere. Si sono separati in questo modo dalla proprietà dei beni ed hanno eliminato il rischio degli effetti delle politiche cinesi. Gli investitori sono rimasti però fisicamente ad Hong Kong.

Contrariamente il top management, gli esperti informatici e altre persone con competenze contraddistinte da una qualità elevata, hanno iniziato ad abbandonare la città alla ricerca di nuovi contesti dove poter sfruttare le proprie abilità.

56 Riprendendo il concetto prima esposto sulla questione etica del termine Human Capital anche Becker,

nella scelta del titolo del suo libro, ha avuto timore che potesse essere percepito come un’associazione tra l’uomo e le macchine oppure tra l’uomo e la schiavitù.

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Queste persone non potevano ridurre il rischio separandosi dal proprio Capitale ed investire in titoli esteri. Non sarebbe possibile investire parte del proprio Capitale, costituito da abilità e da conoscenze, all’estero e contemporaneamente rimanere fisicamente ad Hong Kong.

Dimensioni che compongono il Capitale Umano

Nicholson e Kiel (2004) individuano sette dimensioni chiave che caratterizzano il Capitale Umano di un amministratore:

1. Conoscenze generali; 2. Esperienza industriale; 3. Esperienza societaria;

4. Esperienza come amministratore;

5. Conoscenza ed esperienza all’interno della specifica società; 6. Conoscenze ed esperienze funzionali;

7. Conoscenze ed esperienze generali sul “business”.

Al variare di questi sette fattori varia il Capitale Umano dell’amministratore e quindi parte delle caratteristiche osservabili che esso apporta nel processo decisionale57. In accordo con la considerazione che ogni persona ha una combinazione diversa dei fattori elencati precedentemente, diverse sono anche le basi cognitive e i valori caratterizzanti di ogni direttore.

La conseguenza è che ogni amministratore affronta in maniera diversa il processo rappresentato in figura 1: in base al Capitale Umano cambia il processo di filtraggio e di distorsione della realtà, con la conseguenza che la scelta strategica adottata da un soggetto è diversa rispetto a quella proposta da un altro individuo; il tutto a parità del contesto interno ed esterno della società.

Social Capital

Oltre al Capitale Umano è importante nel determinare il successo del processo decisionale il Capitale Sociale. Per Capitale Sociale si intende l’insieme delle relazioni sociali che vengono apportate dagli amministratori (e.g. Adner & Helfat, 2003).

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Questi legami possono essere visti come una sorta di avviamento che consente di trasferire i benefici delle relazioni sociali degli amministratori da un contesto all’altro grazie alla condivisione di informazioni.

In base al modello rappresentato in figura 1 il Capitale Sociale impatta sul campo visivo dei manager. Più è ampio più sono gli stimoli e le informazioni che esso apporta nel processo decisionale con la conseguente riduzione del processo di filtraggio dell’ambiente esterno ed interno dell’impresa.

I legami possono essere sia interni che esterni alla società. Le modalità attraverso le quali i secondi influiscono sul processo decisionale sono principalmente due (Geletkanycz & Hambrick, 1997):

1. Consentono l’accesso a risorse necessarie per la sopravvivenza dell’impresa nel mercato. Come ad esempio finanziamenti (Güner et Al., 2008);

2. Forniscono informazioni importanti sul modo di operare delle imprese concorrenti. Un amministratore che ha un legame con l’impresa leader del settore apporterebbe un insieme di prassi operative che potrebbero essere implementate anche nella “seconda” impresa.

Insieme ai legami esterni sono ugualmente importanti quelli interni. Basti pensare all’importanza delle informazioni necessarie, alla luce del processo decisionale, che possono essere reperite da soggetti interni alla società ma con un “grado” inferiore rispetto al membro del Board come: il responsabile di una Business Unit o il capo area (Geletkanycz & Hambrick, 1997)58.

Avere dei legami solidi, sia interni che esterni, permetterebbe di apportare all’interno del processo decisionale un insieme di risorse e di informazioni utili per individuare la soluzione più adeguata rispetto al problema che si deve risolvere. In altre parole, chi siede all’interno del Board è fondamentale per stabilire la quantità e la qualità delle informazioni apportate (Johnson et Al., 2013) con inevitabili conseguenze sulle performance finanziarie.

Seguendo l’impostazione di Johnson et Al. (2013) i legami sociali appena descritti riguardano un network tra imprese. Esiste anche un’ulteriore categoria di legami che

58 In aggiunta, la presenza di questi legami diminuirebbe “l’effetto inerzia” causato dalla difficoltà di

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viene chiamata personale. In questa seconda classe vi rientra, a titolo esemplificativo, il network stretto all’interno della comunità.

Infatti, gli autori argomentano che, oltre ad interni oppure esterni all’impresa, i legami possono essere formali oppure informali. La differenza è che i primi sono stretti all’interno dell’ambiente lavorativo mentre i secondi possono essere contraddistinti da un sentimento di amicizia.

In un’analisi dell’importanza di questi legami, Javakhadze et Al. (2016) individuano come quelli non professionali siano più importanti rispetto a quelli formali nella spiegazione dello sviluppo finanziario di uno Stato. Gli autori argomentano che quando il rapporto è solidificato da un sentimento di amicizia, contraddistinto da fiducia e lealtà, viene percepito come più importante e profondo rispetto a quelli nati come esito di un contratto59.

Conclusioni

Ogni amministratore ha a disposizione un Capitale Umano e Sociale diverso rispetto a tutti gli altri individui presenti nella società. Questo Capitale è frutto di investimenti in anni di educazione ed esperienze lavorative. Ogni membro del Board ha un Capitale unico e non replicabile perché ognuno ha seguito dei percorsi diversi.

Si è visto nella figura 2 come il Capitale Umano e Sociale sia un fattore importante nella definizione delle caratteristiche, e quindi dei “dati”, apportate dagli amministratori nel processo decisionale.

Diventa quindi chiara la necessità di inserire all’interno di modelli econometrici, che si prefiggono l’obiettivo di analizzare le politiche finanziarie implementate dall’impresa, delle variabili rappresentative di questa tipologia di Capitale.

Quanto appena affermato non vuole escludere l’effetto dei fattori esterni ed interni all’impresa60, si asserisce infatti che, a parità di contesto, la differenza fra le politiche implementate dalle varie società è spiegata dal Capitale Umano e Sociale presente nell’organo che queste scelte le approva: il Board.

59 Più i legami sono “profondi” più risultano essere stabili. Questa tipologia di connessione è più duratura

nel tempo e consente una maggiore condivisione di informazioni (Javakhadze et Al., 2016).

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